Collegati con noi

Esteri

Meloni a Tripoli, ‘fermiamo i trafficanti di uomini’

Pubblicato

del

La lotta ai trafficanti di esseri umani deve essere il caposaldo della gestione dei flussi migratori. Giorgia Meloni ha creato una coalizione su questo fronte nell’ambito del G7 e punta in questo senso a una più stretta collaborazione anche con i Paesi del Nord Africa. Inclusa la Libia, dove la premier assieme al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha partecipato al Trans-Mediterranean Migration Forum, puntando sull’assunto che “i migranti illegali sono nemici di quelli legali: negli ultimi anni in Italia non abbiamo potuto consentire di venire a molti migranti legali perché ne avevamo troppi irregolari”. Intanto è scontro tra la premier la ong Sea-Watch International, che sui social ha attaccato Meloni e Piantedosi per aver accolto l’invito in Libia di Dabaiba: “Di qualunque cosa parlino, probabilmente mira ad aumentare il numero di uccisioni nel Mediterraneo. Auguriamo loro tutto il peggio”.

Meloni ribatte dura: “La ONG Sea Watch, che non ha nulla da dire sugli scafisti che si sono arricchiti uccidendo migliaia di persone, augura a noi ‘tutto il male possibile dal profondo del cuore’ perché andiamo in Libia a confrontarci su come fermare l’immigrazione illegale creando sviluppo. Un cuore bizzarro, c’è da dire. In ogni caso, il Governo italiano continuerà a lavorare per fermare la tratta di persone, l’immigrazione clandestina e le morti in mare. Che a loro piaccia o meno”. Toni e termini “vergognosi”, rincara Tommaso Foti (FdI), definendo il post “incitamento all’odio”.

Il governo di unità nazionale di Tripoli, guidato dal primo ministro Abdul Hamid Mohammed Dabaiba, fra i tanti problemi di un Paese spaccato in due e in costante instabilità, deve gestire la presenza di “2,5 milioni di stranieri, la maggior parte dei quali entrati in Libia irregolarmente”, come ha spiegato in questi giorni il ministro dell’Interno ad interim Emad Trabelsi. E il ruolo delle organizzazioni criminali dietro il fenomeno è descritto dai racconti dei migranti soccorsi dalle navi delle Ong, come quelli messi in salvo a fine giugno dalla Geo Barents, partiti proprio dalle coste libiche dopo essere stati scambiati, venduti e torturati tra milizie locali. Delle ultime ore è un esposto alla Procura di Roma da parte di Mediterranea Saving Humans, contro “la cosiddetta Guardia costiera libica” che, con una delle motovedette donate nel 2018 dall’Italia, il 4 aprile ha aperto il fuoco contro naufraghi e soccorritori durante un intervento della Mare Jonio in acque internazionali.

Piantedosi ha sottolineato che l’obiettivo non è “alleggerire la situazione migratoria dell’Italia o dell’Europa” ma creare le condizioni per una riduzione di carattere regionale dei flussi illegali a beneficio di tutti i Paesi”. Perché “quando i migranti arrivano sulle coste nordafricane per imbarcarsi, abbiamo tutti già compromesso la nostra capacità di prevenzione dei flussi migratori irregolari”. Tra gli ospiti del forum a Tripoli anche il primo ministro di Malta Robert Abela, quello della Tunisia Ahmed Hachani e il commissario Margaritis Schinas Schinas. A loro e agli altri partner del Mediterraneo la premier ha ricordato che bisogna “lavorare insieme”. E ha sottolineato la necessità di intervenire sulle cause originarie delle migrazioni.

Con il Piano Mattei, ha spiegato, l’Italia vuole dare “il buon esempio”, per “un approccio da pari a pari” con i Paesi africani, portando là “investimenti che risolvono problemi per entrambe le parti”. Meloni è volata poi dalla Libia al Regno Unito, per partecipare vicino a Oxford al vertice della Comunità politica europea, dove per la per la prima volta – sottolineano fonti italiane – è stato inserito in agenda il tema migratorio, su spinta di Roma e di Tirana: la premier ed Edi Rama presiederanno assieme una tavola rotonda dedicata. Un asse creato con il protocollo per i centri migranti in Albania, che dovrebbero essere pronti il primo agosto e diventare operativi il 10.

Advertisement
Continua a leggere

Esteri

Nuovi attacchi a Hezbollah, esplodono i walkie talkie: ancora morti e feriti

Pubblicato

del

Caos e rabbia in Libano dove per il secondo giorno consecutivo l’esplosione sincronizzata di dispositivi wireless in dotazione ai miliziani di Hezbollah e anche di pannelli solari ha fatto almeno 14 morti e 500 feriti. Dopo le migliaia di cercapersone scoppiate martedì alla stessa ora in tutto il Paese dei Cedri, a Damasco e nella Siria orientale (in un’operazione che anche il creatore di Fauda Avi Issacharoff ha definito “al di sopra di ogni immaginazione”), nel pomeriggio di oggi un’altra ondata di deflagrazioni ha scosso i cittadini libanesi. La situazione è tale che in serata il premier libanese Najib Mikati ha dichiarato che il suo governo si sta preparando a “possibili scenari” di una grande guerra con Israele. In molte città i residenti si sono riversati per strada protestando nel disorientamento più totale.

Un’auto dell’Unifil è stata assaltata con lanci di pietre a Tiro da un gruppo di civili. Walkie talkie militari e strumenti per rilevare le impronte digitali sono detonati in diverse località del Paese, tra cui il distretto di Dahiya a Beirut, roccaforte del gruppo sciita, e nel Libano meridionale. Le immagini rilanciate dai media locali mostrano appartamenti in fiamme dentro condomini, auto bruciate, denso fumo nero, gente che fugge e si dispera. Testimoni hanno riferito di numerose ambulanze che portavano i feriti in ospedale. Altre esplosioni sono state segnalate dai media sauditi in Iraq, nel quartier generale dell’organizzazione terroristica al Hashd al Shaabi a Mosul, nello stesso momento delle deflagrazioni in Libano. Alla periferia sud di Beirut, esplosioni di dispositivi sono avvenute mentre si svolgevano i funerali di membri di Hezbollah uccisi martedì negli attacchi con i cercapersone. In 1.600 sarebbero ancora ricoverati negli ospedali con ferite anche molto gravi. Cinquecento miliziani hanno perso la vista quando il loro pager è finito in mille pezzi.

E anche l’ambasciatore iraniano a Beirut avrebbe perso un occhio e 19 pasdaran sarebbero rimasti uccisi in Siria. Ma gli ayatollah negano. Alla vigilia del discorso pubblico del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il cugino e presidente del Consiglio esecutivo del gruppo Hashem Safieddine è stato chiaro: “Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa”, ha detto. Nel mentre Israele tace. Nonostante l’esecrazione di mezzo mondo, le istituzioni di Gerusalemme non hanno battuto ciglio sul ‘beeper affair’ per due giorni consecutivi. Teheran ha accusato l’intero Occidente di “ipocrisia” e Israele di “strage”. Mosca ha parlato di “guerra ibrida”, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvisato del “grave rischio di drammatica escalation in Libano”, con il Consiglio di sicurezza che ha fissato una riunione di emergenza per venerdì. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in visita al Cairo per i negoziati su Gaza che continuano sottotraccia, ha escluso che Washington fosse a conoscenza o coinvolta nel cyberattacco.

Ma l’operazione che ha letteralmente lasciato storditi i miliziani sciiti a quanto pare non poteva più essere rimandata. Secondo fonti Usa citate da Axios, ad innescarla sarebbe stato il timore che l’intelligence di Hezbollah stesse per scoprire il creativo raid informatico: “È stato un momento ‘use it or lose it'”, avrebbe comunicato Israele agli Stati Uniti sul timing dell’attacco. Un ex funzionario israeliano ha spiegato che i servizi avevano pianificato di usare i cercapersone con trappole esplosive come colpo di apertura in guerra per paralizzare i combattenti di Nasrallah. E per ridurre le vittime civili. Ma negli ultimi giorni sembrava che il segreto stesse per trapelare e Benyamin Netanyahu ha dato segnale verde. In serata dallo Stato ebraico si è alzata la voce del ministro della Difesa Yoav Gallant: “Il centro di gravità si sta spostando verso nord attraverso il trasferimento di risorse e forze. Siamo all’inizio di una nuova fase del conflitto”, ha detto alle truppe. Confermando le indiscrezioni del mattino secondo cui un’intera divisione ha lasciato il sud di Gaza per raggiungere il confine con il Libano. A rafforzare il timore di un’escalation a breve il fatto che il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha approvato i piani di attacco e difesa per la regione settentrionale: “Israele è pronto a utilizzare capacità militari non ancora impiegate. Hezbollah dovrà pagare un prezzo elevato se continuerà il conflitto”, ha avvertito.

Continua a leggere

Esteri

Libano, ora scoppiano i walkie-talkie tra le mani degli Hezbollah: almeno 3 morti

Pubblicato

del

Secondo l’agenzia di stampa statale libanese, almeno tre persone sono rimaste uccise in alcune esplosioni avvenute nella zona della Bekaa, mentre fonti della sicurezza hanno riferito alla Reuters che centinaia di persone sono rimaste ferite in una serie di nuove esplosioni in tutto il Libano. Le radio portatili utilizzate dal gruppo terroristico Hezbollah sono esplose nel tardo pomeriggio nel sud del Paese e nella periferia meridionale della capitale Beirut, hanno riferito una fonte della sicurezza e un testimone.

Almeno una delle esplosioni e’ avvenuta nei pressi di un funerale organizzato da Hezbollah, sostenuto dall’Iran, per le vittime del giorno prima, quando migliaia di cercapersone utilizzati dal gruppo sono esplosi in tutto il Paese. “Diversi walkie-talkie sono esplosi nella periferia sud di Beirut”, afferma la fonte, mentre i soccorritori affiliati a Hezbollah confermano che i dispositivi sono esplosi all’interno di due auto nella zona.

Tre persone sono state uccise nell’esplosione di “apparecchiature di trasmissione” a Sohmor, nel Libano orientale, ha riferito l’agenzia di stampa nazionale (ufficiale). Il ministero della Sanita’ ha riferito che “piu’ di cento persone sono rimaste ferite in una nuova ondata di esplosioni di walkie-talkie”.

I walkie-talkie sono esplosi contemporaneamente nella periferia meridionale di Beirut, proprio mentre si svolgevano i funerali di quattro membri di Hezbollah uccisi ieri in esplosioni di cercapersone, secondo una fonte vicina al movimento islamista libanese e ai soccorritori. Le esplosioni hanno scatenato il panico. Altre esplosioni sono state segnalate a Saida (sud) e Baalbeck (est), dove 15 persone sono rimaste ferite, ha riferito una fonte ospedaliera.

Continua a leggere

Esteri

New York Times: Israele dietro all’attacco con i cercapersone

Pubblicato

del

Israele ha messo l’esplosivo nei cercapersone venduti a Hezbollah. Lo riporta il New York Times, citando alcune fonti americane. L’esplosivo sarebbe stato posizionato vicino alla batteria di ogni dispositivo e attivato tramite un messaggino.

I cercapersone che Hezbollah aveva ordinato alla taiwanese Gold Apollo sarebbero stati manomessi prima di raggiungere il Libano, riporta il quotidiano americano. La maggior parte dei cercapersone era del modello AP924, anche se nella spedizione erano inclusi anche altri tre modelli. I dispositivi erano programmati per emettere un segnale acustico di diversi secondi prima di esplodere. Alla Gold Apollo sono stati ordinati più di 3.000 cercapersone. Non è chiaro né quando sono stati ordinati né quando sono arrivati in Libano.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto