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Harris la spunta nel duello tv, Trump accusa la Abc

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Nella città simbolo della democrazia americana e centro dello Stato in bilico più importante per conquistare la Casa Bianca, Kamala Harris e Donald Trump si sono sfidati nel loro primo, e forse unico, duello televisivo presentando la loro visione opposta degli Stati Uniti. Per il candidato repubblicano un luogo cupo, inondato da immigrati predatori che rubano posti di lavoro e mangiano cani e gatti americani; un Paese devastato economicamente, umiliato a livello internazionale e arroccato sull’orlo di un’apocalittica Terza guerra mondiale.

Per Harris una nazione stanca ma piena di speranza, stufa dei drammi e delle divisioni, messa in imbarazzo da un ex presidente disonesto e condannato, alla ricerca ansiosa di una nuova generazione di leader. Solo il 5 novembre si saprà chi dei due candidati ha meglio interpretato il sentimento degli elettori americani, ma per il momento la democratica incassa la vittoria nel dibattito, secondo media e analisti, anche di parte repubblicana. Il primo compito di Harris era prendere le distanze con garbo dal suo presidente e dall’attuale amministrazione e, almeno in parte, ci è riuscita. “Non sono né Biden né Trump, sono la leader di una nuova generazione”, ha dichiarato guardando dritta in camera quel 28% di elettori che sostiene di non conoscerla abbastanza e di non vedere in lei un cambiamento.

E’ pure riuscita a smarcarsi dalla domanda insidiosa sull’Afghanistan, nota dolente della Casa Bianca democratica, rilanciando la palla nel campo del tycoon che “ha concluso un accordo disgraziato” e “ha invitato i talebani nel luogo sacro di Camp David”. Non si è sbilanciata sulla guerra a Gaza, ribadendo la necessità di un tregua e il rilascio degli ostaggi, ma anche assicurando il suo sostegno ad Israele contro Hamas e Teheran. Oltre a liquidare come “assurde” le accuse di Trump sul fatto che la democratica voglia la distruzione del Paese guidato da Benyamin Netanyahu e accusare il tycoon di aver “venduto gli Usa alla Cina” nei suoi quattro anni alla Casa Bianca, culminati con il “pasticcio” durante la pandemia di Covid.

L’altra missione della serata era provocare Trump e metterlo sulla difensiva: anche questa, a detta della stragrande maggioranza degli osservatori, anche di destra, Harris sembra averla centrata. Non solo mantenendo la calma per tutti i 90 minuti del dibattito, ma anche rubando al rivale alcune delle sue espressioni più aggressive. Come quando lo ha accusato di essere amico di dittatori come Vladimir Putin e Kim Jong Un, che “fanno il tifo per lui perché lo possono manipolare”. “Se Trump fosse presidente, Putin sarebbe seduto a Kiev con gli occhi puntati sull’Europa. Sei amico di un dittatore che ti si mangerebbe a colazione”, ha incalzato la democratica stuzzicando ancora il tycoon: “I leader stranieri ti ridono dietro”.

Detto tutto ciò, una parte degli elettori indecisi continua a non vedere in lei un cambiamento reale, stando alle interviste in diretta dei media americani che hanno raccolto le testimonianze di centinaia di americani in diversi stati in bilico. The Donald d’altra parte è riuscito a sferrare i suoi colpi sull’immigrazione e l’economia, punti deboli di Harris che tuttavia secondo gli analisti repubblicani Trump avrebbe potuto sfruttare meglio. “Ho creato una delle economie più forti della storia e lo rifarò”, ha dichiarato l’ex presidente. Un tema, l’economia, sul quale Trump è ancora considerato più affidabile dell’avversaria dal 50% degli americani, secondo la Cnn. Poi però il repubblicano è scivolato sull’aborto – “i dem lo vogliono consentire fino al nono mese” e oltre – e sull’infondata teoria che gli immigrati haitiani in Ohio “rapiscono e mangiano gli animali domestici”. Più ficcante la dichiarazione finale, quando ha chiesto ad Harris: “Perché non ha fatto queste cose meravigliose che promette in questi tre anni e mezzo?”.

Per il sito conservatore Townhall il tycoon “ha perso un’occasione per sferrare il colpo del ko” ma c’è tempo da qui al voto. Intanto dopo il duello tv il suo social media Truth è affondato con un calo del 16%, il più alto da giugno. E nonostante lo abbia definito “il suo miglior dibattito di sempre”, Trump non ha nascosto la sua irritazione accusando Abc news di essere di parte. “Il duello era truccato, tre contro uno”, ha attaccato in riferimento ai due moderatori che gli hanno fatto le pulci in diretta con il fact checking per cinque volte (mai a Harris) e sfilandosi da un’eventuale seconda sfida alla quale la campagna democratica ha invece già dato la sua disponibilità.

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Esteri

Medjugorje, il Vaticano oggi fornirà una valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria

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Il Vaticano sta per fornire la sua attesa valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria nel villaggio di Medjugorje, situato nel sud della Bosnia. Dopo quasi 15 anni di studi, giovedì il cardinale Víctor Manuel Fernández, a capo dell’ufficio dottrinale del Vaticano, terrà una conferenza stampa sull’argomento, che il Vaticano ha definito “l’esperienza spirituale di Medjugorje”.

Dal 1981, sei bambini e adolescenti affermano di aver avuto visioni della Madonna, visioni che, secondo alcuni di loro, continuano regolarmente. Questo ha reso Medjugorje una meta di pellegrinaggio per milioni di credenti cristiani. Tuttavia, le apparizioni non sono mai state riconosciute ufficialmente dal Vaticano, che ha più volte espresso dubbi sulla loro autenticità.

Papa Francesco ha dichiarato che, pur avendo dubbi sulle visioni attuali, non si può negare l’impatto spirituale di Medjugorje sui pellegrini. Nonostante ciò, il Vaticano ha chiarito che non dichiarerà l’autenticità delle visioni, ma fornirà un orientamento dottrinale che permetta ai fedeli di esprimere la loro devozione senza contraddire la fede.

L’annuncio del Vaticano avrà un impatto significativo su Medjugorje, un luogo che dipende fortemente dal turismo religioso, con il 2024 previsto come un anno record di visite.

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Esteri

Hezbollah sotto attacco, un colpo strategico senza precedenti del Mossad e delle Israel Defense Forces

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Le esplosioni che hanno recentemente colpito Hezbollah tra Libano e Siria hanno inflitto un durissimo colpo al “Partito di Dio”. Migliaia di feriti, una milizia disorientata e la catena di comando vulnerabile: questo è il quadro che emerge dalle operazioni orchestrate dall’intelligence israeliana, che ha ottenuto un risultato devastante senza ricorrere a un singolo attacco convenzionale. In pochi minuti, il Mossad e i servizi delle Israel Defense Forces (IDF) hanno messo in ginocchio la milizia guidata da Hassan Nasrallah, un risultato che in una guerra tradizionale sarebbe stato possibile solo dopo una lunga e costosa serie di attacchi.

Gli esperti sottolineano come questo attacco abbia reso temporaneamente inabili al combattimento migliaia di miliziani di Hezbollah, con ospedali e basi libanesi sovraffollati di feriti. Le esplosioni non hanno causato un elevato numero di morti, ma i danni fisici riportati dai membri della milizia sono stati gravi: ferite profonde, amputazioni, perdita della vista e dell’udito. Molti di questi combattenti non torneranno operativi prima di alcune settimane o mesi, mentre altri non saranno più in grado di combattere.

Un attacco non letale ma devastante

Le esplosioni, pur non essendo mortali, hanno causato danni significativi alle capacità operative di Hezbollah. Le testimonianze riportano ferite devastanti: mani esplose dopo aver afferrato i cercapersone, mutilazioni, e gravi traumi fisici che segneranno questi miliziani per tutta la vita. Questo non solo riduce il numero di combattenti pronti all’azione, ma li rende facilmente identificabili per le forze di intelligence israeliane, aumentando il rischio per Hezbollah.

La crisi della leadership e l’incubo logistico

Per Nasrallah, questo attacco rappresenta un vero incubo. La difficoltà nel rimpiazzare rapidamente i feriti, mantenendo un livello operativo efficiente, è una delle principali preoccupazioni. A differenza di altre organizzazioni, Hezbollah non può semplicemente reclutare chiunque: ha bisogno di combattenti addestrati, molti dei quali hanno già partecipato alle operazioni in Siria o hanno lanciato missili contro Israele. Inoltre, la base di reclutamento è limitata alla comunità sciita, in particolare ai fedeli di Nasrallah, escludendo il movimento Amal, complicando ulteriormente il processo di rimpiazzo.

Un colpo alla comunicazione: l’offensiva digitale

Uno degli effetti più gravi di questo attacco è la paralisi delle comunicazioni all’interno del movimento. Hezbollah, nel tentativo di evitare cyberattacchi, aveva recentemente abbandonato l’uso dei cellulari in favore dei cercapersone (pager), considerati più sicuri. Tuttavia, questo sistema si è rivelato vulnerabile, e ora l’organizzazione si trova in difficoltà. Senza cercapersone, dovrà tornare a utilizzare vecchi sistemi di comunicazione, come linee telefoniche obsolete, che sono facilmente intercettabili da Israele e da altri avversari.

La sfida per Hezbollah è dunque doppia: da un lato, gestire una crisi umanitaria e militare senza precedenti; dall’altro, trovare nuovi metodi di comunicazione sicuri e immediati. Questo scenario di paralisi inquieta i vertici del movimento, soprattutto in vista di un possibile attacco terrestre da parte di Israele.

Questo attacco non convenzionale ha dimostrato la potenza strategica dell’intelligence israeliana, capace di infliggere un duro colpo a Hezbollah senza entrare direttamente in conflitto armato. Il “Partito di Dio” si trova ora in una posizione estremamente vulnerabile, e la capacità di reagire sarà cruciale per il suo futuro.

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Venezuela, El Pais: saccheggiati 4 miliardi di petrolio

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La compagnia pubblica Petroleos del Venezuela S.A. (PDVSA) sarebbe al centro di uno dei maggiori scandali di corruzione nel Paese. Secondo un’inchiesta pubblicata dal quotidiano spagnolo El País, un gruppo di ex gerarchi chavisti e imprenditori ha saccheggiato circa 4,2 miliardi di dollari (oltre 3,7 miliardi di euro) alla compagnia. Questo colossale furto non ha solo colpito le finanze dell’azienda, ma ha anche avuto un impatto devastante sull’economia venezuelana, sostiene il quotidiano.

Lo schema di corruzione è stato operativo tra il 2007 e il 2012, durante i governi dell’ex presidente Hugo Chávez. I coinvolti, tra cui alti funzionari di PDVSA e imprenditori legati al regime, hanno utilizzato una complessa rete di tangenti e commissioni illegali per dirottare fondi. Aziende, principalmente cinesi, pagavano commissioni fino a un 10% per aggiudicarsi contratti milionari con la compagnia statale Uno dei personaggi chiave in questo intrigo è Diego Salazar, cugino dell’ex ministro di Energia ed ex presidente di PVDSA, Rafael Ramírez. La rete di corruzione non includeva solo funzionari e impresari: tra di loro c’erano regine di bellezza, ambasciatori, attrici e avvocati.

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