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Harris-Trump, scontro sui video al cimitero di Arlington

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Tra Kamala Harris e Donald Trump è scontro aperto anche sui 13 soldati americani morti in un attentato dell’Isis-K durante il caotico ritiro Usa da Kabul e sepolti al cimitero monumentale di Arlington. Una vicenda destinata a diventare sicuramente uno dei temi del dibattito tv del 10 settembre, insieme all’aborto e ai diritti riproduttivi, su cui il tycoon continua ad avere posizioni ambigue e contradditorie. L’ultima controversia è scoppiata dopo la rivelazione che un dipendente del cimitero di Arlington è stato strattonato dallo staff di Trump mentre tentava di impedire foto e video della sua visita lunedì scorso per rendere omaggio (per la prima volta) alle vittime nel terzo anniversario dell’attentato. Il dipendente cercava di far rispettare le leggi federali, che vietano qualsiasi attività a fini politico-elettorali nei cimiteri, ed è stato difeso dall’esercito a spada tratta.

Dopo che sono esplose le polemiche, Kamala Harris ha attaccato il suo rivale ricordando che il cimitero di Arlington – dove sono sepolti circa 400mila “eroi” americani morti in tutte le guerre statunitensi – “non è un luogo per far politica” e accusando l’ex presidente di aver “mancato di rispetto a un luogo sacro per farsi pubblicità elettorale”. Quindi ha infierito ricordando che “non è una novità” perchè Trump “è un uomo che ha definito i nostri militari caduti ‘fessi’ e ‘perdenti’ e ha denigrato i vincitori della medaglia d’onore”. “Un uomo che non riesce a comprendere altro che il servizio a se stesso”, ha denunciato, ammonendo che chi non è in grado di adempiere al “semplice e sacro dovere” di trattare “col più alto rispetto e gratitudine i veterani e le loro famiglie” non dovrebbe mai più stare “dietro il sigillo del Presidente degli Stati Uniti d’America”.

Joe Biden ha preferito non commentare la controversa visita del suo predecessore “perché altrimenti potrei dirvi cosa penso”. L’ex presidente non l’ha presa bene. Prima ha detto che non sapeva nulla delle immagini. Poi ha sostenuto che erano stati i famigliari dei 13 caduti ad invitarlo e a chiedergli di fare foto e video, anche perchè, ha sottolineato, “non ho bisogno di pubblicità”. Quindi ha incolpato l’amministrazione Biden di aver architettato tutto per creare la polemica. Finito nell’angolo, ha incassato i video messaggi e un comunicato congiunto dei famigliari delle vittime che confermano la sua versione e attaccano l’amministrazione Biden-Harris. L’accusa delle famiglie “Gold Star” – tutte invitate sul palco della convention repubblicana – è di essere responsabili della morte dei loro cari per il disastroso ritiro dall’Afghanistan, di non aver manifestato empatia e di aver strumentalizzato politicamente la visita del tycoon. La ferita resta aperta. E diventerà terreno di battaglia sul ruolo del commander in chief, nonchè sulle responsabilità del ritiro da Kabul, che secondo Trump è “il momento più imbarazzante nella storia Usa” e ha evidenziato la debolezza americana aprendo la strada all’invasione dell’Ucraina e all’attacco di Hamas a Israele.

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Medjugorje, il Vaticano oggi fornirà una valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria

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Il Vaticano sta per fornire la sua attesa valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria nel villaggio di Medjugorje, situato nel sud della Bosnia. Dopo quasi 15 anni di studi, giovedì il cardinale Víctor Manuel Fernández, a capo dell’ufficio dottrinale del Vaticano, terrà una conferenza stampa sull’argomento, che il Vaticano ha definito “l’esperienza spirituale di Medjugorje”.

Dal 1981, sei bambini e adolescenti affermano di aver avuto visioni della Madonna, visioni che, secondo alcuni di loro, continuano regolarmente. Questo ha reso Medjugorje una meta di pellegrinaggio per milioni di credenti cristiani. Tuttavia, le apparizioni non sono mai state riconosciute ufficialmente dal Vaticano, che ha più volte espresso dubbi sulla loro autenticità.

Papa Francesco ha dichiarato che, pur avendo dubbi sulle visioni attuali, non si può negare l’impatto spirituale di Medjugorje sui pellegrini. Nonostante ciò, il Vaticano ha chiarito che non dichiarerà l’autenticità delle visioni, ma fornirà un orientamento dottrinale che permetta ai fedeli di esprimere la loro devozione senza contraddire la fede.

L’annuncio del Vaticano avrà un impatto significativo su Medjugorje, un luogo che dipende fortemente dal turismo religioso, con il 2024 previsto come un anno record di visite.

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Hezbollah sotto attacco, un colpo strategico senza precedenti del Mossad e delle Israel Defense Forces

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Le esplosioni che hanno recentemente colpito Hezbollah tra Libano e Siria hanno inflitto un durissimo colpo al “Partito di Dio”. Migliaia di feriti, una milizia disorientata e la catena di comando vulnerabile: questo è il quadro che emerge dalle operazioni orchestrate dall’intelligence israeliana, che ha ottenuto un risultato devastante senza ricorrere a un singolo attacco convenzionale. In pochi minuti, il Mossad e i servizi delle Israel Defense Forces (IDF) hanno messo in ginocchio la milizia guidata da Hassan Nasrallah, un risultato che in una guerra tradizionale sarebbe stato possibile solo dopo una lunga e costosa serie di attacchi.

Gli esperti sottolineano come questo attacco abbia reso temporaneamente inabili al combattimento migliaia di miliziani di Hezbollah, con ospedali e basi libanesi sovraffollati di feriti. Le esplosioni non hanno causato un elevato numero di morti, ma i danni fisici riportati dai membri della milizia sono stati gravi: ferite profonde, amputazioni, perdita della vista e dell’udito. Molti di questi combattenti non torneranno operativi prima di alcune settimane o mesi, mentre altri non saranno più in grado di combattere.

Un attacco non letale ma devastante

Le esplosioni, pur non essendo mortali, hanno causato danni significativi alle capacità operative di Hezbollah. Le testimonianze riportano ferite devastanti: mani esplose dopo aver afferrato i cercapersone, mutilazioni, e gravi traumi fisici che segneranno questi miliziani per tutta la vita. Questo non solo riduce il numero di combattenti pronti all’azione, ma li rende facilmente identificabili per le forze di intelligence israeliane, aumentando il rischio per Hezbollah.

La crisi della leadership e l’incubo logistico

Per Nasrallah, questo attacco rappresenta un vero incubo. La difficoltà nel rimpiazzare rapidamente i feriti, mantenendo un livello operativo efficiente, è una delle principali preoccupazioni. A differenza di altre organizzazioni, Hezbollah non può semplicemente reclutare chiunque: ha bisogno di combattenti addestrati, molti dei quali hanno già partecipato alle operazioni in Siria o hanno lanciato missili contro Israele. Inoltre, la base di reclutamento è limitata alla comunità sciita, in particolare ai fedeli di Nasrallah, escludendo il movimento Amal, complicando ulteriormente il processo di rimpiazzo.

Un colpo alla comunicazione: l’offensiva digitale

Uno degli effetti più gravi di questo attacco è la paralisi delle comunicazioni all’interno del movimento. Hezbollah, nel tentativo di evitare cyberattacchi, aveva recentemente abbandonato l’uso dei cellulari in favore dei cercapersone (pager), considerati più sicuri. Tuttavia, questo sistema si è rivelato vulnerabile, e ora l’organizzazione si trova in difficoltà. Senza cercapersone, dovrà tornare a utilizzare vecchi sistemi di comunicazione, come linee telefoniche obsolete, che sono facilmente intercettabili da Israele e da altri avversari.

La sfida per Hezbollah è dunque doppia: da un lato, gestire una crisi umanitaria e militare senza precedenti; dall’altro, trovare nuovi metodi di comunicazione sicuri e immediati. Questo scenario di paralisi inquieta i vertici del movimento, soprattutto in vista di un possibile attacco terrestre da parte di Israele.

Questo attacco non convenzionale ha dimostrato la potenza strategica dell’intelligence israeliana, capace di infliggere un duro colpo a Hezbollah senza entrare direttamente in conflitto armato. Il “Partito di Dio” si trova ora in una posizione estremamente vulnerabile, e la capacità di reagire sarà cruciale per il suo futuro.

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Venezuela, El Pais: saccheggiati 4 miliardi di petrolio

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La compagnia pubblica Petroleos del Venezuela S.A. (PDVSA) sarebbe al centro di uno dei maggiori scandali di corruzione nel Paese. Secondo un’inchiesta pubblicata dal quotidiano spagnolo El País, un gruppo di ex gerarchi chavisti e imprenditori ha saccheggiato circa 4,2 miliardi di dollari (oltre 3,7 miliardi di euro) alla compagnia. Questo colossale furto non ha solo colpito le finanze dell’azienda, ma ha anche avuto un impatto devastante sull’economia venezuelana, sostiene il quotidiano.

Lo schema di corruzione è stato operativo tra il 2007 e il 2012, durante i governi dell’ex presidente Hugo Chávez. I coinvolti, tra cui alti funzionari di PDVSA e imprenditori legati al regime, hanno utilizzato una complessa rete di tangenti e commissioni illegali per dirottare fondi. Aziende, principalmente cinesi, pagavano commissioni fino a un 10% per aggiudicarsi contratti milionari con la compagnia statale Uno dei personaggi chiave in questo intrigo è Diego Salazar, cugino dell’ex ministro di Energia ed ex presidente di PVDSA, Rafael Ramírez. La rete di corruzione non includeva solo funzionari e impresari: tra di loro c’erano regine di bellezza, ambasciatori, attrici e avvocati.

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