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Ius scholae, scontro Lega-FI, così rischia il governo

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E’ sempre più frontale lo scontro tra Lega e Forza Italia sullo ius scholae. Adesso è la Lega che alza i toni e minaccia gli azzurri tirando in ballo addirittura la tenuta dell’esecutivo: “l’insistenza di Tajani non è che infastidisce tanto la Lega, che ha una sua posizione chiara e ribadisce il suo no, ma visto che offre una sponda alle opposizioni rischia di minare seriamente la stabilita’ del governo”, ha detto il capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo rispondendo proprio al ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani. Il leader di Forza Italia, ospite del meeting di Comunione e Liberazione, aveva infatti tenuto il punto sulla necessità di ragionare sullo Ius Scholae con queste parole: “Non impongo niente a nessuno, ma non voglio neanche che nessuno imponga qualcosa a me, quindi sono libero di parlare”.

In serata Romeo ha affondato il colpo facendo capire quale sia la situazione in maggioranza: “cosa fanno? Presentano una proposta di legge in Parlamento e l’approvano con i voti della sinistra? Che cosa potrebbe capitare? Sinceramente troviamo un po’ curiosa questa insistenza. Insistere in questa direzione non so dove possa portare”, ha attaccato. Il Meeting diventa così il ring dove Forza Italia e la Lega combattono questa battaglia agostana: Matteo Salvini e Antonio Tajani, infatti, a distanza di 24 ore, si prendono l’abbraccio del popolo di Cl e finiscono al centro di foto-clou (il primo ieri su un trattore di Confagricoltura; il secondo con una bimba di colore in braccio, che la Farnesina ha aiutato per l’adozione) e non smettono di sfidarsi. Appena arrivato dagli amici di Comunione e liberazione e già incalzato dai cronisti, il leader forzista rivendica anche qui la libertà di discutere di una riforma della cittadinanza.

La Lega è avvisata. Ma il partito di Salvini non ci sta e va al contrattacco. E non solo con Romeo. Nel pomeriggio rilancia sui social un video di Silvio Berlusconi che, ospite di Fabio Fazio, diceva no allo ius soli e in parte allo ius scholae, per paura di invasioni di migranti in Italia. Fino alla chiosa leghista: “Ascoltate le parole inequivocabili del grande Silvio”. Una mossa che spiazza FI. In molti nei padiglioni del Meeting non esitano a definirlo un colpo basso ed eccessivo. Tanto che Tajani risponde secco: “Credo di conoscere bene il pensiero di Berlusconi e non credo che Berlusconi debba essere utilizzato per fare polemiche politiche”. E rispolverando il passato, 15 anni dopo torna pure il sì allo ius scholae di Gianfranco Fini. “Sulla cittadinanza io non ho cambiato idea e confermo tutto quello che dicevo allora”, assicura l’ex presidente della Camera che nel 2009 fu portavoce battagliero di una legge per i nuovi italiani.

A proporla erano due deputati di Pdl e Pd (Fabio Granata e Andrea Sarubbi) ma lo scontro altrettanto acceso e sostenuto dalle stesse argomentazioni non è nel programma di governo e non è un’urgenza. Contrarissima la Lega di Bossi, per Fini invece era “una questione di civiltà politica”. Quindici anni dopo, la saga sullo ius scholae ha una nuova puntata. Sull’ipotesi di una legge che possa cambiare requisiti e condizioni per diventare cittadini italiani, a partire dai figli di stranieri nati o cresciuti in Italia, da giorni il match è tutto nel centrodestra. E con i palazzi della politica ancora chiusi, ogni occasione o location è buona. Così ne approfitta Tajani che a Rimini, facendosi scudo dei cattolici di Cl – così vicini agli elettori di Berlusconi e sensibili a solidarietà e integrazione – cerca una sponda con loro. “Essere italiano, essere europeo, ed essere patriota non è legato a sette generazioni, ma a quello che sei tu”, scandisce.

E insiste su formazione, identità e cultura, perché se “accetti di essere europeo nella sostanza, sei italiano ed europeo”, è il suo assioma. Che poi traduce con parole più pop: “Io preferisco quello che ha i genitori stranieri e canta l’inno di Mameli all’italiano da sette generazioni che non lo canta”. Gli applausi dalla platea non mancano e l’obiettivo di distinguersi – come forza moderata e cattolica – rispetto alla destra sovranista e anti migranti, sembra centrato. Parallelamente, e nonostante le stoccate reciproche, il segretario azzurro dà prova di equilibrismo garantendo lealtà agli alleati. Parte dal personale: “Io ho tanti difetti, ma la lealtà è uno dei pochissimi pregi che ho”.

E vira sul partito: “Il governo può dormire sonni tranquilli. FI è parte integrante del centrodestra e vogliamo allargare i confini per far avere più voti al centrodestra”. Parole che non placano la Lega che dello Ius Scholae proprio non vuol sentir parlare. Intanto FdI osserva prudente questo nuovo scontro in maggioranza. A parte sciorinare il no allo ius scholae perché non è nel programma di governo (ma Tommaso Foti di FdI ammonisce pure dal rischio di “creare confusione nella maggioranza”) o ricordare che oggi “i diritti dei minori sono assolutamente garantiti” (parola del governatore leghista Massimiliano Fedriga).

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Attacco a Hezbollah, esplodono migliaia di cercapersone

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Poco dopo le tre del pomeriggio, uno spettacolare attacco simultaneo ha fatto esplodere migliaia di cercapersone in dotazione ai miliziani di Hezbollah a Beirut, in diverse altre regioni del Libano e a Damasco. I video pubblicati sui social mostrano uomini che fanno tranquillamente la spesa al mercato quando all’improvviso saltano in aria ricoperti di sangue. I dispositivi di ultima generazione, in dotazione ai miliziani sciiti filoiraniani solo da poco tempo, sono scoppiati tutti insieme provocando caos, terrore, almeno 3 mila feriti, di cui 200 gravi, 7 morti accertati nella capitale siriana e 9 in Libano. Tra cui una bambina di 9 anni, figlia di un membro del partito di Dio che si trovava in casa nel villaggio di Saraain quando la deflagrazione l’ha colpita. Tra le vittime risulta anche il figlio di un deputato del gruppo di Hassan Nasrallah, oltre a leader e alti comandanti del gruppo islamista. Ferito anche l’ambasciatore iraniano in Libano Mojtaba Amani.

Una fonte di Hezbollah ha dichiarato che Nasrallah non è rimasto ferito, inducendo a pensare che anche lui avesse il cercapersone hackerato. Decine di ospedali libanesi sono andati in crisi per l’arrivo di centinaia di persone, il subbuglio e la mancanza di sangue per i feriti. Mentre l’operazione era appena stata messa a segno, non rivendicata da alcuno ma immediatamente attribuita a Israele dal mondo intero, l’aeronautica dello Stato ebraico ha lanciato raid micidiali contro strutture terroristiche nell’area di Ayita al-Sha’ab e al-Khyam, nel sud del Libano, e in profondità nel Paese, a 100 chilometri dal confine.

Secondo gli esperti, chiunque abbia pianificato e messo a punto l’attacco l’ha preparato a monte, introducendo mini cariche esplosive all’interno dei cercapersone sviluppando al contempo la capacità di far deflagrare simultaneamente i dispositivi con un unico comando. Il portavoce del governo libanese ha affermato che l’esecutivo ritiene Israele responsabile dell’attacco coordinato e lo considera una violazione della sovranità del Paese. Il consigliere di Nasrallah, Hossein Khalil, ha dichiarato che ora “il nemico dovrà aspettarsi tutto dal Libano dopo i crimini che ha commesso”. L’ufficio del premier israeliano ha invece preso le distanze da un portavoce che sui social ha adombrato la responsabilità di Gerusalemme. Pochi minuti dopo Benyamin Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant si sono riuniti nella fossa della Kyria, il bunker del ministero a Tel Aviv, per un incontro d’emergenza tra il governo e i vertici della sicurezza.

I media israeliani hanno riferito di colloqui ‘drammatici’, a cui hanno preso parte i direttori delle agenzie di intelligence riportando inusuali movimenti militari delle unità sciite. Sul tavolo, nel bunker, la risposta di Hezbollah alle esplosioni sincronizzate e le azioni dell’Idf per contrastarle. Soprattutto tenendo conto che nella mattinata di martedì lo Shin Bet (la sicurezza interna) ha rivelato di aver neutralizzato il piano per uccidere un ex alto funzionario della sicurezza israeliana pianificato dai miliziani di Nasrallah che intendevano far esplodere un ordigno a distanza dal Libano. La bomba è stata trovata, l’allarme è salito. E non è detto che ‘il mistero delle esplosioni in contemporanea’, come lo hanno definito nel Paese dei Cedri, non sia una ritorsione immediata, tecnologicamente anni luce più avanzata dei metodi di Hezbollah.

L’Onu in serata ha dichiarato che “gli sviluppi in Libano sono estremamente preoccupanti, considerando il contesto molto instabile” e ha deplorato le vittime civili. Ora l’establishment della sicurezza israeliana stima che l’escalation non sia lontana e prevede che Hezbollah si stia preparando a lanciare un’operazione militare. Netanyahu e Gallant si sono dovuti sedere faccia a faccia, dopo la repentina giravolta politica di Bibi che lo voleva estromettere dal governo nel giro di poche ore passando la sua poltrona al falco di destra Gideon Sa’ar. Il rientro a casa degli sfollati del nord è diventato un obiettivo di guerra israeliano, e per il momento Gallant resta al suo posto.

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Criptovalute: Trump lancia piattaforma World liberty financial

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Donald Trump, insieme ai suoi figli ha lanciato una nuova piattaforma di criptovaluta, che dovrebbe competere con le istituzioni finanziarie tradizionali. World Liberty Financial intende offrire diversi servizi basati sulla cosiddetta finanza decentralizzata, un meccanismo che non utilizza piu’ un intermediario come una banca per effettuare transazioni con terzi. La finanza decentralizzata o DeFi si basa sulla tecnologia “blockchain”, che mantiene un registro delle transazioni teoricamente inviolabile, visibile a tutti. World Liberty Financial consentira’ di prestare e prendere in prestito criptovalute da altri utenti, un servizio che gia’ offrono molte piattaforme, una delle piu’ conosciute e’ Aave. “Questo e’ l’inizio di una rivoluzione finanziaria”, ha detto su X Donald Trump Jr., il figlio maggiore del candidato repubblicano alle presidenziali. Zachary Folkman e Chase Herro, capi del progetto, imprenditori gia’ affermati nel settore delle criptovalute, hanno indicato che la piattaforma utilizzera’ principalmente “stablecoin”, che sono garantiti da una valuta tradizionale, molto spesso il dollaro. Di conseguenza, il loro valore e’ stabile e sono esenti dalle fluttuazioni a volte brutali sperimentate dalla maggior parte delle altre valute digitali.

World Liberty Financial cerca di attirare quante piu’ persone possibile verso le criptovalute, “non per correre molti rischi sul prossimo bitcoin, ma per utilizzare le stablecoin e generare interessi o ottenere liquidita’”, ha spiegato Zachary Folkman. Nel secondo caso, l’utente deposita criptovalute come garanzia per ottenere un prestito di importo maggiore. Il progetto prevede anche la vendita, in un secondo momento, di token, che daranno diritto a partecipare alla governance della piattaforma e non potranno essere rivenduti. “Il 63% circa sara’ messo in vendita al pubblico, ha spiegato Corey Caplan, consulente del progetto, anche se non e’ stato comunicato alcun programma di rilascio. Inizialmente molto critico nei confronti delle criptovalute, da lui definite addirittura una “truffa”, Donald Trump ora ha cambiato radicalmente la sua posizione, al punto da presentarsi ora come un paladino delle valute digitali. Durante un’importante conferenza di settore alla fine di luglio a Nashville (Tennessee), ha promesso che, se rieletto, sarebbe stato “il presidente pro-innovazione e pro-bitcoin di cui l’America ha bisogno”. Donald Trump si schiera quindi in posizione opposta rispetto al governo Biden, favorevole ad una regolamentazione severa del settore.

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Meta bandisce Rt e altri media russi dalle sue piattaforme

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Meta ha dichiarato di aver bandito Rt, Rossiya Segodnya e altre reti di media statali russe dalle sue piattaforme. “Dopo un’attenta riflessione, abbiamo ampliato la nostra applicazione in corso contro media statali russi: Rossiya Segodnya, Rt e altre entità correlate sono ora bandite dalle nostre app a livello globale per attività d’interferenza straniera”, ha affermato oggi in un comunicato la società proprietaria di Facebook e Instagram.

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