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Colloqui a Doha, Netanyahu vuole subito 33 ostaggi vivi

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La delegazione negoziale israeliana è stata approvata da Benyamin Netanyahu nella riunione speciale di mercoledì pomeriggio, con un mandato negoziale che indiscrezioni definiscono ‘ragionevole’, poche ore prima che si imbarchi per Doha. Alla vigilia si è saputo che il premier non intende transigere su un punto: la liberazione di 33 ostaggi vivi nella prima fase dell’accordo e non 18 e 15 corpi, come riferivano alcune speculazioni. Confermati al momento i nomi dei mediatori: i capi del Mossad e dello Shin Bet, David Barnea e Ronen Bar, e il responsabile dei rapiti e dei soldati dispersi dell’Idf Nitzan Alon. E un altro nome, lo stesso che ha già avvelenato precedenti viaggi della squadra: il consigliere politico di Netanyahu, Ofir Fleck. Inviato già diverse volte al seguito suscitando la furibonda reazione dei negoziatori ufficiali.

Che al ritorno, ha raccontato chi stava fuori dalla stanza, hanno discusso a suon di urli e indignazione con il primo ministro, accusato di far saltare l’accordo con richieste insensate. In questo round l’aggravante è che il vertice di Doha affronta un quadro ancor più complesso dei precedenti: la ‘dura’ risposta annunciata dall’Iran all’uccisione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran, la pericolosa escalation con Hezbollah, che vuole vendicare l’eliminazione del suo capo militare Fuad Shukr a Beirut, a cui lo Stato ebraico risponde minacciando uno spostamento del confine. E se da una parte c’è Netanyahu con i suoi interessi politici e personali, dall’altra c’è Yahya Sinwar, che gestisce per la prima volta la mediazione da capo politico di Hamas. Dopo l’annuncio di tre giorni fa che il gruppo islamista non si presenterà in Qatar perché “vale l’accordo proposto a luglio da Joe Biden”, Hamas ha ribadito mercoledì che sarà assente.

Ma il messaggio di Sinwar è contraddittorio: da una parte fa sapere che parteciperà se Israele ferma i combattimenti, dall’altra si richiama alle tre fasi del piano Biden, dall’altra ancora presenta emendamenti che vanno dalla liberazione del leader di Fatah, l’ergastolano Marwan Barghouti, ad altri cento detenuti di peso di cui gli Usa si dovranno fare garanti. Al summit promosso dagli Usa, anche con la presenza del capo della Cia William Burns e Brett McGurk, il coordinatore della Casa Bianca per il Medio Oriente, prendono parte anche Qatar e Egitto (e altri dietro le quinte con i telefoni che si parlano sulle scrivanie). Che non siano presenti fisicamente i delegati di Sinwar non sembra scontato. “Intraprendere nuovi negoziati consente a Israele di imporre nuove condizioni e di utilizzarli per compiere altri massacri”, ha detto il funzionario di Hamas Sami Abu Zuhri a Reuters. Parole, hanno fatto sapere mediatori anonimi, che non escludono la possibilità di progressi poiché il capo negoziatore Khalil al-Hayya, confermato nel suo ruolo alcuni giorni fa proprio da Sinwar, risiede a Doha e ha canali aperti con Egitto e Qatar.

L’Iran, dal canto suo, ha smentito attraverso la sua delegazione all’Onu un interessamento ai colloqui, seppur dietro le quinte. Mentre l’agenzia di stampa statale russa Tass fa sapere che il presidente dell’Anp Abu Mazen vorrebbe che anche Mosca prendesse parte al processo di pace. Barnea, Bar e Alon prenderanno l’aereo per Doha, forse porteranno nelle valigette il documento scritto che alla vigilia hanno dato a Netanyahu in cui lo avvisano che “il ritardo e l’insistenza su determinate posizioni potrebbero costare la vita agli ostaggi”, come ha fatto sapere Walla. Mentre Haaretz non crede che l’Iran si tenga fuori da tutto e titola “Biden e Khamenei stanno preparando un accordo. Israele non ha colto i segnali”.

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Nuovi attacchi a Hezbollah, esplodono i walkie talkie: ancora morti e feriti

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Caos e rabbia in Libano dove per il secondo giorno consecutivo l’esplosione sincronizzata di dispositivi wireless in dotazione ai miliziani di Hezbollah e anche di pannelli solari ha fatto almeno 14 morti e 500 feriti. Dopo le migliaia di cercapersone scoppiate martedì alla stessa ora in tutto il Paese dei Cedri, a Damasco e nella Siria orientale (in un’operazione che anche il creatore di Fauda Avi Issacharoff ha definito “al di sopra di ogni immaginazione”), nel pomeriggio di oggi un’altra ondata di deflagrazioni ha scosso i cittadini libanesi. La situazione è tale che in serata il premier libanese Najib Mikati ha dichiarato che il suo governo si sta preparando a “possibili scenari” di una grande guerra con Israele. In molte città i residenti si sono riversati per strada protestando nel disorientamento più totale.

Un’auto dell’Unifil è stata assaltata con lanci di pietre a Tiro da un gruppo di civili. Walkie talkie militari e strumenti per rilevare le impronte digitali sono detonati in diverse località del Paese, tra cui il distretto di Dahiya a Beirut, roccaforte del gruppo sciita, e nel Libano meridionale. Le immagini rilanciate dai media locali mostrano appartamenti in fiamme dentro condomini, auto bruciate, denso fumo nero, gente che fugge e si dispera. Testimoni hanno riferito di numerose ambulanze che portavano i feriti in ospedale. Altre esplosioni sono state segnalate dai media sauditi in Iraq, nel quartier generale dell’organizzazione terroristica al Hashd al Shaabi a Mosul, nello stesso momento delle deflagrazioni in Libano. Alla periferia sud di Beirut, esplosioni di dispositivi sono avvenute mentre si svolgevano i funerali di membri di Hezbollah uccisi martedì negli attacchi con i cercapersone. In 1.600 sarebbero ancora ricoverati negli ospedali con ferite anche molto gravi. Cinquecento miliziani hanno perso la vista quando il loro pager è finito in mille pezzi.

E anche l’ambasciatore iraniano a Beirut avrebbe perso un occhio e 19 pasdaran sarebbero rimasti uccisi in Siria. Ma gli ayatollah negano. Alla vigilia del discorso pubblico del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il cugino e presidente del Consiglio esecutivo del gruppo Hashem Safieddine è stato chiaro: “Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa”, ha detto. Nel mentre Israele tace. Nonostante l’esecrazione di mezzo mondo, le istituzioni di Gerusalemme non hanno battuto ciglio sul ‘beeper affair’ per due giorni consecutivi. Teheran ha accusato l’intero Occidente di “ipocrisia” e Israele di “strage”. Mosca ha parlato di “guerra ibrida”, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvisato del “grave rischio di drammatica escalation in Libano”, con il Consiglio di sicurezza che ha fissato una riunione di emergenza per venerdì. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in visita al Cairo per i negoziati su Gaza che continuano sottotraccia, ha escluso che Washington fosse a conoscenza o coinvolta nel cyberattacco.

Ma l’operazione che ha letteralmente lasciato storditi i miliziani sciiti a quanto pare non poteva più essere rimandata. Secondo fonti Usa citate da Axios, ad innescarla sarebbe stato il timore che l’intelligence di Hezbollah stesse per scoprire il creativo raid informatico: “È stato un momento ‘use it or lose it'”, avrebbe comunicato Israele agli Stati Uniti sul timing dell’attacco. Un ex funzionario israeliano ha spiegato che i servizi avevano pianificato di usare i cercapersone con trappole esplosive come colpo di apertura in guerra per paralizzare i combattenti di Nasrallah. E per ridurre le vittime civili. Ma negli ultimi giorni sembrava che il segreto stesse per trapelare e Benyamin Netanyahu ha dato segnale verde. In serata dallo Stato ebraico si è alzata la voce del ministro della Difesa Yoav Gallant: “Il centro di gravità si sta spostando verso nord attraverso il trasferimento di risorse e forze. Siamo all’inizio di una nuova fase del conflitto”, ha detto alle truppe. Confermando le indiscrezioni del mattino secondo cui un’intera divisione ha lasciato il sud di Gaza per raggiungere il confine con il Libano. A rafforzare il timore di un’escalation a breve il fatto che il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha approvato i piani di attacco e difesa per la regione settentrionale: “Israele è pronto a utilizzare capacità militari non ancora impiegate. Hezbollah dovrà pagare un prezzo elevato se continuerà il conflitto”, ha avvertito.

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Libano, ora scoppiano i walkie-talkie tra le mani degli Hezbollah: almeno 3 morti

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Secondo l’agenzia di stampa statale libanese, almeno tre persone sono rimaste uccise in alcune esplosioni avvenute nella zona della Bekaa, mentre fonti della sicurezza hanno riferito alla Reuters che centinaia di persone sono rimaste ferite in una serie di nuove esplosioni in tutto il Libano. Le radio portatili utilizzate dal gruppo terroristico Hezbollah sono esplose nel tardo pomeriggio nel sud del Paese e nella periferia meridionale della capitale Beirut, hanno riferito una fonte della sicurezza e un testimone.

Almeno una delle esplosioni e’ avvenuta nei pressi di un funerale organizzato da Hezbollah, sostenuto dall’Iran, per le vittime del giorno prima, quando migliaia di cercapersone utilizzati dal gruppo sono esplosi in tutto il Paese. “Diversi walkie-talkie sono esplosi nella periferia sud di Beirut”, afferma la fonte, mentre i soccorritori affiliati a Hezbollah confermano che i dispositivi sono esplosi all’interno di due auto nella zona.

Tre persone sono state uccise nell’esplosione di “apparecchiature di trasmissione” a Sohmor, nel Libano orientale, ha riferito l’agenzia di stampa nazionale (ufficiale). Il ministero della Sanita’ ha riferito che “piu’ di cento persone sono rimaste ferite in una nuova ondata di esplosioni di walkie-talkie”.

I walkie-talkie sono esplosi contemporaneamente nella periferia meridionale di Beirut, proprio mentre si svolgevano i funerali di quattro membri di Hezbollah uccisi ieri in esplosioni di cercapersone, secondo una fonte vicina al movimento islamista libanese e ai soccorritori. Le esplosioni hanno scatenato il panico. Altre esplosioni sono state segnalate a Saida (sud) e Baalbeck (est), dove 15 persone sono rimaste ferite, ha riferito una fonte ospedaliera.

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New York Times: Israele dietro all’attacco con i cercapersone

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Israele ha messo l’esplosivo nei cercapersone venduti a Hezbollah. Lo riporta il New York Times, citando alcune fonti americane. L’esplosivo sarebbe stato posizionato vicino alla batteria di ogni dispositivo e attivato tramite un messaggino.

I cercapersone che Hezbollah aveva ordinato alla taiwanese Gold Apollo sarebbero stati manomessi prima di raggiungere il Libano, riporta il quotidiano americano. La maggior parte dei cercapersone era del modello AP924, anche se nella spedizione erano inclusi anche altri tre modelli. I dispositivi erano programmati per emettere un segnale acustico di diversi secondi prima di esplodere. Alla Gold Apollo sono stati ordinati più di 3.000 cercapersone. Non è chiaro né quando sono stati ordinati né quando sono arrivati in Libano.

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