Collegati con noi

Esteri

Truppe israeliane in Libano, inizia la battaglia di terra

Pubblicato

del

Le truppe israeliane sono entrate in Libano, coperte da raid aerei. Al momento per un’operazione “limitata” e volta a distruggere le infrastrutture militari di Hezbollah. Ad annunciare ufficialmente il passo avanti dell’Idf che tutti si aspettavano è stato il Dipartimento di Stato Usa dopo che Israele ha informato Washington delle sue intenzioni. Poco dopo i media libanesi, tra cui la tv al Manar vicina al partito di Dio, hanno riferito di colpi di artiglieria vicino ai villaggi frontalieri di Wazzani, Khiyam, Alma el Chaab e Naqura. L’uccisione di Hassan Nasrallah “è un passo importante, ma non sarà l’ultimo”, la prossima mossa nella guerra contro Hezbollah “comincerà presto”, aveva avvertito poco prima il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, mentre sul terreno si moltiplicavano i segnali di un’operazione “imminente”.

In serata l’Idf ha dichiarato “zona militare chiusa” le aree al confine di Metula, Misgav Am e Kfar Giladi, mentre sull’altro versante della Linea blu i peacekeeper dell’Unifil, tra cui ci sono un migliaio di italiani, sono stati “costretti” a fermare le attività di pattugliamento, come hanno annunciato le Nazioni Unite. L’esercito regolare di Beirut ha lasciato le postazioni vicino al confine sud, ritirandosi per 5 km. Il governo di Benyamin Netanyahu ha assicurato all’alleato americano che si tratterà di un’azione “più contenuta” di quanto inizialmente previsto (e di quella del 2006), destinata a eliminare la minaccia di Hezbollah che continua a lanciare razzi e missili verso il nord di Israele. A Washington tuttavia l’idea delle truppe di Netanyahu in Libano, seppure per un’operazione limitata, non sembra essere stata accolta di buon grado.

“Sono al corrente ma vorrei che si fermassero”, aveva detto il presidente Joe Biden appena poche ore prima, rilanciando un appello al cessate il fuoco. Il Pentagono ha deciso l’invio di alcune migliaia di truppe in Medio Oriente, per lo più aerei da caccia, per rafforzare la sicurezza delle forze americane nell’area. Anche la Francia – con il neo ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot in visita a Beirut per incontrare il premier Najib Mikati e gli altri vertici dello Stato – aveva invitato Israele “ad astenersi da qualsiasi incursione terrestre” e a cessare le ostilità, ed “Hezbollah a fare lo stesso”, ricordando che la proposta franco-americana lanciata all’Onu per 21 giorni di tregua “è ancora sul tavolo”. Ma, aveva avvertito Barrot, “resta poco tempo”.

L’operazione terrestre è stata infatti preparata da tempo: stando a fonti israeliane citate dal Wall Street Journal e da Nbc News, le forze speciali dell’Idf hanno già condotto, sia di recente che nei mesi scorsi, azioni lampo in territorio libanese, fino a entrare nei tunnel lungo al confine, con l’obiettivo di raccogliere informazioni sulle posizioni e le capacità di Hezbollah in vista di un attacco di terra. Orfano di Nasrallah e alle prese con la successione del leader e la delicata organizzazione dei suoi funerali, Hezbollah intanto ha ostentato sicurezza: “Siamo pronti al corpo a corpo con i soldati israeliani se dovessero invadere il Libano”, ha avvertito il numero due del partito di Dio, Naim Qassem, assicurando che “Israele non riuscirà a raggiungere i suoi obiettivi”. Anche l’Iran ha giurato vendetta: “Il sangue del martire Nasrallah accelererà la caduta del regime di Israele e dei suoi leader”, ha minacciato il generale Abdolrahim Mousavi, comandante in capo dell’esercito della Repubblica islamica.

Ma il regime degli ayatollah – da mesi messo alla prova da azioni più o meno dirette di Israele senza tuttavia contrattacchi significativi – ha già anticipato che non invierà suoi militari in Libano né a Gaza: “Le nazioni della regione, così come la resistenza in Libano e Palestina, hanno forza e capacità sufficienti per difendersi”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Nasser Kanani, smentendo al tempo stesso che Teheran sia il manovratore delle milizie sciite nell’area, dagli Hezbollah in Libano, all’Iraq, allo Yemen con gli Houthi, che dopo i raid aerei di domenica su Hodeida hanno annunciato di voler intensificare i loro attacchi contro Israele. E’ proprio ai civili iraniani che Netanyahu si è rivolto in un inconsueto video messaggio “al nobile popolo persiano”, promettendo loro che il Paese sarà “libero prima di quanto la gente pensi” e che quel giorno “i nostri due popoli antichi, il popolo ebraico e il popolo persiano, saranno finalmente in pace”. “In ogni momento, il regime vi avvicina all’abisso”, ha aggiunto il premier israeliano assicurando ancora una volta che “non esiste un luogo in Medio Oriente che Israele non può raggiungere”.

I jet dell’Idf continuano intanto a martellare il Paese dei Cedri, non più solo nel sud del Libano o nella periferia di Beirut roccaforte dei miliziani sciiti: nella notte tra domenica e lunedì un raid ha colpito per la prima volta dall’8 ottobre il centro della capitale, distruggendo due piani di un edificio nel quartiere di Kola e uccidendo – ha rivendicato l’esercito – il leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Nadal Abdel-Alel, insieme ad altri due dirigenti della formazione. In un attacco nel sud è invece stato ucciso il leader di Hamas in Libano, Fateh Sherif Abu el-Amin.

Advertisement
Continua a leggere

Esteri

Putin aumenta le spese militari del 30% per il 2025

Pubblicato

del

“La verità è dalla nostra parte. Tutti gli obiettivi prefissati saranno raggiunti”. In un messaggio ai russi, Vladimir Putin ha salutato così il secondo anniversario dell’annessione delle quattro regioni ucraine parzialmente occupate e annesse dalla Russia. La settimana dopo il viaggio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky negli Usa e la presentazione del suo cosiddetto ‘piano di vittoria’, Mosca ribadisce dunque ancora una volta di voler andare fino in fondo nella sua cosiddetta operazione militare speciale. E, in linea con questa strategia, decide un aumento monstre di quasi il 30 per cento delle spese militari per il 2025. Nel progetto di legge di bilancio per il prossimo anno presentato al Parlamento si prevede di incrementare fino a 13.500 miliardi di rubli (circa 135 miliardi di euro al cambio attuale) le spese per la Difesa.

Per i due anni successivi gli investimenti per le forze armate dovrebbero scendere leggermente, per posizionarsi a 12.800 miliardi di rubli nel 2026 e 13.000 miliardi nel 2027. Recentemente il presidente russo ha deciso un aumento di quasi il 14 per cento degli effettivi delle forze armate, per portarli a un milione e mezzo. E oggi ha firmato un decreto per la chiamata alle armi di altri 133.000 soldati nell’ambito della prevista coscrizione d’autunno, dopo i 150.000 arruolati in quella di primavera. Anche se le autorità assicurano che i militari di leva non saranno impiegati in Ucraina.

Nel giugno scorso Putin aveva detto di essere pronto alla pace se Kiev avesse ritirato le sue truppe dalle quattro regioni annesse da Mosca – Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson – e si fosse impegnata ufficialmente a non entrare nella Nato. All’inizio di settembre ha affermato che la “priorità numero uno” per le truppe russe è la conquista dell’intero territorio delle regioni di Lugansk e Donetsk. Nella prima l’obiettivo è stato quasi raggiunto, mentre nella seconda prosegue la lenta avanzata delle forze di Mosca, che nelle ultime ore hanno annunciato di aver preso il controllo di un altro villaggio, quello di Nelepovka. Putin ha descritto come “un evento epocale” l’annessione delle quattro regioni ucraine, avvenuta nel settembre del 2022 dopo referendum non riconosciuti da Kiev e dalla comunità internazionale. Così come quello che nel 2014 aveva portato all’annessione della Crimea. E ha annunciato che Mosca sta lavorando ad un “piano di sviluppo socio-economico su vasta scala” dei territori controllati in Ucraina che viene già “realizzato in modo coerente”.

Le forze russe sono tornate intanto a bombardare la scorsa notte Kiev e diverse altre regioni ucraine. Secondo l’Aeronautica ucraina, sono stati lanciati tre missili e 73 droni kamikaze. La stessa fonte ha detto che uno dei missili e 67 velivoli senza pilota sono stati abbattuti. Un uomo è stato ucciso a Kupiansk, nella regione nord-orientale di Kharkiv, in seguito all’attacco di un drone, secondo il capo dell’amministrazione militare regionale. Nella regione russa di Belgorod, invece, un militare è morto ucciso e un civile è stato ferito per un drone lanciato dalle forze ucraine. Una corte militare russa nel frattempo ha condannato all’ergastolo un uomo con doppia cittadinanza russa e ucraina accusato di essere l’autore dell’attentato dinamitardo in cui lo scorso anno venne gravemente ferito lo scrittore Zakhar Prilepin e fu ucciso il suo autista. L’imputato, Alexander Permyakov, era accusato di avere agito su incarico dei servizi segreti ucraini. Prilepin, 48 anni, autore di romanzi tradotti in undici lingue tra cui l’italiano, è un noto esponente degli ambienti nazionalisti, ex combattente in Cecenia e nelle file delle milizie filorusse secessioniste nel Donbass ucraino.

Continua a leggere

Esteri

Hezbollah prepara la resistenza nei tunnel del sud

Pubblicato

del

Una vera e propria città sottoterra, con tunnel ampi quanto gallerie ferroviarie illuminati a giorno e collegati direttamente con le rampe di lancio di missili balistici a media e lunga gittata puntati contro Israele, si snoda sotto la superficie del sud del Libano, lì dove i jet israeliani fanno da mesi terra bruciata. Gli Hezbollah libanesi assicurano di essere pronti a resistere con ogni mezzo all’invasore israeliano. E ribadiscono di avere a disposizione una fitta rete di cunicoli e bunker sotterranei rimasti intatti nonostante gli intensi e incessanti bombardamenti a tappeto di Israele.

Mentre si allestiscono le trincee, la società civile lasciata pressoché da sola da uno Stato che appare inesistente tenta di organizzarsi per contenere una tragedia umanitaria dai contorni ancora tutti da definire. C’è chi dal Libano e dall’estero coordina gruppi di organizzazioni non governative locali perché distribuiscano aiuti e beni di prima necessità alla marea di sfollati riversatasi sulla capitale Beirut e in altre zone considerate sicure.

C’è chi tenta di organizzare donazioni di sangue e chi, a bordo di pulmini e auto private, entra nelle località e nei quartieri presi d’assalto dai profughi consegnando porta a porta materassi, coperte, latte in polvere per neonati. “Sono scene già viste mille altre volte in Libano eppure ci sentiamo in una situazione molto diverse dal passato”, afferma Janette, operatrice umanitaria di Beirut. “In poco tempo siamo stati tutti sopraffatti, sia per i numeri degli sfollati sia per le emozioni dolorose che ci colpiscono ogni ora”.

L’esercito libanese, mai dispiegato per contrastare Israele ma che da tempo svolge compiti di polizia, è presente in massa a Beirut e Tripoli, nel nord. “Siamo qui per evitare che si creino attriti e violenze tra gruppi di cittadini”, afferma un ufficiale dell’esercito, incaricato di sostare col suo blindato in una strada di Tripoli. Raggiunto telefonicamente tramite un attivista locale, l’ufficiale preferisce rimanere anonimo perché non autorizzato a rilasciare dichiarazioni ai media: “C’è timore in giro che in questa situazione così instabile e con una quantità enorme di sfollati, qualcuno ne possa approfittare per seminare divisioni interne”, afferma il militare.

La paura di una nuova guerra civile è stata però finora allontanata da una vera e propria gara di solidarietà inter-comunitaria tra le regioni più colpite e quelle meno esposte: dalla Bekaa al sud, un numero sempre crescente di famiglie cerca riparo sul Monte Libano. A parte alcuni episodi, sporadici, in cui abitanti locali hanno provato a impedire agli sfollati di raggiungere i rifugi improvvisati, i libanesi appaiono, per ora, uniti nell’aiutarsi gli uni con gli altri. Alle frontiere con la Siria aumenta poi in maniera impressionante il flusso di siriani – già profughi in Libano – e libanesi che cercano riparo oltre frontiera, proprio lì dove da più di 13 anni si consuma una delle guerre più sanguinose e protratte di tutto il globo. Secondo l’Onu, dall’inizio della nuova offensiva israeliana in Libano, sono 100mila le persone che sono fuggite nella vicina Siria.

Continua a leggere

Esteri

Missili e droni sull’Ucraina, scatta massiccio raid russo

Pubblicato

del

Missili e droni sono stati lanciati sull’Ucraina dalle forze armate russe nella notte. Come riferisce l’agenzia Unian l’allerta aerea è scattata in quasi tutte le regioni. Inoltre è segnalata anche l’attività dell’aviazione tattica russa in direzione sud-est. Molti droni sono stati avvistati nei pressi della capitale Kiev, dove la difesa antiaerea è al lavoro e i residenti della città sono invitati a rimanere nei rifugi. Altre città interessate dal raid sono Zhytomyr, Kryvyi Rih (dove sono state sentite delle esplosioni), Kharkiv, Poltava, Sumy, Chernihiv, Cherkasy, Kirovohrad, Vinnytsia, Odessa e Mykolaiv.

A Kiev si sono verificate numerose esplosioni, provocate dai sistemi di difesa aerea entrati in azione per neutralizzare i droni, provenienti sia da sud sia da nord. Lo ha comunicato – come riporta Ukrinform – l’amministrazione militare della città. Anche il sindaco Vitalii Klitschko è intervenuto su Telegram per invitare gli abitanti a restare nei rifugi. L’allarme aereo è stato revocato alle 6.09 (ora locale). L’allerta è durata 5 ore e 3 minuti.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto