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Raid israeliano su una scuola, uccisi sei operatori Onu

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Si allarga ancora la frattura tra gran parte della comunità internazionale e Israele per la quantità di vittime civili a Gaza dopo la strage compiuta da Hamas il 7 ottobre. L’ultimo episodio che ha suscitato le forti proteste dell’Onu e di molti Paesi occidentali è stato l’ennesimo attacco – il quinto – avvenuto contro la scuola Al-Jacuni, nel campo profughi di Nuseirat, che ospita circa 12.000 persone in questa località situata al centro della Striscia. Le vittime dei bombardamenti dell’Idf sono state in tutto 18, tra le quali sei operatori dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi. Dopo la diffusione della notizia il primo a intervenire è stato il direttore generale dell’Onu Antonio Guterres.

“Quello che sta accadendo a Gaza è completamente inaccettabile”, ha scritto su X. “Una scuola trasformata in un rifugio è stata colpita dagli attacchi di Israele. Sei dei nostri colleghi dell’Unrwa sono fra le vittime. Queste drammatiche violazioni della legge umanitaria internazionale devono fermarsi ora”. Alle proteste di Guterres sono seguite quelle della Germania e della Francia. Ma anche la Gran Bretagna – che ha già deciso una riduzione del sostegno militare a Tel Aviv proprio in ragione dell’enorme numero di vittime civili – e gli Stati Uniti hanno fatto sentire la loro voce. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in particolare, ha esortato Israele a proteggere gli operatori e i siti umanitari.

“E’ una questione che continuiamo a sollevare con Israele”, ha detto Blinken. A farsi portavoce dell'”indignazione” degli europei è poi stato l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Javier Borrell, nel corso del suo tour in Medio Oriente: “L’inosservanza dei principi fondamentali del diritto internazionale umanitario, in particolare la protezione dei civili – ha scritto su X -, non può e non deve essere accettata dalla comunità internazionale”. Davanti alla raffica di proteste, la replica di Israele – che sostiene di aver agito prestando la massima attenzione possibile a non colpire civili innocenti – non si è fatta attendere. Tra le vittime dell’attacco alla scuola l’esercito israeliano – secondo le notizie rimbalzate sui media locali – avrebbe identificato nove miliziani di Hamas, tra cui tre figurano anche tra i sei morti denunciati dall’Unrwa. Una doppia identità (personale dell’Unrwa che fiancheggia o opera anche per conto di Hamas) già denunciata più volte dalle autorità israeliane. Così come a più riprese le forze di sicurezza e l’intelligence con la stella di David hanno segnalato che i terroristi spesso e volentieri usano i civili come scudo per sfuggire a chi gli dà la caccia. Intanto un’auto è esplosa a Ramla, 40 chilometri da Tel Aviv, causando 4 morti e numerosi feriti.

Ma secondo le prime informazioni fornite dagli inquirenti potrebbe trattarsi di un episodio di criminalità e non di terrorismo. Resta invece alta la tensione al confine con il Libano, da dove continuano a partire i razzi di Hezbollah alla volta della Galilea. Mentre due ragazzi, rispettivamente di 17 e 12 anni, secondo i media libanesi, sono stati uccisi da missili israeliani lanciati sulla regione costiera di Tiro. E prosegue lo scambio di accuse tra Hamas e Netanyahu sulla responsabilità di non essere ancora riusciti a trovare un’intesa per arrivare a una tregua e alla liberazione degli ostaggi. E’ poi di oggi la notizia che l’ufficio stampa del governo israeliano ha deciso di revocare gli accrediti rilasciati ai giornalisti dell’emittente araba Al Jazeera perché rappresentano una minaccia per i soldati dell’Idf. Il cui servizio di intelligence, meglio noto come unità 8200, è in procinto di registrare un cambio della guardia al suo vertice. L’attuale comandante, il generale di brigata Yossi Sariel, ha deciso di dimettersi dopo le critiche piovute sul suo servizio per non essere riuscito a prevenire l’attacco di Hamas del sette ottobre.

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Esteri

Medjugorje, il Vaticano oggi fornirà una valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria

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Il Vaticano sta per fornire la sua attesa valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria nel villaggio di Medjugorje, situato nel sud della Bosnia. Dopo quasi 15 anni di studi, giovedì il cardinale Víctor Manuel Fernández, a capo dell’ufficio dottrinale del Vaticano, terrà una conferenza stampa sull’argomento, che il Vaticano ha definito “l’esperienza spirituale di Medjugorje”.

Dal 1981, sei bambini e adolescenti affermano di aver avuto visioni della Madonna, visioni che, secondo alcuni di loro, continuano regolarmente. Questo ha reso Medjugorje una meta di pellegrinaggio per milioni di credenti cristiani. Tuttavia, le apparizioni non sono mai state riconosciute ufficialmente dal Vaticano, che ha più volte espresso dubbi sulla loro autenticità.

Papa Francesco ha dichiarato che, pur avendo dubbi sulle visioni attuali, non si può negare l’impatto spirituale di Medjugorje sui pellegrini. Nonostante ciò, il Vaticano ha chiarito che non dichiarerà l’autenticità delle visioni, ma fornirà un orientamento dottrinale che permetta ai fedeli di esprimere la loro devozione senza contraddire la fede.

L’annuncio del Vaticano avrà un impatto significativo su Medjugorje, un luogo che dipende fortemente dal turismo religioso, con il 2024 previsto come un anno record di visite.

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Hezbollah sotto attacco, un colpo strategico senza precedenti del Mossad e delle Israel Defense Forces

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Le esplosioni che hanno recentemente colpito Hezbollah tra Libano e Siria hanno inflitto un durissimo colpo al “Partito di Dio”. Migliaia di feriti, una milizia disorientata e la catena di comando vulnerabile: questo è il quadro che emerge dalle operazioni orchestrate dall’intelligence israeliana, che ha ottenuto un risultato devastante senza ricorrere a un singolo attacco convenzionale. In pochi minuti, il Mossad e i servizi delle Israel Defense Forces (IDF) hanno messo in ginocchio la milizia guidata da Hassan Nasrallah, un risultato che in una guerra tradizionale sarebbe stato possibile solo dopo una lunga e costosa serie di attacchi.

Gli esperti sottolineano come questo attacco abbia reso temporaneamente inabili al combattimento migliaia di miliziani di Hezbollah, con ospedali e basi libanesi sovraffollati di feriti. Le esplosioni non hanno causato un elevato numero di morti, ma i danni fisici riportati dai membri della milizia sono stati gravi: ferite profonde, amputazioni, perdita della vista e dell’udito. Molti di questi combattenti non torneranno operativi prima di alcune settimane o mesi, mentre altri non saranno più in grado di combattere.

Un attacco non letale ma devastante

Le esplosioni, pur non essendo mortali, hanno causato danni significativi alle capacità operative di Hezbollah. Le testimonianze riportano ferite devastanti: mani esplose dopo aver afferrato i cercapersone, mutilazioni, e gravi traumi fisici che segneranno questi miliziani per tutta la vita. Questo non solo riduce il numero di combattenti pronti all’azione, ma li rende facilmente identificabili per le forze di intelligence israeliane, aumentando il rischio per Hezbollah.

La crisi della leadership e l’incubo logistico

Per Nasrallah, questo attacco rappresenta un vero incubo. La difficoltà nel rimpiazzare rapidamente i feriti, mantenendo un livello operativo efficiente, è una delle principali preoccupazioni. A differenza di altre organizzazioni, Hezbollah non può semplicemente reclutare chiunque: ha bisogno di combattenti addestrati, molti dei quali hanno già partecipato alle operazioni in Siria o hanno lanciato missili contro Israele. Inoltre, la base di reclutamento è limitata alla comunità sciita, in particolare ai fedeli di Nasrallah, escludendo il movimento Amal, complicando ulteriormente il processo di rimpiazzo.

Un colpo alla comunicazione: l’offensiva digitale

Uno degli effetti più gravi di questo attacco è la paralisi delle comunicazioni all’interno del movimento. Hezbollah, nel tentativo di evitare cyberattacchi, aveva recentemente abbandonato l’uso dei cellulari in favore dei cercapersone (pager), considerati più sicuri. Tuttavia, questo sistema si è rivelato vulnerabile, e ora l’organizzazione si trova in difficoltà. Senza cercapersone, dovrà tornare a utilizzare vecchi sistemi di comunicazione, come linee telefoniche obsolete, che sono facilmente intercettabili da Israele e da altri avversari.

La sfida per Hezbollah è dunque doppia: da un lato, gestire una crisi umanitaria e militare senza precedenti; dall’altro, trovare nuovi metodi di comunicazione sicuri e immediati. Questo scenario di paralisi inquieta i vertici del movimento, soprattutto in vista di un possibile attacco terrestre da parte di Israele.

Questo attacco non convenzionale ha dimostrato la potenza strategica dell’intelligence israeliana, capace di infliggere un duro colpo a Hezbollah senza entrare direttamente in conflitto armato. Il “Partito di Dio” si trova ora in una posizione estremamente vulnerabile, e la capacità di reagire sarà cruciale per il suo futuro.

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Venezuela, El Pais: saccheggiati 4 miliardi di petrolio

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La compagnia pubblica Petroleos del Venezuela S.A. (PDVSA) sarebbe al centro di uno dei maggiori scandali di corruzione nel Paese. Secondo un’inchiesta pubblicata dal quotidiano spagnolo El País, un gruppo di ex gerarchi chavisti e imprenditori ha saccheggiato circa 4,2 miliardi di dollari (oltre 3,7 miliardi di euro) alla compagnia. Questo colossale furto non ha solo colpito le finanze dell’azienda, ma ha anche avuto un impatto devastante sull’economia venezuelana, sostiene il quotidiano.

Lo schema di corruzione è stato operativo tra il 2007 e il 2012, durante i governi dell’ex presidente Hugo Chávez. I coinvolti, tra cui alti funzionari di PDVSA e imprenditori legati al regime, hanno utilizzato una complessa rete di tangenti e commissioni illegali per dirottare fondi. Aziende, principalmente cinesi, pagavano commissioni fino a un 10% per aggiudicarsi contratti milionari con la compagnia statale Uno dei personaggi chiave in questo intrigo è Diego Salazar, cugino dell’ex ministro di Energia ed ex presidente di PVDSA, Rafael Ramírez. La rete di corruzione non includeva solo funzionari e impresari: tra di loro c’erano regine di bellezza, ambasciatori, attrici e avvocati.

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