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Salute

Cuore e fegato trapiantati insieme, prima volta in Italia

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Il trapianto del cuore e del fegato in blocco, come fossero un unico organo, ha salvato la vita a una donna cardiopatica di 38 anni, già più volte operata al cuore. L’intervento – di cui non ci sono precedenti noti in Italia e in Europa, e pochi casi negli Stati Uniti – è stato eseguito all’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino. La paziente, di Roma, era stata iscritta, per la gravità delle sue condizioni, nella lista nazionale dei trapianti urgenti, gestita dal Centro nazionale Trapianti, in collaborazione con il Centro regionale del Piemonte.

L’intervento, durato nel complesso 12 ore, è stato pianificato dall’equipe multidisciplinare trapianti di Torino e la sua eccezionalità sta proprio nell’avere mantenuto la normale connessione del cuore con il fegato. Un tipo di trapianto – spiegano i medici – che “permette di minimizzare i tempi di sofferenza ischemica degli organi prima di essere trapiantati, offrendo così una migliore ripresa della loro funzione subito dopo il trapianto”.

Cuore e fegato sono stati prelevati da un donatore in Lombardia, a Torino una doppia equipe ha asportato il cuore malato e in contemporanea rimosso il fegato della paziente 38enne, mantenuta in vita grazie alla circolazione extracorporea cuore-polmoni. Cardiochirurghi ed epatochirurghi hanno eseguito contemporaneamente i collegamenti vascolari e, una volta ripristinata la circolazione nel blocco multiorgano, sia il cuore sia il fegato hanno ripreso a funzionare. La paziente ora è sveglia e respira autonomamente; ricoverata nella terapia intensiva di Cardiochirurgia delle Molinette, sarà poi trasferita nel reparto di degenza.

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Salgono del 30% i casi di Covid, in 7 giorni 11.164

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Dopo il calo delle ultime settimane, tornano a salire i contagi da Covid-19 in Italia. Dal 19 al 25 settembre sono stati 11.164 i nuovi positivi, rispetto agli 8.490 della settimana precedente, pari a un aumento di circa il 30%. La regione con più casi è la Lombardia (3.102), seguita dal Veneto (1.683) e Lazio (1.302). E a crescere sono anche i decessi settimanali, passati da 93 a 112. Stabile l’impatto sugli ospedali mentre cresce la variante Xec.

Questi i dati dell’ultimo bollettino settimanale pubblicato dal ministero della Salute e del monitoraggio a cura dell’Istituto superiore di Sanità. Ad aumentare sono stati anche i tamponi, passati dai 81.586 del 12-18 settembre a 85.030, mentre il tasso di positività è passato dal 10% al 13%. Stabile invece il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti di area medica (pari a 3% con 1.885 ricoverati), così come quelli occupati in terapia intensiva (0,7% con 62 ricoverati). I tassi di ospedalizzazione e mortalità restano più elevati nelle fasce di età più alte.

L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero, è pari a 0,9, in lieve aumento rispetto alla settimana precedente. Mentre l’incidenza è di 19 casi per 100mila abitanti, anche questa in aumento rispetto alla settimana precedente (14 casi per 100mila abitanti). L’incidenza più elevata è in Veneto (35 casi per 100mila abitanti) e la più bassa nelle Marche (1 per 100mila). In base ai dati di sequenziamento genetico, nell’ultimo mese circolano insieme differenti sotto-varianti di Jn.1 attenzionate a livello internazionale, con una predominanza di Kp.3.1.1 (68%). In crescita, e pari a circa il 5%, i sequenziamenti del lignaggio ricombinante Xec, appartenente alla famiglia Omicron.

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In 30 anni quadruplicate le donazioni di organi, da 450 a 1.700

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In Italia negli ultimi 30 anni il tasso di donazione degli organi è quadruplicato, passando da otto donatori per milione di abitanti nel 1994 ai 30 di oggi. E le 450 donazioni di allora sono diventate 1.700 nel 2024 mentre i trapianti sono passati da 1.498 a 4.466. Sono alcuni dati presentati durante il convegno ‘Il dono della vita’, organizzato dall’Ospedale Bambino Gesù in occasione del trentennale della morte di Nicholas Green, il bimbo colpito da un proiettile il 29 settembre del 1994 mentre era in vacanza in Italia. Con un gesto che all’epoca sorprese tutti, i suoi genitori, Margaret e Reginald decisero di donarne gli organi, e oggi sono tornati nel nostro Paese.

“L’agonia di quei giorni – racconta Margaret – fu una serie di duri colpi ma donare gli organi di Nicholas è stata la decisione importante più semplice che abbiamo mai dovuto prendere. Quattro mesi dopo, incontrammo i riceventi, erano tutti in buona salute. Eppure, quattro mesi prima, cinque di loro erano in punto di morte, e altri due stavano diventando ciechi”. Una di loro si chiama Maria Pia, aveva 19 anni ed era in coma per insufficienza epatica. Ma invece di morire, si svegliò con un nuovo fegato. Due anni dopo si sposò ed ebbe un figlio, che decise di chiamare Nicholas. Da allora, i donatori hanno permesso di eseguire 92.478 trapianti in Italia. Determinante per la crescita dei numeri, che ci vedono ai primi posti in Europa, è stata la legge 91 del 1999 che ha formalizzato la Rete trapiantologica italiana.

“Questa crescita – ha spiegato Giuseppe Feltrin, direttore del Centro Nazionale Trapianti (Cnt) – si deve allo sviluppo di una cultura del dono, sostenuta dalle preziose testimonianze dei familiari di donatori. Ma a fare la differenza è stata la nascita di un sistema che vede il Cnt, il Ministero della Salute e le Regioni lavorare fianco a fianco”. Nonostante i passi in avanti, ci sono ancora forti resistenze verso la donazione dovute a poca informazione e fake news. “Nell’ultimo semestre – Maria Rosaria Campitiello, capo Dipartimento della Prevenzione del Ministero della Salute, i ‘no’ registrati dai cittadini al rinnovo della carta d’identità hanno rappresentato il 35%. Rilanciare l’appello al dono è fondamentale per dare una speranza agli 8mila pazienti che sono ora in attesa di trapianto”.

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Rischio cuore per 40% italiani, check con calcolatore

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Attraverso la prevenzione di alcuni fattori di rischio, l’80% dei decessi dovuti a malattie cardiovascolari sarebbe evitabile. Tra questi obesità, diabete, ipercolesterolemia e ipertensione arteriosa, a cui si aggiungono sedentarietà, fumo ed eccessivo consumo di sale. Eppure, secondo i dati della sorveglianza Passi, nel 2022-2023, solo il 2% degli intervistati è del tutto libero dall’esposizione al rischio cardiovascolare noto: il 41% del campione, tra 18 e 69 anni, ne presenta almeno 3. Lo ricordano gli esperti dell’Iss in vista della Giornata Mondiale del Cuore (29 settembre), promossa dalla World Heart Federation e l’Oms. Su 100 italiani, 18 riferiscono una diagnosi di ipertensione, 18 di ipercolesterolemia, 35 sono sedentari, 24 fumatori, 43 risultano in eccesso ponderale e meno di 7 consumano 5 porzioni di frutta e verdura al giorno. Inoltre, quasi il 5% del campione riferisce di soffrire di diabete.

Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia con 217 mila decessi. Per tale motivo, è ora online sul sito dell’Iss un ‘calcolatore’ del rischio, che valuta la probabilità di avere un ictus o infarto. I pazienti che ne hanno già avuto uno “sono considerati ad altissimo rischio”, spiega Pasquale Perrone Filardi, Presidente Sic (Società Italiana di Cardiologia). “Le linee guida europee raccomandano di raggiungere livelli di Ldl inferiori a 55 mg/dL – continua- e addirittura sotto i 40 mg/dL per chi ha avuto multipli eventi. Intervenire subito dopo un infarto, in modo intensivo con anticorpi monoclonali inibitori di Pcsk9, abbasserebbe i livelli di Ldl fino al 70%”. Per ridurre i rischi causati dall’ipertensione arteriosa (colpisce oltre il 60% degli adulti), la Società Europea di Cardiologia (Esc) ha inoltre stabilito nuove linee guida suggerendo restrizioni nel consumo di sale e zucchero e trattamenti che riducano in maniera più intensiva i valori pressori.

“Una variazione importante rispetto alle precedenti linee guida è il trattamento farmacologico – spiega Domenico Gabrielli, Presidente Fondazione per il Tuo cuore dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri- Da valori pressori inferiori a 140/90 mmHg indicati nella precedente edizione si è passati a valori sistolici compresi tra 120 e 129 mmHg, se tollerati. Finora era raccomandato un approccio in due fasi con un primo obiettivo di valori inferiori a 140/90 mm Hg e, solo dopo aver raggiunto questo obiettivo, andava preso in considerazione l’obiettivo di valori inferiori a130/80 mmHg”, conclude.

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