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Politica

Dai mandati all’inno, pioggia di proposte per il M5s

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Conservare i dogmi originari o riformare il Movimento: la frattura fra Beppe Grillo e Giuseppe Conte si riflette nelle proposte che la base sta avanzando in vista dell’assemblea costituente. Oltre un migliaio nelle prime ventiquattro ore di attività della piattaforma online creata ad hoc, una valanga di suggerimenti, idee, commenti che svariano dalla regola sui due mandati alle alleanze, dal simbolo agli obiettivi politici da perseguire, fino all’idea di un inno e di una tv pentastallati. I contributi saranno aggregati per tema e sottoposti a una sottoscrizione (11-16 settembre) per definire quelli prioritari, che poi 300 iscritti estratti a sorte trasformeranno, aiutati da esperti, in proposte operative da portare in consultazione alla costituente il 19 e 20 ottobre. Un iter che rappresenta un nuovo bivio per il M5s. “Dobbiamo affrontare questo percorso con coraggio e determinazione, guardando al futuro, senza indugiare in un passato che non ritorna”, ha sottolineato Conte nel messaggio con cui ha lanciato il percorso costitutivo.

Non cita mai Grillo ma ribadisce una posizione diametralmente opposta a quella del garante, che ha invece esortato la base a considerare “pilastri non negoziabili” il simbolo, il nome del Movimento e il limite di due mandati. “Il Movimento è nato con una forte carica rivoluzionaria, una forte tensione innovativa. È per questo che dobbiamo vivere la nostra parabola politica mettendoci seriamente e radicalmente in discussione”, ha aggiunto l’ex premier. Per dirla con la vicecapogruppo alla Camera Vittoria Baldino, “il M5s ha fatto un’evoluzione e insieme è cambiato il Paese”, quindi, pur con “eterna gratitudine per Grillo”, bisogna chiedersi “se le regole che andavano bene 15 anni fa sono ancora funzionali al Movimento e al Paese di oggi”. A spulciare le proposte, si nota che la gran parte di quelle sui mandati degli eletti punta a una revisione, anche con soluzioni di compromesso, come sottoporre il terzo mandato a una votazione della base o renderlo a titolo gratuito. Una cinquantina sono sul simbolo del Movimento: c’è chi è contrario a qualsiasi ritocco, chi propone di inserire la dicitura “Conte presidente”, chi di eliminare il riferimento al 2050, e chi contesta la linea del garante.

Le esortazioni di Grillo sono state definite invece “parole sante” dall’ex ministro Danilo Toninelli, che intravede “una rottura” tra presidente e fondatore del Movimento: “Temo sia ormai inevitabile”. Il momento cruciale sarà l’assemblea di fine ottobre, aperta ai 160-170mila iscritti. Secondo statuto, delibera a maggioranza dei voti espressi. Ma per modificare previsioni statutarie (come simbolo e nome, mentre la regola sui mandati è nel codice etico) le votazioni sono valide “in prima istanza” se partecipa almeno la maggioranza assoluta degli aventi diritto e “in seconda istanza” qualunque sia il numero dei partecipanti. Intanto, la base si sta esprimendo anche sulle alleanze, tra chi propone di sottoporre a votazione quella con il Pd, chi si oppone a ogni asse con Italia viva e Azione, chi chiede autonomia nelle elezioni comunali, e chi suggerisce di dare vita a un “governo ombra. Molte proposte indicano priorità politiche che spaziano dal reddito di base universale all’eliminazione del contante.

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Draghi contro i falchi: il debito comune è necessario

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Le critiche di Berlino e dei falchi del Nord sono arrivate forti e chiare, la risposta di Mario Draghi non poteva essere da meno. Nel giorno della nascita della nuova Europa targata Ursula von der Leyen, l’ex premier ha colto l’occasione dell’Aula di Strasburgo al gran completo per dare ancora una volta la scossa alla politica continentale, tornando a riaffermare il ruolo cruciale di nuovi eurobond per dare vita a quel doppio piano Marshall necessario a rilanciare la competitività. “Chi si oppone al debito comune, si oppone agli obiettivi Ue”, è stato l’attacco frontale dell’ex numero uno dell’Eurotower, che ha voluto sottolineare come quegli stessi obiettivi siano “già stati concordati da tutti”, parte dell’impegno a partecipare alla casa comune. Arrivato davanti alla plenaria dell’Europarlamento poco prima delle due di pomeriggio, Super Mario ha rivolto agli eurodeputati lo stesso messaggio deciso già espresso a Bruxelles e a Milano nei giorni scorsi. In gioco, ha rimarcato, c’è “il destino” dell’Europa che, davanti alla sfida lanciata da Stati Uniti e Cina, rischia di diventare nel tempo “meno prospera, meno equa, meno sicura” e “meno libera di scegliere” per se stessa.

Una prospettiva che tiene “tutti in ansia”, è stata la nuova sottolineatura dell’ex governatore prima di illustrare i punti principali di un report che vuole essere bussola e ‘trait d’union’ delle rinnovate politiche di von der Leyen. Svelando la sua nuova rosa, la tedesca ha ribadito la volontà di seguirne “le raccomandazioni” per un’Europa “più fluida, più interconnessa, più coordinata”. Un impegno riflesso in tutte le lettere di missione con le quali la tedesca ha investito i suoi nuovi commissari designati, chiamati ad attingere a piene mani dal documento redatto da Draghi e dal report complementare sul mercato unico firmato Enrico Letta. Ai vertici di Palazzo Berlaymont, le indicazioni dell’ex presidente della Bce si rintracciano nei compiti affidati al nuovo vicepresidente esecutivo per la Politica industriale, il francese Stéphane Séjourné, e alle colleghe parigrado Teresa Ribera e Henna Virkkunen, responsabili – nel caso della spagnola – di mantenere la coerenza sulle politiche green Ue e ridisegnare le regole sugli aiuti di Stato per favorire i progetti di interesse comune (Ipcei), e – nel caso della finlandese – di cambiare marcia sullo sviluppo in-house di cloud, IA, capacità di calcolo e chip quantistici.

Nessun riferimento esplicito a quel debito comune inviso alla stessa von der Leyen, consapevole dell’opposizione dei frugali e di Berlino resa manifesta dal ministro delle Finanze, Christian Lindner. La sfida davanti allo sforzo finanziario titanico (servono 750-800 miliardi l’anno di investimenti aggiuntivi tra pubblico e privato) necessario a tradurre le ambizioni dell’Ue in realtà è però ineludibile. Per ora, il fulcro dei finanziamenti legati alla competitività sarà nelle mani del rigorista dei conti pubblici, Valdis Dombrovskis, chiamato a garantire “coerenza” tra le politiche di bilancio dei Ventisette ma anche responsabile – insieme a Séjourné – dello sviluppo di “un nuovo strumento di coordinamento” legato al “futuro fondo europeo per la competitività”. Le preoccupazioni e i dubbi sul debito comune sono “legittimi”, ha concesso Draghi, ma questo sforzo “non è per la spesa pubblica generale o per i sussidi”, ma “per realizzare gli obiettivi fondamentali” comuni. “A me – l’ammonimento finale – spetta il compito di presentare la diagnosi. A voi, rappresentanti eletti, quello di tradurre questo programma in azione”. Superando “le divisioni” e trovando “un consenso”.

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Esodo da Azione per campo largo, dopo Costa vanno via anche Gelmini e Carfagna

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Il campo largo, seppur ancora in fase embrionale, fa perdere pezzi a Azione: quattro addii in 48 ore. Le alleanze per le regionali con Pd, Avs e M5s e la prospettiva nazionale di un’intesa di centrosinistra innescano l’esodo degli ex forzisti dal partito di Carlo Calenda: dopo il deputato Enrico Costa, tornato tra gli azzurri, è la volta delle ex ministre Mariastella Gelmini e Mara Carfagna e della senatrice Giusy Versace. “La decisione di entrare nel campo largo in un’alleanza che comprende il Movimento 5 Stelle e la sinistra di Bonelli e Fratoianni nelle tre regioni che andranno al voto in autunno, mi costringe a prendere atto con rammarico che non posso rimanere”, spiega Gelmini dopo un lungo faccia a faccia con Calenda.

Dura la risposta del partito: “Rispettiamo le scelte personali ma riteniamo grave e incoerente passare dall’opposizione alla maggioranza a metà legislatura contravvenendo così al mandato degli elettori”. In Azione si prende atto “con rammarico della decisione di Mariastella Gelmini, Giusy Versace e Mara Carfagna di lasciare un partito che le ha accolte e valorizzate in un momento particolarmente critico del loro percorso politico”. Una nota in cui si può leggere in controluce tutta l’amarezza e il disappunto di Calenda che aveva nominato le ex ministre una presidente e una portavoce del suo partito. Gelmini parla di un “confronto sereno e leale” con il leader di Az, nei cui confronti “la stima e la gratitudine restano immutati”.

“Non provengo dalla sinistra e non intendo aderirvi adesso: ero e resto una moderata popolare e continuerò con linearità le medesime battaglie”. Ora andrà ad ingrossare le file del gruppo misto del Senato, ma a livello politico voci insistenti parlano di un suo prossimo passaggio a Noi Moderati con Maurizio Lupi. Un’ipotesi molto accreditata in ambienti parlamentari, che coinvolgerebbe anche Carfagna. Ma i rispettivi staff non confermano. In giornata va via anche Versace: “Già prima dell’estate avevo manifestato a Carlo Calenda il mio disagio, nonché il mio disappunto rispetto all’ipotesi di aderire a un campo largo anche in Liguria.

Le scelte politiche, benché legittime, portano il partito in una direzione che non è quella che auspicavo”. L’addio di Mara Carfagna fa scendere a quota dieci i deputati di Azione: il gruppo alla Camera resiste ma sul filo. Anche il suo disagio era noto da tempo: da centrista e moderata una eventuale collocazione più a sinistra non l’avrebbe trovata d’accordo. Se lei e Gelmini davvero abbracciassero il partito di Maurizio Lupi la strategia di rafforzare l’ala moderata della maggioranza segnerebbe un punto a suo favore. Anzi due.

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Mappa e tempi del nuovo esecutivo Ue, domina il Ppe

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Sei vicepresidenti esecutivi, undici donne su 27 commissari in totale, egemonia politica dei Popolari. La mappa dell’esecutivo Ue proposto da Ursula von der Leyen si basa innanzitutto su questi tre pilastri. Tra i vicepresidenti esecutivi, quattro sono donne e due uomini, in un rapporto inversamente proporzionale a quello che emerge nel totale dei commissari designati.

– I PARTITI. Da un punto di vista politico ed escludendo la presidente von der Leyen, 14 sono i commissari del Ppe, cinque dei Liberali, cinque dei Socialisti (con l’incognita Maros Sefcovic, membro degli slovacchi di Smer, attualmente sospesi). Raffaele Fitto è il solo esponente di Ecr, Oliver Varlhelyi, pur essendo un tecnico, è stato nominato dal kingmaker dei Patrioti, Viktor Orban.

– I TEMPI. I due slot scelti per le audizioni dei commissari designati sono il 15-18 ottobre e il 4-7 novembre. Von der Leyen punta al primo, per ottenere il via libera della Plenaria a novembre e l’entrata in vigore il primo dicembre. E’ quasi impossibile, invece, che la Commissione abbia poteri pienamente efficaci già il primo novembre. Anzi, le complesse procedure delle audizioni rendono ulteriori ritardi più che possibili.

– I COMMISSARI DESIGNATI: Presidente: Ursula von der Leyen. Vicepresidenti esecutivi: Teresa Ribera (Spagna) vicepresidente esecutiva per la transizione pulita, giusta e competitiva e la concorrenza; Henna Virkkunen (Finlandia) vicepresidente esecutiva per la sovranità tecnologica, sicurezza e democrazia; Stéphane Séjourné (Francia) vicepresidente esecutivo per la prosperità e la strategia industriale; Roxana Minzatu (Romania) vicepresidente esecutiva per le persone, le competenze e la preparazione; Raffaele Fitto (Italia) vicepresidente esecutivo per la coesione e le riforme; Kaja Kallas (Estonia) Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza. Commissari: Magnus Brunner (Austria) agli Affari interni e migrazione; Hadja Lahbib (Belgio)alla Preparazione, gestione delle crisi, uguaglianza; Ekaterina Zaharieva (Bulgaria) per Start-up, ricerca e innovazione; Dubravka Šuica (Croazia) al Mediterraneo; Costas Kadis (Cipro) alla Pesca e oceani; Jozef Síkela (Repubblica Ceca) per i Partenariati internazionali; Dan Jorgensen (Danimarca) a Energia e alloggi; Apostolos Tzitzikostas (Grecia) per Trasporti sostenibili e turismo; Olivér Várhelyi (Ungheria) Salute e benessere animale; Michael McGrath (Irlanda) Democrazia, giustizia e stato di diritto; Valdis Dombrovskis (Lettonia) all’Economia e produttività, implementazione e semplificazione; Andrius Kubilius (Lituania) alla Difesa e spazio; Christophe Hansen (Lussemburgo) Agricoltura e alimentazione; Glenn Micallef (Malta) all’Equità intergenerazionale, gioventù, cultura e sport; Wopke Hoekstra (Paesi Bassi) al Clima, crescita pulita e obiettivi net-zero; Piotr Serafin (Polonia) al Bilancio, anti-frode, pubbliche amministrazioni; Maria Luís Albuquerque (Portogallo) per i Servizi finanziari; Maroš Šefcovic (Slovacchia) al Commercio e sicurezza economica, relazioni interistituzionali e trasparenza; Marta Kos (Slovenia) all’Allargamento; Jessika Roswall (Svezia) all’Ambiente, resilienza idrica ed economia circolare competitiva.

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