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Economia

L’industria cosmetica all’avanguardia per la sostenibilità

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Analizzando le performance della cosmetica italiana in tema di sostenibilità emerge come sia “collocato all’avanguardia, sicuramente in posizioni di frontiera rispetto in generale all’industria”. Lo dice Fabio Iraldo dell’Università Bocconi e della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che oggi ha illustrato il primo Osservatorio sulla sostenibilità del settore cosmetico durante il convegno nell’ateneo milanese ‘Bellezza, benessere e sostenibilità: ruolo, obiettivi e contributi dell’industria cosmetica’, organizzato da Geo-Osservatorio Green Economy e Cosmetica Italia, in collaborazione con Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa nell’ambito della Milano Beauty Week.

Lo studio “ha coinvolto oltre 40 aziende che però rappresentano complessivamente un terzo del fatturato del settore della cosmetica in Italia, quindi un campione decisamente rappresentativo quanto a volumi di vendita” spiega Iraldo. I risultati del settore in tema di sostenibilità “sono maturati soprattutto negli ultimi anni con un’attivazione di dinamiche che si sono fondate da parte delle aziende sul tema della competitività ambientale e quindi hanno innalzato le performance del sistema” aggiunge.

“Siamo stati particolarmente sorpresi dal fatto che vi siano percentuali altissime di aziende della cosmetica che lavorano sia sulle performance ambientali del prodotto sia sul packaging. Questa è una cosa rara nell’industria, che in genere guarda soprattutto dentro di sé, ai propri processi produttivi. Mentre la cosmetica, e stiamo parlando del 93% delle aziende che abbiamo sondato, ha agito anche sulla riduzione della formula, del cosmetico o del packaging”. Un ambito “su cui probabilmente si può ancora migliorare è il tema dei rifiuti dei processi produttivi – osserva -. Di questi solo in parte la responsabilità è dell’industria cosmetica, molti dei rifiuti derivano dal pack, dall’imballaggio delle materie prime che non è esattamente posizionato in termini di eccellenza dal punto di vista della riciclabilità. Sono materiali misti e quindi è difficile avviarli a riciclo, ciò nonostante l’industria cosmetica riesce ad avviare al riciclo il 55% dei propri rifiuti”.

Anche “nella gestione delle risorse idriche le performance sono molto buone, ma con margini di miglioramento”. Iraldo si aspetta che “nei prossimi anni aumentino ancora le strategie virtuose in tema di sostenibilità a esempio, con un maggiore utilizzo di certificazioni ambientali sia sulle aziende che sui prodotti a beneficio dei consumatori, nel segno dell’attenzione al mercato e alla fiducia di chi compra i prodotti”. L’impegno del comparto della cosmetica nelle scelte green è evidenziato anche dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin che ha inviato al convegno un videomessaggio.

“Questo approccio si traduce in un vantaggio competitivo in termini di risparmio, ad esempio di materie prime, di consumi energetici, di scelte dei consumatori che ormai preferiscono prodotti sempre più sostenibili” aggiunge. La “nostra industria è impegnata – spiega John Chave Direttore Generale Cosmetics Europe, parlando del progetto Commit for Our Planet che vuole unire le aziende cosmetiche europee in una rete di azioni comuni nelle politiche green – nel realizzare gli obiettivi della sostenibilità, da una prospettiva etica, perché è la cosa giusta da fare e per venire incontro ai consumatori. È un viaggio da compiere insieme”. L’innovazione va applicata anche alla sostenibilità – commenta Ambra Martone, vicepresidente di Icr – Industrie Cosmetiche Riunite -. Bisogna essere pronti ad accettare che le decisioni di ieri magari oggi non vanno più bene”. Per il rettore dell’Università Bocconi Francesco Billari in generale i settori industriali italiani hanno recepito l’importanza delle politiche per la sostenibilità, “poi ovviamente in termini di risposta ci sono diversi gradi di consapevolezza o soprattutto di priorità per questo tema, quindi dobbiamo lavorarci ancora”.

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Economia

Lavori del Pnrr ancora fermi, fondi a rischio

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Velocizzare i cantieri del Pnrr, che rischia altrimenti di non rispettare la scadenza del 2026 e di perdere i finanziamenti europei; sbloccare i pagamenti alle imprese, che troppo spesso finiscono per portare da sole sulle loro spalle i costi delle opere pubbliche; rivedere le soglie delle gare dei contratti pubblici previsti dal Codice degli appalti, che così com’è limita il libero mercato. E’ lungo il cahier de dolehances che l’Ance presenta al governo a nome del settore delle costruzioni alle prese con una “bulimia normativa” che in 30 anni ha prodotto ben 671 provvedimenti sulle opere pubbliche. Guardando al futuro del settore e a quello che accadrà non solo in questi anni caratterizzati dagli investimenti del Pnrr ma anche dopo il 2026, la presidente dell’associazione Federica Brancaccio ha innanzitutto richiamato gli enti pubblici alla puntualità nei pagamenti.

“La prima precondizione affinché le opere vengano fatte – ha spiegato – è che siano pagate a chi le realizza nei tempi previsti e con prezzi congrui. Le imprese devono essere pagate, – ha insistito – non si può lasciare sulle loro spalle il costo dell’opera. Se non ci sono abbastanza soldi per fare tutto, allora bisogna fare meno”. Un esempio su tutti è il ritardo nei pagamenti relativi al dl Aiuti, “ancora tragicamente arretrati”. Le imprese sono in attesa di almeno 1,1 miliardi perché le istruttorie sono lente e non c’è cassa disponibile, ha spiegato Brancaccio. I ritardi, ma questa volta dei cantieri, sono fonte di preoccupazione anche per il Pnrr. Molti appalti sono stati aggiudicati, ma i lavori, in molti casi, non risultano consegnati ed avviati, lamenta l’Ance. Il rischio serio è quindi quello di “non riuscire a collaudare le opere entro la scadenza imposta dall’Europa per il 2026, con il risultato di perdere il finanziamento”.

Ultimo capitolo, non secondario, è infine quello del nuovo Codice degli appalti da cui “emerge un problema di mercato”. Secondo il vicepresidente, Luigi Schiavo, i principi di concorrenza sono infatti messi a rischio dalla scelta di liberalizzare sino alla soglia comunitaria le procedure negoziate senza gara.

Per questo “le soglie andrebbero riviste al rialzo, garantendo al di sopra di determinati importi l’invito di tutti i soggetti potenzialmente interessati”. L’Ance è consapevole della chiusura del ministero delle Infrastrutture sulla questione, ma auspica comunque ancora “un parziale ripensamento”, motivato peraltro anche dalla preoccupazione espressa dalla Commissione Ue.

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Ambiente

Idrogeno verde in raffineria con Ip gruppo api

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La transizione energetica nel Nord-Ovest segna un passo avanti con un progetto di Ip gruppo api di produzione di idrogeno verde, da fonti rinnovabili. La raffineria Sarpom di Trecate, in provincia di Novara, entro il 2026 produrrà infatti idrogeno verde, che servirà alla raffineria stessa per decarbonizzare i propri processi industriali e per rifornire due aree di servizio Ip, una in Piemonte, a Casale Monferrato (Alessandria) e l’altra in Lombardia, a Cassano d’Adda (Milano), agevolando così la mobilità sostenibile. Il progetto, denominato Hydrogen Valley del Nord-Ovest, prevede un investimento totale di 30 milioni di euro tra fondi pubblici e privati.

Sarà sostenuto anche da due bandi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) che Ip gruppo api si è aggiudicata: uno della Regione Piemonte e del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e uno del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. “Questo progetto – ha sottolineato Ugo Brachetti Peretti, presidente di Ip gruppo api – è strategico per il Nord-Ovest e per il Paese. Le raffinerie e la rete dei distributori di carburante sono essenziali per garantire la sicurezza energetica italiana e per accelerare su una transizione davvero efficace, che consenta all’industria e ai trasporti di non fermarsi.

Puntiamo sull’idrogeno – ha aggiunto – insieme a carburanti tradizionali di qualità, biocarburanti, elettrico, perché siamo convinti che il futuro dell’industria e dei trasporti è multi-energia. E perché crediamo che l’idrogeno in particolare sia una soluzione efficace per decarbonizzare i settori ad alta intensità energetica come le raffinerie e il trasporto pesante. La partnership tra pubblico e privato è importante per accelerare in questa direzione”.

“Grazie, perché la giornata di oggi, nel nome della competitività del nostro Paese, è fondamentale” ha detto il vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, in un videomessaggio fatto arrivare alla presentazione mentre era impegnato nel Consiglio dei ministri. “Il progetto realizzato dal gruppo api a Trecate è fino ad oggi il più rilevante, in termini di investimenti e di produzione di idrogeno, tra i tre che la Regione Piemonte ha potuto finanziare nell’ambito del bando regionale per le Hydrogen Valley” hanno evidenziato il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, con Elena Chiorino, vicepresidente, e l’assessore regionale all’ambiente e all’energia, Matteo Marnati.

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Economia

Ombre di crisi su industria, fatturato ancora in calo

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L’onda della recessione in Germania arriva in Italia dove la domanda interna ormai non riesce da tempo a contrastare il calo delle commesse estere. Dopo i dati negativi dei giorni scorsi sulla produzione industriale di luglio anche quelli sul fatturato confermano un quadro in progressivo peggioramento, anche se il minsitro del Made in Italy Adolfo Urso resta fiducioso nella “resilienza” del “sistema Italia”. Dopo il significativo calo della produzione industriale registrata a luglio (-0,9% rispetto a giugno e -3,3% sull’anno) arrivano dall’Istat i dati sulla caduta, sempre a luglio, dei fatturati dell’industria manifatturiera con un -0,4% in valore su giugno e un -4,7% su anno.

E’ il terzo calo consecutivo del dato congiunturale. A compensare il crollo dell’industria manifatturiera ci sono i servizi che hanno registrato a luglio un fatturato in crescita dell’1,9% rispetto a giugno e del 4,4% sull’anno. Pesa sul dato generale l’incidenza del calo dei fatturati realizzati all’estero con un -2,4% rispetto a giugno e un -4,6% rispetto a luglio 2023. “La caduta della produzione industriale e dei fatturati dell’industria manifatturiera sono la diretta conseguenza della stagnazione, anzi della recessione, della Germania, che è il nostro principale partner”, commenta Urso, ricordando che “sono in atto due guerre”. Il ministro si mostra quindi fiducioso della tenuta del sistema Paese: “Diversi indicatori dell’Italia sono migliori delle medie europee: la crescita del Pil, l’occupazione, l’export, l’inflazione sotto le medie. La resilienza dell’Italia sta stupendo tutti”.

Meno ottimisti del ministro Urso appaiono le organizzazioni dei consumatori che giudicano i dati “allarmanti” (Unione dei Consumatori) tanto più perché riguardano anche i beni di consumo (-1,4% su anno). “Ancora una volta i numeri sottolineano la crisi della nostra industria e la necessità di intervenire sul fronte del potere d’acquisto delle famiglie e dei consumi” dicono dal Codacons. Migliorano infine i prezzi alla produzione industriale che registrano ad agosto un aumento dello 0,7% rispetto al mese precedente e flettono dello 0,8% rispetto all’anno precedente, migliorando dal -1,1% di luglio. E dopo quasi un anno e mezzo di variazioni tendenziali negative, tornano a salire sul mercato interno, i prezzi della fornitura di energia elettrica e gas (+0,5% su anno).

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