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Svolta Usa per il Venezuela: grazia a Maduro se lascia

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Potrebbe arrivare dagli Stati Uniti la soluzione per risolvere la grave crisi che attanaglia il Venezuela schiacciato dall’implosione dell’economia, dalla repressione violenta delle proteste seguite al voto e dall’esodo di 8 milioni di rifugiati, più che in Ucraina. Secondo il Wall Street Journal l’amministrazione Biden sarebbe impegnata in colloqui segreti per convincere Nicolas Maduro a lasciare il potere in cambio della grazia su tutti i procedimenti giudiziari americani che lo riguardano. L’operazione rappresenta un barlume di speranza per l’opposizione che da settimane sta cercando di dimostrare la vittoria dell’ex diplomatico Edmundo González Urrutia alle elezioni del 28 luglio che rivendica di aver ottenuto il 70% delle preferenze.

Invece, il leader di Caracas ha incarcerato migliaia di dissidenti e incaricato la Corte Suprema di risolvere l’impasse elettorale in modo da garantirgli più tempo al potere: la repressione delle proteste ha causato almeno 24 morti e oltre 2.000 arresti. Stando a quanto riferito dal Wsj, l’offerta americana al presidente venezuelano sarebbe avvenuta per la prima volta a Doha, in Qatar, e poi i colloqui sarebbero proseguiti in modo virtuale tra il presidente del Congresso e alleato di Maduro, Jorge Rodríguez, e Daniel Erikson, direttore delle politiche per il Venezuela presso il Consiglio di Sicurezza Nazionale americano. Anche i tre Paesi più popolosi dell’America Latina – Brasile, Messico e Colombia – sono stati coinvolti nel tentativo di risolvere lo stallo. Washington vuole che questi Paesi – governati da leader di sinistra solidali con Maduro – assumano una posizione più dura e aumentino la pressione sul leader. Gli americani “hanno messo tutto sul tavolo per arrivare a un accordo”, hanno sottolineato le fonti.

Il presidente venezuelano si è detto disponibile al dialogo a patto che Washington “gli mostri rispetto”. “Non impicciatevi degli affari del Venezuela, è tutto quello che chiedo”, ha avvertito in una conferenza stampa venerdì. Per l’amministrazione Biden si tratta anche di una corsa contro il tempo prima dell’insediamento del nuovo presidente a gennaio: una vittoria di Donald Trump potrebbe mettere la parola fine ai colloqui se l’ex presidente dovesse riprendere le sue politiche aggressive nei confronti di Maduro iniziate nel 2019, quando la sua amministrazione sostenne un governo ombra per rovesciare il regime. E’ vero anche che il leader di Caracas resta diffidente nei confronti di Washington a prescindere da chi sia l’inquilino della Casa Bianca e nonostante Biden abbia revocato la maggior parte delle sanzioni economiche nella speranza di favorire elezioni libere ed eque di luglio. Quanto alle incriminazioni del dipartimento di Giustizia americano contro Maduro, gli Stati Uniti sarebbero disponibili non solo a concedere la grazie ma anche a non chiedere l’estradizione di altre figure del regime accusate, tra l’altro, di un maxi traffico di cocaina negli Usa. Nel 2020 l’amministrazione americana ha perfino annunciato una ricompensa da 15 milioni di dollari per informazioni che potessero portare all’arresto del leader.

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Esteri

Medjugorje, il Vaticano oggi fornirà una valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria

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Il Vaticano sta per fornire la sua attesa valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria nel villaggio di Medjugorje, situato nel sud della Bosnia. Dopo quasi 15 anni di studi, giovedì il cardinale Víctor Manuel Fernández, a capo dell’ufficio dottrinale del Vaticano, terrà una conferenza stampa sull’argomento, che il Vaticano ha definito “l’esperienza spirituale di Medjugorje”.

Dal 1981, sei bambini e adolescenti affermano di aver avuto visioni della Madonna, visioni che, secondo alcuni di loro, continuano regolarmente. Questo ha reso Medjugorje una meta di pellegrinaggio per milioni di credenti cristiani. Tuttavia, le apparizioni non sono mai state riconosciute ufficialmente dal Vaticano, che ha più volte espresso dubbi sulla loro autenticità.

Papa Francesco ha dichiarato che, pur avendo dubbi sulle visioni attuali, non si può negare l’impatto spirituale di Medjugorje sui pellegrini. Nonostante ciò, il Vaticano ha chiarito che non dichiarerà l’autenticità delle visioni, ma fornirà un orientamento dottrinale che permetta ai fedeli di esprimere la loro devozione senza contraddire la fede.

L’annuncio del Vaticano avrà un impatto significativo su Medjugorje, un luogo che dipende fortemente dal turismo religioso, con il 2024 previsto come un anno record di visite.

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Hezbollah sotto attacco, un colpo strategico senza precedenti del Mossad e delle Israel Defense Forces

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Le esplosioni che hanno recentemente colpito Hezbollah tra Libano e Siria hanno inflitto un durissimo colpo al “Partito di Dio”. Migliaia di feriti, una milizia disorientata e la catena di comando vulnerabile: questo è il quadro che emerge dalle operazioni orchestrate dall’intelligence israeliana, che ha ottenuto un risultato devastante senza ricorrere a un singolo attacco convenzionale. In pochi minuti, il Mossad e i servizi delle Israel Defense Forces (IDF) hanno messo in ginocchio la milizia guidata da Hassan Nasrallah, un risultato che in una guerra tradizionale sarebbe stato possibile solo dopo una lunga e costosa serie di attacchi.

Gli esperti sottolineano come questo attacco abbia reso temporaneamente inabili al combattimento migliaia di miliziani di Hezbollah, con ospedali e basi libanesi sovraffollati di feriti. Le esplosioni non hanno causato un elevato numero di morti, ma i danni fisici riportati dai membri della milizia sono stati gravi: ferite profonde, amputazioni, perdita della vista e dell’udito. Molti di questi combattenti non torneranno operativi prima di alcune settimane o mesi, mentre altri non saranno più in grado di combattere.

Un attacco non letale ma devastante

Le esplosioni, pur non essendo mortali, hanno causato danni significativi alle capacità operative di Hezbollah. Le testimonianze riportano ferite devastanti: mani esplose dopo aver afferrato i cercapersone, mutilazioni, e gravi traumi fisici che segneranno questi miliziani per tutta la vita. Questo non solo riduce il numero di combattenti pronti all’azione, ma li rende facilmente identificabili per le forze di intelligence israeliane, aumentando il rischio per Hezbollah.

La crisi della leadership e l’incubo logistico

Per Nasrallah, questo attacco rappresenta un vero incubo. La difficoltà nel rimpiazzare rapidamente i feriti, mantenendo un livello operativo efficiente, è una delle principali preoccupazioni. A differenza di altre organizzazioni, Hezbollah non può semplicemente reclutare chiunque: ha bisogno di combattenti addestrati, molti dei quali hanno già partecipato alle operazioni in Siria o hanno lanciato missili contro Israele. Inoltre, la base di reclutamento è limitata alla comunità sciita, in particolare ai fedeli di Nasrallah, escludendo il movimento Amal, complicando ulteriormente il processo di rimpiazzo.

Un colpo alla comunicazione: l’offensiva digitale

Uno degli effetti più gravi di questo attacco è la paralisi delle comunicazioni all’interno del movimento. Hezbollah, nel tentativo di evitare cyberattacchi, aveva recentemente abbandonato l’uso dei cellulari in favore dei cercapersone (pager), considerati più sicuri. Tuttavia, questo sistema si è rivelato vulnerabile, e ora l’organizzazione si trova in difficoltà. Senza cercapersone, dovrà tornare a utilizzare vecchi sistemi di comunicazione, come linee telefoniche obsolete, che sono facilmente intercettabili da Israele e da altri avversari.

La sfida per Hezbollah è dunque doppia: da un lato, gestire una crisi umanitaria e militare senza precedenti; dall’altro, trovare nuovi metodi di comunicazione sicuri e immediati. Questo scenario di paralisi inquieta i vertici del movimento, soprattutto in vista di un possibile attacco terrestre da parte di Israele.

Questo attacco non convenzionale ha dimostrato la potenza strategica dell’intelligence israeliana, capace di infliggere un duro colpo a Hezbollah senza entrare direttamente in conflitto armato. Il “Partito di Dio” si trova ora in una posizione estremamente vulnerabile, e la capacità di reagire sarà cruciale per il suo futuro.

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Venezuela, El Pais: saccheggiati 4 miliardi di petrolio

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La compagnia pubblica Petroleos del Venezuela S.A. (PDVSA) sarebbe al centro di uno dei maggiori scandali di corruzione nel Paese. Secondo un’inchiesta pubblicata dal quotidiano spagnolo El País, un gruppo di ex gerarchi chavisti e imprenditori ha saccheggiato circa 4,2 miliardi di dollari (oltre 3,7 miliardi di euro) alla compagnia. Questo colossale furto non ha solo colpito le finanze dell’azienda, ma ha anche avuto un impatto devastante sull’economia venezuelana, sostiene il quotidiano.

Lo schema di corruzione è stato operativo tra il 2007 e il 2012, durante i governi dell’ex presidente Hugo Chávez. I coinvolti, tra cui alti funzionari di PDVSA e imprenditori legati al regime, hanno utilizzato una complessa rete di tangenti e commissioni illegali per dirottare fondi. Aziende, principalmente cinesi, pagavano commissioni fino a un 10% per aggiudicarsi contratti milionari con la compagnia statale Uno dei personaggi chiave in questo intrigo è Diego Salazar, cugino dell’ex ministro di Energia ed ex presidente di PVDSA, Rafael Ramírez. La rete di corruzione non includeva solo funzionari e impresari: tra di loro c’erano regine di bellezza, ambasciatori, attrici e avvocati.

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