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Cronache

La linea comune degli ultrà, in silenzio davanti al gip

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Il silenzio. E’ la linea comune scelta nella prima tranche degli interrogatori di garanzia da alcuni dei leader ed esponenti delle Curve Nord e Sud, tra i 19 arrestati di lunedì scorso. Linea che si presume verrà adottata dagli altri coindagati nel faccia a faccia di domani e di venerdì con il giudice che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare contestando a vario titolo un lungo elenco di reati: associazione per delinquere aggravata dalla finalità dell’agevolazione mafiosa, estorsione, false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’Autorità Giudiziaria, possesso e fabbricazione di documenti di identità falsi, accesso abusivo a sistemi informatici, lesioni, percosse, rissa e resistenza a pubblico ufficiale.

Ieri nel carcere di San Vittore, davanti al gip Domenico Santoro e ai pm Paolo Storari e Sara Ombra, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Francesco Lucci, tra i capi della tifoseria milanista e fratello del responsabile Luca, e i suoi sodali Riccardo Bonissi e Luciano Romano. Lo stesso ha fatto Andrea Beretta, ex capo della Curva Nord che era nel direttivo assieme a Marco Ferdico e Antonio Bellocco, l’esponente della cosca di Rosarno che ha ucciso poco meno di un mese fa. Nel pomeriggio, sentiti in video collegamento, sono rimasti muti anche i rossoneri Christian Rosiello, bodyguard di Fedez, Islam Hagag amico del rapper, Fabiano Capuzzo e Alessandro Sticco.

Oggi sarà la volta, tra gli altri, di Luca Lucci e Marco Ferdico i quali, salvo sorprese, non parleranno. Intanto, in attesa delle audizioni di Simone Inzaghi, Javier Zanetti e Davide Calabria, le società, non indagate ma tacciate di non aver tagliato i ponti con le tifoserie, di non essere state in grado di fermare quella illegalità, fatta di affari legati ai parcheggi, ai biglietti e al catering e nascosta dietro la passione per il calcio, sono al lavoro assieme consulenti tecnici nominati dalla Procura in virtù di una procedimento speciale di prevenzione: Luigi Saporito per l’Inter e Pier Antonio Capitini per il Milan hanno già chiesto una serie di documenti come i modelli organizzativi e i loro protocolli applicativi, tutte le carte che riguardano gli appalti, gli organigrammi per individuare i ruoli e le funzioni dei dipendenti. I due esperti dei pm per i prossimi mesi dovrebbero individuare le smagliature nel sistema e dare indicazioni su come correre ai ripari. In caso di mancato adeguamento potrebbe scattare il commissariamento. Tra i focus su cui ci si sta concentrando, oltre ai rapporti con la criminalità organizzata e comune, c’è il tema dei biglietti e della loro vendita abusiva e del pressing per averne sempre di più.

Come raccontano le indagini, i vertici della Curva Nord avrebbero “fatto ricorso ad ogni strumento”, creando anche situazioni plateali per attirare l’attenzione mediatica, al solo scopo di “inviare messaggi alla società e indurla a cambiare idea” su quanti assegnarne. Ne sono conviti i pubblici ministeri che nella loro richiesta di misura cautelare, citano vari episodi che fanno riflettere sul ‘potere’ dei responsabili delle tifoserie. Come quello del 7 aprile 2023 al termine dell’incontro con la Salernitana finito con il pareggio con gli avversari campani. Ferdico e Matteo Norrito, allo stadio Arechi, subito dopo la partita, “viste le deludenti prestazioni della squadra (…) hanno avuto un ‘confronto’ in campo, proprio sotto il settore ove erano presenti i tifosi interisti” con Romelu Lukaku, “per chiedere a lui conto delle prestazioni della squadra”.

Per i pm “la platealità della situazione (la foto che ritraeva i due capi ultras sotto la curva con il calciatore Lukaku era poi stata pubblicata sui quotidiani sportivi) attirava consapevolmente l’attenzione mediatica sulla vicenda” con lo scopo fare “indebite pressioni” sul club, Infine dalle carte di indagine viene a galla un episodio inquietante: un responsabile di una cooperativa, la “4Exodus”, si sarebbe reso “disponibile ad interessarsi per far ottenere misure alternative alla pena detentiva a conoscenti ed amici” di Beretta, ottenendo “in cambio favori come, ad esempio, maglie firmate dai giocatori per i propri familiari o la ‘prelazione’ per la propria cooperativa sull’eventuale donazione devoluta dalla curva a seguito iniziative benefiche”.

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Omicidio Giovanbattista Cutolo: la condanna del 17enne ridotta a 14 anni grazie a sconti di pena

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L’omicidio di Giovanbattista Cutolo (nella foto in evidenza), il giovane musicista ucciso il 31 agosto dell’anno scorso in piazza Municipio a Napoli, ha suscitato grande indignazione nell’opinione pubblica. Tuttavia, la pena inflitta al suo assassino non sarà esemplare come molti si aspettavano. Il 17enne, condannato in primo grado a 20 anni, ha ottenuto sconti di pena che lo porteranno a scontare una condanna ridotta a soli 14 anni.

La sentenza definitiva e i benefici di legge

Condannato a 20 anni in primo grado lo scorso marzo, grazie al rito abbreviato il giovane ha già beneficiato di uno sconto di un terzo della pena. Ma c’è di più: accettando di non fare ricorso in Appello, il 17enne ha ottenuto un ulteriore sconto di un sesto della pena, come previsto dalla riforma Cartabia. Questa norma è stata introdotta per ridurre il carico sulle Corti di Appello e consente, in cambio della rinuncia all’Appello, una riduzione della pena complessiva. Questo sconto riduce ulteriormente la condanna da 20 a circa 17 anni.

La buona condotta: un altro sconto di pena

Oltre agli sconti già ottenuti, il 17enne potrà beneficiare della “buona condotta”. Questa regola prevede una riduzione di tre mesi per ogni anno di reclusione, a condizione che il detenuto mantenga un comportamento corretto in carcere. Grazie a questo beneficio, la pena effettiva potrebbe essere ridotta a circa 13-14 anni.

Lo scenario: un futuro di libertà per l’assassino di Giogiò

Attualmente detenuto a Catanzaro, il 17enne studia e lavora, cercando di riscattarsi all’interno del carcere. Se continuerà a mantenere la buona condotta, potrebbe ritrovare la libertà intorno ai 30 anni. Intanto, il caso Cutolo resta aperto per altri membri del branco, due maggiorenni che la notte dell’omicidio spalleggiarono il giovane omicida.

Quella notte del 31 agosto, l’aggressione iniziò per una banale discussione riguardante uno scooter parcheggiato sul marciapiede. L’assassino, insieme ai suoi complici, reagì in maniera violenta, utilizzando sedie e spranghe contro il gruppo di amici di Giovanbattista Cutolo. Quando il musicista cercò di difendere un amico, il 17enne estrasse una pistola e fece fuoco, uccidendo il giovane musicista.

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Incidente a Secondigliano: muore Martina Guasco, 19 anni, in uno schianto frontale

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Un altro tragico incidente stradale si è verificato a Napoli, precisamente a Secondigliano, nella notte tra venerdì e sabato, dove Martina Guasco, di soli 19 anni, ha perso la vita. La giovane stava tornando a casa dopo una serata con gli amici, quando l’auto in cui viaggiava è stata coinvolta in uno scontro frontale. Martina è la ventiduesima vittima della strada a Napoli nel 2024, un numero che continua a crescere e che richiama l’attenzione sulle problematiche legate alla sicurezza stradale.

L’incidente: scontro frontale tra Panda e Smart

Martina si trovava a bordo di una Fiat Panda insieme ad altri tre amici, quando l’auto si è scontrata frontalmente con una Smart su via Cupa dell’Arco, a Secondigliano, in una porzione di strada a doppio senso di marcia. L’impatto, avvenuto ad altissima velocità, ha causato il ribaltamento della Panda, che è finita contro un muro di contenimento. Mentre gli altri occupanti della vettura sono rimasti vigili, Martina ha perso la vita sul colpo.

I soccorsi: il tragico epilogo

Nonostante l’arrivo immediato dei soccorsi, per Martina non c’è stato nulla da fare. È rimasta intrappolata tra le lamiere e, quando i vigili del fuoco sono riusciti a estrarla dall’auto, era già deceduta. Le altre persone coinvolte, inclusi i passeggeri della Smart, hanno riportato solo lievi ferite.

Le indagini: velocità e responsabilità al vaglio

Le autorità, guidate dall’unità Infortunistica Stradale della polizia municipale, stanno ora cercando di ricostruire con esattezza la dinamica dell’incidente. I conducenti delle due auto, sottoposti ai test per alcol e droghe, sono stati deferiti all’autorità giudiziaria, ma non è ancora chiaro quale delle due vetture abbia invaso la corsia opposta causando lo schianto. La velocità elevata delle due auto sembra essere stata uno degli elementi determinanti.

La serata: l’ultima notte di Martina

Prima della tragedia, Martina e i suoi amici avevano trascorso la serata a Scampia, dove avevano pianificato di assistere a un concerto. Tuttavia, la grande affluenza di pubblico ha impedito loro di partecipare, e così avevano deciso di andare a cena insieme. Purtroppo, quel rientro a casa è stato fatale per Martina, che aveva parlato con la madre pochi minuti prima dell’incidente.

Un’altra vittima della strada: riflessioni sulla sicurezza

La morte di Martina Guasco aggiunge un altro triste capitolo alla lunga serie di incidenti stradali che stanno affliggendo Napoli e la sua provincia. Le cause di questa tragica sequenza sono spesso legate alla velocità e alla mancanza di prudenza alla guida, soprattutto tra i giovani. La comunità locale chiede ora maggiore attenzione e misure più efficaci per prevenire ulteriori perdite di vite umane sulle strade della città.

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La guerriglia dei pro Gaza a Roma, scontri e 34 feriti

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Una guerriglia urbana scatenata con bombe carta, pali della segnaletica divelti in strada usati per sfondare il cordone delle forze dell’ordine, sassi e bottiglie gli agenti che rispondono con lacrimogeni e cariche. Il tentativo dei manifestanti pro Palestina di partire in corteo termina tra i disordini messi in atto dagli infiltrati violenti e i getti di idranti della polizia usati per disperderli: in settemila in queste ore avevano sfidato il divieto della questura partecipando alla manifestazione non autorizzata, aderendo alla stessa mobilitazione lanciata in altre città europee per l’intero fine settimana in vista del 7 ottobre, anniversario degli attentati di Hamas che lo scorso anno furono seguiti dall’invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano. Durante gli scontri almeno 34 persone sono rimaste ferite, di cui trenta tra le forze dell’ordine, mentre una ragazza è stata colpita alla testa e soccorsa sul posto. Dei fotografi sarebbero invece stati bastonati da alcuni manifestanti.

A creare scompiglio a piazzale Ostiense sono stati i professionisti dei disordini, incappucciati e improvvisamente staccatisi dalla folla che invece sventolava bandiere libanesi, palestinesi e kefiah. E anche il vessillo giallo di Hezbollah. Non a caso erano stati messi in campo imponenti dispositivi di sicurezza nella capitale: dopo il controllo di oltre 1.600 persone, con presidi e posti di blocco ai caselli autostradali e nelle stazioni, in 40 – provenienti da diverse città da Nord a Sud del Paese – sono finite in questura ricevendo il foglio di via.

“Da quanto avvenuto arriva la conferma della fondatezza del divieto emesso dalla questura di Roma”, rilevano fonti del ministero dell’Interno che nei giorni precedenti la manifestazione avevano parlato di allarme infiltrati. Al corteo c’erano diversi militanti della galassia dei centri sociali – per una volta idealmente al fianco dei gruppi dell’estrema destra nelle contestazioni anti israeliane – cittadini e associazioni palestinesi, collettivi studenteschi, esponenti della sinistra extraparlamentare e anche tanti comuni cittadini. Persino famiglie con bambini.

In piazza, proprio mentre i media israeliani annunciavano altri raid dell’Idf a Beirut con la morte del nuovo leader di Hezbollah, nello spezzone dei partecipanti libanesi al corteo qualche manifestante agitava la bandiera dei miliziani sciiti, il vessillo giallo, raffigurante la mano che stringe un fucile d’assalto stilizzato e il versetto del Corano sul Partito di Dio, Hezbollah appunto. Dalla folla, dove tra diverse bandiere rosse dominavano quelle dei due Paesi arabi in queste ore sotto attacco di Israele, si sono levati slogan in difesa di Gaza e contro Netanyahu, Biden e Meloni, definiti “assassini”. Dietro lo striscione ‘Palestina e Libano uniti: fermiamo il genocidio con la resistenza’, i manifestanti hanno urlato cori chiedendo all’Italia di fermare la vendita e l’invio di armi a Tel Aviv.

Poi il tentativo dei manifestanti di sfondare il cordone delle forze dell’ordine con il lancio di oggetti contro gli agenti, che hanno reagito con cariche, lacrimogeni e idranti per disperdere i violenti, molti incappucciati. Solo dopo diversi minuti di vera e propria guerriglia la situazione è tornata alla calma. Dopo le tensioni di Roma, nel Paese le manifestazioni in vista del 7 ottobre non sono finite: a Torino il questore ha prescritto ai comitati organizzatori di svolgerle in un ‘altra data ed esclusivamente in forma statica.

L’obiettivo – vista anche la mobilitazione indetta nel ricordo del primo anniversario dell’attacco di Hamas a Israele – è scongiurare il rischio che quel giorno gruppi contrapposti possano venire contatto. E dall’8 ottobre si aprirà una nuova stagione calda negli atenei con l’Intifada dei collettivi a cui, probabilmente, seguiranno agitazioni anche nei licei che già ieri avevano fatto azioni a Roma con tanto di foto di Netanyahu date alle fiamme. Sempre l’8 a Roma un’altra manifestazione a rischio scontri: i movimenti e i collettivi manifesteranno in occasione della Cybertech Europe dove si parlerà di cybersicurezza.

(La foto in evidenza è di Imagoeconomica)

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