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Wimbledon, impresa di Musetti contro Fritz: per lui prima semifinale Slam

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Dopo il Roland Garros, anche Wimbledon, per il secondo Slam di fila – e nell’intera storia del tennis azzurro – l’Italia ha un semifinalista e una semifinalista nel tabellone singolare: martedì Jasmine Paolini, oggi è toccato a Lorenzo Musetti riscrivere la storia, conquistando contro lo statunitense Taylor Fritz la sua prima semifinale Slam in carriera. Al termine di un match lungo quasi tre ore e mezza, con continui ribaltamenti di punteggio, un’infinita alternanza di emozioni, il carrarino, numero 25 del mondo (ma destinato a salire parecchio nel ranking), diventa il quarto italiano di sempre tra gli ultimi quattro ai Championships, dopo Nicola Pietrangeli (1960), Matteo Berrettini (2021, primo azzurro di sempre in finale) e Jannik Sinner (2023). A conferma del suo momento felice sull’erba in questa stagione, dove ha vinto 12 delle ultime 14 partite giocate, raggiungendo la semifinale a Stoccarda, la finale al Queen’s e ora la semifinale sui prati di SW19. Conquistata a spese di Fritz, reduce dalla terza vittoria di fila sull’erba Eastbourne, uno specialista di questa superficie che rende ancor più prestigiosa l’impresa centrata dall’azzurro.

“Non ho ancora realizzato quello che ho fatto – le parole a caldo di Musetti -. Probabilmente non ho neppure le parole per descrivere quello che provo. Alla vigilia con il mio team ci eravamo detti di provare a giocare bene anche su palcoscenici grandi come questo (Musetti ha giocato sul Campo n.1 dell’All England Club). Per me questo match era un onore, ma anche una responsabilità. Credo, però, che abbiamo giocato un grande match, perché anche Taylor era in forma”. La partenza lenta dell’azzurro favorisce Taylor, che si aggiudica il primo set. Ma non si fa attendere la reazione di Musetti, che trova subito il break nella seconda partita: si fa raggiungere, ma si aggiudica comunque il tie-break. Netto il dominio di Musetti nel terzo set, prima del ritorno di Fritz nella quarta frazione. Nel quinto e decisivo set a fare la differenza è la maggiore freschezza di Musetti che sale in cattedra, strappa due volte il servizio allo statunitense e chiude al primo match-point (36 76(5) 62 36 61). “Probabilmente ho tenuto il mio miglior tennis per la fine, mentre all’inizio del match ho avuto qualche difficoltà col servizio.

La svolta è arrivata nel secondo set, che mi ha dato grande fiducia. Spero di saper giocare altrettanto bene anche venerdì”. Quando dall’altra parte della rete ci sarà Novak Djokovic, sette volte vincitore di Wimbledon, che oggi ha beneficiato del ritiro di Alex De Minaur: l’australiano non ha recuperato dall’infortunio rimediato durante il match-point degli ottavi contro Arthur Fils. I precedenti sorridono ampiamente al serbo, che conduce 5-1: i due non si sono mai incontrati sull’erba, e l’unico successo di Musetti risale a Montecarlo 2023. “Conosce probabilmente forse meglio di me l’erba e questi fantastici stadi – scherza Musetti -. È una leggenda di questo sport, negli ultimi anni ha fatto cose impensabili.

Ci conosciamo molto bene, i nostri match sono sempre state grandi battaglie. Mi aspetto un match molto difficile, una delle sfide più difficili, ma sono ambizioso, e voglio confrontarmi coi migliori”. Domani in programma le semifinali femminili, con Jasmine Paolini – n.7 del seeding (ma “virtualmente” già n.5 al mondo) – che cerca contro la croata Donna Vekic, la sua prima finale Slam. In vantaggio 2-1 negli scontri diretti, Paolini sogna di diventare la prima azzurra ad arrivare fino al secondo sabato all’All England Club. L’altra semifinale vede la ceca Barbora Krejčíková, n.31 al mondo e vincitrice oggi sulla Lettone Elena Ostapenko (64 76(4)), opposta alla kazaka Elena Rybakina, qui già vincitrice nel 2022, che ha avuto la meglio sull’ucraina Elina Svitolina (63 62).

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‘Bergamini fu ucciso’, chiesti 23 anni per l’ex fidanzata

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Isabella Internò è la mandante e concorre nell’omicidio dell’ex fidanzato Donato Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza morto il 18 novembre del 1989 lungo la statale 106 a Roseto Capo Spulico, ma essendo passati 35 anni merita le attenuanti generiche. E’ il ragionamento che ha portato la Procura della Repubblica di Castrovillari a chiedere 23 anni di carcere e non l’ergastolo per la donna – assente oggi dall’aula – imputata per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi in concorso con ignoti. Ad esplicitare in aula, davanti ai giudici della Corte d’Assise di Cosenza, i motivi che hanno spinto i pm a giungere alla richiesta è stato il procuratore di Castrovillari Alessandro D’Alessio che ha affiancato il sostituto Luca Primicerio in tutta la requisitoria, iniziata ieri.

“Internò – ha affermato il magistrato – ha agito con volontà con persone in corso di identificazione. Isabella Internò ha tradito l’affetto che il ragazzo aveva per lei, ha esasperato lei il rapporto e pur di salvare l’onore non ha esitato ad agire come sappiamo. Per il tempo trascorso, però, merita le attenuanti generiche e per questo che non chiediamo l’ergastolo, ma 23 anni di reclusione”. Un delitto, quello di Bergamini, maturato in un “contesto patriarcale”, ha detto D’Alessio, motivato dalla mancata celebrazione “di un matrimonio riparatore” che la ragazza – che all’epoca della morte di Bergamini aveva 20 anni – avrebbe desiderato nel 1987 dopo essere rimasta incinta del calciatore. “Bergamini – ha poi spiegato Primicerio prendendo la parola – pur volendo tenere il bambino, non avrebbe mai voluto sposarla a causa del suo carattere ossessivo”.

La donna decise quindi di andare ad abortire a Londra. Il mancato matrimonio e la successiva fine della loro storia, secondo il pm, portò Internò a stolkerizzare, “e ha continuato a farlo fino alla fine” Denis Bergamini, “nonostante la loro relazione fosse chiusa da tempo”. A supporto della loro convinzione, i pm hanno ribadito di ritenere fondate e rilevanti le dichiarazioni di Tiziana Rota, moglie del calciatore Maurizio Lucchetti e amica intima in quegli anni di Internò. A lei, l’imputata avrebbe confidato che se Bergamini non fosse tornato sui suoi passi sarebbe stato “un uomo morto, perché mi ha disonorata, deve tornare da me perché io lo faccio ammazzare”. La richiesta dei pm è stata accolta con soddisfazione mista ad amarezza dalla sorella del calciatore, Donata Bergamini, che dal primo giorno non ha mai creduto alla tesi del suicidio raccontato dalla stessa Internò – “Denis si è buttato a pesce davanti al camion che l’ha travolto” – ma ha sempre parlato di un omicidio.

“Sono stata contenta – ha detto all’uscita dal palazzo di giustizia cosentino – perché sono emerse le verità che sia io che mio padre gridavamo sin dall’inizio. Queste verità dovevano emergere nel 1989, ma qualcuno non ha voluto farlo. Dopo così tanti anni la Internò poteva parlare e comportarsi in modo diverso”. Un concetto ripreso anche dal suo legale, l’avvocato Fabio Anselmo, che col suo lavoro ha portato la Procura di Castrovillari a riaprire per la seconda volta – la prima era stata poi archiviata – un’inchiesta per omicidio. “E’ vero che essere condannati dopo 35 anni può sembrare un atto ingiusto – ha detto – ma è altrettanto vero che attendere giustizia per 35 anni lo è sicuramente di più”. Adesso la parola passa alle parti civili e poi alla difesa. Per il primo ottobre è attesa la sentenza.

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Motta elogia Conte e il Napoli, ‘Costruito per scudetto’

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Juve-Napoli è (anche) la sfida tra Thiago Motta e Conte, ma l’allenatore bianconero sposta l’attenzione sul prato verde. “Siete troppo concentrati su me e Antonio, ma si gioca Juve-Napoli e sarà una bella partita perché si affronteranno tanti grandi giocatori – dice l’italo-brasiliano alla vigilia del big-match – e noi l’abbiamo preparata come sempre, con serietà e responsabilità e consapevoli che si giocherà davanti al nostro pubblico”. Da una parte e dall’altra, poi, c’è la curiosità di capire chi possa essere l’avversaria anti-Inter più credibile in ottica scudetto: “Loro sono stati costruiti per lottare per quell’obiettivo, tra l’altro hanno vinto il titolo da poco con un calcio che è diventato di fama mondiale – spiega Thiago Motta – e noi non dobbiamo distoglierci dal nostro percorso, che è quello di affrontare una gara per volta e di avere l’ambizione di migliorarci quotidianamente”.

La differenza sostanziale è legata alla marcia di avvicinamento alla sfida dello Stadium, con la Juve che è stata impegnata in Champions contro il Psv e il Napoli che invece è libero dalle coppe: “Non so se questo sia un vantaggio oppure no, l’unica cosa certa è che sapevamo quale sarebbe stato il calendario e adesso andiamo avanti”, liquida il discorso l’allenatore bianconero. Il filo sottile tra i due tecnici è legato ancor più indissolubilmente con la Nazionale, all’Europeo del 2016, quando Thiago faceva il calciatore e Conte era commissario tecnico di quell’Italia: “E’ stato un piacere lavorare con lui, purtroppo uscimmo contro una grande squadra (la Germania ai quarti di finale dopo i calci di rigore, ndr) ma il rapporto con lui è stato sempre fantastico” rivela il tecnico della Juve. Per Thiago Motta sarà una vigilia particolare per un altro motivo: “Viene a trovarmi la mia famiglia, finalmente starò un po’ di tempo con mia moglie e con le mie figlie che è da tanto che non vedo” rivela in conferenza. Venendo ai temi della Continassa, Thiago Motta fa il punto sull’infermeria: “Gatti è a disposizione, ha svolto bene l’allenamento e sarà in gruppo, mentre non abbiamo Conceicao e Milik” spiega sul centrale uscito acciaccato dalla gara contro il Psv ma pronto a giocare al fianco di Bremer nella difesa completata da Kalulu a destra e probabilmente da Cambiaso a sinistra.

Tutti si aspettano i gol di Vlahovic, andato a bersaglio (per due volte) soltanto nella partita contro il Verona: “Dusan può migliorare come me, come te, come tutti gli altri, possiamo crescere su tutto, non solo sul lato emotivo – dice sul serbo – ma sta bene, parliamo tutti i giorni, lo vedo sorridente e positivo: nell’ultima gara ha fatto un grande lavoro sia difensivo sia offensivo, creando situazioni per i compagni perché possano fare gol”. In ogni caso la Juve si affiderà ancora al classe 2000, poi si va verso la conferma dei trequartisti Nico Gonzalez, Koopmeiners e Yildiz. Insieme a Locatelli dovrebbe giocare Thuram, mentre Douglas Luiz sarà un’arma a gara in corso. Infine, un pensiero per l’amico e collega De Rossi, appena esonerato dalla Roma: “Mi ha sorpreso moltissimo, gli ho mandato un messaggio che ovviamente resterà tra di noi” dice Thiago Motta.

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Schillaci: l’ultimo addio fra lacrime e cori da stadio

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L’alfiere di un calcio che si è estinto, un ragazzo timido che con la sua epopea popolare, e anche nell’impegno post carriera, con la scuola calcio, ha tracciato una strada chiara, quella della Palermo onesta, senza scorciatoie, una città “dei giovani che vogliono essere liberi e che può cambiare”, come ha detto, al momento della benedizione della salma l’arcivescovo della città, Corrado Lorefice. Nel giorno del suo funerale, in cattedrale, Totò Schillaci, morto mercoledì per un tumore al colon, è stato un fortissimo polo d’attrazione per migliaia e migliaia di palermitani che hanno voluto dirgli addio, assieme ai suoi familiari e ai suoi amici.

Decine e decine di telecamere all’interno e all’esterno della cattedrale, circa mille persone dentro, molte di più fuori, sul sagrato, dove ai palermitani e ai siciliani si sono uniti molti turisti, anche stranieri. Non sono mancati cori da stadio e applausi, fortissima è stata la partecipazione. Se la morte è la verità ultima della vita, Schillaci non è stato semplicemente un calciatore leggendario e conosciuto in tutto il mondo, ma un operatore di bene, che ha seminato e tracciato un percorso virtuoso di bellezza e libertà, come ha sottolineato l’arcivescovo Lorefice: “Come Pino Puglisi, che riposa in questa cattedrale, anche Totò Schillaci ci dice che questa città la possiamo e la dobbiamo cambiare. Di Totò ricordiamo il corpo proteso alla gioia, i suoi occhi, in quel 1990.

Ma poi Schillaci ha continuato a donare il suo corpo perché gli altri avessero corpi liberi, è rimasto uno di noi, ha pensato la sua vita facendo memoria della sua origine, l’ha pensata come un dono, perché le nuove generazioni avessero uno sguardo bello, perché i giovani potessero essere liberi, contro chi invece li vuole schiavi. Voglio ringraziarlo per questa sua grande opera, voluta, consapevole, stare nella strada con i giovani, perché potessero conoscere la via del bene e della libertà. Lo affidiamo alla misericordia di Dio. Gli diciamo addio, ci vedremo in Dio, nella pienezza vera della vita”. Nell’omelia dei funerali, monsignor Filippo Sarullo, parroco della cattedrale si è rivolto a Schillaci, prossimo alla partita dell’eternità: “Il Padre ti ha convocato per la partita del cuore, che non avrà mai fine, ti ha fatto entrare nella squadra più bella del mondo, che si chiama Paradiso”.

In chiesa erano presenti gli ex compagni, anche di nazionale, Gigi De Agostini e Beppe Bergomi (“È stato l’eroe di tutti noi, ci stava regalando un sogno ai Mondiali”), Gabriele Gravina e Antonio Matarrese, presidente ed ex presidente della Figc, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, l’assessore regionale Edy Tamajo a rappresentare il governatore Schifani, e una delegazione del Palermo calcio, guidata dal presidente Dario Mirri e da Francesco Di Mariano, attaccante rosanero e nipote di Schillaci. Il lungo addio al centravanti del quartiere Cep era iniziato questa mattina, proprio nelle strade del rione natale, dove ancora oggi vivono il padre Mimmo, e alcuni tra fratelli e cugini. Il corteo funebre, passato anche dalla chiesa di San Giovanni Apostolo e dal centro sportivo di Schillaci, il Ribolla, è stato salutato da una folla commossa, dove c’erano anche gli studenti dell’istituto comprensivo “Giuliana Saladino”.

Molti hanno pianto e intonato cori da stadio e “Notti magiche”, di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato, la storica colonna sonora di Italia ’90. È la stessa commozione che ha attraversato in questi giorni la città e che ha emozionato la famiglia di Totò. L’ha ricordato anche la figlia Nicole, nata da una breve relazione di Schillaci, che finora era l’unica a essere rimasta in silenzio. “Resterà sempre nel mio cuore – le sue parole – ho visto quanto dolore ha provato. Mi manca tantissimo, ma almeno ha smesso di soffrire. Per me era una persona normale, certo di cui essere fieri, ma normale, molto gentile, umile e con un grande cuore”.

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