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Cronache

Maradona, ora c’è un museo nei Quartieri Spagnoli

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A fine dicembre 2022, dopo il trionfo dell’Argentina ai Mondiali e prima che il Napoli conquistasse lo scudetto, venne proposta l’idea di dedicare a Maradona un museo. Sebbene questa iniziativa fosse rimasta nei cassetti di istituzioni e imprenditori, è stata realizzata ai Quartieri Spagnoli, in vico Cariati 58, da Massimo Vignati, che dice: «Per me Diego era un fratello». Il Museo Maradona, situato a venti metri dal famoso murale, è stato inaugurato ieri e da oggi sarà visitabile (prenotazioni su www.museomaradona.com) nel locale di 80 metri quadrati, precedentemente un garage per motorini e rimesso a nuovo in tre mesi. Le visite guidate, limitate a 20 persone per turno, sono arricchite da giochi di luce e cori da stadio.

Il museo ospita ottanta pezzi della vita di Diego, la metà di quelli donati dal capitano dei due scudetti e della Coppa Uefa ai genitori di Vignati. Saverio era il custode del San Paolo e Lucia la governante della casa di via Scipione Capece. Diego e Claudia, quando lasciarono Napoli, donarono anche il letto dove Lucia continua a dormire dopo oltre trent’anni.

Massimo Vignati aveva originariamente sistemato questi cimeli in una stanza a Miano dieci anni fa, organizzando poi mostre itineranti. Ai Quartieri Spagnoli, il museo diventa il primo al mondo dedicato a Maradona, secondo Vittorio Inno che collabora con Vignati nell’organizzazione di eventi di beneficenza dedicati all’argentino. Non poteva che essere aperto qui, dove tutto sa di Diego: dal murale realizzato da Mario Filardi nel 1990 in Largo de Deo (ora “Largo Maradona”) allo chalet Maradona con la firma autografa del Pibe, dalle pizze del ristorante Santa Maradona al gel di Diego esposto da Oro Barber e all’energy drink Maradona venduto da bar e salumerie lungo via De Deo.

«Non abbiamo aperto questo museo per merchandising, volevamo fare un omaggio a Diego mettendo insieme tanti pezzi della sua vita», spiega Inno. Al centro del locale c’è la statua realizzata dallo scultore Domenico Sepe, esposta a un anno dalla morte del Pibe all’esterno dello stadio e poi non più vista in pubblico. Intorno, le bacheche espongono tanti pezzi che ricostruiscono la storia di Maradona.

Tra i cimeli più emozionanti c’è la camicia grigia a righe griffata Peter Ford indossata durante il volo da Barcellona a Napoli il 4 luglio 1984, il giorno prima della presentazione al San Paolo, e la caffettiera utilizzata per Diego da papà Saverio. La collezione include anche il primo orologio firmato per una campagna pubblicitaria e il termos per il mate, la maglia albiceleste della finale del Mondiale ’86 con la dedica “Al museo Saverio Vignati con immensa gratitudine” e quella rossa dell’Argentinos Juniors numero 16, indossata al debutto il 20 ottobre del ’76.

Tra le maglie esposte ci sono quelle delle partite d’addio di Platini nell’88 e di Diego a Buenos Aires nel 2001, quando tra le lacrime disse: «La pelota no se mancha». Uno degli angoli del museo ospita la panchina di legno su cui sedeva Maradona negli spogliatoi del San Paolo, salvata da Saverio Vignati dopo un’alluvione, vicino a un pallone e a un ritratto del Pibe.

Un altro pezzo iconico è il giubbino azzurro con bordi neri, indossato da Maradona durante una danza col pallone sulle note di “Live is life” il 19 aprile dell’89 a Monaco di Baviera prima della partita di Coppa Uefa contro il Bayern. C’è anche il pallone che Diego volle far firmare ai suoi compagni al rientro dal trionfo a Stoccarda dopo il secondo scudetto, e la maglia della Nazionale azzurra scambiata con De Napoli alla fine della semifinale vinta sull’Italia al San Paolo nel Mondiale del ’90.

Da quarant’anni Napoli ama Diego come il primo giorno. Lo storico scatto dell’ingresso al San Paolo il 5 luglio 1984 è sulla porta di uscita del museo: oltre, c’è la luce dei Quartieri Spagnoli, dove batte forte il cuore di quel ragazzo argentino che ha fatto innamorare un’intera città.

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Al Beccaria il nuovo comandante, ancora in fuga 3 evasi

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Proseguono le ricerche dei tre ragazzi evasi ieri dal carcere minorile Beccaria di Milano, due fratelli di 16 e 17 anni accusati di rapina e un altro 17enne in custodia cautelare per tentato omicidio. Tutti e tre i detenuti sarebbero riusciti a fuggire scavalcando il muro di cinta: i fratelli, di origini egiziane, si sono allontanati insieme intorno alle 15.45, il terzo, di Pavia, da solo in serata. Le forze dell’ordine sono in allerta da oltre 24 ore, ma al momento i fuggitivi non sono stati ancora rintracciati. Il più piccolo degli evasi aveva tentato di scappare anche lo scorso giugno insieme a un altro detenuto, ma la sua fuga era durata meno di 12 ore. Entrambi i fratelli, poi, sono stati tra i promotori della rivolta avvenuta nella notte tra gli scorsi 31 agosto e 1 settembre, quando in quattro avevano cercato di evadere, approfittando del caos generato da alcuni incendi appiccati ai materassi. In giornata, come annunciato ieri dal Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità insieme all’arrivo di un’unità di sostegno agli agenti, si è insediato nell’Ipm il nuovo comandante Raffaele Cristofaro.

“Il Beccaria deve essere chiuso e devono essere abolite le carceri per minori”, ha detto l’eurodeputata Ilaria Salis, commentando la situazione “allarmante” in cui versa il carcere minorile di Milano. “Questo è l’effetto del decreto Caivano – ha aggiunto -, che ha ampliato la possibilità di ricorrere alle misure cautelari in carcere per i minorenni”. A chi la accusa di una politica svuota carceri, Salis dice di essere “per costruire nel lungo termine una società che superi il carcere”, favorendo le “misure alternative”.

“E invece di aumentare le fattispecie di reato e le pene – ha concluso – bisognerebbe depenalizzare alcuni reati minori”. Mentre la Fp Cgil Milano esprime preoccupazione, tramite il segretario Cesare Bottiroli, per quello che “non è un luogo sicuro”, con “evidenti limiti strutturali” e “fatiscente”, l’Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria (Osapp) chiede alla Corte dei Conti “accertamenti urgenti sul Dipartimento per la Giustizia minorile e sul Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria”, in quanto è “assolutamente incomprensibile” che “l’unica soluzione” individuata per far fronte alle emergenze del carcere “riguardi l’ulteriore invio presso la struttura di unità di polizia penitenziaria per una spesa aggiuntiva di almeno altri 500mila euro”. Stamattina, intanto, è stato catturato Antonio Luzzi, 43 anni, il detenuto evaso dal carcere di Avellino ieri sera intorno alle 20, scavalcando il muro di cinta. Le ricerche durate incessantemente per tutta la notte per rintracciare l’uomo, accusato di furti e rapine, hanno visto impegnate anche decine di pattuglie della polizia penitenziaria.

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Poche speranze per gli alpinisti sul Monte Bianco

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La sopravvivenza di due alpinisti italiani dispersi sul Monte Bianco resta appesa al filo della speranza. Sono ormai passate due notti, e sta per sopraggiungere la terza, da quando Sara Stefanelli e Andrea Galimberti, lei ligure e lui lombardo, hanno chiesto aiuto ai soccorritori. “Non vediamo nulla, veniteci a prendere, rischiamo di morire congelati”, hanno detto poco sotto la vetta, sul versante francese. Ma sul ‘tetto delle Alpi’ il maltempo non dà tregua e i soccorritori non riescono a raggiungerli. Ricerche impossibili, sempre sul Bianco, anche per altri due alpinisti coreani di cui non si hanno più notizie da sabato. La pagina Facebook del 53enne Andrea Galimberti racconta la sua passione per l’alpinismo e le arrampicate.

Laureato al Politecnico di Milano, maratoneta, centochilometrista e sky runner, residente nel Comasco, Andrea ha dedicato l’ultimo post sul suo profilo, il 3 settembre, alla scalata del Cervino fatta con la “mia Sara”. “Dopo il classico corso di alpinismo tre mesi fa Sara inizia ad arrampicare con me. Davvero tanta roba da subito, in alta quota sul facile non ha problemi anzi va da Dio”. “A causa della situazione meteo non ci sono evoluzioni per il momento”, fanno sapere oggi dal Peloton de gendarmerie de haute montagne di Chamonix. Nella cittadina francese è piovuto tutto il giorno. Sul versante italiano, a Courmayeur, le condizioni nel fondovalle sono migliori ma in alta quota la situazione è la stessa. Questa mattina l’elicottero si è alzato in volo, nella speranza che la cima del Bianco spuntasse fuori dalle nuvole.

Con una schiarita le guide avrebbero potuto essere calate per iniziare le ricerche sul terreno. “Ma è stato impossibile avvicinarsi”, spiegano dal Soccorso alpino valdostano. Domani sono previste condizioni migliori che potrebbero permettere nuovi tentativi. I due alpinisti italiani sabato sono riusciti a fornire le proprie coordinate, prima che i loro telefoni si spegnessero. Si trovavano a 4.600 metri di quota, lungo la via normale francese del Goûter. Ai 4.750 metri di quota del colle Major, sul Bianco, la temperatura misurata la notte scorsa da una centralina di Arpa Valle d’Aosta è scesa a quasi -13 gradi. I soccorritori sperano che i due italiani siano riusciti a ripararsi dal gelo e dalla bufera scavando una profonda buca nella neve, o calandosi in un crepaccio. Il rifugio più vicino è Capanna Vallot, a 4.362 metri. La salita iniziata alle 2 di notte di sabato dal rifugio des Cosmiques per affrontare la via normale francese dei Trois Mont Blanc è durata più del previsto: la cordata è arrivata ai 4.810 metri della vetta intorno alle 13. Undici ore, rispetto a un tempo che di solito va dalle quattro alle sei. Proprio una volta iniziata la discesa, lungo la via normale del Goûter è iniziato il loro incubo: l’arrivo della nebbia, la perdita dell’orientamento e la chiamata, disperata, ai soccorritori.

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Nicola Gratteri: abbattimenti di case abusive, lotta alla criminalità e il ruolo della cultura a Napoli

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In un intervento determinato e pieno di energia, il Procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, ha annunciato misure incisive contro l’abusivismo edilizio e ribadito l’importanza della lotta alla criminalità organizzata. Durante la manifestazione “Un borgo di libri”, tenutasi nella Cattedrale di Casertavecchia, Gratteri ha dichiarato di aver intensificato gli abbattimenti di edifici abusivi, portandoli a 12 al mese, contro i cinque o sei degli anni precedenti.

Tra i suoi prossimi obiettivi, ha annunciato la demolizione di 60 edifici abusivi nei Campi Flegrei, sottolineando che chi ha costruito in quelle aree sapeva di trovarsi in una zona rossa, dove l’indice di edificabilità è zero. “Non ci sono sconti da fare e non mi fermeranno”, ha affermato con decisione.

Gratteri, giunto da un anno nel suo ruolo a Napoli, ha riflettuto sull’importanza della cultura nella città partenopea. A suo avviso, Napoli è una città con una vivacità culturale unica, dove si vendono più biglietti per il teatro che a Roma o Milano. Questo è segno di una popolazione che non si limita alla criminalità di strada e alle infiltrazioni camorristiche, ma che mantiene anche un forte impegno intellettuale e sociale.

Rispondendo alle domande del giornalista Dario Del Porto, Gratteri ha evidenziato anche il capillare controllo del territorio grazie alla tecnologia: le 1.400 telecamere installate in città hanno contribuito alla soluzione di ben 20 degli ultimi 25 omicidi.

Il Procuratore ha inoltre sottolineato come la criminalità organizzata sia stata una delle prime a sfruttare i social media, utilizzando piattaforme come Facebook non appena la tecnologia si è resa disponibile. Questo, ha ricordato, evidenzia la necessità di un uso efficace della tecnologia anche da parte delle forze dell’ordine, soprattutto di fronte alle carenze di personale, sia nel tribunale di Napoli che nella Procura, dove mancano rispettivamente 50 giudici e 22 magistrati.

Gratteri non ha evitato di esprimere un giudizio severo su temi delicati come il rapporto tra magistratura e informazione. Ha criticato la recente norma che impedisce la pubblicazione dei contenuti dei provvedimenti restrittivi, definendola una “involuzione democratica” e un colpo alla libertà di stampa. Tuttavia, ha anche puntato il dito contro i giornalisti, colpevoli a suo dire di non aver preso posizione contro la riforma Cartabia al momento opportuno.

Il Procuratore ha poi lanciato un avvertimento contro i modelli negativi proposti ai giovani, come i neomelodici che inneggiano alla violenza contro le forze dell’ordine. Gratteri ha ribadito il suo impegno a parlare nelle scuole, uno dei rari inviti che accetta volentieri, pur mettendo in guardia i dirigenti scolastici sulla scelta degli ospiti. Ha citato un episodio in cui si è trovato a parlare contro le droghe accanto a un parlamentare che invece ne difendeva la liberalizzazione, con il plauso di molti studenti.

Nicola Gratteri continua a rappresentare una figura di riferimento nella lotta alla criminalità e all’abusivismo a Napoli. Il suo lavoro mira non solo a colpire le infrastrutture illegali e le reti criminali, ma anche a rafforzare la cultura e il senso civico di una città che, nonostante le difficoltà, mostra una vivacità e un potenziale unico.

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