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Economia

Ita cresce aspettando Lufthansa e torna il logo Alitalia

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I tempi per l’ingresso di Lufthansa in Ita si sono allungati insieme alle trattative con la Commissione Ue ma nel frattempo la compagnia italiana non ha smesso di crescere. I conti del semestre sono ancora in rosso ma i ricavi crescono del 30% mantenendo la profittabilità e con una generazione di cassa che consente di sostenere gli investimenti, più che raddoppiati, spiega il presidente Antonio Turicchi e conferma le attese di un ritorno all’utile nel 2025. E quando l’operazione arriverà al traguardo gli obiettivi diventeranno più ambiziosi. Intanto il gruppo rende un tributo alle sue origini e ricompare il vecchio logo, “inspired by Alitalia”, sotto Ita Airways.

“Non è un’operazione nostalgia” ha commentato il presidente Antonio Turicchi ma un riconoscimento a un brand “che ha ispirato, con la sua eccellenza pionieristica nel trasporto aereo e il ruolo di straordinario ambasciatore del Made in Italy nel mondo, i valori del nuovo gruppo”. Il cda è andato ‘in trasferta’ a Milano, ha inaugurato i suoi nuovi uffici e approvato la semestrale che mostra ricavi a 1,4 miliardi con passeggeri in crescita a 8,3 milioni (+26%), un ebitda di 62 milioni (+130%), un cash flow operativo di 280 milioni e investimenti per 256 milioni (+130%). La cassa era quasi di 400 milioni e ad agosto, con l’operazione di financing sugli aeromobili, si è avvicinata ai 600 milioni euro. Un utile operativo ancora non c’è (-88 milioni) e il risultato netto è negativo per 140 milioni ma il trend è positivo.

“Arriveranno ulteriori aeromobili, cresceremo in termini di ricavi e i dati di agosto e settembre confermano che le previsioni sono in linea con quanto riscontriamo sul mercato”, ha sottolineato il direttore generale Andrea Benassi. Il semestre si è chiuso con ricavi passeggeri per 1,2 miliardi (+33%) e a fine anno arriveranno a 2,7 miliardi (+25%) con un load factor dell’80 per cento. “Il trend continuerà nel 2025, possiamo confermarlo”, così come il ritorno all’utile, risponde Turicchi. Oggi “lo scenario è penalizzante” ricordano i manager ma grazie alle sinergie con Lufthansa il piano 2023-2027 “potrà essere oggetto di ulteriore analisi e approfondimento” con “obiettivi più ambiziosi”.

La quotazione in Borsa non è tra questi: “Volare sì ma coi piedi per terra”, risponde con una battuta Turicchi: prima bisogna chiudere l’operazione con Lufthansa, l’aumento di capitale da 325 milioni e l’acquisto del 41% del capitale dal Mef. “Stiamo facendo i compiti a casa e vogliamo arrivare al closing per il 4 novembre”, aggiunge. L’Antitrust Ue ha chiesto, sui voli a corto raggio, di ridurre la presenza su Linate (cedere 30 slot a Milano e 18 a Fiumicino) e su dieci rotte intra-europee mentre sul lungo raggio le due compagnie dovranno indicare i competitor ai quali aprire le rotte da Roma per Washington, San Francisco e Toronto e secondo indiscrezioni di stampa Air France e British Airways, con cui sono in corso le discussioni, avrebbero chiesto in cambio ulteriori slot a Linate.

Su questo Benassi non commenta ma precisa che i ‘rimedi’ sul corto raggio “pesano per l’1% del fatturato della compagnia e non avranno peso sulla performance perché l’ingresso nel gruppo Lufthansa li compenserà”. D’altronde Milano “è fondamentale e continuiamo a investire” precisa, ricordando che nei primi sei mesi Ita Airways ha garantito 150 voli giornalieri e ottenuto ricavi per 260 milioni (+20%) con 3 milioni di passeggeri ma l’impegno potrebbe aumentare “qualora fosse modificato il decreto che a Linate limita i voli ad un raggio di 1.500km”.

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Economia

Lavori del Pnrr ancora fermi, fondi a rischio

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Velocizzare i cantieri del Pnrr, che rischia altrimenti di non rispettare la scadenza del 2026 e di perdere i finanziamenti europei; sbloccare i pagamenti alle imprese, che troppo spesso finiscono per portare da sole sulle loro spalle i costi delle opere pubbliche; rivedere le soglie delle gare dei contratti pubblici previsti dal Codice degli appalti, che così com’è limita il libero mercato. E’ lungo il cahier de dolehances che l’Ance presenta al governo a nome del settore delle costruzioni alle prese con una “bulimia normativa” che in 30 anni ha prodotto ben 671 provvedimenti sulle opere pubbliche. Guardando al futuro del settore e a quello che accadrà non solo in questi anni caratterizzati dagli investimenti del Pnrr ma anche dopo il 2026, la presidente dell’associazione Federica Brancaccio ha innanzitutto richiamato gli enti pubblici alla puntualità nei pagamenti.

“La prima precondizione affinché le opere vengano fatte – ha spiegato – è che siano pagate a chi le realizza nei tempi previsti e con prezzi congrui. Le imprese devono essere pagate, – ha insistito – non si può lasciare sulle loro spalle il costo dell’opera. Se non ci sono abbastanza soldi per fare tutto, allora bisogna fare meno”. Un esempio su tutti è il ritardo nei pagamenti relativi al dl Aiuti, “ancora tragicamente arretrati”. Le imprese sono in attesa di almeno 1,1 miliardi perché le istruttorie sono lente e non c’è cassa disponibile, ha spiegato Brancaccio. I ritardi, ma questa volta dei cantieri, sono fonte di preoccupazione anche per il Pnrr. Molti appalti sono stati aggiudicati, ma i lavori, in molti casi, non risultano consegnati ed avviati, lamenta l’Ance. Il rischio serio è quindi quello di “non riuscire a collaudare le opere entro la scadenza imposta dall’Europa per il 2026, con il risultato di perdere il finanziamento”.

Ultimo capitolo, non secondario, è infine quello del nuovo Codice degli appalti da cui “emerge un problema di mercato”. Secondo il vicepresidente, Luigi Schiavo, i principi di concorrenza sono infatti messi a rischio dalla scelta di liberalizzare sino alla soglia comunitaria le procedure negoziate senza gara.

Per questo “le soglie andrebbero riviste al rialzo, garantendo al di sopra di determinati importi l’invito di tutti i soggetti potenzialmente interessati”. L’Ance è consapevole della chiusura del ministero delle Infrastrutture sulla questione, ma auspica comunque ancora “un parziale ripensamento”, motivato peraltro anche dalla preoccupazione espressa dalla Commissione Ue.

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Ambiente

Idrogeno verde in raffineria con Ip gruppo api

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La transizione energetica nel Nord-Ovest segna un passo avanti con un progetto di Ip gruppo api di produzione di idrogeno verde, da fonti rinnovabili. La raffineria Sarpom di Trecate, in provincia di Novara, entro il 2026 produrrà infatti idrogeno verde, che servirà alla raffineria stessa per decarbonizzare i propri processi industriali e per rifornire due aree di servizio Ip, una in Piemonte, a Casale Monferrato (Alessandria) e l’altra in Lombardia, a Cassano d’Adda (Milano), agevolando così la mobilità sostenibile. Il progetto, denominato Hydrogen Valley del Nord-Ovest, prevede un investimento totale di 30 milioni di euro tra fondi pubblici e privati.

Sarà sostenuto anche da due bandi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che Ip gruppo api si è aggiudicata: uno della Regione Piemonte e del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e uno del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. “Questo progetto – ha sottolineato Ugo Brachetti Peretti, presidente di Ip gruppo api – è strategico per il Nord-Ovest e per il Paese. Le raffinerie e la rete dei distributori di carburante sono essenziali per garantire la sicurezza energetica italiana e per accelerare su una transizione davvero efficace, che consenta all’industria e ai trasporti di non fermarsi.

Puntiamo sull’idrogeno – ha aggiunto – insieme a carburanti tradizionali di qualità, biocarburanti, elettrico, perché siamo convinti che il futuro dell’industria e dei trasporti è multi-energia. E perché crediamo che l’idrogeno in particolare sia una soluzione efficace per decarbonizzare i settori ad alta intensità energetica come le raffinerie e il trasporto pesante. La partnership tra pubblico e privato è importante per accelerare in questa direzione”.

“Grazie, perché la giornata di oggi, nel nome della competitività del nostro Paese, è fondamentale” ha detto il vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, in un videomessaggio fatto arrivare alla presentazione mentre era impegnato nel Consiglio dei ministri. “Il progetto realizzato dal gruppo api a Trecate è fino ad oggi il più rilevante, in termini di investimenti e di produzione di idrogeno, tra i tre che la Regione Piemonte ha potuto finanziare nell’ambito del bando regionale per le Hydrogen Valley” hanno evidenziato il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, con Elena Chiorino, vicepresidente, e l’assessore regionale all’ambiente e all’energia, Matteo Marnati.

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Economia

Ombre di crisi su industria, fatturato ancora in calo

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L’onda della recessione in Germania arriva in Italia dove la domanda interna ormai non riesce da tempo a contrastare il calo delle commesse estere. Dopo i dati negativi dei giorni scorsi sulla produzione industriale di luglio anche quelli sul fatturato confermano un quadro in progressivo peggioramento, anche se il minsitro del Made in Italy Adolfo Urso resta fiducioso nella “resilienza” del “sistema Italia”. Dopo il significativo calo della produzione industriale registrata a luglio (-0,9% rispetto a giugno e -3,3% sull’anno) arrivano dall’Istat i dati sulla caduta, sempre a luglio, dei fatturati dell’industria manifatturiera con un -0,4% in valore su giugno e un -4,7% su anno.

E’ il terzo calo consecutivo del dato congiunturale. A compensare il crollo dell’industria manifatturiera ci sono i servizi che hanno registrato a luglio un fatturato in crescita dell’1,9% rispetto a giugno e del 4,4% sull’anno. Pesa sul dato generale l’incidenza del calo dei fatturati realizzati all’estero con un -2,4% rispetto a giugno e un -4,6% rispetto a luglio 2023. “La caduta della produzione industriale e dei fatturati dell’industria manifatturiera sono la diretta conseguenza della stagnazione, anzi della recessione, della Germania, che è il nostro principale partner”, commenta Urso, ricordando che “sono in atto due guerre”. Il ministro si mostra quindi fiducioso della tenuta del sistema Paese: “Diversi indicatori dell’Italia sono migliori delle medie europee: la crescita del Pil, l’occupazione, l’export, l’inflazione sotto le medie. La resilienza dell’Italia sta stupendo tutti”.

Meno ottimisti del ministro Urso appaiono le organizzazioni dei consumatori che giudicano i dati “allarmanti” (Unione dei Consumatori) tanto più perché riguardano anche i beni di consumo (-1,4% su anno). “Ancora una volta i numeri sottolineano la crisi della nostra industria e la necessità di intervenire sul fronte del potere d’acquisto delle famiglie e dei consumi” dicono dal Codacons. Migliorano infine i prezzi alla produzione industriale che registrano ad agosto un aumento dello 0,7% rispetto al mese precedente e flettono dello 0,8% rispetto all’anno precedente, migliorando dal -1,1% di luglio. E dopo quasi un anno e mezzo di variazioni tendenziali negative, tornano a salire sul mercato interno, i prezzi della fornitura di energia elettrica e gas (+0,5% su anno).

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