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Zelensky: ho un piano di pace, lo porterò a Washington

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“Un piano” per mettere fine alla guerra in Ucraina: è quello che Volodymyr Zelensky ha ribadito di volere presentare al presidente americano Joe Biden e ai candidati alla Casa Bianca, Kamala Harris e Donald Trump. La necessità di consultare Washington, ha sottolineato il presidente ucraino dal forum di Cernobbio, deriva dal fatto che “ci sono alcuni punti che dipendono dall’America”. Un’annotazione particolarmente importante in giorni in cui si fa sempre più spinosa la discussione tra Kiev e Washington sulla possibilità di utilizzare le armi fornite dagli Usa per colpire in profondità il territorio russo. Zelensky aveva già parlato del piano il 27 agosto, anniversario dell’indipendenza del suo Paese. “Noi vogliamo delle garanzie”, ha ribadito oggi. Probabilmente garanzie americane di difesa da possibili nuovi attacchi di Mosca anche dopo che sarà finito il conflitto in corso. Ma anche, pare di capire, la garanzia che gli Stati Uniti non passino sopra la testa del governo ucraino per cercare con la Russia un compromesso al ribasso.

Negli ultimi giorni Zelensky ha detto di voler spingere Mosca ai negoziati servendosi di due mezzi: il primo è l’offensiva nella regione russa di Kursk, il secondo la possibilità appunto di usare i missili forniti dagli Usa e altri Paesi Nato per colpire quegli aeroporti russi – a non più di 300 chilometri dal confine, promette – da dove partono i bombardieri per compiere raid sull’Ucraina. Sull’offensiva di Kursk, Washington non si è finora espressa chiaramente a favore o contro. Quanto all’uso dei missili contro il territorio russo, l’amministrazione americana continua ad opporre resistenza. Dopo l’incontro avuto ieri da Zelensky in Germania con i ministri della Difesa dei Paesi del Gruppo di Ramstein, quello americano Lloyd Austin si è detto contrario, sottolineando che i raid ucraini non rappresenterebbero un punto di svolta. “Non esiste una capacità che sarà di per sé decisiva in questa guerra”, ha dichiarato il capo del Pentagono.

Fonti americane ed europee citate dal Wall Street Journal hanno invece accusato l’Iran di consegnare missili balistici alla Russia, oltre ai micidiali droni kamikaze Shahed che sarebbero impiegati massicciamente da tempo nei raid di Mosca. Le fonti ritengono che la Russia abbia firmato un contratto a dicembre a Teheran per ottenere 200 vettori balistici tattici a corto raggio Fath-360 e un certo quantitativo di droni a lungo raggio Ababil. La missione permanente iraniana presso le Nazioni Unite ha smentito la notizia: “L’Iran non solo si astiene dal prendere parte a tali azioni, ma invita anche altri Paesi a cessare la fornitura di armi alle parti coinvolte nel conflitto”, si legge in un comunicato. Ma il ministero degli Esteri ucraino si è detto “profondamente preoccupato”.

“Chiediamo alla comunità internazionale di aumentare la pressione su Teheran e Mosca per proteggere la pace e la sicurezza internazionale”, ha affermato la diplomazia di Kiev in una nota. Mentre l’ambasciatore iraniano a Mosca ha annunciato che il presidente Massud Pezeshkian parteciperà il mese prossimo al vertice dei Brics a Kazan, in Russia, dove prevede di incontrare Vladimir Putin. Sul terreno, il ministero della Difesa di Mosca ha annunciato che le truppe russe hanno conquistato un altro insediamento nell’est dell’Ucraina. Si tratta di Kalinovo, nella regione di Donetsk. Nella stessa regione, fonti ucraine hanno confermato un bombardamento russo sulla cittadina di Kostyantynivka con un bilancio di tre morti e tre feriti. I servizi di sicurezza ucraini (Sbu) hanno poi riferito di aver colpito con un drone un deposito di munizioni in una non meglio precisata regione russa di confine, dove è scoppiato un vasto incendio. “Ieri sera i russi hanno perso un grande deposito di munizioni e attrezzature”, ha dichiarato all’agenzia di stampa Afp una fonte dello Sbu. La regione potrebbe essere quella di Voronezh, il cui governatore ha dichiarato che i detriti di un drone abbattuto hanno provocato un incendio e una serie di esplosioni. Un villaggio ha dovuto essere evacuato. Mosca ha invece affermato di avere bombardato una serie di siti in Ucraina, tra i quali “officine di produzione di componenti per missili tattici-operativi Grom-2 e veicoli aerei senza pilota Palyanitsa”.

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Nuovi attacchi a Hezbollah, esplodono i walkie talkie: ancora morti e feriti

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Caos e rabbia in Libano dove per il secondo giorno consecutivo l’esplosione sincronizzata di dispositivi wireless in dotazione ai miliziani di Hezbollah e anche di pannelli solari ha fatto almeno 14 morti e 500 feriti. Dopo le migliaia di cercapersone scoppiate martedì alla stessa ora in tutto il Paese dei Cedri, a Damasco e nella Siria orientale (in un’operazione che anche il creatore di Fauda Avi Issacharoff ha definito “al di sopra di ogni immaginazione”), nel pomeriggio di oggi un’altra ondata di deflagrazioni ha scosso i cittadini libanesi. La situazione è tale che in serata il premier libanese Najib Mikati ha dichiarato che il suo governo si sta preparando a “possibili scenari” di una grande guerra con Israele. In molte città i residenti si sono riversati per strada protestando nel disorientamento più totale.

Un’auto dell’Unifil è stata assaltata con lanci di pietre a Tiro da un gruppo di civili. Walkie talkie militari e strumenti per rilevare le impronte digitali sono detonati in diverse località del Paese, tra cui il distretto di Dahiya a Beirut, roccaforte del gruppo sciita, e nel Libano meridionale. Le immagini rilanciate dai media locali mostrano appartamenti in fiamme dentro condomini, auto bruciate, denso fumo nero, gente che fugge e si dispera. Testimoni hanno riferito di numerose ambulanze che portavano i feriti in ospedale. Altre esplosioni sono state segnalate dai media sauditi in Iraq, nel quartier generale dell’organizzazione terroristica al Hashd al Shaabi a Mosul, nello stesso momento delle deflagrazioni in Libano. Alla periferia sud di Beirut, esplosioni di dispositivi sono avvenute mentre si svolgevano i funerali di membri di Hezbollah uccisi martedì negli attacchi con i cercapersone. In 1.600 sarebbero ancora ricoverati negli ospedali con ferite anche molto gravi. Cinquecento miliziani hanno perso la vista quando il loro pager è finito in mille pezzi.

E anche l’ambasciatore iraniano a Beirut avrebbe perso un occhio e 19 pasdaran sarebbero rimasti uccisi in Siria. Ma gli ayatollah negano. Alla vigilia del discorso pubblico del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il cugino e presidente del Consiglio esecutivo del gruppo Hashem Safieddine è stato chiaro: “Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa”, ha detto. Nel mentre Israele tace. Nonostante l’esecrazione di mezzo mondo, le istituzioni di Gerusalemme non hanno battuto ciglio sul ‘beeper affair’ per due giorni consecutivi. Teheran ha accusato l’intero Occidente di “ipocrisia” e Israele di “strage”. Mosca ha parlato di “guerra ibrida”, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvisato del “grave rischio di drammatica escalation in Libano”, con il Consiglio di sicurezza che ha fissato una riunione di emergenza per venerdì. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in visita al Cairo per i negoziati su Gaza che continuano sottotraccia, ha escluso che Washington fosse a conoscenza o coinvolta nel cyberattacco.

Ma l’operazione che ha letteralmente lasciato storditi i miliziani sciiti a quanto pare non poteva più essere rimandata. Secondo fonti Usa citate da Axios, ad innescarla sarebbe stato il timore che l’intelligence di Hezbollah stesse per scoprire il creativo raid informatico: “È stato un momento ‘use it or lose it'”, avrebbe comunicato Israele agli Stati Uniti sul timing dell’attacco. Un ex funzionario israeliano ha spiegato che i servizi avevano pianificato di usare i cercapersone con trappole esplosive come colpo di apertura in guerra per paralizzare i combattenti di Nasrallah. E per ridurre le vittime civili. Ma negli ultimi giorni sembrava che il segreto stesse per trapelare e Benyamin Netanyahu ha dato segnale verde. In serata dallo Stato ebraico si è alzata la voce del ministro della Difesa Yoav Gallant: “Il centro di gravità si sta spostando verso nord attraverso il trasferimento di risorse e forze. Siamo all’inizio di una nuova fase del conflitto”, ha detto alle truppe. Confermando le indiscrezioni del mattino secondo cui un’intera divisione ha lasciato il sud di Gaza per raggiungere il confine con il Libano. A rafforzare il timore di un’escalation a breve il fatto che il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha approvato i piani di attacco e difesa per la regione settentrionale: “Israele è pronto a utilizzare capacità militari non ancora impiegate. Hezbollah dovrà pagare un prezzo elevato se continuerà il conflitto”, ha avvertito.

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Libano, ora scoppiano i walkie-talkie tra le mani degli Hezbollah: almeno 3 morti

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Secondo l’agenzia di stampa statale libanese, almeno tre persone sono rimaste uccise in alcune esplosioni avvenute nella zona della Bekaa, mentre fonti della sicurezza hanno riferito alla Reuters che centinaia di persone sono rimaste ferite in una serie di nuove esplosioni in tutto il Libano. Le radio portatili utilizzate dal gruppo terroristico Hezbollah sono esplose nel tardo pomeriggio nel sud del Paese e nella periferia meridionale della capitale Beirut, hanno riferito una fonte della sicurezza e un testimone.

Almeno una delle esplosioni e’ avvenuta nei pressi di un funerale organizzato da Hezbollah, sostenuto dall’Iran, per le vittime del giorno prima, quando migliaia di cercapersone utilizzati dal gruppo sono esplosi in tutto il Paese. “Diversi walkie-talkie sono esplosi nella periferia sud di Beirut”, afferma la fonte, mentre i soccorritori affiliati a Hezbollah confermano che i dispositivi sono esplosi all’interno di due auto nella zona.

Tre persone sono state uccise nell’esplosione di “apparecchiature di trasmissione” a Sohmor, nel Libano orientale, ha riferito l’agenzia di stampa nazionale (ufficiale). Il ministero della Sanita’ ha riferito che “piu’ di cento persone sono rimaste ferite in una nuova ondata di esplosioni di walkie-talkie”.

I walkie-talkie sono esplosi contemporaneamente nella periferia meridionale di Beirut, proprio mentre si svolgevano i funerali di quattro membri di Hezbollah uccisi ieri in esplosioni di cercapersone, secondo una fonte vicina al movimento islamista libanese e ai soccorritori. Le esplosioni hanno scatenato il panico. Altre esplosioni sono state segnalate a Saida (sud) e Baalbeck (est), dove 15 persone sono rimaste ferite, ha riferito una fonte ospedaliera.

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New York Times: Israele dietro all’attacco con i cercapersone

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Israele ha messo l’esplosivo nei cercapersone venduti a Hezbollah. Lo riporta il New York Times, citando alcune fonti americane. L’esplosivo sarebbe stato posizionato vicino alla batteria di ogni dispositivo e attivato tramite un messaggino.

I cercapersone che Hezbollah aveva ordinato alla taiwanese Gold Apollo sarebbero stati manomessi prima di raggiungere il Libano, riporta il quotidiano americano. La maggior parte dei cercapersone era del modello AP924, anche se nella spedizione erano inclusi anche altri tre modelli. I dispositivi erano programmati per emettere un segnale acustico di diversi secondi prima di esplodere. Alla Gold Apollo sono stati ordinati più di 3.000 cercapersone. Non è chiaro né quando sono stati ordinati né quando sono arrivati in Libano.

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