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Economia

Stellantis taglia le stime, il titolo crolla in Borsa

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Il mondo delle auto fa tremare le Borse. Le ultime cattive notizie arrivano da Stellantis, che taglia le stime dei risultati del 2024 con una riduzione delle consegne alla rete di più di 200.000 veicoli nel secondo semestre, il doppio della stima precedente. Il titolo crolla, e chiude in calo del 14,72% a Milano e del 14,74% a Parigi, in una brutta giornata per l’intero settore automotive. A Piazza Affari perde anche Iveco (-4,04%), mentre limita i danni Ferrari (-1,2%). Ma la maglia nera della giornata va al marchio Aston Martin che, dopo la revisione al ribasso della guidance, crolla a Londra perdendo il 24,51%. A Parigi poi lo scivolone di Renault (-5,57%), indicata da recenti indiscrezioni di stampa come possibile protagonista di un’eventuale fusione proprio con Stellantis. Lunedì nero per l’auto anche a Wall Street, con General Motors e Ford che perdono rispettivamente il 3,4% e il 2,9%. Stellantis ha aperto la giornata annunciando la decisione di rivedere al ribasso i target indicati, soprattutto a causa dei “problemi di performance in Nord America e del deterioramento nelle dinamiche globali del settore”.

Il margine del risultato operativo adjusted è atteso tra il 5,5% ed il 7% per l’intero 2024, in calo rispetto al precedente “double digit”, mentre il free cash flow industriale, prima positivo, è previsto in rosso tra 5 e10 miliardi di euro. Non è il primo gruppo Stellantis a rivedere i target: lo hanno già fatto le tedesche Bmw e Mercedes, la svedese Volvo, mentre Volkswagen ha ipotizzato anche la chiusura di uno stabilimento e la riduzione dei dipendenti. Lo stesso annuncio lo ha dato lo storico brand inglese dell’Aston Martin, che produrrà circa 1.000 auto in meno rispetto a quanto aveva pianificato con una riduzione delle vendite di circa il 10%. Tra le principali cause della decisione del gruppo guidato da Carlos Tavares c’è l’andamento delle vendite negli Usa, dovuto anche al fatto che per paura degli scioperi l’azienda ha prodotto un numero di auto molto più alto di quello che il mercato ha poi assorbito. “Il gruppo – spiega Stellantis – ha accelerato il piano di normalizzazione dei livelli di stock negli Stati Uniti con l’obiettivo di non più di 330.000 unità in giacenza presso la rete entro la fine del 2024 rispetto al precedente termine del primo trimestre 2025”. L’azienda spiega che continuerà “a far leva ed espandere i propri differenziatori competitivi ed è convinta che le azioni di recupero poste in essere si tradurranno in performance operative e finanziarie più robuste nel 2025 e oltre”.

Molti i commenti negativi all’annuncio di Stellantis. “Penso che abbiano fatto il peggio che si potesse fare da tutti i punti di vista”, dice il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini. “Mi preoccupo di salvare i posti di lavoro rimasti, affrettando la revisione della messa al bando delle auto a benzina e diesel e quindi pressando la commissione europea perché il riesame avvenga già nel 2025, cosa che ormai anche già la Germania e altri Paesi chiedono, perché pensare di mettere fuori legge le auto a benzina e diesel tra 10 anni è una follia, un suicidio”.

Il segretario di Azione, Carlo Calenda, parla di “una gestione arrogante e disastrosa quella di Stellantis caratterizzata da perdite, mancanza di trasparenza, impianti chiusi e pochi investimenti di prodotto” e ribadisce la necessità che i vertici vadano “in Parlamento a spiegare cosa sta accadendo in Italia”. Sono preoccupati anche i sindacati che hanno dichiarato uno sciopero di tutto il gruppo Stellantis e dell’indotto di otto ore per il 18 ottobre. E’ da 40 anni che non si fanno otto ore di sciopero unitario nel mondo ex Fiat. A rischio, secondo Fim, Fiom e Uilm, 25 mila posti di lavoro. Intanto Leapmotor International, il brand cinese di Stellantis, apre gli ordini per la city car T03 e il suv C10, modelli elettrici, nei rivenditori autorizzati del gruppo in Europa.

(La foto in evidenza di un sito produttivo Stellantis negli Usa è di Imagoeconomica) 

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Economia

Ok Aula ad accordo con Tribunale Brevetti, una sede a Milano

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Via libera definitivo della Camera alla ratifica ed esecuzione dell’accordo di sede tra la Repubblica italiana e il Tribunale unificato dei brevetti (nella foto Imagoecononomica in evidenza), fatto a Roma il 26 gennaio 2024. Il provvedimento è passato all’unanimità. Il tribunale unificato dei brevetti (Tub), attivo da giugno 2023, è un tribunale comune a tutti gli Stati membri che giudica sulle controversie relative ai brevetti europei, ai brevetti con effetto unitario e ai certificati protettivi complementari concessi per un prodotto protetto da un brevetto europeo. L’accordo è finalizzato a consentire “lo stabilimento e il buon funzionamento della sede di Milano”.

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Economia

Aumentano le bollette del gas, 64 euro in più l’anno

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Tornano ad aumentare le bollette del gas, proprio alla vigilia della stagione invernale e della riaccensione dei riscaldamenti. Ad ottobre, secondo gli aggiornamenti dell’Autorità dell’Energia che riguardano ormai solo i clienti vulnerabili nel servizio di tutela, il prezzo di riferimento del gas per il nuovo cliente tipo è pari a 116,77 centesimi di euro per metro cubo, in aumento del 5,3% su settembre. La variazione, spiega l’Arera, è dovuta all’aumento dei prezzi all’ingrosso, che incide sulla spesa per materia prima, e all’incremento di alcune componenti della spesa per il trasporto e la gestione del contatore.

“Come al solito con l’inizio della stagione termica e l’aumento della domanda di gas arrivano i rincari”, lamenta il vicepresidente dell’Unione nazionale consumatori Marco Vignola, chiarendo comunque che il prezzo per i vulnerabili “resta molto più conveniente di quelli del mercato libero, salvo per pochissime offerte che si contano sulle dita di una mano”. Secondo i calcoli del Codacons, considerato un consumo pari a 1.100 metri cubi annui a famiglia, la spesa per il gas si attesta a 1.284 euro, equivalente ad una maggiore spesa annua, nell’ipotesi di prezzi costanti, pari a 64 euro a nucleo rispetto alle tariffe di settembre.

E l’associazione teme anche un peggioramento nei prossimi mesi: con la corsa autunnale alle scorte di gas da parte dei vari paesi, infatti, i prezzi sui mercati internazionali rischiano di subire uno scossone al rialzo, con effetti diretti sulle tariffe praticate ai consumatori. “Gli utenti più deboli che rientrano nella vulnerabilità stanno subendo le tensioni delle quotazioni all’ingrosso del gas, – gli fa eco Assoutenti – al punto che le tariffe di ottobre risultano più elevate del 10% rispetto a quelle in vigore nello stesso periodo dello scorso anno, quando il prezzo del gas era pari a 106,13 centesimi di euro per metro cubo”.

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Economia

Ita-Lufthansa, le nozze attese da un anno e mezzo

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Risorta dalle ceneri di Alitalia, promossa dall’Ue come in completa “discontinuità economica” dalla vecchia compagnia di bandiera, ceduta infine a Lufthansa. Eppure, in un eterno ritorno, sempre al centro delle dispute. Dopo due anni di travagliati negoziati per trovare il partner giusto e quasi otto mesi sulle montagne russe per ottenere l’agognato sì dell’Ue, all’ultimo miglio le nozze tra Ita e il colosso dei cieli tedesco sono tornate a complicarsi. Ecco la cronistoria della newco.

* LA RINASCITA – Era il 10 ottobre 2020 quando, allo scadere dell’amministrazione straordinaria di Alitalia, l’allora governo Conte bis firmò il decreto con la nascita di Ita Airways, dandole in dote 20 milioni di euro. Il 12 novembre 2020, la compagnia ha acceso i motori con il primo cda: l’operazione, intrecciata ai prestiti ponte concessi nel 2017 e nel 2019 ad Alitalia (in tutto 1,3 miliardi) e considerati illegali dall’Ue, ha richiesto il benestare di Bruxelles.

* LA VALUTAZIONE UE – Uno il diktat da rispettare per Ita: essere indipendente dalla vecchia compagnia e non, nelle parole della vicepresidente della Commissione Ue, Margrethe Vestager, una Alitalia “travestita”. Pena la responsabilità del rimborso dei sussidi illegali.

* LA LUCE VERDE – Dopo aver ottenuto le rassicurazioni necessarie, il 10 settembre 2021, Bruxelles ha concluso che esistesse “una chiara discontinuità tra Alitalia e Ita”, precisando che i conferimenti di capitale pari a 1,35 miliardi a favore della newco non si configuravano come aiuti di Stato.

* LA GARA E IL DECOLLO – Il business plan ha previsto la cessione del brand Alitalia al miglior offerente con gara aperta, alla quale Ita ha partecipato acquisendo alla fine il marchio per 90 milioni. La newco ha poi spiegato le ali il 15 ottobre 2021 sulla tratta Linate-Bari.

* LA VENDITA – Partito l’11 febbraio 2022, l’iter di privatizzazione è stato in cima alle priorità del governo Draghi. Le prime due pretendenti sono state Msc e Lufthansa. Con il sopraggiungere dell’interesse del consorzio Certares – in partnership con Air France e Delta -, il leader crocieristico si è sfilato. Il 25 maggio 2023 la sospirata fumata bianca tra il Mef e il colosso tedesco: l’accordo prevede l’ingresso della compagnia di Carsten Spohr nel capitale della newco con una quota del 41% (pari ad un aumento di capitale di 325 milioni), con l’opzione di acquisire successivamente tutte le azioni rimanenti.

* L’ACCORDO CON L’UE – L’operazione, dopo complessi negoziati, è stata approvata da Bruxelles il 3 luglio 2024. Con condizioni a tutela dell’equilibrio dei cieli: la cessione di trenta slot giornalieri nello scalo di Milano-Linate e l’apertura alla concorrenza su dieci rotte tra l’Italia e l’Europa centrale e nei lunghi voli da Fiumicino con destinazione Nord America.

* IL RISPETTO DEI PATTI – La scelta dei vettori che subentreranno all’alleanza italo-tedesca negli slot lasciati liberi sulle rotte critiche è ricaduta su easyJet, Air France e Iag. La firma dei contratti era prevista il 4 novembre. Poi, l’improvviso blocco dell’intesa davanti alla richiesta di Lufthansa di uno sconto sul prezzo d’investimento. L’invio del piano finale a Bruxelles è stato posticipato.

* L’ULTIMO STEP PER IL CLOSING – La consegna dovrà comunque avvenire entro l’11 novembre. La partita si gioca tutta sull’asse Roma-Francoforte. Poi partirà l’ultimo esame formale dell’Ue per un via libera finale che la squadra di Vestager spera ancora di decretare a novembre. Entro la fine del mandato del primo governo von der Leyen.

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