Hurghada, una località turistica affacciata sul Mar Rosso, è il palcoscenico di una drammatica battaglia legale e personale per Nessy Guerra, una giovane italiana di 25 anni. La sua storia è un intricato intreccio di violenza domestica, ingiustizie legali e il costante timore di perdere la custodia della sua bambina.
Nessy è fuggita dal marito Tamer Hamouda, un cittadino egiziano, dopo aver subito violenze fisiche e psicologiche. In Italia, Tamer è stato condannato per violenza sessuale e stalking, ma la sua vendetta si è trasformata in accuse di adulterio contro Nessy in Egitto, un crimine che potrebbe costarle fino a due anni di carcere.
La situazione è diventata ancora più angosciante quando il Tribunale della famiglia egiziano le ha tolto la custodia della loro figlia di un anno e mezzo. Vivono ora nascoste in una casa rifugio, nella speranza di poter tornare un giorno in Italia, ma la strada è piena di ostacoli legali e burocratici.
Nessy, intervistata dalla sua avvocata Agata Armanetti, ha espresso profonda preoccupazione per il futuro incerto. “Non sto bene, la situazione è complessa”, ha detto Nessy. “Ho paura di essere condannata ingiustamente e di finire in galera. Non tornerei mai in Italia senza mia figlia, ma il Tribunale ha bloccato il suo espatrio fino ai 21 anni”.
Nonostante le difficoltà, c’è una luce di speranza. Il console italiano al Cairo ha rilasciato il passaporto italiano per la bambina, nonostante l’opposizione di Tamer. Tuttavia, l’impedimento del Tribunale egiziano rimane un ostacolo significativo.
L’avvocata Armanetti ha inviato un appello urgente al Presidente Sergio Mattarella, a Giorgia Meloni e ai ministri Tajani e Roccella affinché intervengano in questa situazione critica.
La madre di Nessy, presente in Egitto e convertitasi all’Islam come la figlia, rappresenta un punto di riferimento fondamentale. “La presenza di mia madre è cruciale”, ha spiegato Nessy. “Potrebbe essere la custode della bambina se il padre dovesse perdere i suoi diritti a causa dei suoi precedenti in Italia”.
Nessy ha condiviso il suo pentimento per aver seguito il marito in Egitto, ma ha chiarito che la sua esperienza negativa non riflette sulla cultura egiziana o sulla religione islamica. “Mi sono trovata bene con la gente del posto”, ha detto. “Il problema è solo lui e la sua vendetta personale”.
La battaglia di Nessy Guerra rappresenta un appello urgente per la giustizia e la solidarietà internazionale, una lotta per il diritto di una madre di proteggere sua figlia e di vivere libera dalla minaccia della violenza e dell’ingiustizia.