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Cronache

La ricerca di Francesco Lorusso, viaggio di un papà sotto le bombe del Donetsk per abbracciare la figlia piccola ferita

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Francesco, un pizzaiolo di 45 anni di Gravina di Puglia, si è avventurato in un viaggio pieno di speranza e timore. La sua destinazione: il Donbass, una regione martoriata dalla guerra, con tappe in Armenia, Mosca e Rostov. Il suo obiettivo: ritrovare sua figlia Laura, una biondina di sei anni che non vedeva da marzo 2021, quando sua moglie Iryna è fuggita con lei. La sua ricerca lo ha condotto in un luogo dove i bambini non dovrebbero mai trovarsi: l’ospedale di Donetsk.

Laura era stata ferita da un attacco di drone ucraino che ha distrutto l’auto in cui si trovava con la madre. La bambina è stata ricoverata in traumatologia, mentre Iryna è stata messa in cura psichiatrica a causa di segni di instabilità. Nonostante il trauma e la barriera linguistica – Laura ora parlava solo russo – Francesco ha trovato conforto nel sentirla al telefono. Un video toccante ha catturato il loro incontro emotivo: Francesco che accarezza dolcemente Laura, che timidamente lo saluta con un commosso “papa privet” (ciao papà).

L’odissea di Francesco è iniziata tre anni fa quando Iryna ha portato via Laura in modo inaspettato. “È stato terribile”, ricorda Francesco. “Le ho accompagnate fino ai confini di Donetsk e mi sono fermato in un centro commerciale a Kostjantynivka. ‘Potresti prendere qualcosa per la piccola che ha fame?’ mi ha chiesto mia moglie. Sono tornato di corsa con un panino, ma loro non c’erano più. Quella sera, ho ricevuto una telefonata agghiacciante da Iryna: ‘Sto andando a Donetsk, tu puoi tornare in Italia. Mi occuperò della nostra bambina. Mi dispiace dirtelo così, ma non ti amo più’.”

Dopo un mese di attesa vana che Iryna ripensasse, Francesco è stato costretto a tornare da solo in Italia. Negli anni seguenti, ha vissuto un tormento, aggravato dall’inizio della guerra. Nonostante il tribunale di Bari abbia sospeso i diritti genitoriali di Iryna e un’indagine penale per sottrazione di minore, Francesco ha rifiutato di sporgere denuncia. “Tutto ciò che volevo era riabbracciare mia figlia”, spiega. “Mi sono persino trasferito a Parma per convincere Iryna a tornare, sapendo che voleva evitare la Puglia.” Tuttavia, Iryna spariva spesso per settimane, riapparendo solo per chiedere denaro. “Mi faceva vedere Laura solo se le davo 500 euro al mese. Ho acconsentito e le ho dato di più quando potevo.”

Questo stato di cose è continuato fino a quando il silenzio è caduto improvvisamente lo scorso maggio. Poi è arrivato un messaggio minaccioso: “Diecimila euro o non ti facciamo vedere la bambina”. Francesco ha capito che qualcosa era andato terribilmente storto. Ha cercato informazioni e ha saputo del bombardamento, sospettando che l’auto distrutta che vedeva nelle foto fosse quella di Iryna.

Arrivato in Russia all’inizio di giugno con assistenza legale, Francesco si è avventurato nel difficile percorso tra Rostov e Donetsk, un viaggio di mille chilometri a tratta, spesso sotto attacco. Ha riabbracciato Laura in ospedale, un momento agrodolce che segnava una svolta. “Dopo quell’incontro, le cose sono cambiate. Non l’ho più rivista e è spuntato un uomo che dice di essere suo padre. Dovremo fare un test del DNA, che richiede tempo e soldi che non ho.”

Tornato a casa, la famiglia di Francesco ha creato il Comitato “Per il ritorno in Italia di Laura Lorusso” per raccogliere fondi per le sue spese e quelle mediche della bambina. Le recenti, sorprendenti, notizie di venerdì: “Hanno bombardato l’ospedale di Donetsk, ma Iryna era fuggita con Laura a Taganrog, in territorio russo”, ha rivelato Francesco.

Francesco è sopraffatto dall’emozione, lotta per vincere la commozione al telefono. “È troppo dura, troppo brutto…”, dice, la voce spezzata. La sua determinazione a riunirsi con Laura lo spinge avanti, nonostante le immense sfide che affronta nel paesaggio turbolento di guerra e separazione.

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Orrore a Pannarano, nel Beneventano: sgozza e decapita il fratello poi chiama i carabinieri

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Un uomo di 59 anni è stato sgozzato e decapitato dal fratello la cui testa è stata getta dal balcone. Il terribile omicidio è avvenuto nella tarda serata di ieri a Pannarano, in provincia di Benevento. Ad allertare i carabinieri sarebbe è stato l’assassino. Al momento non si conoscono i motivi del gesto.

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Sfruttamento prostituzione, blitz in 27 province e 7 arresti

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Una vasta operazione della Polizia di Stato per il contrasto al fenomeno dello sfruttamento della prostituzione si è conclusa nella notte in 27 province. E ha portato all’arresto di 7 persone e a 71 denunce. Ad Alessandria, Ancona, Aosta, Bari, Benevento, Catania, Cosenza, Cremona, Imperia, L’Aquila, Latina, Lecco, Lodi, Lucca, Mantova, Massa Carrara, Milano, Modena, Napoli, Oristano, Parma, Pisa, Prato, Roma, Savona, Teramo e Vibo Valentia, sono stati intensificati i controlli di polizia sui principali luoghi utilizzati soprattutto da soggetti appartenenti alla criminalità straniera, in particolare cinese, dediti al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione, talvolta anche minorile.Ad eseguirli oltre 400 operatori delle squadre mobili della polizia di Stato coordinati dallo Sco (Servizio Centrale Operativo). Controlli e perquisizioni hanno riguardato anche appartamenti ed esercizi pubblici in cui le prestazioni sessuali a pagamento erano dissimulate con inesistenti attività professionali (in particolare riferibili al settore estetico e del benessere) pubblicizzate anche online attraverso siti e piattaforme di messaggistica dedicate.

Alle sette persone arrestate, così come ai 71 denunciati, sono contestati reati in materia di immigrazione, sfruttamento della prostituzione, stupefacenti e reati contro la persona. Nel corso delle perquisizioni sono state trovate anche numerose dosi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, hashish ed eroina. Sono stati anche adottati provvedimenti amministrativi nei confronti di 51 persone straniere, irregolari sul territorio nazionale (26 delle quali destinatarie del provvedimento di espulsione). E inoltre sono stati sequestrati un fucile illecitamente detenuto, la somma di oltre 10.000 euro provento dell’attività illecite, tre immobili dove abusivamente veniva esercitata l’attività di prostituzione . Complessivamente sono state elevate 82 sanzioni ammnistrative per decine di migliaia di euro per esercizio abusivo dell’attività commerciale, violazione della normativa sull’immigrazione e sugli stupefacenti, irregolarità in materia di assunzione di lavoratori, violazione in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, violazione della normativa in materia di igiene e conservazione degli alimenti, infine in alcuni locali sono state riscontrate gravi carenze igienico – sanitarie. A supporto degli Uffici investigativi hanno operato 60 equipaggi dei reparti prevenzione crimine e numerose unità cinofile.

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Alex Marangon, ritrovato cadavere nel fiume: forse ucciso dalla droga nei riti sciamani

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È stato trovato ieri pomeriggio il corpo senza vita di Andrea Marangon, il barista 26enne di Marcon (Venezia), scomparso da Vidor (Treviso) nella notte tra sabato e domenica, dopo essersi allontanato da un ritrovo di carattere spirituale che si teneva nell’Abbazia di Santa Bona.

Doveva essere una cerimonia di musica medicina, ma sembra che nessuno abbia saputo contenere gli effetti della ayahuasca, la sostanza allucinogena assunta probabilmente da Alex Marangon nei due giorni di ritiro nell’Abbazia Santa Bona di Vidor.

Piano piano emergono le testimonianze di quanto successo lo scorso sabato notte quando il giovane barista di 26 anni è scomparso nel nulla nel pieno di un raduno di appassionati di sciamanesimo.

Il corpo era arenato su un isolotto nell’alveo del fiume Piave, nella zona di Ciano del Montello, tra i quattro e i cinque chilometri a valle di Vidor.

Il primo avvistamento è avvenuto dall’elicottero dei vigili del fuoco in una zona caratterizzata anche dalla difficoltà di accesso per le squadre a terra a causa della folta vegetazione che caratterizza gli impervi argini che il fiume ha in quel tratto e dove la larghezza del letto del Piave è notevole. Una volta portato a riva e composto sommariamente, il corpo del giovane è stato portato all’obitorio di Montebelluna per un esame da parte del medico legale ed è a disposizione dell’autorità giudiziaria che dovrà decidere se procedere formalmente all’autopsia. Dalle prime indicazioni sembra potersi escludere che sia stato vittima di crimini violenti.

Anche se da una prima ispezione sul corpo, eseguita stamane, sono state evidenziate alcune contusioni, un’ecchimosi all’occhio e una ferita sul fianco, probabilmente dovuta al morso di un’animale, segni comunque considerati compatibili con urti contro massi, rocce e rovi dovuti al trascinamento della corrente del fiume. Con l’autopsia saranno eseguiti anche gli esami tossicologici per stabilire lo stato psico-fisico del giovane.

Da quanto si apprende sabato pomeriggio il ragazzo aveva già fatto un bagno nel Piave accodandosi a un altro ragazzo, potrebbe aver voluto rifarlo sabato notte per il caldo ma aver poi accusato un malore. Intanto i carabinieri stanno procedendo a esaminare il telefonino lasciato dal ragazzo nella camera che aveva prenotato per trascorrervi la notte. Il sindaco di Marcon ha annunciato il lutto cittadino per il giorno dei funerali del giovane che, quando non era in Trentino per lavoro o impegnato in lunghi viaggi, abitava in paese con i genitori.

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