“Il governo si è messo in un vicolo cieco dal quale ha difficoltà ad uscire”. E’ lapidario il giudizio dei penalisti italiani sulle politiche messe in campo dall’esecutivo per fare fronte all’emergenza nelle carceri. Parole che arrivano a poche ore dal bilancio, del tutto parziale, sul numero dei suicidi avvenuti dall’inizio dell’anno all’interno dei penitenziari. Da gennaio sono 63 le persone che hanno deciso di togliersi la vita, numeri in vertiginoso aumento rispetto allo scorso anno quando i gesti estremi, nello stesso periodo, furono 44, diciannove in meno. Il dato che salta all’occhio è che il 38,1% delle persone che hanno deciso di farla finita, 24 detenuti, erano in attesa di primo giudizio. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, prima della pausa ferragostana oltre al vertice con la premier Meloni ha avuto incontro con i Garanti dei detenuti. Molti gli spunti e ipotesi tra cui quello di un provvedimento specifico per la concessione di misure alternative, come i domiciliari o l’affidamento in prova, per quei detenuti condannati che devono scontare pene residue entro un anno, per combattere il sovraffollamento delle strutture. Una iniziativa che, però, incassa la sonora bocciatura dagli avvocati.
“L’ipotesi di detenzione domiciliare per i detenuti con fine pena brevi (quelli con fine pena non superiori a un anno sono circa 8000) implica un vaglio giurisdizionale complesso e il superamento di ostacoli oggettivi”, taglia corto il presidente dell’Unione Camere penali, Francesco Petrelli. Per i penalisti “il Governo allo stato sarebbe in grado di mettere a disposizione non più di 200 domicili. Un numero irrisorio rispetto alla necessità urgente di misure deflattive”. Petrelli ribadisce che le Camere penali sono “da sempre favorevoli a politiche e legislazioni che favoriscano l’applicazione di misure alternative al carcere” ma non risparmia una ulteriore stoccata al Governo che, a suo dire, porta avanti “politiche carcerocentriche” che “costituiscono un grave passo indietro anche per la sicurezza dei cittadini e sono destinate inevitabilmente al fallimento”. Sul fronte politico, all’interno della maggioranza, sembrano coesistere più anime.
Se il sottosegretario Andrea Delmastro ribadisce che “non è nelle corde del cuore del governo una misura che, essendo un colpo di spugna, vanifica e frustra non solo e non tanto le esigenze di sicurezza, quanto e soprattutto la funzione rieducativa della pena”, dal canto suo Forza Italia per bocca del deputato Francesco Rubano afferma che “il sovraffollamento, l’ormai allarmante numero dei suicidi, le condizioni precarie in cui il personale e gli agenti penitenziari si trovano spesso ad operare, e la fatiscenza delle strutture richiedono interventi non più rinviabili”. Le opposizioni mettono in luce “le divisioni della maggioranza”. “Il decreto carceri – attacca Debora Serracchiani del Pd – era ed è un testo vuoto. L’emergenza drammatica è sotto gli occhi di tutti e le misure per superarla ci sono invece siamo ancora una volta in balia delle chiacchiere di Nordio e delle divisioni sulla giustizia”.
Per Ilaria Cucchi, senatrice Avs, l’approvazione della legge Nordio non ha portato a cambiamenti nelle carceri e “le recenti gravissime uscite del sottosegretario Delmastro dimostrano cosa debbano essere, per la destra, i penitenziari: luoghi dove scaricare i problemi della società, vere e proprie discariche sociali. Il ministro Nordio gli revochi le deleghe”. Intanto proseguono i sopralluoghi dei Radicali Italiani nei penitenziari. Dopo Bologna è il turno di Torino, teatro nel giorno di Ferragosto di scontri tra detenuti e agenti. “Abbiamo riscontrato una situazione drammatica – ha commentato Filippo Blengino, – in particolar modo nella sezione maschile, dove sono scoppiate rivolte. Le celle sono in condizioni precarie, con strutture fatiscenti e infiltrazioni. Si avverte una situazione di grande tensione”.
Il 23 novembre 1980 è una data incisa nella memoria dell’Italia. Alle ore 19:35, una scossa di terremoto di magnitudo 6,8, seguita da un’altra di magnitudo 5, devastò le province di Avellino, Salerno e Potenza, colpendo anche altre zone della Campania e della Basilicata. Una tragedia che causò migliaia di vittime e distrusse interi paesi, lasciando ferite profonde nel cuore delle comunità.
A 44 anni di distanza, i Vigili del Fuoco di Avellino, insieme alle istituzioni e ai cittadini, vogliono rendere omaggio alle vittime e ai feriti di quella catastrofe, ricordando anche il sacrificio di chi, con coraggio e abnegazione, si mobilitò per portare soccorso.
Il ricordo dei soccorritori
I Vigili del Fuoco furono tra i protagonisti della risposta all’emergenza. Nonostante le difficoltà rappresentate da un territorio montagnoso, dalle condizioni meteorologiche avverse e dalle vie di comunicazione interrotte, operarono senza sosta per mesi. Ragazzi che, con il loro spirito di adattamento, riuscirono a superare ogni ostacolo, guadagnandosi il rispetto e l’ammirazione della popolazione colpita.
«Vogliamo ricordare l’immane lavoro dei nostri colleghi Vigili del Fuoco, che affrontarono sacrifici personali senza precedenti per fronteggiare una situazione straordinaria», sottolineano oggi i rappresentanti del corpo.
Un messaggio dal Ministro Piantedosi
Il Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha partecipato alle commemorazioni a Sant’Angelo dei Lombardi, uno dei comuni più colpiti dal sisma, ricordando con commozione il sacrificio delle vittime e il moto di solidarietà che ne seguì.
«Quella tragedia rappresentò uno spartiacque per il nostro Paese, evidenziando la necessità di un Sistema nazionale di protezione civile. Oggi, la Protezione Civile italiana è un modello d’eccellenza riconosciuto a livello internazionale», ha dichiarato Piantedosi.
L’impatto storico e umano
La scossa devastò un’area di 17.000 chilometri quadrati, rendendo i soccorsi estremamente complessi. Cinque giorni dopo il sisma, tutti i corpi erano stati estratti dalle macerie, ma il lavoro di ricostruzione e assistenza durò per mesi. Allora, il presidente Sandro Pertini denunciò i gravi ritardi nei soccorsi, sollevando l’urgenza di migliorare le risposte alle emergenze.
Quella tragedia fu il punto di partenza per la nascita, nel 1982, del Dipartimento della Protezione Civile, che oggi coordina le emergenze sul territorio nazionale con rapidità ed efficacia.
Un tributo all’Italia solidale
L’anniversario del terremoto in Irpinia è un’occasione per ricordare non solo il dolore, ma anche la straordinaria solidarietà che unì il Paese. Da ogni angolo d’Italia arrivarono soccorritori e aiuti per sostenere le popolazioni colpite.
I Vigili del Fuoco di Avellino celebrano oggi il coraggio e la dedizione di chi si sacrificò per portare speranza e sollievo in un momento di disperazione, riaffermando il valore della memoria collettiva e dell’impegno civile.
Questa mattina, alle ore 8:35, è stata registrata una lieve scossa di terremoto di magnitudo 2,2 della scala Richter sul Vesuvio, precisamente sul versante di Ottaviano. La scossa, localizzata a una profondità di appena 20 metri, è stata percepita dalla popolazione locale, sebbene senza provocare danni.
Un evento di natura superficiale
La particolarità di questo evento sismico è la sua natura superficiale: essendo avvenuto a una profondità molto ridotta, il movimento del suolo è stato avvertito con maggiore intensità nelle aree circostanti l’epicentro, pur trattandosi di una magnitudo contenuta.
La rete di monitoraggio sul Vesuvio
Il Vesuvio, uno dei vulcani attivi più monitorati al mondo, è costantemente sotto osservazione dagli esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Gli eventi sismici di bassa intensità e profondità, come quello di questa mattina, rientrano nelle normali attività vulcaniche e tettoniche dell’area.
Cosa significa per la popolazione
Gli esperti sottolineano che una scossa di questa entità non rappresenta un motivo di preoccupazione. Tali fenomeni sono parte della normale attività geodinamica dell’area vesuviana e non indicano necessariamente cambiamenti significativi nel comportamento del vulcano.
Consigli per la cittadinanza
È sempre utile che la popolazione residente in aree vulcaniche adotti semplici pratiche di prevenzione e segua le comunicazioni ufficiali delle autorità locali e degli enti scientifici.
L’evento odierno, pur avvertito dalla cittadinanza, rientra nella casistica di scosse leggere che non destano particolari allarmi, ma che ricordano l’importanza di vivere consapevolmente in una zona caratterizzata da fenomeni naturali unici.
Ad Avellino l’intervento congiunto dei Vigili del Fuoco e della Polizia di Stato hanno portato al salvataggio di una donna e dei suoi figli da una situazione critica.
Il delicato intervento si è svolto ad Avellino, in via Circumvallazione, dove i Vigili del Fuoco sono intervenuti su richiesta della Polizia di Stato per affrontare una grave situazione di emergenza familiare. Un uomo, armato di coltello, minacciava la sua compagna, una donna di origini senegalesi, e i loro tre figli: due bambine e un maschietto.
La donna, temendo per la propria vita e quella dei suoi figli, si era rifugiata in una stanza chiusa a chiave. In cerca di aiuto, aveva portato i bambini sul balcone, attirando così l’attenzione delle forze dell’ordine e dei soccorritori. La tempestività dei Vigili del Fuoco, intervenuti con un’autoscala, ha permesso di mettere subito in salvo le due bambine, che sono state portate in un luogo sicuro.
Mentre l’operazione di soccorso continuava per raggiungere la madre e il figlio, l’uomo è riuscito a sfondare la porta della stanza, aumentando ulteriormente il rischio per i presenti. È stato in quel momento che gli agenti della Polizia di Stato, già sul posto, sono intervenuti con prontezza, riuscendo a bloccare e neutralizzare l’aggressore prima che potesse ferire qualcuno.
Completata la messa in sicurezza dell’uomo, i Vigili del Fuoco hanno riportato le bambine al fianco della madre, concludendo con successo l’intervento. Nessuno tra i coinvolti ha riportato ferite, e la donna e i suoi figli sono stati affidati alle cure dei servizi sociali per il supporto necessario.