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Prima gioia in serie A del Venezia, Genoa battuto

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Inizia nell’ultimo giorno dell’estate il campionato del Venezia, che si aggiudica per 2-0 la sfida tra le ex repubbliche marinare e sorpassa momentaneamente una mezza dozzina di squadre. Il Genoa è apparso sottotono ed è uscito mentalmente dal campo dopo il gravissimo infortunio alla caviglia subito da Malinovsky, portato d’urgenza in ospedale a inizio ripresa. Alla fine Joronen non farà nemmeno una parata. Di Francesco – che ha conquistato la 100/ma vittoria in A – è in piena emergenza a centrocampo per l’infortunio di Duncan e la squalifica di Nicolussi Caviglia, per questo arretra Busio e inserisce Andersen. Davanti tocca a Oristanio e Ellertsson ispirare Pohjanpalo. Gilardino risponde lasciando in panchina Pinamonti a beneficio di Ekuban, con capitan Badelj, inossidabile, a orchestrare la manovra.

La prima occasione da gol – clamorosa – arriva sui piedi di Oristanio che da pochi passi, servito dopo che Ellertsson ha seminato il panico, scarica a rete, ma Gollini ha un riflesso felino e salva la porta. Risponde il Genoa al 22′: Pohjanpalo perde una palla sanguinosa e centrocampo innescando un contropiede 4 contro 2, ma Vitinha è egoista e Svoboda salva in extremis in corner. A dispetto del teorema secondo cui in zona salvezza non si dovrebbero fare sconti sul piano fisico, Marchetti fischia il primo fallo al 26′, anche se un paio di minuti prima aveva decretato un rigore per il Genoa, ma Vitinha era in netto fuorigioco. Il Venezia ci prova di più e al 34′ Busio – alla centesima in maglia arancioneroverde – si divora una rete: servito da uno spiovente di Svoboda, colpisce di testa solissimo, ma la palla varca di poco la traversa.

Dopo la sosta si riparte con gli stessi 22 dell’avvio, ma dopo 90′ secondi Malinovski in un recupero difensivo si infortuna gravemente alla caviglia – immediato il ricovero all’ospedale – e viene sostituto da Pinamonti. Gli ospiti sono sotto choc e i padroni di casa potrebbero approfittarne al 13′: Pohjanpalo serve Busio che viene steso a centro area: rigore netto che Pojanpalo spreca, complice una super parata di Gollini che legge benissimo le intenzioni del bomber finlandese e lo ipnotizza. La gioia del primo gol stagionale in casa è solo rimandata di pochi minuti: al 18′ Busio lascia partire un filtrante verso la porta, Oristanio e un difensore non ci arrivano, ma il loro movimento tradisce Gollini che si fa sorprendere e non riesce a intercettare prima che la sfera varchi la linea.

L’estremo difensore passa in pochi istanti da salvatore della patria a colpevole di una grave disattenzione. Il Genoa non riesce a reagire e così Gilardino si affida in avanti al 17enne Ekhator, lo scorso anno in C. Di Francesco risponde coprendosi con Doumbia e Sverko, per un Ellertsson in grande spolvero e per Haps, subito dopo aver richiamato Oristanio per l’esordio dell’ecuadoregno Yeboah. Il Venezia la chiude al 40′ con il solito Pohjanpalo, che spacca la porta con una conclusione al volo su un assist al bacio proprio di Yeboah, che ubriaca di finte i difensori avversari prima di pennellare il traversone su cui il finlandese manda in paradiso lo stadio Penzo.

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Bremer e McKennie: senza segnare è difficile vincere partite

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“Un peccato non aver vinto la partita, abbiamo dominato ma se non fai gol è difficile. Ma siamo sulla strada giusta e dobbiamo continuare così”. Così Gleison Bremer commenta ai microfoni di Dazn il pareggio per 0-0 contro il Napoli. “Stiamo iniziando un percorso, dobbiamo continuare ad ascoltare il mister. Oggi abbiamo fatto possesso palla, ma è mancato l’ultimo passaggio”, ha aggiunto il difensore brasiliano. Sulla stessa lunghezza d’onda Westo McKennie, secondo cui “è difficile vincere senza segnare, con Koopmeiners abbiamo provato a farci vedere di più in avanti”. Sulla sostituzione di Vlahovic, l’americano ha detto: “Dusan è un attaccante e che vive per il gol, ogni partita lui dà sempre il massimo e sono sicuro che il gol arriverà. Ma tutta la squadra deve metterlo in condizione di segnare”.

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Juventus e Napoli, è pari senza gol allo Stadium

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E’ finita con un pareggio senza reti l’attesa sfida della quinta giornata all’Allianz Stadium di Torino tra la Juventus di Thiago Motta e il Napoli dell’ex Antonio Conte. Terzo 0-0 di fila per i bianconeri che hanno il merito di aver mantenuto ancora una volta la porta inviolata. Quarto risultato utile di fila per gli azzurri che, grazie a una gara in cui sono stati a lunghi tratti asserragliati in difesa, invece sono rimasti una lunghezza davanti ai bianconeri. Prima del fischio d’inizio, la Juventus ha celebrato il suo ex portiere Szczesny con una targa e una maglia ricordo per le 252 presenze.

Settore ospiti con poche presenze, vista la decisione del Prefetto di Torino di impedire ai tifosi ospiti la trasferta a Torino per precedenti scontri tra i supporters campani e quelli del Cagliari. Nonostante la successiva sospensione decretata del Tar del Piemonte poiché gli scontri erano avvenute tra “tifoserie contendenti diverse”, all’Allianz Stadium si sono presentati in pochi esponendo uno striscione sul quale era scritta la parola “vergogna”. In campo, invece, primo tempo molto equilibrato e avaro di emozioni, partita chiusa a lunghi tratti e pochissime occasioni degne di nota.

Le più pericolose di marca partenopea, la prima al 29′ figlia di una conclusione rasoterra dalla distanza di McTominay respinta da Di Gregorio e la seconda in pieno recupero con il portiere juventino ancora attento a deviare in corner una punizione insidiosa dalla destra di Politano sulla quale Lukaku aveva coperto la visuale del numero 29 bianconero. Al 10′ della ripresa ancora Politano pericoloso con una conclusione col mancino finita di poco alta sopra la traversa. Per vedere la prima (e ultima) vera conclusione della Juventus sono invece passati 26 minuti dall’inizio del secondo tempo: da un’incursione per vie centrali di Cambiaso la palla è finita sui piedi di Koopmeiners la cui conclusione a giro con il destro è finita fuori misura.

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La prima Roma di Juric: è la mia grande occasione

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Allenatore della Roma da poco più di 72 ore e un silenzio attorno a lui che fa rumore. Ivan Juric si presenta da solo alla vigilia dell’esordio sulla panchina giallorossa contro l’Udinese. I Friedkin, infatti, non sono più nemmeno a Trigoria, hanno lasciato la capitale dopo un blitz nato e concluso per esonerare Daniele De Rossi, mentre il resto della dirigenza resta in silenzio come negli ultimi otto mesi. Dunque nessun’eccezione, nemmeno per le prime parole del nuovo allenatore che ricorda da solo il proprio curriculum: “Alleno da 14 anni, di cui gli ultimi otto in Serie A e a buon livello, ma la Roma è la squadra più forte che mi è capitata. Per me è una grandissima occasione, con un club così non pensi al contratto, devi solo dimostrare di essere capace”. Una missione non certo semplice e non tanto per il valore della rosa che definisce “ottimo”, quanto per il clima creatosi intorno alla squadra dopo la cacciata di De Rossi.

Domani è prevista una forte contestazione all’Olimpico con i gruppi organizzati che entreranno dopo mezz’ora e poi continueranno a protestare contro giocatori e proprietà. Contestazione preannunciata in questi giorni con striscioni contro la proprietà e l’amministratore delegato, Lina Souloukou (“Ddr il mare di Roma… Lina il male di Roma” la scritta esposta dai tifosi): per questo la ceo giallorossa è stata sottoposta a ‘misure di tutela’. All’Ad della società non è stata assegnata una scorta vera e propria: le valutazioni verranno fatte nei prossimi giorni in sede di Comitato per l’ordine e la sicurezza in prefettura. Ecco allora che a difendere la Roma ci prova Juric, prima elogiando il lavoro fatto dal suo predecessore e poi mettendosi a scudo dei suoi nuovi calciatori. “Il lavoro di Daniele non è tutto da buttare – ha spiegato – Ci sono tanti spunti da prendere e ai quali poi aggiungere alcune mie caratteristiche, come l’aggressività. Ma questa è una squadra che ha dimostrato di poter scendere in campo in un certo modo e di potersela giocare con chiunque”.

Per la sua Roma “servirà tempo”, ma dopo esser subentrato di problemi non ne ha riscontrati. “E’ una squadra che ha dato tutto per De Rossi, non c’erano problemi all’interno. Purtroppo gli allenatori pagano i risultati”, le parole di un tecnico che vorrebbe concentrarsi solo sull’Udinese e invece è costretto a occuparsi anche di tanto altro per cercare di mantenere a galla una nave che nell’ultima settimana ha rischiato di affondare. Sugli obiettivi non si nasconde: “La proprietà è stata molto chiara, ha chiesto risultati e sviluppo dei giocatori, alzando il livello della rosa, poi dobbiamo arrivare in Champions e rimanerci”. Più facile a dirsi che a farsi, soprattutto quando all’esordio affronti un Udinese che “sta over perfomando”, sempre parole di Juric.

Per contrastare i friulani pensa al 3-4-2-1 e non esclude la possibilità di far giocare insieme Dybala e Soulé dietro Dovbyk. In squadra, inoltre, potrebbe rivedersi anche Zalewki, finito fuori rosa per volere della proprietà, ma la cui situazione “sta rientrando” ha spiegato l’allenatore croato, sottolineando come Nicola sarebbe “un elemento valido per lo sviluppo della stagione”. Ma alla fine solo i risultati possono allontanare tensioni e polemiche dell’ultimo periodo. Lo sa bene Juric che già con l’Udinese non può sbagliare.

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