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Cronache

Processo mafia e politica, ex consigliera Bari in aula

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L’ex consigliera comunale di Bari Maria Carmen Lorusso, arrestata lo scorso 26 febbraio nell’ambito dell’inchiesta ‘Codice interno’ per scambio elettorale politico-mafioso, è comparsa oggi pomeriggio per la prima volta in tribunale accompagnata dagli avvocati Gaetano e Luca Castellaneta. Lorusso è ai domiciliari dal 26 febbraio: secondo la Dda, la sua elezione al consiglio comunale di Bari nel 2019 sarebbe stata favorita grazie ai voti dei clan Parisi-Palermiti, Strisciuglio e Montani, raccolti dal marito Giacomo Olivieri. Olivieri, ex consigliere regionale arrestato lo stesso giorno, è da allora in carcere.

Lorusso è a processo con rito ordinario insieme al padre Vito, oncologo già in carcere per altre vicende, e altri 13 imputati, tra cui Massimo Parisi, fratello del boss Savino del quartiere Japigia. Olivieri, invece, è a processo in abbreviato con altri 108 imputati, tra cui lo stesso Savino Parisi e il boss Eugenio Palermiti. Nell’udienza di oggi sono stati acquisiti sette verbali di due collaboratori di giustizia (Domenico Milella e Domenico Lavermicocca) e i verbali di due ispettori della polizia giudiziaria. La prossima udienza si terrà il 30 ottobre.

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Cronache

Procopio ucciso a Napoli davanti al figlio per un debito di 5.000 euro, arrestato il presunto killer a Milano

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Ucciso in pieno giorno nel centro di Napoli davanti agli occhi del figlio di 11 anni che difficilmente potrà dimenticare nella sua vita un’esperienza così drammatica. Per l’omicidio di Luigi Procopio, 45 anni, ammazzato lo scorso 30 settembre, nella zona della Duchesca, affollata di persone, ora c’è un indagato. E’ stato infatti fermato a Milano dalla Polizia Antonio Amoroso, 37 anni, parente acquisito di Procopio, nipote della moglie della vittima. Il movente un debito di appena 5mila euro, sulla cui natura sono ancora in corso accertamenti. Gli uomini della Squadra Mobile di Napoli, con l’ausilio del personale della Squadra Mobile di Milano ed il supporto tecnico del Servizio Centrale Operativo, hanno arrestato Amoroso che è stato rintracciato nel capoluogo lombardo all’interno di un appartamento.

E’ destinatario di un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso nei giorni scorsi dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli che coordina le indagini. Il 30 settembre il culmine di dissidi personali, acuiti dal mancato pagamento del debito. Il presunto assassino ha sparato uccidendo Procopio che aveva piccoli precedenti di polizia. Amoroso, era già stato arrestato il 6 aprile 2022 dai carabinieri, su mandato della procura di Napoli Nord, per il tentato omicidio con arma da fuoco, avvenuto il 25 marzo 2022, ai danni della sua ex convivente, incastrato peraltro dalle immagini dei sistemi di videosorveglianza.

L’uomo, secondo l’accusa, si era recato sotto l’abitazione della compagna a bordo di uno scooter trasportato da un complice ed aveva esploso un colpo all’indirizzo della donna colpendo però un’imposta. Il padre di Antonio Amoroso, venne ucciso nel 2017 in un agguato di stampo camorristico nel corso del quale vennero esplosi oltre una decina di colpi di arma da fuoco: si chiamava Eduardo Amoroso, aveva 52 anni, e venne assassinato insieme con Salvatore Dragonetti, 44 anni, entrambi ritenuti affiliati al Clan Mazzarella e legati alla famiglia Giuliano.

Il duplice omicidio si verificò in vico Pergola, nel quartiere Vicaria, a Napoli. Il fermo del presunto killer di Luigi Procopio, secondo il procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, “è l’ennesima risposta a chi tende a paragonare Napoli a un Paese sudamericano, in modo dispregiativo”. “Io dico: intanto fatevi un giro in alcuni Paesi e città del Sudamerica e poi tornate a Napoli e rifatevi la stessa domanda. Ci sono sì fatti criminosi, anche in pieno giorno.

Però c’è anche la risposta. Ci sono i risultati. Noi penso che siamo sul pezzo. Si può sempre fare di più, si può migliorare se abbiamo più tecnologie, se abbiamo più strumenti tecnologici e possiamo ancora migliorare. Però – ha tenuto a sottolineare Gratteri a margine di un incontro con gli studenti a Casola – c’è il fattore umano, ci sono investigatori di primo piano nel distretto di Napoli, c’è gente in Polizia, tra i Carabinieri e la Guardia di Finanza di altissimo livello. Io sono un filo ottimista per il futuro”.

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Cronache

Componenti Boeing non sicure, ‘a rischio sicurezza voli’

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Leghe di alluminio difformi da quelle previste nei progetti, e titanio puro utilizzato al posto della lega di titanio richiesta. Tutto questo per risparmiare sull’acquisto delle materie prime, ma creando problemi di sicurezza nel lungo periodo ai Boeing 787 Dreamliner, tanto da indurre la Boeing ad attivare una campagna straordinaria di manutenzione degli aeromobili coinvolti e a far ipotizzare alla magistratura il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti. La stessa compagnia americana e Leonardo-Aerostrutture, aziende leader mondiali nella produzione di aeromobili per scopi civili e militari, sono le parti offese nell’inchiesta condotta dalla Procura di Brindisi che ha emesso l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di sette persone e due società (Processi Speciali e la Manifacturing Process Specification, entrambe con sede a Brindisi), ritenuti coinvolti in un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati che vanno dall’attentato alla sicurezza dei trasporti, all’inquinamento ambientale, alla frode in commercio.

L’inchiesta parte con le indagini che nel 2021 avevano portato al sequestro dei compendi aziendali delle due società per bancarotta, a tre arresti e alla denuncia di altre quattro persone. Gli indagati, manager e dipendenti delle due società, sono: Vincenzo Ingrosso di 77 anni e i suoi tre figli Antonio di 52 anni, Alberto di 36 anni e Alessandro di 47 anni. Avviso di conclusione delle indagini notificato anche a Domenico Salamino di 45 anni, Salvatore D’Isanto di 42, e al 37enne Sirio Virgilio Zecchini. Secondo l’accusa le forniture delle due società alla Leonardo-Aerostrutture, per la produzione dei settori 44 e 46 del Boeing 787 Dreamliner, ha comportato la realizzazione di parti aeree con caratteristiche di resistenza statica e allo stress notevolmente inferiori, con riflessi anche sulla sicurezza del trasporto aereo. Sono due i filoni d’inchiesta. Il primo riguarda la commissione dei reati di attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in commercio; il secondo l’ipotesi di inquinamento ambientale. Le indagini hanno portato al sequestro di circa 6.000 parti di aeroplano realizzate – ritengono gli investigatori – in materiale diverso da quanto previsto dalle specifiche di progetto.

Le perizie e le indagini, condotte anche con rogatoria internazionale negli Stati Uniti, si sono concluse accertando che alcuni componenti strutturali non conformi potessero, sul lungo periodo, creare danno alla sicurezza dei velivoli. Dagli atti emerge che sarebbero state prodotte e consegnate, “attestandone la conformità alle specifiche di progetto componenti aeronautiche in titanio commercialmente puro, invece che nella pattuita lega di titanio TI 6AL”, con proprietà di resistenza “largamente inferiori che comportano una capacità strutturale insufficiente di tali raccordi durante i carichi associati a condizioni di atterraggio di emergenza, con pericolo di cedimento di essi e della struttura di supporto del pavimento adiacente, con conseguente pericolo di collasso anche di quest’ultimo”. Le attività svolte dalla Polizia e dalla Guardia di finanza hanno emergere una serie di sversamenti di rifiuti pericolosi in cisterne ed in alcuni terreni della zona industriale di Brindisi che avrebbero contaminato suolo e sottosuolo di sostanze inquinanti che, secondo l’accusa, derivavano dai processi chimici di trattamento delle superfici e dalla lavorazione meccanica dei metalli. Nel corso delle indagini sono state sequestrate 35 cisterne contenenti ciascuna mille litri di rifiuti speciali pericolosi. Da una consulenza tecnica disposta dalla Procura, è emerso che l’inquinamento “aveva interessato il terreno sino alla profondità di tre metri, in concentrazioni largamente superiori ai limiti”.

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Maresciallo dei carabinieri arrestato, investigatori sentono sottoposti

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Iniziate la audizioni come persone informate dei fatti dei carabinieri sottoposti a Davide Oddicini, il comandante della stazione dei carabinieri di Cornigliano arrestato nei giorni scorsi dai colleghi. Il militare è accusato di una serie di reati che vanno dalla corruzione alla concussione, dall’accesso abusivo di atti coperti dal segreto d’ufficio al falso. I carabinieri del nucleo investigativo, coordinati dal pubblico ministero Gabriella Dotto, stanno sentendo i colleghi per capire come agiva il comandante. Oddicini, assistito dall’avvocato Andrea Testasecca, tra le varie contestazioni ha anche quella di avere falsificato i verbali di arresto di uno straniero.

L’uomo, infatti, era stato accusato di rapina impropria sulla base di verbali che, per l’accusa, sarebbero stati “aggiustati” dal comandante. Per capire se vi siano stati altri episodi simili stanno sentendo i colleghi della stazione. Il comandante, durante l’interrogatorio, si è difeso dicendo di essersi basato sulla testimonianza dei presenti (in quel caso una delle testimoni era la fidanzata). Anche per gli accessi al sistema ha dato una sua spiegazione: la maggior parte erano connessi ad attività di indagine, mentre alcuni li ha fatti perché glielo hanno chiesto alcuni amici. “Ma senza mai prendere soldi o chiedere favori. Una leggerezza”.

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