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Economia

I Paesi con il maggior numero di cittadini miliardari: gli Usa in cima alla classifica di Forbes

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Secondo i dati pubblicati da Forbes e riportati dalla pagina X di World of Statistics, ecco la classifica dei paesi con il maggior numero di miliardari residenti al mondo, aggiornata ad aprile 2024.

  1. 🇺🇸 Stati Uniti: 813 miliardari Gli Stati Uniti dominano nettamente la classifica con 813 miliardari. Questo non sorprende, considerando l’enorme economia e la presenza di settori tecnologici, finanziari e industriali di primo piano.
  2. 🇨🇳 Cina: 406 miliardari La Cina si posiziona al secondo posto con 406 miliardari. Il rapido sviluppo economico e l’espansione del mercato interno hanno favorito la crescita della ricchezza individuale nel paese.
  3. 🇮🇳 India: 200 miliardari L’India, con 200 miliardari, si trova al terzo posto. Il paese ha visto una crescita significativa nel settore tecnologico e nei servizi, contribuendo all’aumento dei super-ricchi.
  4. 🇩🇪 Germania: 132 miliardari La Germania è al quarto posto con 132 miliardari, sostenuta da una robusta economia industriale e da forti settori manifatturieri.
  5. 🇷🇺 Russia: 120 miliardari Con 120 miliardari, la Russia è quinta. Gran parte della ricchezza russa proviene dalle risorse naturali, come petrolio e gas.
  6. 🇮🇹 Italia: 73 miliardari L’Italia si posiziona al sesto posto con 73 miliardari, molti dei quali legati a industrie tradizionali come moda, alimentare e manifatturiero.
  7. 🇧🇷 Brasile: 69 miliardari Il Brasile, con 69 miliardari, è settimo. La maggiore economia dell’America Latina ha una forte presenza nel settore delle risorse naturali e dell’agroindustria.
  8. 🇭🇰 Hong Kong SAR: 67 miliardari Hong Kong conta 67 miliardari, condividendo l’ottavo posto con il Canada. Questo hub finanziario è noto per la sua alta concentrazione di ricchezza.
  9. 🇨🇦 Canada: 67 miliardari Il Canada, con 67 miliardari, è al nono posto a pari merito con Hong Kong. Le risorse naturali e il settore finanziario sono i principali generatori di ricchezza.
  10. 🇬🇧 Regno Unito: 55 miliardari Il Regno Unito chiude la top ten con 55 miliardari. La City di Londra rimane uno dei principali centri finanziari globali.

Altri Paesi nella Classifica dei Miliardari

  1. 🇫🇷 Francia: 53 miliardari
  2. 🇹🇼 Taiwan: 51 miliardari
  3. 🇦🇺 Australia: 48 miliardari
  4. 🇸🇪 Svezia: 43 miliardari
  5. 🇨🇭 Svizzera: 41 miliardari
  6. 🇯🇵 Giappone: 41 miliardari
  7. 🇸🇬 Singapore: 39 miliardari
  8. 🇮🇱 Israele: 36 miliardari
  9. 🇰🇷 Corea del Sud: 36 miliardari
  10. 🇮🇩 Indonesia: 35 miliardari
  11. 🇪🇸 Spagna: 29 miliardari
  12. 🇹🇷 Turchia: 27 miliardari
  13. 🇹🇭 Thailandia: 26 miliardari
  14. 🇲🇽 Messico: 22 miliardari
  15. 🇲🇾 Malesia: 17 miliardari
  16. 🇵🇭 Filippine: 16 miliardari
  17. 🇳🇱 Paesi Bassi: 14 miliardari
  18. 🇳🇴 Norvegia: 12 miliardari
  19. 🇨🇿 Repubblica Ceca: 11 miliardari
  20. 🇮🇪 Irlanda: 11 miliardari
  21. 🇨🇾 Cipro: 10 miliardari
  22. 🇬🇷 Grecia: 10 miliardari
  23. 🇧🇪 Belgio: 10 miliardari
  24. 🇦🇹 Austria: 9 miliardari
  25. 🇩🇰 Danimarca: 9 miliardari
  26. 🇵🇱 Polonia: 8 miliardari
  27. 🇫🇮 Finlandia: 7 miliardari
  28. 🇨🇱 Cile: 6 miliardari
  29. 🇰🇿 Kazakistan: 6 miliardari
  30. 🇻🇳 Vietnam: 6 miliardari

La presenza di miliardari in un paese può essere vista come un indicatore della concentrazione di ricchezza e delle opportunità economiche disponibili. Tuttavia, la crescente disparità di reddito solleva anche importanti questioni di equità e distribuzione delle risorse. Questi dati offrono uno spunto di riflessione sulle dinamiche economiche globali e sulle politiche necessarie per promuovere una crescita più inclusiva.

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Addio al Cid, ma consumatori scettici sulla app Rc auto

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No all’addio al vecchio Cid cartaceo sostituito da una app sul telefonino. Consumatori, periti e agenti assicurativi avvertono sui rischi del nuovo meccanismo digitale che potrebbe mandare definitivamente in soffitta il modulo blu, scrupolosamente conservato da ogni automobilista a bordo della propria vettura. Rispondendo alla consultazione avviata dall’Ivass per la modifica del regolamento del 2008 su contrassegno e modulo di denuncia di sinistro rc auto, le associazioni hanno sottolineato le loro perplessità, sia sull’efficienza del nuovo sistema che sulla privacy dei dati. Secondo i dati dell’Ivass, “in Italia si sono registrati nell’ultimo anno 1,8 milioni di sinistri: di questi circa l’80%, cioè oltre 1,44 milioni, è stato gestito tramite procedura di constatazione amichevole di incidente (Cai)”, spiegano Assoutenti, Confconsumatori, Movimento Consumatori e Sna, il sindacato nazionale agenti di assicurazione.

Il modulo blu è un documento prestampato che serve a denunciare alle compagnie assicurative un sinistro tra veicoli a motore e deve essere compilato con una serie di informazioni: se il modulo viene firmato da entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, vale come accordo sulla dinamica dell’incidente e consente la riduzione dei tempi di gestione del sinistro. Tuttavia “eliminando l’obbligo a carico delle compagnie di assicurazione di consegna del modulo cartaceo, sostituendolo con una applicazione informatica, si potrebbe complicare la sottoscrizione di un accordo tra i conducenti nell’immediatezza di sinistro, a maggior ragione nei casi in cui i sottoscrittori sono persone con scarsa dimestichezza nell’uso delle tecnologie informatiche. Anche alcuni aspetti legati alla privacy degli utenti destano preoccupazione, considerando che il modulo può contenere anche dati sensibili sanitari di eventuali feriti”, evidenziano ancora le 4 associazioni.

Ai dubbi dei consumatori si aggiungono anche quelli dei periti dell’Aiped (Associazione italiana periti estimatori danni) che hanno presentato ulteriori osservazioni all’Ivass: “La possibilità di compilare il modulo di denuncia di sinistro solo in formato digitale non risulterebbe essere adeguatamente supportata dal contesto attuale e dalla competenza degli utenti – spiega Aiped – In molti casi l’uso di sistemi digitali potrebbe rilevarsi più complesso, per cui è fondamentale ed essenziale mantenere l’obbligo per le imprese assicurative di fornire al contraente il modulo di constatazione amichevole in formato cartaceo, lasciando comunque l’opzione di utilizzo di un formato digitale fornito da un ente terzo”. “Abbiamo inoltre evidenziato all’Ivass come anche l’introduzione di una app specifica per ogni impresa assicurativa potrebbe determinare effetti negativi, ostacolando la portabilità del contratto – aggiunge il presidente Aiped, Luigi Mercurio – Infatti ogni qualvolta un contraente desideri cambiare compagnia o riceva una comunicazione di disdetta del contratto si vedrà obbligato a scaricare una nuova applicazione e a reinserire i dati necessari per la procedura di autenticazione e identificazione”.

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Economia

Pensioni minime oltre 621 euro, governo al lavoro

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Il governo lavora a un intervento sulle pensioni minime per tentare di portarle oltre i 621 euro ma anche su nuovi incentivi per convincere chi ha i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata a restare al lavoro. Secondo quanto si apprende da tecnici vicini al dossier, la prima novità è che si punta non solo a confermare la misura della legge di Bilancio per il 2023 che ha garantito un innalzamento delle pensioni più basse oltre il recupero dell’inflazione, ma anche a fare un piccolo passo avanti. In pratica le pensioni minime, che dal 2024 sono pari a 614,77 euro, dovrebbero non solo vedere prorogato l’incremento che avrebbe dovuto essere transitorio e scadere alla fine del’anno e recuperare l’inflazione, al momento intorno all’1%, arrivando così a 621 euro, ma salire oltre questa cifra.

L’anno scorso per l’incremento supplementare di questi assegni del 2,7% furono stanziati 379 milioni. I trattamenti che potrebbero essere coinvolti dovrebbero essere poco meno di 1,8 milioni. Una misura non così impegnativa sul fronte economico ma che darebbe comunque il senso di un segnale d’attenzione sul sempre caldissimo fronte delle pensioni, all’esterno e agli alleati di governo. Poco più di una settimana fa già dal tavolo di confronto con i sindacati sul Psb era emerso che l’esecutivo non era intenzionato a nessun cambiamento con una conferma delle misure per il 2025. Dovrebbero così essere confermate le misure Ape sociale, Opzione donna e Quota 103 con le regole restrittive introdotte l’anno scorso.

Per Quota 103 dovrebbe essere confermato il ricalcolo contributivo dell’intera pensione per chi decide di accedervi e il tetto massimo all’assegno che si percepisce fino all’arrivo all’età di vecchiaia (2.394 euro al mese quest’anno) oltre all’allungamento delle finestre a sette mesi per il privato e nove per il pubblico. La stretta ha dissuaso la gran parte delle persone che hanno raggiunto i requisiti nell’anno che quindi hanno scelto di continuare a lavorare e aspettare di raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi che consentono di andare in pensione anticipata senza ricalcolo della pensione interamente con il sistema contributivo. Ma sul fronte previdenziale si sta lavorando anche ad altri capitoli che riguardano la permanenza al lavoro con incentivi fiscali che rendano conveniente rinviare la pensione.

Il cosiddetto Bonus Maroni che consente a chi ha i requisiti per la pensione anticipata di chiedere di avere in busta paga i contributi a carico del lavoratore (il 9,19% della retribuzione) rinunciando all’accredito sul proprio montante contributivo, non ha funzionato perché non conveniente dal punto di vista fiscale. Nel 2024 è stata usata da poche centinaia di persone. Il Governo ragiona quindi sull’esenzione fiscale per questo bonus o una riduzione della tassazione sulla base di quanto avviene per gli aumenti salariali previsti dalla contrattazione di secondo livello. Ma è possibile anche che sia previsto un accredito figurativo per l’importo previsto dal bonus e che questo sia esteso anche per chi ha i requisiti per la pensione anticipata indipendente dall’età, ovvero ha maturato 42 anni e 10 mesi di contributi. Una possibilità che però ha bisogno di risorse.

Sempre sul fronte previdenziale si studia l’adozione di un nuovo semestre di silenzio assenso per il conferimento del Tfr alla previdenza integrativa. Ciò varrà non solo per i nuovi assunti , ma anche per coloro che sono già occupati che qualora non avessero già conferito il Tfr maturando ai fondi e non volessero farlo dovranno dirlo esplicitamente. Si lavora inoltre sulla possibilità per i lavoratori pubblici che hanno compiuto 65 anni e hanno 42 anni e 10 mesi di contributi di restare in servizio su base volontaria.

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Economia

Tim tratta in esclusiva col Mef su Sparkle

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La vendita di Sparkle non solo porta nelle casse di Tim altri 700 milioni di euro ma risolverebbe una ‘anomalia’ nella struttura del gruppo che ormai si è dato un’impronta da ‘società di servizi’. Non è da escludere poi che la società dei cavi internazionali possa confluire nella rete unica a cui punta il Mef che, se realizzata entro il 2026, sbloccherebbe quei 2,5 miliardi di ‘earn out’ legati alla cessione di Netco a Kkr. La Borsa, dove il titolo ha fatto un altro piccolo passo avanti (+2% a 0,26 euro) e gli analisti leggono l’operazione come positiva e si aspettano che Tim accetti la proposta del Mef e, con una quota di minoranza, del fondo spagnolo Asterion, attraverso la controllata Retelit.

E Tim non perde tempo. Il cda, dopo meno di 24 ore, si riunisce, esamina la proposta e dà mandato all’amministratore delegato, Pietro Labriola, di avviare interlocuzioni con gli offerenti, in via esclusiva, finalizzate ad approfondire i profili economici e finanziari dell’operazione e a ottenere la presentazione – entro il 30 novembre – di un’offerta vincolante secondo i migliori termini e condizioni.

L’offerta che c’è ora in campo, rispetto alla precedente di 625 milioni di euro più 125 milioni di euro di earn-out, è qualitativamente migliorativa perché i 700 milioni offerti dal Mef e da Asterion sarebbero ‘tutti subito’. “Gli 0,7 miliardi di euro di liquidità in entrata si aggiungerebbero agli 0,24 miliardi proventi dalla vendita di Inwit – ricordano gli analisti di Mediobanca – con un ulteriore taglio di 1 miliardo di euro alla posizione debitoria di Tim, portando il rapporto di leva finanziaria (ebitda/debito) ben al di sotto di 2 volte”.

Equita e Intermonte hanno invece colto le recenti dichiarazioni del direttore generale del Mef Marcello Sala a un convegno che ha espressamente indicato l’obiettivo del governo di avere “un’unica società nel Paese per la fibra ottica”. “Riteniamo che il governo italiano sia estremamente interessato a evitare un default di Open Fiber anche per il rischio di perdere 1,8 miliardi di euro di fondi Pnrr se il progetto Italia a 1Giga non sarà completato entro giugno 2026” scrivono gli analisti.

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