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Biden si ritira e appoggia Harris, ‘battiamo Trump’

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Joe Biden getta la spugna e si ritira dalla corsa alla Casa Bianca, appoggiando la vicepresidente Kamala Harris come sua sostituta per “battere Donald Trump”. Dopo settimane di passione e di pressing da parte del partito, il leader americano ha annunciato in una lettera postata a sorpresa su X il suo passo indietro, dopo aver assicurato fino a qualche ora prima che non avrebbe mollato.

“E’ stato il più grande onore della mia vita servire come presidente. E anche se era mia intenzione cercare la rielezione, credo che sia nel miglior interesse del mio partito e del Paese ritirami e concentrarmi solamente sui compiti da presidente per il resto del mandato”, ha scritto Biden nella missiva indirizzata agli americani, ai quali parlerà la prossima settimana per spiegare le motivazioni del suo ritiro. Il pressing sul presidente è iniziato dopo la sua disastrosa performance al dibattito tv con Donald Trump del 27 giugno. Da allora è stato un crescendo di richieste. Dall’ex speaker della Camera Nancy Pelosi all’ex presidente Barack Obama, passando per i leader del Congresso Chuck Schumer e Hakeem Jeffries. Una pressione divenuta insostenibile con il passare dei giorni.

Il Covid che lo ha poi costretto all’isolamento negli ultimi giorni, strappandolo alla campagna elettorale, è stato il colpo definitivo, mostrando un presidente fragile e debole e rafforzando l’idea che le sue chance di vincere in novembre fossero ormai ridotte al lumicino. Durante l’isolamento a Rehoboth Beach, nella sua casa al mare del Delaware, Biden ha riflettuto nella sua solitudine.

E solo questa mattina ha comunicato al suo staff la sofferta decisione di ritirarsi: fino a sabato infatti il presidente aveva pubblicamente annunciato di essere determinato a continuare a correre, o quantomeno ad attendere la visita a Washington del premier israeliano Benyamin Netanyahu. I due leader dovrebbero incontrarsi martedì alla Casa Bianca, mentre mercoledì Netanyahu è atteso intervenire in Congresso. Schumer ha lodato il passo indietro del presidente, definendolo un “grande patriota”. L’ex capo dello staff di Biden Ron Klain invece ha puntato il dito contro i “donatori che hanno spinto fuori dalla corsa l’unico candidato che ha mai battuto Trump”.

Mentre l’ex presidente e ormai anche ex rivale verso novembre non ha perso un minuto per attaccare Biden e l’establishment che l’ha avuta vinta e lo ha spinto a lasciare. “Il disonesto Joe Biden non era idoneo a candidarsi alla presidenza, e certamente non è idoneo a servire – e non lo è mai stato! Ha raggiunto la posizione di presidente solo grazie a bugie, notizie false e senza lasciare il suo seminterrato. Tutti coloro che lo circondavano, compreso il suo medico e i media, sapevano che non era in grado di essere presidente, e non lo era”, ha tuonato Trump sul suo social Truth. Lo speaker repubblicano della Camera, Mike Johnson, ha chiesto invece a gran voce le dimissioni immediate di Biden dalla presidenza perché “se non è in grado di correre, allora non è in grado neanche di servire da presidente”.

I riflettori ora sono tutti puntati su Harris, la vicepresidente mai tanto amata dal suo partito e dagli elettori e che ora è la candidata in pole, se le varie anime del partito democratico non le faranno la guerra. Uno dei primi e maggiori nodi da sciogliere è chi sarà il suo vice. Alcuni donatori dem hanno già iniziato a finanziare un processo di valutazione dei possibili numeri due. Nella lista dei papabili ci sarebbero i governatori della Pennsylvania Josh Shapiro e del Kentucky Andy Beshear. L’interesse però è anche sui governatori della North Carolina Roy Cooper e del Michigan Gretchen Whitmer, ma anche sul senatore dell’Arizona Mark Kelly. Molti fra i democratici sognano un ticket tutto al femminile con Harris e Whitmer, altri invece temono che sia troppo rischioso perché l’America non potrebbe essere pronta a un presidente e un vicepresidente donna. Da stasera per l’America inizia un’altra campagna elettorale

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Breton: von der Leyen non mi voleva, gestione dubbia

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Il francese Thierry Breton accusa Ursula von der Leyen di aver chiesto a Parigi di sostituire il suo nome nel quadro dei negoziati per la formazione della nuova Commissione Ue. Sviluppi che “testimoniano ulteriormente una governance dubbia” e che lo hanno portato alle dimissioni. “Lei ha chiesto alla Francia di ritirare il mio nome – per ragioni personali che in nessun caso lei ha discusso con me direttamente – e ha offerto alla Francia, come scambio politico, un portafoglio che sarebbe più influente. Le sarà ora proposto un altro candidato”, si legge nella lettera di dimissioni di Breton indirizzata a von der Leyen.

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Kiev invita Onu e Croce Rossa nella zona occupata del Kursk

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Il nuovo ministro degli Esteri dell’Ucraina, Andriy Sybiha, ha invitato le Nazioni Unite e il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) a visitare la porzione della regione russa di Kursk che le truppe di Kiev occupano. “L’Ucraina è pronta a facilitarne il lavoro ed a provare che rispetta il diritto umanitario internazionale” in quel territorio russo, ha scritto Sybiha su X.

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Comore, il presidente Assoumani accoltellato: è fuori pericolo

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Il presidente delle Comore, Azali Assoumani, è “fuori pericolo” dopo essere stato ferito venerdì in un attacco con coltello da parte di un poliziotto di 24 anni che è stato trovato morto nella sua cella il giorno dopo. Lo rendono noto le autorità dello Stato africano insulare, citate dai media internazionali. L’attentato è avvenuto intorno alle 14 ora locale a Salimani Itsandra, subito a nord della capitale Moroni. “Il presidente sta bene. Non ha problemi di salute, è fuori pericolo. Gli sono stati dati alcuni punti di sutura”, ha detto ieri sera il ministro dell’Energia comoriano Aboubacar Said Anli in una conferenza stampa. Azali è stato aggredito mentre partecipava a un funerale. Il movente dell’attacco non è stato ancora determinato.

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