Collegati con noi

Esteri

Trump-Harris, lite sul duello tv. Kamala sceglie il vice

Pubblicato

del

Nuovo scontro tra Donald Trump e Kamala Harris, stavolta sul faccia a faccia tra i due in tv. Il tycoon ha annunciato l’accordo per un dibattitto con la candidata democratica su Fox il 4 settembre. Ma la campagna della vicepresidente lo ha smentito, intimando a Trump di “smetterla di giocare” e di presentarsi “al dibattito per il quale si è già impegnato il 10 settembre” su Abc. Due versioni contrastanti dalle quali non è possibile capire se, alla fine, il duello televisivo fra i due si farà. L’ex presidente da settimane cambia ripetutamente idea. Il 21 luglio Trump si era detto disponibile a mantenere il confronto del 10 settembre – concordato in precedenza con Joe Biden – ma spostandolo dalla “fake” Abc a Fox News, la rete conservatrice che gli è più amica.

Nei giorni successivi aveva ribadito di essere “assolutamente” pronto a dibattere con il probabile candidato democratico, aggiungendo però di non aver concordato nulla, se non il duello con Biden. Poi alla fine di luglio era arrivata l’ultima correzione di tiro, con la sua campagna che aveva precisato che non ci sarebbe stato alcun dibattito finché i democratici non avessero nominato formalmente il candidato. Vista la contrarierà di Trump a Abc, Fox aveva deciso di cogliere al volo l’occasione e invitare Trump e Harris ad un confronto il 17 settembre. Annunci e retromarce che hanno consentito alla vicepresidente di stuzzicare e provocare il suo rivale, chiedendogli in più occasioni online dove fosse finito il “quando vuoi, dove vuoi” che il tycoon aveva usato più volte per sfidare Biden a un confronto.

“Donald Trump è spaventato e sta cercando di evitare il dibattito a cui ha detto sì cercando rifugio in Fox”, ha attaccato la campagna di Harris replicando alla proposta di un duello il 4 settembre e precisando che, a prescindere dalla sua presenza, Harris su Abc il 10 settembre ci sarà. Il network ha infatti lasciato a disposizione lo spazio e la vicepresidente potrebbe usarlo per parlare direttamente agli americani. Harris è consapevole del poco tempo a disposizione per farsi conoscere e far apprezzare le sue politiche agli americani, ed è intenzionata a usare ogni occasione, calcolando anche i suoi impegni dietro le quinte, da quelli da vicepresidente a quelli per la creazione della sua squadra.

Nel fine settimana Harris è infatti impegnata a incontrare i suoi papabili numeri due. In corsa sono in sei – il governatore del Minnesota Tim Walz, il senatore dell’Arizona Mark Kelly, il governatore del Kentucky Andy Beshear, il segretario a Trasporti Pete Buttigieg, il governatore dell’Illinois J.B. Pritzker e il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro – e la vicepresidente è chiamata a scegliere entro lunedì visto che il giorno successivo è in programma il loro primo comizio insieme.

Shapiro è al momento il favorito e la sua nomina renderebbe ancora più storico il ticket presidenziale, con la prima donna afroamericana e di origine indiana candidata e il primo vicepresidente ebreo. Shapiro potrebbe favorire la chance di vittoria di Harris in Pennsylvania, Stato chiave nella corsa alla Casa Bianca con i suoi 19 voti elettorali che possono decidere la presidenza. Pur se criticato dai progressisti, che temono possa minare le chance di vittoria della vicepresidente alienando il voto di musulmani e gruppi pro-palestinesi, Shapiro consentirebbe a Harris di stemperare la sua immagine troppo liberal e attirare così i moderati e gli indipendenti.

Senza contare che il governatore della Pennsylvania è popolare anche fra i repubblicani, e questo potrebbe essere un altro punto a suo favore. In attesa che Harris annunci la sua decisione, un video postato dal sindaco di Philadelphia ha rafforzato le voci sulla scelta di Shapiro. Mentre la vicepresidente lavora lontano dai riflettori, Trump e il suo vice J.D. Vance volano in Georgia dove il tycoon promette di sferrare il suo primo vero attacco a Harris, alla quale finora non ha comunque risparmiato critiche arrivando a mettere in dubbio anche la sua identità razziale: “Era indiana, poi è diventata nera”.

Advertisement

Esteri

Medjugorje, il Vaticano oggi fornirà una valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria

Pubblicato

del

Il Vaticano sta per fornire la sua attesa valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria nel villaggio di Medjugorje, situato nel sud della Bosnia. Dopo quasi 15 anni di studi, giovedì il cardinale Víctor Manuel Fernández, a capo dell’ufficio dottrinale del Vaticano, terrà una conferenza stampa sull’argomento, che il Vaticano ha definito “l’esperienza spirituale di Medjugorje”.

Dal 1981, sei bambini e adolescenti affermano di aver avuto visioni della Madonna, visioni che, secondo alcuni di loro, continuano regolarmente. Questo ha reso Medjugorje una meta di pellegrinaggio per milioni di credenti cristiani. Tuttavia, le apparizioni non sono mai state riconosciute ufficialmente dal Vaticano, che ha più volte espresso dubbi sulla loro autenticità.

Papa Francesco ha dichiarato che, pur avendo dubbi sulle visioni attuali, non si può negare l’impatto spirituale di Medjugorje sui pellegrini. Nonostante ciò, il Vaticano ha chiarito che non dichiarerà l’autenticità delle visioni, ma fornirà un orientamento dottrinale che permetta ai fedeli di esprimere la loro devozione senza contraddire la fede.

L’annuncio del Vaticano avrà un impatto significativo su Medjugorje, un luogo che dipende fortemente dal turismo religioso, con il 2024 previsto come un anno record di visite.

Continua a leggere

Esteri

Hezbollah sotto attacco, un colpo strategico senza precedenti del Mossad e delle Israel Defense Forces

Pubblicato

del

Le esplosioni che hanno recentemente colpito Hezbollah tra Libano e Siria hanno inflitto un durissimo colpo al “Partito di Dio”. Migliaia di feriti, una milizia disorientata e la catena di comando vulnerabile: questo è il quadro che emerge dalle operazioni orchestrate dall’intelligence israeliana, che ha ottenuto un risultato devastante senza ricorrere a un singolo attacco convenzionale. In pochi minuti, il Mossad e i servizi delle Israel Defense Forces (IDF) hanno messo in ginocchio la milizia guidata da Hassan Nasrallah, un risultato che in una guerra tradizionale sarebbe stato possibile solo dopo una lunga e costosa serie di attacchi.

Gli esperti sottolineano come questo attacco abbia reso temporaneamente inabili al combattimento migliaia di miliziani di Hezbollah, con ospedali e basi libanesi sovraffollati di feriti. Le esplosioni non hanno causato un elevato numero di morti, ma i danni fisici riportati dai membri della milizia sono stati gravi: ferite profonde, amputazioni, perdita della vista e dell’udito. Molti di questi combattenti non torneranno operativi prima di alcune settimane o mesi, mentre altri non saranno più in grado di combattere.

Un attacco non letale ma devastante

Le esplosioni, pur non essendo mortali, hanno causato danni significativi alle capacità operative di Hezbollah. Le testimonianze riportano ferite devastanti: mani esplose dopo aver afferrato i cercapersone, mutilazioni, e gravi traumi fisici che segneranno questi miliziani per tutta la vita. Questo non solo riduce il numero di combattenti pronti all’azione, ma li rende facilmente identificabili per le forze di intelligence israeliane, aumentando il rischio per Hezbollah.

La crisi della leadership e l’incubo logistico

Per Nasrallah, questo attacco rappresenta un vero incubo. La difficoltà nel rimpiazzare rapidamente i feriti, mantenendo un livello operativo efficiente, è una delle principali preoccupazioni. A differenza di altre organizzazioni, Hezbollah non può semplicemente reclutare chiunque: ha bisogno di combattenti addestrati, molti dei quali hanno già partecipato alle operazioni in Siria o hanno lanciato missili contro Israele. Inoltre, la base di reclutamento è limitata alla comunità sciita, in particolare ai fedeli di Nasrallah, escludendo il movimento Amal, complicando ulteriormente il processo di rimpiazzo.

Un colpo alla comunicazione: l’offensiva digitale

Uno degli effetti più gravi di questo attacco è la paralisi delle comunicazioni all’interno del movimento. Hezbollah, nel tentativo di evitare cyberattacchi, aveva recentemente abbandonato l’uso dei cellulari in favore dei cercapersone (pager), considerati più sicuri. Tuttavia, questo sistema si è rivelato vulnerabile, e ora l’organizzazione si trova in difficoltà. Senza cercapersone, dovrà tornare a utilizzare vecchi sistemi di comunicazione, come linee telefoniche obsolete, che sono facilmente intercettabili da Israele e da altri avversari.

La sfida per Hezbollah è dunque doppia: da un lato, gestire una crisi umanitaria e militare senza precedenti; dall’altro, trovare nuovi metodi di comunicazione sicuri e immediati. Questo scenario di paralisi inquieta i vertici del movimento, soprattutto in vista di un possibile attacco terrestre da parte di Israele.

Questo attacco non convenzionale ha dimostrato la potenza strategica dell’intelligence israeliana, capace di infliggere un duro colpo a Hezbollah senza entrare direttamente in conflitto armato. Il “Partito di Dio” si trova ora in una posizione estremamente vulnerabile, e la capacità di reagire sarà cruciale per il suo futuro.

Continua a leggere

Esteri

Venezuela, El Pais: saccheggiati 4 miliardi di petrolio

Pubblicato

del

La compagnia pubblica Petroleos del Venezuela S.A. (PDVSA) sarebbe al centro di uno dei maggiori scandali di corruzione nel Paese. Secondo un’inchiesta pubblicata dal quotidiano spagnolo El País, un gruppo di ex gerarchi chavisti e imprenditori ha saccheggiato circa 4,2 miliardi di dollari (oltre 3,7 miliardi di euro) alla compagnia. Questo colossale furto non ha solo colpito le finanze dell’azienda, ma ha anche avuto un impatto devastante sull’economia venezuelana, sostiene il quotidiano.

Lo schema di corruzione è stato operativo tra il 2007 e il 2012, durante i governi dell’ex presidente Hugo Chávez. I coinvolti, tra cui alti funzionari di PDVSA e imprenditori legati al regime, hanno utilizzato una complessa rete di tangenti e commissioni illegali per dirottare fondi. Aziende, principalmente cinesi, pagavano commissioni fino a un 10% per aggiudicarsi contratti milionari con la compagnia statale Uno dei personaggi chiave in questo intrigo è Diego Salazar, cugino dell’ex ministro di Energia ed ex presidente di PVDSA, Rafael Ramírez. La rete di corruzione non includeva solo funzionari e impresari: tra di loro c’erano regine di bellezza, ambasciatori, attrici e avvocati.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto