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Blinken: Netanyahu accetta il piano, ora tocca a Hamas

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“Israele accetta la proposta americana. La sostiene. Ora spetta ad Hamas fare lo stesso”. Sembra segnare un punto a favore dell’intesa il pressing del segretario di Stato Usa Antony Blinken sul premier Benyamin Netanyahu per bloccare lo stallo sui colloqui per la tregua e la liberazione degli ostaggi. Per la nona volta dall’inizio della guerra, Blinken è arrivato nel Paese: nell’agenda il punto numero uno era l’incontro con il premier, durato tre ore nel suo ufficio di Gerusalemme, sui negoziati che, per il segretario di Stato, “potrebbero essere l’ultima” possibilità.

“Questo è un momento decisivo, probabilmente la migliore, forse l’ultima, opportunità per riportare a casa gli ostaggi, per ottenere un cessate il fuoco e per mettere tutti sulla strada migliore per una pace e una sicurezza durature”, aveva anticipato Blinken incontrando in mattinata il presidente israeliano Isaac Herzog. L’inviato di Joe Biden ha chiesto con forza a Hamas e Israele di non “far deragliare” gli sforzi. In serata il segretario di Stato ha incontrato i parenti degli ostaggi di nazionalità americana chiedendogli di non farsi sconfortare dalle dichiarazioni negative di Hamas poiché invece la sensazione è “positiva” e “l’accordo sul rilascio può andare avanti”.

Poi ha tenuto una conferenza stampa a Tel Aviv che sostanzialmente ha fornito il risultato della sua visita in Israele, perlomeno per quello che la diplomazia può dichiarare apertamente. Blinken ha confermato il sostegno degli Usa a Israele e affermato che il primo ministro ha accettato l’ultima proposta degli Stati Uniti presentata la scorsa settimana a Doha nel tentativo di trovare una formula che sia Israele che Hamas possano accettare. Quindi, ha detto, ora Hamas “deve fare lo stesso”. Secondo la dichiarazione ufficiale, l’incontro con Netanyahu è stato “molto costruttivo”, il premier israeliano infatti “ha mostrato elasticità”. Quindi Blinken ha elencato gli impegni cruciali della sua visita: “Primo, la sicurezza di Israele. Lo scopo del dispiegamento di ulteriori forze nella regione è quello di dissuadere l’Iran dall’attaccare, non di intensificare l’escalation”. Poi, “raggiungere un accordo per il rilascio degli ostaggi, un cessate il fuoco e ridurre la sofferenza dei cittadini di Gaza che desiderano rifugio e sicurezza”, ha affermato Blinken. Dal canto suo, Netanyahu ha dichiarato che il meeting “è stato bello e importante”, sottolineando che “si stanno facendo sforzi per liberare il numero massimo di ostaggi vivi già nella prima fase dell’accordo”.

Queste le dichiarazioni ufficiali. Dietro le quinte la forte preoccupazione per il proseguimento dei colloqui è stata rappresentata da indiscrezioni trapelate dallo stesso team negoziale israeliano: “La questione del corridoio Filadelfia, l’asse di 14 chilometri che corre tra Gaza e l’Egitto, è ancora aperta”. Poiché non è stato chiarito se “l’elasticità di Netanyahu” si riferisse alla disponibilità di inviare nei prossimi giorni il team di mediatori al Cairo, all’accoglimento della proposta americana, o anche alle tre questioni spinose su cui finora il premier si è dimostrato inamovibile suscitando la bocciatura totale dei leader di Gaza. Ossia, il controllo da parte dell’Idf dell’asse Filadelfia, del valico di Rafah e del corridoio Netzarim, che taglia da nord a sud la Striscia. La pressione degli Usa, secondo indiscrezioni, su questi tre punti è stata eccezionale. Ora Blinken continuerà il suo lavoro diplomatico in Egitto e poi in Qatar. Ma per completare il compito in Israele ha chiesto che venga fermata la violenza dei coloni in Cisgiordania. E ha annunciato che Israele ha accettato l’avvio del piano di vaccinazioni anti-polio a Gaza “nelle prossime settimane”.

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Nuovi attacchi a Hezbollah, esplodono i walkie talkie: ancora morti e feriti

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Caos e rabbia in Libano dove per il secondo giorno consecutivo l’esplosione sincronizzata di dispositivi wireless in dotazione ai miliziani di Hezbollah e anche di pannelli solari ha fatto almeno 14 morti e 500 feriti. Dopo le migliaia di cercapersone scoppiate martedì alla stessa ora in tutto il Paese dei Cedri, a Damasco e nella Siria orientale (in un’operazione che anche il creatore di Fauda Avi Issacharoff ha definito “al di sopra di ogni immaginazione”), nel pomeriggio di oggi un’altra ondata di deflagrazioni ha scosso i cittadini libanesi. La situazione è tale che in serata il premier libanese Najib Mikati ha dichiarato che il suo governo si sta preparando a “possibili scenari” di una grande guerra con Israele. In molte città i residenti si sono riversati per strada protestando nel disorientamento più totale.

Un’auto dell’Unifil è stata assaltata con lanci di pietre a Tiro da un gruppo di civili. Walkie talkie militari e strumenti per rilevare le impronte digitali sono detonati in diverse località del Paese, tra cui il distretto di Dahiya a Beirut, roccaforte del gruppo sciita, e nel Libano meridionale. Le immagini rilanciate dai media locali mostrano appartamenti in fiamme dentro condomini, auto bruciate, denso fumo nero, gente che fugge e si dispera. Testimoni hanno riferito di numerose ambulanze che portavano i feriti in ospedale. Altre esplosioni sono state segnalate dai media sauditi in Iraq, nel quartier generale dell’organizzazione terroristica al Hashd al Shaabi a Mosul, nello stesso momento delle deflagrazioni in Libano. Alla periferia sud di Beirut, esplosioni di dispositivi sono avvenute mentre si svolgevano i funerali di membri di Hezbollah uccisi martedì negli attacchi con i cercapersone. In 1.600 sarebbero ancora ricoverati negli ospedali con ferite anche molto gravi. Cinquecento miliziani hanno perso la vista quando il loro pager è finito in mille pezzi.

E anche l’ambasciatore iraniano a Beirut avrebbe perso un occhio e 19 pasdaran sarebbero rimasti uccisi in Siria. Ma gli ayatollah negano. Alla vigilia del discorso pubblico del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il cugino e presidente del Consiglio esecutivo del gruppo Hashem Safieddine è stato chiaro: “Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa”, ha detto. Nel mentre Israele tace. Nonostante l’esecrazione di mezzo mondo, le istituzioni di Gerusalemme non hanno battuto ciglio sul ‘beeper affair’ per due giorni consecutivi. Teheran ha accusato l’intero Occidente di “ipocrisia” e Israele di “strage”. Mosca ha parlato di “guerra ibrida”, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvisato del “grave rischio di drammatica escalation in Libano”, con il Consiglio di sicurezza che ha fissato una riunione di emergenza per venerdì. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in visita al Cairo per i negoziati su Gaza che continuano sottotraccia, ha escluso che Washington fosse a conoscenza o coinvolta nel cyberattacco.

Ma l’operazione che ha letteralmente lasciato storditi i miliziani sciiti a quanto pare non poteva più essere rimandata. Secondo fonti Usa citate da Axios, ad innescarla sarebbe stato il timore che l’intelligence di Hezbollah stesse per scoprire il creativo raid informatico: “È stato un momento ‘use it or lose it'”, avrebbe comunicato Israele agli Stati Uniti sul timing dell’attacco. Un ex funzionario israeliano ha spiegato che i servizi avevano pianificato di usare i cercapersone con trappole esplosive come colpo di apertura in guerra per paralizzare i combattenti di Nasrallah. E per ridurre le vittime civili. Ma negli ultimi giorni sembrava che il segreto stesse per trapelare e Benyamin Netanyahu ha dato segnale verde. In serata dallo Stato ebraico si è alzata la voce del ministro della Difesa Yoav Gallant: “Il centro di gravità si sta spostando verso nord attraverso il trasferimento di risorse e forze. Siamo all’inizio di una nuova fase del conflitto”, ha detto alle truppe. Confermando le indiscrezioni del mattino secondo cui un’intera divisione ha lasciato il sud di Gaza per raggiungere il confine con il Libano. A rafforzare il timore di un’escalation a breve il fatto che il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha approvato i piani di attacco e difesa per la regione settentrionale: “Israele è pronto a utilizzare capacità militari non ancora impiegate. Hezbollah dovrà pagare un prezzo elevato se continuerà il conflitto”, ha avvertito.

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Libano, ora scoppiano i walkie-talkie tra le mani degli Hezbollah: almeno 3 morti

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Secondo l’agenzia di stampa statale libanese, almeno tre persone sono rimaste uccise in alcune esplosioni avvenute nella zona della Bekaa, mentre fonti della sicurezza hanno riferito alla Reuters che centinaia di persone sono rimaste ferite in una serie di nuove esplosioni in tutto il Libano. Le radio portatili utilizzate dal gruppo terroristico Hezbollah sono esplose nel tardo pomeriggio nel sud del Paese e nella periferia meridionale della capitale Beirut, hanno riferito una fonte della sicurezza e un testimone.

Almeno una delle esplosioni e’ avvenuta nei pressi di un funerale organizzato da Hezbollah, sostenuto dall’Iran, per le vittime del giorno prima, quando migliaia di cercapersone utilizzati dal gruppo sono esplosi in tutto il Paese. “Diversi walkie-talkie sono esplosi nella periferia sud di Beirut”, afferma la fonte, mentre i soccorritori affiliati a Hezbollah confermano che i dispositivi sono esplosi all’interno di due auto nella zona.

Tre persone sono state uccise nell’esplosione di “apparecchiature di trasmissione” a Sohmor, nel Libano orientale, ha riferito l’agenzia di stampa nazionale (ufficiale). Il ministero della Sanita’ ha riferito che “piu’ di cento persone sono rimaste ferite in una nuova ondata di esplosioni di walkie-talkie”.

I walkie-talkie sono esplosi contemporaneamente nella periferia meridionale di Beirut, proprio mentre si svolgevano i funerali di quattro membri di Hezbollah uccisi ieri in esplosioni di cercapersone, secondo una fonte vicina al movimento islamista libanese e ai soccorritori. Le esplosioni hanno scatenato il panico. Altre esplosioni sono state segnalate a Saida (sud) e Baalbeck (est), dove 15 persone sono rimaste ferite, ha riferito una fonte ospedaliera.

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New York Times: Israele dietro all’attacco con i cercapersone

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Israele ha messo l’esplosivo nei cercapersone venduti a Hezbollah. Lo riporta il New York Times, citando alcune fonti americane. L’esplosivo sarebbe stato posizionato vicino alla batteria di ogni dispositivo e attivato tramite un messaggino.

I cercapersone che Hezbollah aveva ordinato alla taiwanese Gold Apollo sarebbero stati manomessi prima di raggiungere il Libano, riporta il quotidiano americano. La maggior parte dei cercapersone era del modello AP924, anche se nella spedizione erano inclusi anche altri tre modelli. I dispositivi erano programmati per emettere un segnale acustico di diversi secondi prima di esplodere. Alla Gold Apollo sono stati ordinati più di 3.000 cercapersone. Non è chiaro né quando sono stati ordinati né quando sono arrivati in Libano.

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