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Spari a Trump durante un comizio in Pennsylvania, ucciso l’attentatore

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Cinque minuti di terrore che hanno fatto piombare gli Stati Uniti nei momenti più bui della loro storia, dall’assassinio di John Fitzgerald Kennedy a quello del fratello Bob fino all’attentato contro Ronald Reagan. Donald Trump è stato ferito ad un orecchio mentre stava parlando ad un comizio a Butler, in Pennsylvania, l’ultimo prima della convention a Milwaukee che la prossima settimana lo incoronerà ufficialmente candidato alla Casa Bianca. “E’ incredibile che un atto del genere avvenga negli Usa”, afferma qualche ora dopo il tycoon che non ha mai perso conoscenza. L’avversario Joe Biden ha subito condannato l’attacco dichiarando che “non c’è posto per la violenza negli Stati Uniti”.

Erano trascorsi circa quindici minuti quando l’incubo è cominciato. L’ex presidente stava parlando dell’ondata di migranti che hanno “invaso” gli Stati Uniti. Si sente un rumore di spari ed il tycoon porta la mano all’orecchio destro, subito cinque uomini e donne del Secret Service si fiondano su di lui e lo buttano a terra, dietro al leggio. Alle sue spalle la folla terrorizzata che urla e cerca di trovare un riparo. Si sentono altri spari, circa otto. Poi l’ex presidente si rialza, sempre circondato dai suo agenti, alza il pugno verso la folla e urla: “Lottiamo, lottiamo, lottiamo”. ‘Usa, Usa”, gli rispondono in coro i fan. Dall’orecchio destro scorre una copiosa quantità di sangue, il tycoon è sconvolto, ha la camicia sbottonata ma ha ancora la forza per dire “fatemi prendere le mie scarpe”.

“Mi hanno sparato un proiettile che mi ha perforato la parte superiore dell’orecchio destro”, racconta Trump sui social. Gli agenti del Secret Service lo portano di corsa dentro al Suv e poi in un ospedale locale per essere visitato. L’ex presidente “sta bene e ringrazia le forze dell’ordine e i primi soccorritori per la loro rapida azione dopo questo atto atroce”, fa sapere circa mezz’ora dopo il portavoce della campagna Steven Cheung.

L’attentatore, di cui al momento non si conosce l’identità, è stato ucciso dalle forze di polizia che nei minuti concitati subito dopo l’attacco sono stati sentiti gridare “shooter is down”, “lo sparatore è morto”. Purtroppo però a fare le spese della violenza è stato uno dei partecipanti al comizio che è morto, mentre un altro è in gravi condizioni.

Un video pubblicato sui social media e geolocalizzato dall’Ap mostra il corpo di una persona in mimetica grigia che giace immobile sul tetto di un edificio alla Agr International Inc., un’azienda manifatturiera di imbottigliamento appena a nord dell’area del Butler Farm Show dove si è tenuto il comizio di Donald Trump, teatro della sparatoria.

Secondo il procuratore di Butler, Richard Goldinger, l’attentatore si trovava sul tetto di un edificio adiacente, fuori dall’area dell’evento. “Era necessario un fucile per compiere l’attentato perchè era a diverse centinaia di metri di distanza”. Evidentemente l’unico modo per evitare i metal detector e i rigidi controlli di sicurezza ai quali negli Stati Uniti vengono sottoposti tutti coloro che partecipano ad eventi politici e non solo.

“Ero in prima fila al centro con alcuni amici, guardavo il presidente parlare. Stava parlando di immigrazione. Poi ho sentito dei rumori. Non sapevo cosa fossero”, ha raccontato il testimone oculare Blake Marnell. “Speravo che fosse uno scherzo di cattivo gusto. Mi sono girato verso sinistra. Inizialmente non ho visto niente. Poi mi sono girato di nuovo verso il presidente ed è stato allora che l’ho visto placcato a terra dai servizi segreti”.

Unanime la condanna dell’attacco, a partire dal presidente Biden. “Sono grato di sapere che è salvo e sta bene. Prego per lui, la sua famiglia e per tutti coloro che erano presenti alla manifestazione, in attesa di ulteriori informazioni”, ha detto il presidente che ha sottolineato che “non c’è posto per la violenza politica negli Stati Uniti” e ha detto che nelle prossime ore spera di parlare con Trump. Shock e solidarietà sono stati espressi anche dall’ex presidente Barack Obama, l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi e il leader dei democratici al Senato Chuck Schumer.

L’ex presidente George W. Bush ha definito l’attacco a Trump “vigliacco” e uno dei figli del tycoon, Donald jr, ha detto di “aver parlato al telefono con mio padre ed è di ottimo umore. Non smetterà mai di combattere per salvare l’America, qualunque cosa la sinistra radicale gli lancerà contro”. Ma la solidarietà all’ex presidente è arrivata anche dall’estero. La premier italiana Giorgi Meloni ha dichiarato di seguire “con apprensione gli aggiornamenti dalla Pennsylvania.

A Trump la mia solidarietà e i miei auguri di pronta guarigione, con l’auspicio che i prossimi mesi di campagna elettorale possano veder prevalere dialogo e responsabilità su odio e violenza”. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è detto “scioccato” dall’attacco e quello ungherese Viktor Orban, che ha incontrato l’ex presidente solo qualche giorno fa gli ha inviato “pensieri e preghiere in queste ore buie”.

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Nuovi attacchi a Hezbollah, esplodono i walkie talkie: ancora morti e feriti

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Caos e rabbia in Libano dove per il secondo giorno consecutivo l’esplosione sincronizzata di dispositivi wireless in dotazione ai miliziani di Hezbollah e anche di pannelli solari ha fatto almeno 14 morti e 500 feriti. Dopo le migliaia di cercapersone scoppiate martedì alla stessa ora in tutto il Paese dei Cedri, a Damasco e nella Siria orientale (in un’operazione che anche il creatore di Fauda Avi Issacharoff ha definito “al di sopra di ogni immaginazione”), nel pomeriggio di oggi un’altra ondata di deflagrazioni ha scosso i cittadini libanesi. La situazione è tale che in serata il premier libanese Najib Mikati ha dichiarato che il suo governo si sta preparando a “possibili scenari” di una grande guerra con Israele. In molte città i residenti si sono riversati per strada protestando nel disorientamento più totale.

Un’auto dell’Unifil è stata assaltata con lanci di pietre a Tiro da un gruppo di civili. Walkie talkie militari e strumenti per rilevare le impronte digitali sono detonati in diverse località del Paese, tra cui il distretto di Dahiya a Beirut, roccaforte del gruppo sciita, e nel Libano meridionale. Le immagini rilanciate dai media locali mostrano appartamenti in fiamme dentro condomini, auto bruciate, denso fumo nero, gente che fugge e si dispera. Testimoni hanno riferito di numerose ambulanze che portavano i feriti in ospedale. Altre esplosioni sono state segnalate dai media sauditi in Iraq, nel quartier generale dell’organizzazione terroristica al Hashd al Shaabi a Mosul, nello stesso momento delle deflagrazioni in Libano. Alla periferia sud di Beirut, esplosioni di dispositivi sono avvenute mentre si svolgevano i funerali di membri di Hezbollah uccisi martedì negli attacchi con i cercapersone. In 1.600 sarebbero ancora ricoverati negli ospedali con ferite anche molto gravi. Cinquecento miliziani hanno perso la vista quando il loro pager è finito in mille pezzi.

E anche l’ambasciatore iraniano a Beirut avrebbe perso un occhio e 19 pasdaran sarebbero rimasti uccisi in Siria. Ma gli ayatollah negano. Alla vigilia del discorso pubblico del capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il cugino e presidente del Consiglio esecutivo del gruppo Hashem Safieddine è stato chiaro: “Questi attacchi saranno sicuramente puniti in modo unico, ci sarà una vendetta sanguinosa”, ha detto. Nel mentre Israele tace. Nonostante l’esecrazione di mezzo mondo, le istituzioni di Gerusalemme non hanno battuto ciglio sul ‘beeper affair’ per due giorni consecutivi. Teheran ha accusato l’intero Occidente di “ipocrisia” e Israele di “strage”. Mosca ha parlato di “guerra ibrida”, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha avvisato del “grave rischio di drammatica escalation in Libano”, con il Consiglio di sicurezza che ha fissato una riunione di emergenza per venerdì. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken, in visita al Cairo per i negoziati su Gaza che continuano sottotraccia, ha escluso che Washington fosse a conoscenza o coinvolta nel cyberattacco.

Ma l’operazione che ha letteralmente lasciato storditi i miliziani sciiti a quanto pare non poteva più essere rimandata. Secondo fonti Usa citate da Axios, ad innescarla sarebbe stato il timore che l’intelligence di Hezbollah stesse per scoprire il creativo raid informatico: “È stato un momento ‘use it or lose it'”, avrebbe comunicato Israele agli Stati Uniti sul timing dell’attacco. Un ex funzionario israeliano ha spiegato che i servizi avevano pianificato di usare i cercapersone con trappole esplosive come colpo di apertura in guerra per paralizzare i combattenti di Nasrallah. E per ridurre le vittime civili. Ma negli ultimi giorni sembrava che il segreto stesse per trapelare e Benyamin Netanyahu ha dato segnale verde. In serata dallo Stato ebraico si è alzata la voce del ministro della Difesa Yoav Gallant: “Il centro di gravità si sta spostando verso nord attraverso il trasferimento di risorse e forze. Siamo all’inizio di una nuova fase del conflitto”, ha detto alle truppe. Confermando le indiscrezioni del mattino secondo cui un’intera divisione ha lasciato il sud di Gaza per raggiungere il confine con il Libano. A rafforzare il timore di un’escalation a breve il fatto che il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha approvato i piani di attacco e difesa per la regione settentrionale: “Israele è pronto a utilizzare capacità militari non ancora impiegate. Hezbollah dovrà pagare un prezzo elevato se continuerà il conflitto”, ha avvertito.

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Libano, ora scoppiano i walkie-talkie tra le mani degli Hezbollah: almeno 3 morti

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Secondo l’agenzia di stampa statale libanese, almeno tre persone sono rimaste uccise in alcune esplosioni avvenute nella zona della Bekaa, mentre fonti della sicurezza hanno riferito alla Reuters che centinaia di persone sono rimaste ferite in una serie di nuove esplosioni in tutto il Libano. Le radio portatili utilizzate dal gruppo terroristico Hezbollah sono esplose nel tardo pomeriggio nel sud del Paese e nella periferia meridionale della capitale Beirut, hanno riferito una fonte della sicurezza e un testimone.

Almeno una delle esplosioni e’ avvenuta nei pressi di un funerale organizzato da Hezbollah, sostenuto dall’Iran, per le vittime del giorno prima, quando migliaia di cercapersone utilizzati dal gruppo sono esplosi in tutto il Paese. “Diversi walkie-talkie sono esplosi nella periferia sud di Beirut”, afferma la fonte, mentre i soccorritori affiliati a Hezbollah confermano che i dispositivi sono esplosi all’interno di due auto nella zona.

Tre persone sono state uccise nell’esplosione di “apparecchiature di trasmissione” a Sohmor, nel Libano orientale, ha riferito l’agenzia di stampa nazionale (ufficiale). Il ministero della Sanita’ ha riferito che “piu’ di cento persone sono rimaste ferite in una nuova ondata di esplosioni di walkie-talkie”.

I walkie-talkie sono esplosi contemporaneamente nella periferia meridionale di Beirut, proprio mentre si svolgevano i funerali di quattro membri di Hezbollah uccisi ieri in esplosioni di cercapersone, secondo una fonte vicina al movimento islamista libanese e ai soccorritori. Le esplosioni hanno scatenato il panico. Altre esplosioni sono state segnalate a Saida (sud) e Baalbeck (est), dove 15 persone sono rimaste ferite, ha riferito una fonte ospedaliera.

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New York Times: Israele dietro all’attacco con i cercapersone

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Israele ha messo l’esplosivo nei cercapersone venduti a Hezbollah. Lo riporta il New York Times, citando alcune fonti americane. L’esplosivo sarebbe stato posizionato vicino alla batteria di ogni dispositivo e attivato tramite un messaggino.

I cercapersone che Hezbollah aveva ordinato alla taiwanese Gold Apollo sarebbero stati manomessi prima di raggiungere il Libano, riporta il quotidiano americano. La maggior parte dei cercapersone era del modello AP924, anche se nella spedizione erano inclusi anche altri tre modelli. I dispositivi erano programmati per emettere un segnale acustico di diversi secondi prima di esplodere. Alla Gold Apollo sono stati ordinati più di 3.000 cercapersone. Non è chiaro né quando sono stati ordinati né quando sono arrivati in Libano.

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