Collegati con noi

In Evidenza

Prestazioni sanitarie: legge liste d’attesa inapplicata, mancano norme attuative

Pubblicato

del

Un provvedimento che nasce come un atto d’urgenza ma che, ad oggi, ancora non è operativo. La legge sulle liste di attesa per le prestazioni sanitarie, pensata per venire incontro ai tanti cittadini che spesso proprio a causa dei tempi troppo lunghi rinunciano alle cure, resta ad oggi monca: mancano infatti i decreti attuativi necessari alla sua applicazione. Per tre di questi i termini, previsti entro il 30 settembre, sono già scaduti. Una impasse che impone, secondo alcuni, l’urgenza di nominare un commissario straordinario per fronteggiare questa emergenza ad oggi irrisolta. “Su 11 provvedimenti attuativi previsti dal Dl sulle liste di attesa, convertito in legge lo scorso 1 agosto, 6 hanno un termine non rispettato (di cui 3 decreti del ministero della Salute), uno è in scadenza il 30 ottobre e 4 non hanno alcun termine. Nella sostanza nulla è stato fatto e la legge non è mai partita”, afferma Pierino Di Silverio (nella foto in evidenza di Imagoeconomica), segretario del maggiore sindacato dei medici ospedalieri, l’Anaao-Assomed.

Le liste d’attesa sono comunque, precisa, “l’effetto di un problema a monte e, dunque, non servirà aumentare le retribuzioni per il lavoro straordinario degli operatori o aumentare il numero dei luoghi per le prestazioni, ma bisogna piuttosto agire sui modelli organizzativi, a partire dal potenziamento dei mezzi tecnologici delle Regioni (il 57% delle aziende ospedaliere non dispone di strumenti di alta tecnologia) e rendere più appetibile la professione aumentando al contempo la forza lavoro”. D’altronde, un numero “così elevato di decreti attuativi – osserva il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta – oltre ad essere in contrasto con il carattere di urgenza del provvedimento, solleva molte perplessità sui tempi di attuazione delle misure. La storia insegna infatti che tra valutazioni tecniche, attriti politici e passaggi tra Camere e ministeri, dei decreti attuativi si perdono spesso le tracce, rendendo impossibile l’applicazione delle misure previste”. In particolare, rileva, “al 30 settembre, nessuno dei sette decreti attuativi previsti ha ancora visto la luce. Per tre di loro erano previste delle scadenze tra l’inizio di luglio e fine settembre”.

I termini sono già scaduti, precisa, per i decreti attuativi in capo al ministero della salute riguardanti “linee guida per il funzionamento della piattaforma nazionale delle liste d’attesa in coerenza con il Modello Nazionale di Classificazione e Stratificazione della popolazione (7 luglio 2024); modalità per l’attuazione dei poteri sostitutivi che lo Stato dovrebbe esercitare quando le strutture regionali sono inadempienti (29 agosto); adozione di specifiche linee guida nazionali per la definizione dei criteri di realizzazione, di funzionamento della piattaforma nazionale e di interoperabilità con le piattaforme regionali delle liste di attesa (29 settembre)”. Sono “tutte scadenze mancate”. Inoltre, prosegue, “per quattro decreti (uno sulle ‘Disposizioni per l’implementazione del sistema di prenotazione delle prestazioni sanitarie’ e tre sul ‘Superamento del tetto di spesa per l’assunzione di personale sanitario’) il Dl non ha definito nemmeno i termini di pubblicazione”.

“I ritardi nell’adozione dei provvedimenti attuativi della legge se da una parte risultano inspiegabili visti i requisiti di necessità ed urgenza che erano alla base del primo decreto legge adottato dal governo sul tema, dall’altra – incalza Tonino Aceti, presidente di Salutequità – vanno anche nella direzione opposta alla realtà vissuta tutti i giorni dai cittadini che vedono diventare sempre più un miraggio la prenotazione della proprie prestazioni sanitarie entro i tempi massimi di attesa previsti dalle norme”. Se questi ritardi aumenteranno, avverte, “credo sia utile pensare seriamente alla nomina di un Commissario straordinario per l’emergenza liste di attesa, perché sul diritto alla salute i ritardi non possono essere ammessi”.

Advertisement
Continua a leggere

Economia

Morto a 99 anni l’imprenditore Francesco Merloni, era presidente onorario di Ariston Group

Pubblicato

del

E’ morto oggi a 99 anni nella sua abitazione a Fabriano (Ancona) l’ingegner Francesco Merloni (nella foto in evidenza di Imagoeconomica), presidente onorario di Ariston Group. Ne dà notizia Ariston Group. Merloni, che è stato parlamentare, ministro e capitano d’industria, lascia la moglie Maria Cecilia Lazzarini e i figli Paolo, presidente di Ariston Group, Francesca e Claudia. “Imprenditore e Cavaliere del Lavoro, Francesco Merloni – ricorda l’azienda – è stato uno dei protagonisti dell’industria italiana che, raccogliendo l’eredità del padre Aristide, ha dedicato la sua carriera allo sviluppo internazionale dell’azienda di famiglia”.

Una vita fatta di tante vite, quella di Francesco Merloni: parlamentare, ministro, capitano d’industria. Ma tutte con le Marche come baricentro, Fabriano (Ancona), in particolare. Il 17 settembre scorso aveva festeggiato i 99 anni circondato dall’affetto della sua famiglia. Era legato indissolubilmente anche alla Fondazione “Aristide Merloni”, ente di ricerca di eccellenza nella promozione e nello sviluppo della cultura imprenditoriale territoriale, di cui era presidente. Figlio di Aristide Merloni, fondatore dell’Ariston e delle Industrie Merloni si era laureato in Ingegneria industriale all’Università di Pisa.

Negli anni ’50 entrò a lavorare nell’azienda di famiglia. Entra in Parlamento, per la prima volta e come senatore, nel 1972 con la Democrazia Cristiana. È stato rieletto anche in altre sei legislature: cinque alla camera e un’altra al senato. Nel primo governo presieduto da Giuliano Amato viene nominato Ministro dei Lavori pubblici, giurando il 28 giugno 1992 nelle mani del neo-Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Con la caduta di Amato e l’incarico al Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi, Merloni è stato confermato Ministro fino alla fine del Governo Ciampi, 11 maggio 1994.

Sua la cosiddetta Legge Merloni, una radicale riforma del sistema degli appalti pubblici, realizzando anche la trasformazione dell’Anas in Ente pubblico economico. Con la scomparsa della Dc, Francesco Merloni si iscrisse al gruppo parlamentare dei Popolari democratici – l’Ulivo ha continuato. Alle elezioni primarie del Partito Democratico nel 2007 dichiara di sostenere la candidatura di Enrico Letta, amico personale di lunga data di Merloni, a segretario del Pd. Grande amico anche dell’ex Premier, Romano Prodi. Accanto alla sua esperienza politica, ha proseguito la sua seconda vita di successo, da capitano d’industria. Nello stabilimento di Matelica ha iniziato a produrre bombole e serbatoi per il gas, quindi a Castelraimondo i pannelli fotovoltaici per scaldare l’acqua, a Fabriano gli scaldabagni.

In pochi anni nasce Merloni Termosanitari, poi divenuta Ariston Group specializzata in impianti di riscaldamento e climatizzazione. Una multinazionale presente con siti in 17 nazioni, complessivamente sono 29, e che ha chiuso il bilancio 2023 con 3.1 miliardi di euro di ricavi, 212 milioni di euro di utile netto. Gruppo quotato alla Borsa di Milano dal 2021 e quel giorno Francesco Merloni, con suo figlio Paolo a cui nel 2011 aveva passato le redini di Ariston, era presente per suonare la campanella. Probabilmente la vita che più amava Francesco Merloni era quella con la sua famiglia: la moglie Maria Cecilia Lazzarini e i figli Paolo, Francesca e Claudia. “Si chiude definitivamente un’epoca”, il commento commosso dell’ex sindaco di Fabriano, Roberto Sorci, storico collaboratore di tutta la famiglia Merloni.

Continua a leggere

Esteri

Biden fa scudo a Israele ma non riesce a frenare Bibi

Pubblicato

del

Joe Biden continua a garantire il suo scudo militare a Israele anche contro l’Iran ma è sempre più umiliato e irritato da Benyamin Netanyahu, che affonda ripetutamente i suoi sforzi per una tregua approfittando della sua debolezza di ‘lame duck’ a fine mandato e dell’ultimo mese di campagna elettorale americana. Sperando magari che rivinca il suo amico Donald Trump o di incassare tutto il possibile prima che venga eletta Kamala Harris.

Ogni volta che la Casa Bianca chiede una soluzione negoziata o un cessate il fuoco, prima a Gaza e poi in Libano, Bibi sfida apertamente il leader Usa rafforzando e allargando la sua offensiva, quasi sempre senza consultarsi o avvisare in anticipo l’alleato americano: dall’uccisione del leader di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran a quella del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah a Beirut, decisa mentre il commander in chief lanciava con Parigi una proposta di tregua di 21 giorni in Libano. Superata anche l’ultima apparente linea rossa, un’invasione di terra in questo Paese.

Tanto da indurre il dipartimento di stato Usa a preannunciare la mossa israeliana nel tentativo di circoscriverne la portata, suscitando l’irritazione di Israele per la “fuga di notizie” che ha messo in pericolo le sue truppe. “Ciò è stato fatto nonostante gli Stati Uniti sostengano l’operazione. Per noi tuttavia è chiaro che sono preoccupati e quindi hanno reso pubblica l’operazione per cercare di limitarla”, ha dichiarato un alto dirigente israeliano coperto da anonimato alla tv pubblica Kan del suo Paese. Uno sgambetto tra alleati che la dice lunga sullo stato dei loro rapporti. Il presidente vede allontanarsi sempre di più la speranza di una de-escalation, ora che l’Iran ha deciso di attaccare.

“L’amministrazione Biden è rimasta in gran parte spettatrice degli eventi, fornendo a Israele i mezzi militari per condurre queste operazioni ma è stata ripetutamente colta di sorpresa dalle sue azioni”, spiega Brian Katulis, senior fellow del Middle East Institute per la politica estera Usa. Il presidente del resto non ha mai usato la leva della sospensione delle forniture militari a Israele, tranne una volta in maggio. Ma ora è troppo tardi e inopportuno nell’ultimo mese di campagna elettorale, dove non può che continuare a ribadire il diritto dell’alleato a difendersi, garantendogli protezione come ha fatto stasera e minacciando Teheran di gravi conseguenze, mentre i suoi ripetuti appelli alla tregua cadono nel vuoto.

Così il Pentagono ha rafforzato la postura in Medio Oriente con due portaerei, caccia F-22, F-15E, F-16, A-10 e alcune migliaia di soldati, mettendo in allerta tutte le forze della regione. Ma mentre Biden convoca il consiglio per la sicurezza nazionale con la sua vice per affrontare la minaccia dell’attacco di Teheran e dalla Situation Room ordina all’esercito Usa di abbattere i missili iraniani, Trump ha gioco facile nell’attaccare entrambi: “Il mondo è in fiamme e sta andando fuori controllo. Non abbiamo una leadership, nessuno che gestisca il Paese. Abbiamo un presidente inesistente, Biden, e una vicepresidente completamente assente, Kamala Harris, che è troppo impegnata a raccogliere fondi a San Francisco… e a organizzare finte foto opportunity. Nessuno è al comando e non è nemmeno chiaro chi sia più confuso: Biden o Kamala”.

 

Continua a leggere

Esteri

Attentato a Jaffa, otto morti ad una fermata del metrò: uccisi i due terroristi

Pubblicato

del

Otto civili sono stati uccisi in un attacco terroristico compiuto a Jaffa. Lo hanno detto i servizi di emergenza israeliani, citati dai media. L’attacco è stato compiuto da due uomini armati che hanno colpito a una fermata del metrò leggero. Le immagini dell’attacco, riprese dalle telecamere di sicurezza, sono sui media israeliani. I due terroristi, ha detto la polizia, sono stati ‘neutralizzati’.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto