Sono momenti difficili per Paola Pellinghelli, madre di Tommaso Onofri, il bambino rapito e ucciso il 2 marzo 2006 a Casalbaroncolo, in provincia di Parma. La notizia della semilibertà concessa a Salvatore Raimondi, uno dei sequestratori e autori del delitto di Tommy, ha riaperto ferite mai rimarginate.
«Come vuole commentare una notizia del genere? È incommentabile», sono le prime parole di Paola quando le chiediamo una dichiarazione sulla semilibertà, concessa a Raimondi. La sua voce, a tratti commossa, riflette l’infinito dolore e la frustrazione per una decisione che sembra negare la giustizia tanto attesa. «Ogni volta che si parla di permessi premio o, come succede adesso, di semilibertà, mi sembra di rivivere il 2 marzo 2006. È una storia che si ripete, come se fosse sempre quel giorno, con lo stesso dolore per me e per la mia famiglia», spiega Paola.
Quel tragico giorno, due uomini incappucciati, Raimondi e Mario Alessi, entrarono in casa Onofri, legarono Paola, il marito Paolo e il figlio maggiore Sebastiano, e portarono via Tommaso dal seggiolone. Poco dopo, Alessi uccise il bambino e occultò il corpo sulle rive del fiume Enza. Sono passati diciotto anni, ma il dolore per Paola e la sua famiglia è ancora vivo come allora.
Alla notizia della semilibertà di Raimondi, Paola ha reagito con una comprensibile indignazione. «Sapevo che prima o poi sarebbe successo. Me lo avevano detto, gli avvocati e gli esperti di legge, già dal giorno dopo il ritrovamento di Tommaso: permessi premio, semilibertà, buona condotta; in qualche modo avevano cercato di prepararmi, ma non si è mai pronti a certe notizie. Ho sperato che non accadesse. Cosa posso dire? Sicuramente che non è giusto, questa non è giustizia».
Raimondi, condannato nel 2008, si è sposato in carcere e tra circa un anno potrà uscire definitivamente. «Lui si rifarà una vita, a Tommaso questa possibilità non è stata data. Per me e per i miei familiari tutto questo è assurdo: ogni volta che si parla di questa vicenda è come tornare indietro a quel 2 marzo 2006, rivivere tutto. È sempre un dolore che si rinnova; nella quotidianità andiamo avanti, cerchiamo di vivere ognuno la nostra vita, abbiamo rimesso insieme i pezzi, ma ogni volta tutto si rompe e torniamo indietro a diciotto anni fa. E ricominciamo da capo. È così oggi e lo sarà sempre».
«L’unico vero ergastolo lo abbiamo preso io e la mia famiglia, ciò che rimane della mia famiglia. Per me non esistono permessi speciali, non esiste semilibertà. Nessuno mi può ridare Tommaso: oggi avrebbe vent’anni, mi è stata tolta la possibilità di vederlo crescere. Come posso perdonare chi mi ha fatto questo?», continua Paola, esprimendo un dolore che non troverà mai sollievo.
Nonostante tutto, Paola trova un minimo conforto nel sostegno dell’opinione pubblica. «Anche in queste ore ho ricevuto messaggi di solidarietà, sia da persone che conosco sia da persone estranee, tramite i social. Devo dire che, in occasioni come queste o negli anniversari, mi arrivano sempre tante manifestazioni di affetto: le persone non si sono dimenticate di Tommaso. I messaggi delle persone mi fanno piacere, ma sono solo una piccola consolazione. Quello che ho perso è molto più grande».
Parlando della vicenda giudiziaria legata al delitto del figlio, Paola afferma: «Più che di giustizia, parlerei di ingiustizia. È una situazione che non si riesce nemmeno a commentare. Prima i permessi ad Antonella Conserva, ora la semilibertà a Raimondi. Eppure so che non è finita qui. L’ingiustizia farà ancora il suo corso, ci saranno altre amare sorprese».
La vicenda di Tommaso Onofri continua a segnare profondamente la sua famiglia e l’intera comunità italiana. Le decisioni giudiziarie, come la semilibertà concessa a uno dei responsabili, riaprono ferite mai chiuse e sollevano domande sulla giustizia e il suo significato per le vittime. Paola Pellinghelli e la sua famiglia restano un simbolo di dolore e resilienza, mentre il ricordo di Tommaso vive nel cuore di chi non lo ha dimenticato.