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Cronache

Traffico di permessi di soggiorno a Napoli: indagini su falsi documenti e coinvolgimento di funzionari pubblici

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La Procura di Napoli Nord ha emesso un decreto di giudizio immediato contro i presunti responsabili di un sistema fraudolento che garantiva permessi di soggiorno a cittadini di origine brasiliana attraverso la falsificazione di generalità personali. Secondo le accuse, l’organizzazione sarebbe stata gestita da una rete che coinvolgeva cittadini brasiliani e alcuni funzionari pubblici dei comuni dell’area metropolitana di Napoli.

Il pm Cesare Sirignano, coordinato dal procuratore Antonietta Troncone e dalla procuratrice aggiunta Maria Di Mauro, ha ricostruito il sistema illecito che operava tramite la creazione di falsi verbali di residenza e la manipolazione dei dati anagrafici per permettere a cittadini extracomunitari, principalmente brasiliani, di ottenere la cittadinanza italiana.

Tra i principali indagati spicca il nome di Silmara Fabotti, cittadina brasiliana considerata tra i promotori del traffico dei falsi permessi di soggiorno. Grazie alla presunta complicità di funzionari pubblici, Fabotti avrebbe orchestrato le operazioni necessarie per far ottenere illegalmente la residenza e, successivamente, la cittadinanza italiana ai richiedenti.

Al centro delle indagini ci sono anche due dipendenti del Comune di Villaricca, Alessio De Rosa e Alessandro De Vivo, rispettivamente funzionario e dipendente dell’ufficio anagrafe. Secondo gli inquirenti, i due avrebbero messo a disposizione dell’organizzazione i locali e i terminali dell’ufficio anagrafe per elaborare le richieste di residenza, falsificando i verbali di accertamento e inserendo dati mendaci nei sistemi informatici della Pubblica Amministrazione.

Un altro indagato è Antonio Amato, agente della polizia municipale di Villaricca, accusato di aver eseguito sopralluoghi con esiti falsamente positivi per favorire le pratiche di residenza dei richiedenti. Nonostante la gravità delle accuse, tutti gli indagati sono da considerarsi innocenti fino a prova contraria e avranno l’opportunità di difendersi nel corso del processo.

Le indagini hanno rivelato anche un altro dettaglio sorprendente: la presenza di diamanti del valore di almeno un milione di euro, che sarebbero stati custoditi da Silmara Fabotti e ritenuti proventi di attività illecite. Questa scoperta ha aggiunto un ulteriore elemento di complessità al caso, sollevando interrogativi sulle reali dimensioni dell’organizzazione e sui suoi guadagni illeciti.

L’inchiesta non si ferma a Villaricca. Gli investigatori stanno ora estendendo le indagini ad altri comuni dell’area, tra cui Giugliano, per verificare se il sistema di falsificazione delle generalità e concessione di permessi di soggiorno sia un fenomeno più esteso di quanto inizialmente emerso.

Le indagini proseguono e, nei prossimi mesi, si attendono sviluppi importanti per chiarire l’intera vicenda e le responsabilità dei soggetti coinvolti in questa rete illecita.

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Colpo al clan Fabbrocino: 13 arresti per estorsioni e racket nell’area vesuviana

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Un’operazione condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna ha inferto un duro colpo al clan Fabbrocino, una delle organizzazioni criminali storiche operanti nell’area vesuviana. L’operazione ha portato all’arresto di 13 persone, tra cui figure chiave del gruppo criminale, accusate di estorsioni, racket e altre attività illecite. L’ordinanza, emessa dal gip Leda Rossetti su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, segna un’importante svolta nella lotta contro il clan, che nonostante la morte del fondatore Mario Fabbrocino nel 2019, continuava a esercitare la propria influenza sul territorio.

Il clan e la sua organizzazione

Il clan Fabbrocino, attivo da decenni, operava principalmente nei comuni di San Gennaro Vesuviano, Palma Campania, Ottaviano e San Giuseppe Vesuviano. Grazie alle indagini, durate anni e basate su intercettazioni, pedinamenti e appostamenti, gli inquirenti sono riusciti a ricostruire la struttura del gruppo criminale. Il clan era ben organizzato, con figure responsabili della gestione delle estorsioni, dell’intimidazione e delle “spedizioni punitive” verso chi non si piegava alle loro richieste. Non mancavano i capi storici e gli emergenti, che dirigevano le operazioni e mantenevano il controllo sul territorio.

Tra i capi arrestati figurano nomi noti, come Biagio Bifulco, ritenuto il reggente del clan e scarcerato appena un anno e mezzo fa, e Mario Fabbrocino, nipote e omonimo del fondatore del clan. Entrambi sono accusati di aver guidato le operazioni estorsive e di aver imposto il controllo su diverse attività economiche, con la forza e l’intimidazione.

Il racket e il controllo economico

La principale attività del clan era il racket delle estorsioni, che rappresentava la base del loro potere criminale. Tra le vicende più significative ricostruite dagli inquirenti, emerge quella di un imprenditore nel settore dei trasporti, che avrebbe versato 4mila euro al mese al boss Biagio Bifulco. In cambio, il boss imponeva a un importante gruppo imprenditoriale di utilizzare la ditta di trasporti gestita dall’imprenditore estorto.

L’attività del clan si estendeva anche al settore dell’edilizia, con l’imposizione dell’acquisto di materiale presso aziende compiacenti. Questo controllo economico capillare sul territorio garantiva al clan introiti consistenti e consolidava il loro potere. Nell’operazione, sono state sequestrate anche due società ritenute riconducibili al gruppo criminale.

Le tecniche di comunicazione del clan

Per evitare di essere scoperti dalle forze dell’ordine, i membri del clan utilizzavano pizzini e un linguaggio criptico nelle loro comunicazioni. Le riunioni operative spesso avvenivano in luoghi insospettabili, come alcune stanze all’interno del cimitero di Palma Campania, dove si pianificavano le attività illecite e si discutevano gli affari del clan.

Un clan radicato, ma colpito duramente

Nonostante la morte del fondatore Mario Fabbrocino, il clan ha continuato a operare con grande efficienza, mantenendo un forte controllo sul territorio. Tuttavia, l’operazione delle forze dell’ordine rappresenta un colpo significativo alla sua struttura organizzativa. Dodici degli arrestati sono stati portati in carcere, mentre uno ha ottenuto l’obbligo di firma in caserma.

Le indagini continueranno per smantellare ulteriormente la rete criminale che per anni ha vessato imprenditori e commercianti, imponendo tangenti e condizionando l’economia locale. L’intervento della magistratura e delle forze dell’ordine è stato fondamentale per mettere fine a una lunga stagione di estorsioni e violenze, restituendo un po’ di speranza ai cittadini e alle imprese del territorio vesuviano.

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Forio, l’impegno di Re Carlo: demolizione immediata per il traliccio abusivo vicino ai Giardini Walton-La Mortella

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Il traliccio radio-televisivo abusivo situato nei pressi dei Giardini Walton-La Mortella, sul promontorio di Zaro a Forio, dovrà essere demolito senza ulteriori rinvii. Tre anni dopo la sentenza definitiva del Consiglio di Stato, che aveva accolto il ricorso promosso dalla Fondazione Walton, legata direttamente a re Carlo d’Inghilterra, è stato necessario l’intervento del commissario ad acta, l’architetto Maria Giella Palombella, per eseguire la demolizione. La Fondazione, rappresentata dall’avvocato Bruno Lorenzo Molinaro, aveva sollevato la questione dell’illegalità della struttura, che era stata realizzata senza autorizzazione e in una zona sottoposta a stringenti vincoli paesaggistici.

La demolizione del traliccio e l’incognita sul segnale TV

Il traliccio, che garantiva la trasmissione del segnale di emittenti radiofoniche e televisive sul versante sud-ovest dell’isola d’Ischia, sarà smantellato, lasciando aperti interrogativi riguardo alla futura copertura del segnale nella zona. Sebbene la demolizione del ripetitore abusivo segni la conclusione della lunga disputa legale, resta da chiarire come la rimozione del traliccio influirà sulla ricezione televisiva e radiofonica in una porzione significativa dell’isola.

L’intervento del commissario ad acta mette la parola fine a una controversia giudiziaria che ha visto opposti la Fondazione Walton e i gestori del traliccio, assieme ai proprietari del terreno. L’area, come emerso nel corso delle indagini legali, è soggetta a vincoli paesaggistici severi che rendono impossibile la concessione di autorizzazioni per strutture di quel tipo. La sentenza non solo ribadisce l’irregolarità della costruzione, ma evidenzia anche il rischio legato all’inquinamento da radiazioni, una delle preoccupazioni principali sollevate dalla Fondazione.

Un giardino di storia e cultura

I Giardini La Mortella hanno una lunga storia che risale al 1958, quando furono creati da Lady Susana Walton, moglie del compositore inglese Sir William Walton. Situati sul promontorio di Zaro, i giardini sono diventati un simbolo di bellezza naturale e dedizione alla cultura. I Walton si stabilirono a Ischia nel 1949, dopo il matrimonio, e la proprietà divenne presto un progetto di vita per Lady Walton, che sviluppò il giardino per oltre 50 anni. Nel 1991, dopo la morte del marito, Lady Walton decise di aprire i giardini al pubblico, dando vita anche alla Fondazione William Walton, con l’obiettivo di preservare la memoria del compositore e promuovere la cultura musicale.

Il sostegno della corona britannica

I Giardini La Mortella hanno ricevuto l’attenzione della famiglia reale britannica, con Carlo d’Inghilterra che ha visitato il sito in due occasioni: nel 1992, per l’inaugurazione della sala concerti, e nel 2002, per il centenario della nascita di Sir William Walton. Il coinvolgimento della Fondazione britannica nella difesa del paesaggio circostante sottolinea l’importanza del rispetto delle normative ambientali e paesaggistiche in un luogo di così grande valore storico e culturale.

Con la demolizione imminente del traliccio abusivo, si chiude un capitolo di abusi edilizi che minacciava di deturpare uno dei gioielli naturali di Ischia, proteggendo al contempo la salute pubblica e l’integrità paesaggistica della zona.

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Napoli saluta Marisa del Vecchio, la signora del cioccolato Gay Odin e icona dell’imprenditoria

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Napoli piange la scomparsa di Marisa del Vecchio, storica imprenditrice e amministratrice della celebre azienda di cioccolato Gay Odin. All’età di 94 anni, Marisa si è spenta dopo una lunga malattia, lasciando un vuoto non solo nella sua famiglia, ma anche nella città che l’ha vista protagonista di una vita fatta di successi e amore per il lavoro.

Recentemente, aveva partecipato alla celebrazione degli 800 anni dell’Università Federico II, contribuendo alla grande festa con la creazione di un imponente uovo di cioccolato alto due metri e pesante 350 kg, frutto di dieci giorni di lavorazione. Un gesto che simboleggiava il legame tra la sua azienda e i valori di cultura, educazione e inclusione che l’università rappresenta.

La sua attività, Gay Odin, fondata oltre un secolo fa e situata a Largo Vetriera, era stata recentemente riconosciuta come una “Bottega Storica”, insieme al ristorante “Al 53” di piazza Dante. Questo era solo uno degli ultimi riconoscimenti della lunga carriera di Marisa, che ha saputo guidare l’azienda con passione e dedizione, tenendo alto il nome di un marchio iconico di Napoli.

Una vita tra imprenditoria e amore

Marisa del Vecchio non è stata solo una grande imprenditrice, ma anche una donna di cultura, discreta e appassionata. Dopo aver insegnato matematica per 25 anni, nel 2006 ha preso le redini di Gay Odin in seguito alla scomparsa del marito Giuseppe Maglietta, che aveva guidato l’azienda per oltre mezzo secolo. Il loro legame, nato quando Marisa aveva appena 21 anni, era stato forte e duraturo, segnando l’inizio della sua “seconda vita lavorativa”.

Ma la vita di Marisa è stata anche segnata da un secondo grande amore: il medico Adalberto Thau, conosciuto nel 2007 in un punto vendita Gay Odin a Roma. Nonostante la differenza d’età di 16 anni, il loro incontro fu un colpo di fulmine, e Marisa trovò con lui una nuova complicità e affetto.

Un esempio di imprenditoria femminile di successo

Marisa del Vecchio rappresenta uno dei più luminosi esempi di imprenditoria femminile a Napoli. La sua capacità di coniugare tradizione e innovazione ha permesso a Gay Odin di restare un punto di riferimento per la città e per gli amanti del cioccolato in tutto il mondo. Con il supporto dei figli Davide, Sveva, Dimitri, Adalberto, Massimo e Mariella, Marisa ha continuato a portare avanti l’eredità dell’azienda, mantenendo intatti i valori della famiglia e del lavoro.

I funerali di Marisa del Vecchio si terranno domani alle ore 11 presso la chiesa dell’Ascensione a Chiaia, dove la città le renderà l’ultimo saluto. Le sue parole, pronunciate solo pochi mesi fa durante la celebrazione degli 800 anni dell’Università Federico II, resteranno impresse come simbolo del suo spirito: “Con il nostro uovo gigante vogliamo celebrare anche noi gli 800 anni dell’Università Federico II con cui condividiamo valori quali l’educazione dei giovani, l’inclusione, la cultura che unisce popoli e generazioni”.

Napoli perde una figura di riferimento, ma il ricordo di Marisa del Vecchio e il suo contributo all’imprenditoria resteranno vivi, continuando a ispirare le future generazioni.

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