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Storico Usa: le bombe atomiche sul Giappone non erano necessarie

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“L’uso delle bombe atomiche da parte degli Stati Uniti sulle città di Hiroshima e Nagasaki, durante la Seconda Guerra Mondiale, non era necessario perché Washington sapeva che il Giappone intendeva arrendersi”. Ad affermarlo è lo scrittore Premio Pulitzer Kai Bird, autore del libro ‘American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer’ con lo storico Martin Sherwin, dal quale è stato tratto il film ‘Oppenheimer’, che racconta la vita del padre della bomba atomica. Bird e Sherwin hanno pubblicato documenti ufficiali per sfidare la cosiddetta ‘teoria della giustificazione’ che prevale negli Stati Uniti, secondo la quale l’impiego degli ordigni nucleari sulle due città accelerò la resa del Giappone e risparmiò le innumerevoli perdite di vite che sarebbero state provocate da un’eventuale invasione del Paese, sia americane che giapponesi.

“Sappiamo che nell’estate del 1945 Harry Truman, il presidente degli Stati Uniti, leggeva i cablogrammi intercettati chiamati ‘Magic’ dei diplomatici giapponesi”, ha spiegato Bird alla Kyodo. “A Truman furono mostrati dei messaggi telegrafici giapponesi intercettati tra Tokyo e il suo ambasciatore a Mosca, in cui si spiegava che il Giappone era militarmente sconfitto ed era necessario negoziare una resa – e che l’unico ostacolo alla pace era la garanzia che l’istituzione dell’Imperatore sarebbe sopravvissuta”.

Il 12 luglio, sempre secondo la ricostruzione storiografica, il ministro degli Esteri giapponese Shigenori Togo inviò un cablogramma urgente a Naotake Sato, ambasciatore in Unione Sovietica, a nome del sovrano Hirohito, incaricandolo di chiedere a Mosca, che manteneva ancora un patto di neutralità con il Giappone, di mediare un processo di pace. “Truman scrisse nei suoi manoscritti del 18 luglio, riassumendo il cablogramma, di aver ricevuto oggi un messaggio dall’Imperatore del Giappone che chiedeva la pace”, continua Bird.

“Da quel momento iniziò un vigoroso dibattito all’interno della Casa Bianca, il Dipartimento di Stato e gli apparati militari Usa se la richiesta potesse essere presa sul serio, e se i giapponesi si sarebbero arresi veramente se avessimo fornito questa garanzia sull’Imperatore”.

Gli Stati Uniti sganciarono la prima bomba atomica su Hiroshima il 6 agosto 1945, provocando la morte di circa 140.000 persone. Tre giorni dopo, una seconda bomba fu fatta esplodere a Nagasaki, dove si stima persero la vita almeno 74.000 persone, in gran parte civili. Bird aggiunge che l’amministrazione statunitense – che già guardava al dopoguerra – usò le armi atomiche contro il Giappone nell’apparente tentativo di dare un forte segnale anche all’Unione Sovietica.

“C’erano alcuni consiglieri di Truman che sostenevano che dovevamo dimostrare di avere la bomba e usarla in modo plateale. E parte di questa argomentazione era che sarebbe stato bene usare l’arma atomica per porre fine alla guerra in Giappone, dando in questo modo anche un chiaro messaggio ai russi”.

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Esteri

Medjugorje, il Vaticano oggi fornirà una valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria

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Il Vaticano sta per fornire la sua attesa valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria nel villaggio di Medjugorje, situato nel sud della Bosnia. Dopo quasi 15 anni di studi, giovedì il cardinale Víctor Manuel Fernández, a capo dell’ufficio dottrinale del Vaticano, terrà una conferenza stampa sull’argomento, che il Vaticano ha definito “l’esperienza spirituale di Medjugorje”.

Dal 1981, sei bambini e adolescenti affermano di aver avuto visioni della Madonna, visioni che, secondo alcuni di loro, continuano regolarmente. Questo ha reso Medjugorje una meta di pellegrinaggio per milioni di credenti cristiani. Tuttavia, le apparizioni non sono mai state riconosciute ufficialmente dal Vaticano, che ha più volte espresso dubbi sulla loro autenticità.

Papa Francesco ha dichiarato che, pur avendo dubbi sulle visioni attuali, non si può negare l’impatto spirituale di Medjugorje sui pellegrini. Nonostante ciò, il Vaticano ha chiarito che non dichiarerà l’autenticità delle visioni, ma fornirà un orientamento dottrinale che permetta ai fedeli di esprimere la loro devozione senza contraddire la fede.

L’annuncio del Vaticano avrà un impatto significativo su Medjugorje, un luogo che dipende fortemente dal turismo religioso, con il 2024 previsto come un anno record di visite.

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Hezbollah sotto attacco, un colpo strategico senza precedenti del Mossad e delle Israel Defense Forces

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Le esplosioni che hanno recentemente colpito Hezbollah tra Libano e Siria hanno inflitto un durissimo colpo al “Partito di Dio”. Migliaia di feriti, una milizia disorientata e la catena di comando vulnerabile: questo è il quadro che emerge dalle operazioni orchestrate dall’intelligence israeliana, che ha ottenuto un risultato devastante senza ricorrere a un singolo attacco convenzionale. In pochi minuti, il Mossad e i servizi delle Israel Defense Forces (IDF) hanno messo in ginocchio la milizia guidata da Hassan Nasrallah, un risultato che in una guerra tradizionale sarebbe stato possibile solo dopo una lunga e costosa serie di attacchi.

Gli esperti sottolineano come questo attacco abbia reso temporaneamente inabili al combattimento migliaia di miliziani di Hezbollah, con ospedali e basi libanesi sovraffollati di feriti. Le esplosioni non hanno causato un elevato numero di morti, ma i danni fisici riportati dai membri della milizia sono stati gravi: ferite profonde, amputazioni, perdita della vista e dell’udito. Molti di questi combattenti non torneranno operativi prima di alcune settimane o mesi, mentre altri non saranno più in grado di combattere.

Un attacco non letale ma devastante

Le esplosioni, pur non essendo mortali, hanno causato danni significativi alle capacità operative di Hezbollah. Le testimonianze riportano ferite devastanti: mani esplose dopo aver afferrato i cercapersone, mutilazioni, e gravi traumi fisici che segneranno questi miliziani per tutta la vita. Questo non solo riduce il numero di combattenti pronti all’azione, ma li rende facilmente identificabili per le forze di intelligence israeliane, aumentando il rischio per Hezbollah.

La crisi della leadership e l’incubo logistico

Per Nasrallah, questo attacco rappresenta un vero incubo. La difficoltà nel rimpiazzare rapidamente i feriti, mantenendo un livello operativo efficiente, è una delle principali preoccupazioni. A differenza di altre organizzazioni, Hezbollah non può semplicemente reclutare chiunque: ha bisogno di combattenti addestrati, molti dei quali hanno già partecipato alle operazioni in Siria o hanno lanciato missili contro Israele. Inoltre, la base di reclutamento è limitata alla comunità sciita, in particolare ai fedeli di Nasrallah, escludendo il movimento Amal, complicando ulteriormente il processo di rimpiazzo.

Un colpo alla comunicazione: l’offensiva digitale

Uno degli effetti più gravi di questo attacco è la paralisi delle comunicazioni all’interno del movimento. Hezbollah, nel tentativo di evitare cyberattacchi, aveva recentemente abbandonato l’uso dei cellulari in favore dei cercapersone (pager), considerati più sicuri. Tuttavia, questo sistema si è rivelato vulnerabile, e ora l’organizzazione si trova in difficoltà. Senza cercapersone, dovrà tornare a utilizzare vecchi sistemi di comunicazione, come linee telefoniche obsolete, che sono facilmente intercettabili da Israele e da altri avversari.

La sfida per Hezbollah è dunque doppia: da un lato, gestire una crisi umanitaria e militare senza precedenti; dall’altro, trovare nuovi metodi di comunicazione sicuri e immediati. Questo scenario di paralisi inquieta i vertici del movimento, soprattutto in vista di un possibile attacco terrestre da parte di Israele.

Questo attacco non convenzionale ha dimostrato la potenza strategica dell’intelligence israeliana, capace di infliggere un duro colpo a Hezbollah senza entrare direttamente in conflitto armato. Il “Partito di Dio” si trova ora in una posizione estremamente vulnerabile, e la capacità di reagire sarà cruciale per il suo futuro.

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Venezuela, El Pais: saccheggiati 4 miliardi di petrolio

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La compagnia pubblica Petroleos del Venezuela S.A. (PDVSA) sarebbe al centro di uno dei maggiori scandali di corruzione nel Paese. Secondo un’inchiesta pubblicata dal quotidiano spagnolo El País, un gruppo di ex gerarchi chavisti e imprenditori ha saccheggiato circa 4,2 miliardi di dollari (oltre 3,7 miliardi di euro) alla compagnia. Questo colossale furto non ha solo colpito le finanze dell’azienda, ma ha anche avuto un impatto devastante sull’economia venezuelana, sostiene il quotidiano.

Lo schema di corruzione è stato operativo tra il 2007 e il 2012, durante i governi dell’ex presidente Hugo Chávez. I coinvolti, tra cui alti funzionari di PDVSA e imprenditori legati al regime, hanno utilizzato una complessa rete di tangenti e commissioni illegali per dirottare fondi. Aziende, principalmente cinesi, pagavano commissioni fino a un 10% per aggiudicarsi contratti milionari con la compagnia statale Uno dei personaggi chiave in questo intrigo è Diego Salazar, cugino dell’ex ministro di Energia ed ex presidente di PVDSA, Rafael Ramírez. La rete di corruzione non includeva solo funzionari e impresari: tra di loro c’erano regine di bellezza, ambasciatori, attrici e avvocati.

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