“Sopra, la vita. Sotto, la morte”. Le campane dell’ex miniera del Bois du Cazier scandiscono 262 rintocchi e il ricordo di una tragedia che, l’8 agosto 1956, inghiottì nel buio la vita di altrettanti minatori, per oltre la metà italiani. Sessantotto anni più tardi non è più tempo di spiegare e raccontare una delle più gravi stragi minerarie della storia mondiale. Lo squarcio nel cuore dell’Europa e dell’Italia lasciato dagli emigrati caduti come soldati nella cupa epoca del carbone diventa invece “un monito ineludibile a promuovere la dignità del lavoro”. Un principio fondamentale che, ha avvertito il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “non è stato ancora pienamente raggiunto”. E nel nome del quale il vicepremier Antonio Tajani, sostenendo un’idea lanciata da Renato Brunetta, ha auspicato che la ricorrenza diventi “giornata europea della memoria”.
E’ necessario “lavorare per porre fine alla piaga degli incidenti sul lavoro”, ha rimarcato il ministro degli Esteri. Italiani e belgi, raccolti gli uni a fianco agli altri nello spazio antistante l’ingresso della miniera sovrastato dai due castelli di estrazione come i padri e i nonni morti 68 anni fa, hanno ascoltato in silenzio la benedizione della campana ‘Maria Mater Orphanarum’. I rintocchi accompagnati dalla lettura dei nomi e dei cognomi delle vittime – delle quali 136 connazionali – raccontano la storia “indelebile”, nelle parole della premier Giorgia Meloni, di “italiani che avevano deciso, con sofferenza e dolore, di abbandonare la loro terra per sostenere, con dignità e spirito di servizio, la nazione che li aveva accolti”.
Una pagina, ha evidenziato Tajani, in grado di indicare però anche il nuovo inizio fissato – soltanto un anno più tardi – nei Trattati di Roma, atto di nascita del processo di integrazione Ue. Un richiamo “alla memoria del sacrificio di tutti lavoratori italiani deceduti all’estero”, nel monito del capo dello Stato, che è tornato a ricordare come “fin dal suo primo articolo la Costituzione della Repubblica stabilisce un vincolo ideale inscindibile tra democrazia e lavoro” ancora da soddisfare. Come accade ogni anno il ricordo della strage della miniera belga raccoglie l’intero spettro della politica italiana, da Fdi al Pd fino al M5S.
“Il governo vuole fare di più e meglio con l’assunzione di 1600 nuovi ispettori del lavoro e con una cultura per la sicurezza dei posti di lavoro” da portare anche “nelle scuole”, ha spiegato la sottosegretaria agli Esteri Maria Tripodi, che ha rappresentato l’esecutivo alla cerimonia. Con lei l’ambasciatore italiano in Belgio Federica Favi e il vicepresidente del gruppo Pd alla Camera, Toni Ricciardi. Dalle viscere del Bois du Cazier, a pochi chilometri da Charleroi, ricordare e tramandare la tragedia inserendola nei libri di scuola è il compito che il sindaco di Manoppello, Giorgio De Luca, ha affidato alla memoria dei 23 minatori originari della cittadina di poco meno di 7mila anime in provincia di Pescara che quell’otto agosto persero la vita. Un intero ramo familiare, dal cognome Iezzi, venne cancellato dall’incendio scoppiato per un errore umano nella miniera di carbone. Ogni anno a ricordare quei momenti, con un sorriso malinconico eppure mai stanco, c’è anche l’ultimo italiano sopravvissuto alla sciagura e ancora in vita, Urbano Ciacci. Il minatore proveniente da Fano, quel giorno, non era lì.”Ero tornato in Italia per sposarmi”, ha ricordato, sottolineando come l’istituzione del museo del Bois du Cazier – oggi sito Unesco della Vallonia – sia stata tutt’altro che scontata.
“Volevano radere tutto al suolo e fare un ipermercato, io fui uno dei promotori dell’associazione degli ex minatori di Marcinelle e riuscimmo a fermarli”, ha sospirato l’ultranovantenne. Tra quegli ex minatori c’era anche il belga Marcel Oplier, che nella tragedia perse un compagno di scuola. “Quando abbiamo saputo del disastro, è stata una notizia sconvolgente”, ha raccontato evocando poi Germinal, il romanzo del celebre scrittore francese Émile Zola simbolo della classe operaia durante la seconda rivoluzione industriale. “Questi uomini – osserva – hanno dato la loro vita per le stesse ragioni e i rintocchi di campana ogni anno servono a rendere loro onore”.