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Cronache

Dal trattore a Ponte sullo Stretto, Salvini show a Rimini

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Camicia bianca e scarpe di tela. Arriva al Meeting accolto da un centinaio di curiosi e militanti di Cl, che danno subito il via alla gara di selfie. Poi Matteo Salvini tira dritto nell’area chiusa al pubblico, quella dei divanetti. Il tempo di uno scambio veloce con Matteo Piantedosi. E comincia lo show. Nel punto stampa il leader della Lega non si sottrae. E rilancia i cavalli di battaglia di via Bellerio. A pochi passi dalle coste riminesi, inizia con la sfida sulle concessioni balneari. “Vogliamo riuscire a portare a casa la prelazione per gli uscenti e gli indennizzi per gli investimenti fatti sulle spiagge”, dice il vicepremier, convinto di riuscire a strappare un via libera della Commissione Ue. Alle domande dei cronisti, risponde con garanzie sui provvedimenti e tempistiche certe. “Il nuovo codice della strada sarà legge a settembre”, scandisce.

Quindi rassicura sulla tenuta della maggioranza e sulla nomine del cda Rai: “la soluzione si troverà nel prossimo vertice” del 30 agosto con Giorgia Meloni e Antonio Tajani. Infine, la promessa. “Il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto e l’inizio del lavori – dice – sono previsti entro fine anno”. Il leader è alla Fiera di Rimini anche per far visita al padiglione voluto dal suo ministero. Ed è proprio sullo stand del Mit, dove spicca il plastico del Ponte, che Salvini torna a pungere la stampa. “Qualche giornalista ha scritto essere il più interessante del Meeting”, ironizza. Prima di giungere allo stand a tema Infrastrutture e Trasporti, però, il vicepremier si avvia in un lungo giro dei padiglioni accompagnato dal direttore generale della kermesse Emmanuele Forlani. Seguito da uno sciame di giovani e giovanissimi, che non smettono di chiedere foto e autografi. Più di un’ora e mezza di tour, tra visori, esperienze di realtà virtuale e foto sul trattore. Il segretario di via Bellerio parte dall’acquisto dei biglietti della lotteria del Meeting. Tira fuori una banconota e ne compra dieci. “Si vince una bici elettrica”, spiega una volontaria.

Lui scoppia in una fragorosa risata. “Non un monopattino?”, ribatte. Poi una parentesi dedicata alla religione, con l’ingresso nello studio di Radio Maria e la visita alla mostra sulla Compagnia delle Opere. Segue il primo pit stop con i cronisti. Anche se torna a chiudere sullo Ius Scholae, in aperto conflitto con Forza Italia, esibisce compattezza tra le forze di governo: “governiamo fino al 2027”. Sulla partita delle nomine Ue, ribadisce: “Fitto sarebbe un ottimo commissario europeo”. Sulla recente visita alla masseria di Ceglie Messapica, scherza: in Puglia con la premier Meloni “non abbiamo parlato di politica, abbiamo fatto merenda”. Scherza sulla sua passione per i fichi, poi si fionda allo stand di Confagricoltura. Mette subito al collo il portachiavi verde e giallo dell’associazione, quindi accetta l’invito a salire sul trattore in esposizione.

Un responsabile del sindacato gli illustra i comandi del mezzo, poi la calca dei fotografi per ritrarlo alla guida. Immagine che a molti ha ricordato quelle del ministro alla guida delle ruspe di qualche anno fa. Si apre così il gran finale, dedicato a motori, trasporti e infrastrutture. Prima di fare ingresso al padiglione del Mit, incontra l’ex campione di motociclismo Loris Capirossi, con cui poi dialoga sul tema della sicurezza stradale insieme al ministro Piantedosi. “Bravino lui, se la cavicchiava”, dice stringendo la mano al pilota. “Una volta nella vita ho preso il motorino e son caduto al primo giorno in Grecia, ora mi hanno regalato una Vespa”, spiega entrando nel padiglione del suo ministero. “Una cosa maestosa”, esclama. Fino ad arrivare al plastico del Ponte sullo Stretto, dove inizia l’ultimo sprint di foto. “Una grande opera per tutti gli italiani”, dichiara. Poi il tour del Ponte con l’esperienza immersiva di realtà virtuale. “Dovrebbero farlo anche i giornalisti”, torna a stuzzicare.

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Cronache

Ancora morti in carcere, due suicidi ad Avellino e Roma

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Ancora suicidi in cella, stavolta due nell’arco di poche ore. Si allunga la lista di persone che si sono tolte la vita in carcere: sono 72 dall’inizio dell’anno secondo i sindacati di polizia penitenziaria. Gli ultimi casi riguardano quello di un detenuto nigeriano di 32 anni, John Ogais, morto nell’istituto di Ariano Irpino, in provincia di Avellino: l’uomo era stato arrestato nel 2017 a Crotone sulla base delle testimonianze dei migranti che lo incolpavano tra l’altro, di essere un torturatore. Ogais, detto Rambo, già domenica scorsa dopo aver aggredito e mandato in ospedale quattro agenti della penitenziaria, aveva tentato di impiccarsi alla grata della cella facendo un cappio con le lenzuola: era stato salvato in extremis da un poliziotto. Nel carcere irpino era giunto il mese scorso e per tutta la giornata di ieri era stato sottoposto a sorveglianza attiva ma in serata è riuscito a mettere in atto i suoi propositi. È il nono episodio in un carcere campano da gennaio. Poche ore dopo nell’istituto romano di Regina Coeli è stato trovato impiccato all’alba un cinquantenne, arrestato il 25 agosto scorso per maltrattamenti in famiglia.

“A queste morti, vanno aggiunte quelle dei sette agenti della polizia penitenziaria che si sono tolti la vita nel 2024. Una strage senza fine e senza precedenti che certifica, ancora una volta, il fallimento più totale del sistema carcerario”, sostiene il segretario generale della Uilpa, polizia penitenziaria, Gennarino De Fazio. A segnalare “l’emergenza rispetto alla presenza di detenuti psichiatrici e l’assenza di personale specializzato che non può più essere negata” è il garante campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà Samuele Ciambriello, che al di là dei decessi, riferisce di “moltissimi atti di autolesionismo e manifestazioni di gesti estremi”. Intanto il ministero continua a lavorare per mettere a punto i nuovi provvedimenti previsti dal decreto carcere approvato nel luglio scorso.

“In un paio di mesi sarà pronto l’elenco del’albo delle comunità”, annuncia il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari, parlando delle strutture residenziali idonee all’accoglienza e al reinserimento sociale dei detenuti che hanno i requisiti per accedere alla detenzione domiciliare e alle misure penali di comunità, ma che non sono in possesso di un domicilio. Ostellari ha ricordato che sono settemila i detenuti che non escono dal carcere solo perché non hanno un domicilio. In Parlamento la Camera ha invece approvato l’articolo 26 del ddl sicurezza, emendato dal governo, che introduce nel codice penale anche la “resistenza passiva” in carcere. Chi “partecipa ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia o di resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti, commessi in tre o più persone riunite, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni”. In tale contesto “costituiscono atti di resistenza anche le condotte di resistenza passiva”.

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Abusi su due amiche moglie, condannato a 9 anni a Lodi

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Un trentenne di Lodi è stato condannato, oggi, a 9 anni di reclusione per due episodi di violenza sessale che, secondo l’accusa, avrebbe commesso nella stessa notte ai danni di due 25enni amiche di sua moglie. Gli abusi si sarebbero verificati nella primavera del 2022 al termine di una serata che aveva visto riunirsi alcune famiglie di connazionali sudamericani per festeggiamenti. Entrambe le giovani donne avrebbero bevuto birre e superalcolici per diverse ore.

Parte del gruppo, compresi il 30enne e le due donne, si era poi spostato in un altro appartamento, sempre a Lodi per riposarsi. Qui, l’uomo avrebbe primo molestato sessualmente una delle due donne e, poi, sarebbe andato nella camera dell’altra consumando una violenza confermata dal test del Dna. Secondo la difesa, nel primo caso il trentenne si sarebbe fermato non appena la giovane si era sottratta dall’andare oltre e, nel secondo caso, le modalità descritte renderebbero impossibile la mancanza di consenso da parte della donna. Il Tribunale ha disposto risarcimenti provvisionali di 10 e di 50mila euro a favore delle due persone offese costituitesi parte civile dopo aver chiesto supporto a un centro antiviolenza.

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Polizia: Giuseppe Linares nominato nuovo Questore di Catanzaro

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Giuseppe Linares, direttore del Servizio centrale anticrimine della Polizia di Stato, nominato dirigente generale di pubblica sicurezza dal prossimo 2 ottobre prossimo è il nuovo Questore di Catanzaro. Subentra a Paolo Sirna che è stato nominato Questore di Torino. Nato a Trapani il 5 maggio 1969, Linares è stato nominato funzionario di pubblica sicurezza nel 1992. Ha svolto le funzioni di Capo della Squadra Mobile e di Dirigente della Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Trapani e Capo della Dia di Napoli. Docente presso la Scuola Superiore di Polizia nella materia di tecniche di misure di prevenzione personali e patrimoniali, è stato relatore presso le università di Bologna, Salerno e Napoli in tecniche investigative in materia di misure di prevenzione. L’1 gennaio 2018 è stato promosso dirigente superiore della Polizia di Stato e il primo di giugno 2018 ha assunto le funzioni di Direttore del Servizio Centrale Anticrimine della Polizia di Stato.

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