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Economia

Inflazione turistica, continua la salita dei prezzi

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Se nell’estate 2024 si registrerà un record di turisti stranieri in Italia – secondo l’ultimo calcolo di Cna Turismo sono stati oltre 32 milioni -, di certo sono state evidenti anche le difficoltà degli italiani, presi nella morsa del caro-prezzi. Lo confermano anche le stime di Demoskopika che ad agosto registra un tasso di inflazione turistica in aumento dell’1,0% su base mensile e del 4,6% su base annua (da 4,1% del mese precedente).

Crescono su base tendenziale i prezzi di pacchetti vacanza (da 19,5% a 23,2%), servizi ricettivi e ristorazione (da 4,3% a 4,4%). Riprende la crescita tendenziale dei servizi di trasporto (da -2,2% a +0,4%). Stabili i servizi ricreativi e culturali (3,8%). Sul versante congiunturale si registra un incremento più che significativo per i servizi di trasporto, pari al 7,8% rispetto a luglio. Al rialzo principalmente trasporto marittimo (+33,8%) e aereo passeggeri (+16,3%). Il differenziale inflazionistico, in termini tendenziali, tra l’indice generale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic) e quello turistico (Nict) cresce in modo significativo portandosi a 3,5 punti percentuali (dai 2,9 di luglio 2024).

L’inflazione turistica acquisita per il 2024 è pari al 4,9%. Tra i primi cinque sistemi regionali a registrare l’inflazione turistica più elevata si collocano Abruzzo (6,5%), Liguria (6,5%), Valle d’Aosta (5,8%), Puglia (5,6%) e Trentino Alto Adige (5,3%). Sul versante opposto la dinamica dei prezzi più contenuta si registra prevalentemente nelle seguenti regioni: Lazio (3,8%), Basilicata (3,6%), Molise (3,6%) e Sicilia (3,4%). In base alle stime di Demoskopika, infine, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo turistico (Ipcat) per l’Italia, sviluppato per assicurare una misura dell’inflazione comparabile a livello europeo, registra a luglio un ritmo di crescita su base annua del 4,2% a fronte di un 4,6% dell’Unione Europea. Una dinamica dei prezzi del “paniere turistico” che colloca il belpaese al terzo posto preceduto soltanto da Portogallo (2,4%) e Francia (2,7%). Sul, versante opposto, a presentare, infine, un andamento dell’inflazione turistica più elevato dell’Italia le rimanenti destinazioni osservate: Polonia (6,8%), Grecia (6,8%), Paesi Bassi (6,1%), Austria (5,5%), Germania (4,9%), Svezia (4,7%) e Spagna (4,4%).

Conferma l’allarme il Codacons: il 45% degli italiani, circa 27 milioni di cittadini, secondo l’associazione, non si è concesso tra giugno e settembre una vacanza, e per la metà di questi il caro-prezzi nel settore turistico è la causa di rinuncia alle partenze. Nel 2019 la percentuale di chi rinunciava alle vacanze estive si attestava al 39%, oggi raggiunge il 45% – analizza il Codacons – e questo significa che rispetto al periodo pre-Covid è aumentato di 3,6 milioni il numero di italiani che non si concede una villeggiatura. Alla base di tale trend negativo il caro-prezzi che ha colpito il comparto turistico: non a caso più di un cittadino su due, il 55% di chi non parte, motiva tale decisione con l’impossibilità di affrontare le spese legate a una vacanza.

Ed effettivamente a parità di notti fuori casa e di beni e servizi acquistati, la spesa pro-capite di chi va in vacanza tra giugno e settembre (tra viaggio, alloggi, cibo e servizi vari) è salita in 5 anni del 26,3%, passando da una media di 950 euro del 2019 ai circa 1.200 euro del 2024, con un incremento di circa 250 euro a persona – stima il Codacons. “Tutti i numeri sul turismo confermano purtroppo i nostri allarmi circa la stangata che ha colpito le vacanze estive degli italiani – afferma il presidente Carlo Rienzi – Rincari del tutto ingiustificati dovuti unicamente alla ripresa del turismo nel nostro Paese e alla crescita delle presenze di visitatori stranieri, che hanno portato gli operatori del settore a ritoccare al rialzo i listini”.

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Ambiente

Il crollo delle elettriche affonda il mercato dell’auto

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Il crollo delle elettriche ha un forte impatto sul mercato europeo dell’auto e spinge i produttori a chiedere all’Unione Europea “di presentare misure di soccorso urgenti “per il settore. In tutti i Paesi si registrano pesanti cali delle vendite e si parla di 30.000 posti di lavoro a rischio nel gruppo Volkswagen con una riduzione degli investimenti previsti. Intanto Bruxelles e Pechino provano a dialogare sui dazi definitivi sulle e-car importate dalla Cina alla ricerca di “una soluzione accettabile”. Le immatricolazioni in Europa occidentale nel mese di agosto sono state 755.717, il 16,5% in meno del 2023. Da inizio anno sono state vendute complessivamente 8.661.401 auto, con una crescita dell’1,7% sull’analogo periodo del 2023.

Le elettriche vendute sono 125.000, il 36% in meno di un anno fa, mentre considerando solo l’Unione Europea la flessione è del 43,9%. Stellantis ha immatricolato nel mese di agosto 103.612 auto, il 28,7% in meno del 2023 con il calo della quota di mercato dal 16,1 al 13,7%. A Mirafiori si vedono, intanto, i primi modelli cinesi Leapmotor C10 spediti in Europa e destinati al mercato italiano: le vetture verranno messe a punto per una settimana da una ventina di operai delle carrozzerie in cassa integrazione. In questo contesto difficile va avanti il negoziato tra l’Ue e la Cina che “hanno concordato di intensificare gli sforzi per trovare una soluzione efficace, applicabile e compatibile con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio per il caso delle auto elettriche”. Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis ha avuto un incontro definito “costruttivo” a Bruxelles con il ministro del Commercio cinese Wang Wentao.

Bruxelles e Pechino hanno deciso “di riesaminare gli impegni sui prezzi”, dando “istruzioni ai rispettivi team affinché si impegnino al massimo per raggiungere una soluzione reciprocamente accettabile”. La Ue precisa, però, che la volontà di lavorare a una soluzione condivisa “non pregiudica l’indagine” sui possibili maxi-sussidi sleali del Dragone alle sue imprese. I timori delle case automobilistiche europee, insidiate dalla concorrenza cinese che tende a conquistare quote sempre più rilevanti, sono forti. L’Acea esprime preoccupazione per la fattibilità del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per auto e furgoni previsti entro il 2025. “Ci mancano le condizioni cruciali – spiega – per ottenere il necessario impulso alla produzione e all’adozione di veicoli a emissioni zero: infrastrutture di ricarica e rifornimento dell’idrogeno, nonché un ambiente produttivo competitivo, energia verde a prezzi accessibili, incentivi fiscali e di acquisto e un approvvigionamento sicuro di materie prime, idrogeno e batterie”. Anche gli operatori italiani del settore chiedono maggiore chiarezza all’Europa sui target delle emissioni di CO2, sui dazi alle importazioni e sulle politiche di incentivazione per dare certezze agli operatori e ai clienti, sia consumatori che aziende.

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Economia

Nel primo semestre utile Mfe-Mediaset sale a 104 milioni

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Nel primo semestre dell’anno il gruppo Mfe-Mediaset ha registrato un utile netto di 104,7 milioni, in crescita del 20,2% rispetto allo stesso periodo del 2023, con ricavi netti consolidati a 1.476,5 milioni (+7,8%). Il risultato operativo (Ebit) è positivo per 136,3 milioni, in aumento del 12,7% rispetto al primo semestre del 2023. I risultati sono superiori al ‘consensus’ della vigilia degli analisti. Per l’intero 2024, Mfe “conferma l’obiettivo di mantenere un risultato operativo, un risultato netto e una generazione di cassa consolidati nettamente positivi, la cui entità dipenderà principalmente dal livello della raccolta pubblicitaria dell’ultimo trimestre”.

– In Italia il risultato operativo di Mfe-Mediaset cresce del 53,5% arrivando a 59,9 milioni rispetto ai 39 milioni del 2023. In Spagna è pari a 76,3 milioni rispetto agli 81,7 milioni del 2023. L’indebitamento finanziario netto consolidato al 30 giugno 2024 è pari a 662 milioni, in netto calo rispetto agli 902,8 milioni del 31 dicembre 2023. I costi operativi complessivi consolidati (costi del personale, costi per acquisti, servizi e altri oneri, ammortamenti e svalutazioni di diritti e di altre immobilizzazioni) sono pari a 1.340,3 milioni (1.248,7 milioni di euro nello stesso periodo del 2023), “con una variazione principalmente legata alle variazioni del perimetro di consolidamento”, spiega la società.

La generazione di cassa caratteristica (free cash flow) è positiva per 223,4 milioni rispetto ai 220,1 milioni dei primi sei mesi 2023. “Sulla base dell’attuale visibilità, la raccolta pubblicitaria di Mfe nei primi 9 mesi del 2024 ha mantenuto un andamento al di sopra delle aspettative e in linea con quello del primo semestre dell’anno, nonostante la concomitanza di eventi sportivi internazionali (gli Europei di Calcio fino a metà luglio e le Olimpiadi di Parigi tra fine luglio e la prima parte di Agosto) non nella disponibilità del Gruppo sia in Italia che in Spagna”, aggiunge il Biscione.

“Per la restante parte dell’esercizio la visibilità del mercato pubblicitario in entrambe le aree geografiche resta piuttosto bassa, tenuto conto dell’instabilità del contesto geopolitico (il perdurare dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente, le elezioni presidenziali Usa a Novembre) e di quello macroeconomico generale. Inoltre, gli ultimi mesi dell’anno si confronteranno con un andamento estremamente sostenuto dei ricavi pubblicitari di Mfe in Italia nello stesso periodo del 2023”, conclude il gruppo televisivo.

“Siamo un modello unico in Europa: grazie alla dimensione internazionale del gruppo – una diversificazione geografica che attutisce gli squilibri nei diversi mercati – e grazie al nostro sempre più evoluto sistema ‘crossmediale’, anche questo semestre abbiamo ottenuto risultati al di sopra di ogni previsione”. Lo afferma l’amministratore delegato di Mfe-Mediaset, Pier Silvio Berlusconi, commentando i risultati del gruppo televisivo del primo semestre dell’anno. “In un periodo che ha visto anche a livello internazionale flettere i conti di tutto il settore dei media, con drastici tagli all’occupazione, Mfe registra una costante crescita in termini di raccolta pubblicitaria, di redditività e di utili”, aggiunge Pier Silvio Berlusconi.

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Economia

Neva punta sull’innovazione con due fondi da 500 milioni

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Neva Sgr, la società di venture capital del gruppo Intesa Sanpaolo, raggiunge gli obiettivi con un anno di anticipo e lancia due nuovi fondi con una capacità di investimento di 500 milioni di euro. La vita di Neva è “già piena di successi. Visti i risultati ottenuti, siamo convinti che sia arrivato il momento di crescere ancora”, afferma Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo. I nuovi fondi Neva II e Neva II Italia, dedicati a investimenti in società che si impegnano a fornire soluzioni di business a problemi globali, avranno una capacità raddoppiata rispetto ai 250 milioni di euro dei fondi Neva First. In quattro anni di attività “siamo diventati un punto di riferimento non solo in Italia per il venture capital dedicato all’innovazione”, spiega il presidente Luca Remmert.

Risultati ottenuti anche grazie al supporto di Intesa Sanpaolo e alla collaborazione con Intesa Sanpaolo Innovation Center. Per presentare, oltre ai due nuovi fondi, i risultati conseguiti negli ultimi quattro anni e le prospettive di crescita, la società di venture capital di Intesa Sanpaolo, ha riunito alle Officine grandi riparazioni di Torino una platea di investitori istituzionali, esperti, imprenditori e startupper da tutta Italia e da numerosi altri Paesi, Stati Uniti in testa. Per i nuovi fondi sono stati fissato importanti obiettivi. Neva II punta a una raccolta finale di circa 400 milioni di euro, da investire nelle migliori aziende emergenti altamente innovative a livello mondiale, mentre Neva II Italia prevede di raccogliere 100 milioni di euro da riservare alle realtà italiane. Entrambi i fondi concentreranno l’attenzione su società che operano principalmente nei settori delle scienze della vita, la transizione energetica, la trasformazione digitale, la produzione manifatturiera di nuova generazione e l’aerospazio.

Neva ha deciso di costruire un fondo da 500 milioni perchè “ci presentiamo come un partner robusto solido e consistente”, afferma Mario Costantini, amministratore delegato e direttore generale. In particolare con Neva II Italia “consentiremo – aggiunge – ai fondi pensione, casse di previdenza e fondazioni bancarie di poter entrare in questo mercato”. Grande soddisfazione per le attività svolte negli ultimi quattro anni. Dall’agosto del 2020, nonostante le difficoltà causate dalla pandemia nei primi due anni, Neva ha raggiunto in anticipo gli obiettivi prefissati, arrivando a investire con i suoi primi tre fondi circa 170 milioni di euro in oltre 40 società altamente innovative e in forte crescita.

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