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È il giorno di Biden, l’abbraccio dem alla convention

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A Chicago nel 1968 l’unico altro presidente nella storia americana che non si è ricandidato per un secondo mandato, Lyndon B. Johnson, non si presentò alla convention del suo partito. Cinquantasei anni dopo Joe Biden c’è, per congedarsi dalla politica, rivendicare i suoi successi alla Casa Bianca, ricevere l’abbraccio dei democratici ma soprattutto consacrare ufficialmente la sua vice presidente Kamala Harris come unica speranza di sconfiggere Donald Trump e salvare la democrazia americana. Nella giornata di Joe alla convention di Chicago tutto è pronto per salutare come si deve l’anziano commander-in-chief e ringraziarlo per essersi ritirato da una corsa che sembrava disperata e adesso ha ripreso slancio.

Ai delegati saranno consegnati gadget a tema Biden, come il caffe ‘A cup of Joe’, e lo United Center, la casa dei Chicago Bulls che ospita la kermesse democratica, sarà tappezzato delle frasi più iconiche pronunciate da Biden in questi 50 anni in politica, dal “Diffondi la fede” al “La storia è nelle tue mani”. Sul palco accanto al leader 81enne ci sarà la first Lady Jill Biden, la sua roccia, la consigliera più fidata e colei che ha sempre difeso il marito dagli attacchi interni ed esterni. Anche per lei è il momento di dire addio a quella “vita sotto i riflettori che non avrei mai voluto”, come confessò una volta, ma che ha accettato per amore di Joe. La docente universitaria che ha voluto a tutti i costi mantenere il suo lavoro, prima volta nella storia americana; la ‘step-mom’ del travagliato Hunter che è volata da una parte all’altra dell’Atlantico per essere accanto al suo figlioccio in tribunale; la donna forte e saggia che non ha esitato a dare il suo sostegno a Harris per “amore del nostro Paese e per un futuro splendente”.

Il primo giorno della convention sarà anche quello di Hillary Clinton, la grande sconfitta del 2016 che simbolicamente cederà il testimone ad un’altra donna per provare ad arrivare dove lei non è riuscita, nello Studio Ovale. Ma a dimostrazione che il ritiro di Biden e la candidatura della 59enne Harris hanno un valore che va oltre le elezioni 2024, sul palco saliranno anche la stella dell’ala più liberal Alexandria Ocasio-Cortez e il governatore del Kentucky Andy Beshear, due rappresentanti di una nuova generazioni di dem che per troppi anni sono rimasti in panchina e adesso vedono uno spiraglio per emergere. A dimostrazione di ciò, mentre nel 2020 ad Aoc furono concessi soltanto 90 secondi per presentare il senatore del Vermont Bernie Sanders, quest’anno la deputata avrà uno spazio in prima serata, poco prima di Biden. Un posto d’onore per un debutto davanti all’establishment del partito e non soltanto nelle retrovie più progressiste.

Sull’atmosfera di festa e speranza che si respira alla convention dem, con qualche analista che parla già di un ‘2008 vibe’, un’atmosfera simile a quella della storica elezioni di Barack Obama, pesa l’ombra della guerra a Gaza e dei circa 40.000 manifestanti riuniti fuori per manifestare contro il sostegno dell’amministrazione democratica a Israele. Il gruppo filo-palestinese Delegates Against Genocide ha già annunciato che farà pressione per un embargo sulle armi a Israele questa settimana minacciando interruzioni e proteste durante i discorsi principali. La verità è che queste elezioni per i democratici dipendono molto dall’esito della guerra in Medio Oriente, con gli americani-musulmani e i giovani che potrebbero decidere di non recarsi alle urne. Tutto si deciderà nei prossimi giorni, con la tregua a Gaza che per Biden “è ancora possibile”. “I negoziati sul cessate il fuoco sono ancora in corso, non molliamo”, ha assicurato il presidente consapevole che in gioco, oltre alla sorte di persone innocenti, c’è anche il voto di novembre.

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Medjugorje, il Vaticano oggi fornirà una valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria

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Il Vaticano sta per fornire la sua attesa valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria nel villaggio di Medjugorje, situato nel sud della Bosnia. Dopo quasi 15 anni di studi, giovedì il cardinale Víctor Manuel Fernández, a capo dell’ufficio dottrinale del Vaticano, terrà una conferenza stampa sull’argomento, che il Vaticano ha definito “l’esperienza spirituale di Medjugorje”.

Dal 1981, sei bambini e adolescenti affermano di aver avuto visioni della Madonna, visioni che, secondo alcuni di loro, continuano regolarmente. Questo ha reso Medjugorje una meta di pellegrinaggio per milioni di credenti cristiani. Tuttavia, le apparizioni non sono mai state riconosciute ufficialmente dal Vaticano, che ha più volte espresso dubbi sulla loro autenticità.

Papa Francesco ha dichiarato che, pur avendo dubbi sulle visioni attuali, non si può negare l’impatto spirituale di Medjugorje sui pellegrini. Nonostante ciò, il Vaticano ha chiarito che non dichiarerà l’autenticità delle visioni, ma fornirà un orientamento dottrinale che permetta ai fedeli di esprimere la loro devozione senza contraddire la fede.

L’annuncio del Vaticano avrà un impatto significativo su Medjugorje, un luogo che dipende fortemente dal turismo religioso, con il 2024 previsto come un anno record di visite.

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Hezbollah sotto attacco, un colpo strategico senza precedenti del Mossad e delle Israel Defense Forces

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Le esplosioni che hanno recentemente colpito Hezbollah tra Libano e Siria hanno inflitto un durissimo colpo al “Partito di Dio”. Migliaia di feriti, una milizia disorientata e la catena di comando vulnerabile: questo è il quadro che emerge dalle operazioni orchestrate dall’intelligence israeliana, che ha ottenuto un risultato devastante senza ricorrere a un singolo attacco convenzionale. In pochi minuti, il Mossad e i servizi delle Israel Defense Forces (IDF) hanno messo in ginocchio la milizia guidata da Hassan Nasrallah, un risultato che in una guerra tradizionale sarebbe stato possibile solo dopo una lunga e costosa serie di attacchi.

Gli esperti sottolineano come questo attacco abbia reso temporaneamente inabili al combattimento migliaia di miliziani di Hezbollah, con ospedali e basi libanesi sovraffollati di feriti. Le esplosioni non hanno causato un elevato numero di morti, ma i danni fisici riportati dai membri della milizia sono stati gravi: ferite profonde, amputazioni, perdita della vista e dell’udito. Molti di questi combattenti non torneranno operativi prima di alcune settimane o mesi, mentre altri non saranno più in grado di combattere.

Un attacco non letale ma devastante

Le esplosioni, pur non essendo mortali, hanno causato danni significativi alle capacità operative di Hezbollah. Le testimonianze riportano ferite devastanti: mani esplose dopo aver afferrato i cercapersone, mutilazioni, e gravi traumi fisici che segneranno questi miliziani per tutta la vita. Questo non solo riduce il numero di combattenti pronti all’azione, ma li rende facilmente identificabili per le forze di intelligence israeliane, aumentando il rischio per Hezbollah.

La crisi della leadership e l’incubo logistico

Per Nasrallah, questo attacco rappresenta un vero incubo. La difficoltà nel rimpiazzare rapidamente i feriti, mantenendo un livello operativo efficiente, è una delle principali preoccupazioni. A differenza di altre organizzazioni, Hezbollah non può semplicemente reclutare chiunque: ha bisogno di combattenti addestrati, molti dei quali hanno già partecipato alle operazioni in Siria o hanno lanciato missili contro Israele. Inoltre, la base di reclutamento è limitata alla comunità sciita, in particolare ai fedeli di Nasrallah, escludendo il movimento Amal, complicando ulteriormente il processo di rimpiazzo.

Un colpo alla comunicazione: l’offensiva digitale

Uno degli effetti più gravi di questo attacco è la paralisi delle comunicazioni all’interno del movimento. Hezbollah, nel tentativo di evitare cyberattacchi, aveva recentemente abbandonato l’uso dei cellulari in favore dei cercapersone (pager), considerati più sicuri. Tuttavia, questo sistema si è rivelato vulnerabile, e ora l’organizzazione si trova in difficoltà. Senza cercapersone, dovrà tornare a utilizzare vecchi sistemi di comunicazione, come linee telefoniche obsolete, che sono facilmente intercettabili da Israele e da altri avversari.

La sfida per Hezbollah è dunque doppia: da un lato, gestire una crisi umanitaria e militare senza precedenti; dall’altro, trovare nuovi metodi di comunicazione sicuri e immediati. Questo scenario di paralisi inquieta i vertici del movimento, soprattutto in vista di un possibile attacco terrestre da parte di Israele.

Questo attacco non convenzionale ha dimostrato la potenza strategica dell’intelligence israeliana, capace di infliggere un duro colpo a Hezbollah senza entrare direttamente in conflitto armato. Il “Partito di Dio” si trova ora in una posizione estremamente vulnerabile, e la capacità di reagire sarà cruciale per il suo futuro.

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Venezuela, El Pais: saccheggiati 4 miliardi di petrolio

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La compagnia pubblica Petroleos del Venezuela S.A. (PDVSA) sarebbe al centro di uno dei maggiori scandali di corruzione nel Paese. Secondo un’inchiesta pubblicata dal quotidiano spagnolo El País, un gruppo di ex gerarchi chavisti e imprenditori ha saccheggiato circa 4,2 miliardi di dollari (oltre 3,7 miliardi di euro) alla compagnia. Questo colossale furto non ha solo colpito le finanze dell’azienda, ma ha anche avuto un impatto devastante sull’economia venezuelana, sostiene il quotidiano.

Lo schema di corruzione è stato operativo tra il 2007 e il 2012, durante i governi dell’ex presidente Hugo Chávez. I coinvolti, tra cui alti funzionari di PDVSA e imprenditori legati al regime, hanno utilizzato una complessa rete di tangenti e commissioni illegali per dirottare fondi. Aziende, principalmente cinesi, pagavano commissioni fino a un 10% per aggiudicarsi contratti milionari con la compagnia statale Uno dei personaggi chiave in questo intrigo è Diego Salazar, cugino dell’ex ministro di Energia ed ex presidente di PVDSA, Rafael Ramírez. La rete di corruzione non includeva solo funzionari e impresari: tra di loro c’erano regine di bellezza, ambasciatori, attrici e avvocati.

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