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Economia

Maxi sconto per chi assume a tempo indeterminato

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Arriva il maxi sconto sul costo del lavoro per chi assume a tempo indeterminato. Le aziende che con nuove assunzioni aumentano i propri occupati potranno beneficiare di una maggiorazione pari al 120% del costo ammesso in deduzione, che sale al 130% se i nuovi assunti rientrano nelle cosiddette categorie fragili. Uno strumento per dare una spinta alle assunzioni stabili, cui si affiancheranno presto anche gli incentivi per l’occupazione di donne, giovani e nel Sud previste dal decreto Coesione. Il dl, su cui il governo ha chiesto il voto di fiducia, ha incassato il via libera del Senato e passa ora alla Camera, che ha tempo fino al 6 luglio per convertirlo in legge.

Varato in cdm alla vigilia del primo maggio, il provvedimento contiene, oltre all’attesa riforma dei fondi strutturali per superare le storiche difficoltà del nostro paese nella spesa dei fondi Ue, anche un pacchetto da 2,8 miliardi dedicato lavoro. Spiccano in particolare i tre bonus dedicati ai giovani, alle donne e a chi assume nella Zes unica per il Mezzogiorno, che prevedono l’esonero contributivo del 100% per due anni e potranno essere riconosciuti per le assunzioni a tempo indeterminato fatte dall’1 settembre 2024 al 31 dicembre 2025. Tra le novità aggiunte durante l’esame in commissione, ci sono le risorse, per 1,33 miliardi nel 2024, per assumere 245 segretari comunali e provinciali; 18 milioni di qui al 2029 per gli extracosti relativi al prolungamento della linea M1 della metropolitana di Milano; l’incremento (da 5,8 a 24,2 milioni) del fondo desinato a finanziare la cig dei dipendenti di Alitalia.

E’ stato intanto pubblicato sul sito del Dipartimento delle Finanze il decreto attuativo che introduce il ‘superbonus’ per le assunzioni previsto dalla riforma dell’Irpef. Il decreto, firmato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, di concerto con la ministra del lavoro Marina Elvira Calderone, contiene le modalità di attuazione della norma che dispone per le imprese, ai fini della determinazione del reddito, la maggiorazione del costo del lavoro per i neo assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, compresi quelli a tempo parziale. In pratica le aziende potranno incrementare il costo di lavoratrici e lavoratori da ‘scontare’ ai fini fiscali: la maggiorazione dell’importo deducibile è del 20% (che porta quindi la deduzione totale al 120%), e sale di un’ulteriore 10%, al 30% (pari ad una deduzione del 130%) in caso di assunzione di soggetti appartenenti alle categorie svantaggiate, tra cui persone con disabilità, donne con almeno 2 figli minorenni o prive di impiego regolarmente retribuito, donne vittime di violenza, giovani ammessi agli incentivi all’occupazione, lavoratori molto svantaggiati.

Il beneficio è condizionato all’incremento occupazionale da parte dell’azienda nel periodo d’imposta agevolato rispetto a quello precedente. Sono esclusi dal novero dei fruitori dell’agevolazione i soggetti che non sono titolari di reddito d’impresa, come gli imprenditori agricoli o coloro che svolgono attività commerciali in via occasionale. La misura introduce il principio del “più assumi meno paghi”, spiegava a ottobre la premier Giorgia Meloni annunciando la deduzione, indicata anche del programma del governo. Che, restando in tema di rilancio dell’occupazione, ha appena incassato dall’Ue anche la proroga fino a fine anno della ‘decontribuzione Sud’. La misura prevede la riduzione del 30% degli oneri sociali dovuti dai datori di lavoro delle regioni meridionali colpite dalle conseguenze socioeconomiche della guerra in Ucraina. Si tratta però dell’ultimo rinnovo possibile: con il ritorno al vecchio regime sugli aiuti di Stato, la misura dovrà infatti essere modificata. L’obiettivo, ha detto il ministro per gli Affari Ue, il Sud, la Coesione e il Pnrr Raffaele Fitto, è trasformarla in uno strumento “più a lungo termine e più orientato verso gli investimenti”.

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Economia

Meno opere incompiute, ma a fine 2023 ancora 266

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Dalla Tangenziale est di Vibo Valentia alla scuola materna di Abbiategrasso, passando per la realizzazione di un autodromo ad Arborea e la realizzazione di una nuova unità di terapia intensiva cardiologica a Ostuni. Ma anche case popolari, piscine, palazzetti dello sport, messa in sicurezza di ex conventi, cinema, porti, case di riposo, fognature. L’elenco delle opere pubbliche incompiute sparse sul territorio italiano è lungo e variegato. Dopo anni di sostanziale stabilità, il numero è però calato significativamente, passando dai 365 del 2022 ai 266 del 2023, con un deciso calo pari al 37%. A fare i conti è il Centro Studi Enti Locali che ha elaborato i dati pubblicati dalle singole regioni, che restituiscono la situazione al 31 dicembre 2023. Diminuito significativamente anche l’importo complessivo degli interventi aggiornato all’ultimo quadro economico delle opere censite, il cui valore attuale si attesta intorno a 1,6 miliardi, contro i 2,3 dell’anno precedente.

Per opere incompiute, sottolinea Veronica Potenza autrice della ricerca, si intendono lavori il cui termine contrattualmente previsto per l’ultimazione è passato e che sono rimasti in stallo per problemi come mancanza di fondi, cause tecniche, sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge, fallimento, liquidazione coatta e concordato preventivo dell’impresa appaltatrice, risoluzione o recesso dal contratto e mancato interesse al completamento da parte della stazione appaltante, dell’ente aggiudicatore o di altro soggetto aggiudicatore. In linea con gli anni precedenti, i lavori incompiuti sono prevalentemente concentrati nel Mezzogiorno. Le stazioni appaltanti delle 266 opere incompiute coincidono nel 64% dei casi con delle amministrazioni pubbliche del sud e delle isole (171).

Per completarle serviranno più di 600 milioni di euro. Le opere incompiute localizzate nelle regioni del centro Italia sono 52, esattamente come l’anno precedente, mentre quelle nel nord del Paese sono passate da 40 a 37. Le restanti sei opere in stallo, spiega il Centro studi enti locali, sono di competenza delle amministrazioni centrali. In Sicilia il calo più repentino: 47 contro 122 dell’anno precedente che può far supporre, secondo il Centro studi enti locali, qualche possibile motivazione legata a cancellazioni tecniche o a riconversioni di vecchie opere. Così come gli anni passati, anche nel 2023 è il Molise a detenere il record del più alto importo pro-capite degli oneri per l’ultimazione dei lavori pari a 181 euro pro-capite. Un dato distante dalla media nazionale di 22 euro ma più che dimezzato rispetto ai 422 euro dell’anno precedente. Seguono la Basilicata, che ha censito oneri per ultimazione lavori pari a 65 euro ad abitante e la Sardegna con 59 euro che si confrontano con i 139 dello scorso anno.

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Economia

Addio al Cid, ma consumatori scettici sulla app Rc auto

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No all’addio al vecchio Cid cartaceo sostituito da una app sul telefonino. Consumatori, periti e agenti assicurativi avvertono sui rischi del nuovo meccanismo digitale che potrebbe mandare definitivamente in soffitta il modulo blu, scrupolosamente conservato da ogni automobilista a bordo della propria vettura. Rispondendo alla consultazione avviata dall’Ivass per la modifica del regolamento del 2008 su contrassegno e modulo di denuncia di sinistro rc auto, le associazioni hanno sottolineato le loro perplessità, sia sull’efficienza del nuovo sistema che sulla privacy dei dati. Secondo i dati dell’Ivass, “in Italia si sono registrati nell’ultimo anno 1,8 milioni di sinistri: di questi circa l’80%, cioè oltre 1,44 milioni, è stato gestito tramite procedura di constatazione amichevole di incidente (Cai)”, spiegano Assoutenti, Confconsumatori, Movimento Consumatori e Sna, il sindacato nazionale agenti di assicurazione.

Il modulo blu è un documento prestampato che serve a denunciare alle compagnie assicurative un sinistro tra veicoli a motore e deve essere compilato con una serie di informazioni: se il modulo viene firmato da entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, vale come accordo sulla dinamica dell’incidente e consente la riduzione dei tempi di gestione del sinistro. Tuttavia “eliminando l’obbligo a carico delle compagnie di assicurazione di consegna del modulo cartaceo, sostituendolo con una applicazione informatica, si potrebbe complicare la sottoscrizione di un accordo tra i conducenti nell’immediatezza di sinistro, a maggior ragione nei casi in cui i sottoscrittori sono persone con scarsa dimestichezza nell’uso delle tecnologie informatiche. Anche alcuni aspetti legati alla privacy degli utenti destano preoccupazione, considerando che il modulo può contenere anche dati sensibili sanitari di eventuali feriti”, evidenziano ancora le 4 associazioni.

Ai dubbi dei consumatori si aggiungono anche quelli dei periti dell’Aiped (Associazione italiana periti estimatori danni) che hanno presentato ulteriori osservazioni all’Ivass: “La possibilità di compilare il modulo di denuncia di sinistro solo in formato digitale non risulterebbe essere adeguatamente supportata dal contesto attuale e dalla competenza degli utenti – spiega Aiped – In molti casi l’uso di sistemi digitali potrebbe rilevarsi più complesso, per cui è fondamentale ed essenziale mantenere l’obbligo per le imprese assicurative di fornire al contraente il modulo di constatazione amichevole in formato cartaceo, lasciando comunque l’opzione di utilizzo di un formato digitale fornito da un ente terzo”. “Abbiamo inoltre evidenziato all’Ivass come anche l’introduzione di una app specifica per ogni impresa assicurativa potrebbe determinare effetti negativi, ostacolando la portabilità del contratto – aggiunge il presidente Aiped, Luigi Mercurio – Infatti ogni qualvolta un contraente desideri cambiare compagnia o riceva una comunicazione di disdetta del contratto si vedrà obbligato a scaricare una nuova applicazione e a reinserire i dati necessari per la procedura di autenticazione e identificazione”.

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Pensioni minime oltre 621 euro, governo al lavoro

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Il governo lavora a un intervento sulle pensioni minime per tentare di portarle oltre i 621 euro ma anche su nuovi incentivi per convincere chi ha i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata a restare al lavoro. Secondo quanto si apprende da tecnici vicini al dossier, la prima novità è che si punta non solo a confermare la misura della legge di Bilancio per il 2023 che ha garantito un innalzamento delle pensioni più basse oltre il recupero dell’inflazione, ma anche a fare un piccolo passo avanti. In pratica le pensioni minime, che dal 2024 sono pari a 614,77 euro, dovrebbero non solo vedere prorogato l’incremento che avrebbe dovuto essere transitorio e scadere alla fine del’anno e recuperare l’inflazione, al momento intorno all’1%, arrivando così a 621 euro, ma salire oltre questa cifra.

L’anno scorso per l’incremento supplementare di questi assegni del 2,7% furono stanziati 379 milioni. I trattamenti che potrebbero essere coinvolti dovrebbero essere poco meno di 1,8 milioni. Una misura non così impegnativa sul fronte economico ma che darebbe comunque il senso di un segnale d’attenzione sul sempre caldissimo fronte delle pensioni, all’esterno e agli alleati di governo. Poco più di una settimana fa già dal tavolo di confronto con i sindacati sul Psb era emerso che l’esecutivo non era intenzionato a nessun cambiamento con una conferma delle misure per il 2025. Dovrebbero così essere confermate le misure Ape sociale, Opzione donna e Quota 103 con le regole restrittive introdotte l’anno scorso.

Per Quota 103 dovrebbe essere confermato il ricalcolo contributivo dell’intera pensione per chi decide di accedervi e il tetto massimo all’assegno che si percepisce fino all’arrivo all’età di vecchiaia (2.394 euro al mese quest’anno) oltre all’allungamento delle finestre a sette mesi per il privato e nove per il pubblico. La stretta ha dissuaso la gran parte delle persone che hanno raggiunto i requisiti nell’anno che quindi hanno scelto di continuare a lavorare e aspettare di raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi che consentono di andare in pensione anticipata senza ricalcolo della pensione interamente con il sistema contributivo. Ma sul fronte previdenziale si sta lavorando anche ad altri capitoli che riguardano la permanenza al lavoro con incentivi fiscali che rendano conveniente rinviare la pensione.

Il cosiddetto Bonus Maroni che consente a chi ha i requisiti per la pensione anticipata di chiedere di avere in busta paga i contributi a carico del lavoratore (il 9,19% della retribuzione) rinunciando all’accredito sul proprio montante contributivo, non ha funzionato perché non conveniente dal punto di vista fiscale. Nel 2024 è stata usata da poche centinaia di persone. Il Governo ragiona quindi sull’esenzione fiscale per questo bonus o una riduzione della tassazione sulla base di quanto avviene per gli aumenti salariali previsti dalla contrattazione di secondo livello. Ma è possibile anche che sia previsto un accredito figurativo per l’importo previsto dal bonus e che questo sia esteso anche per chi ha i requisiti per la pensione anticipata indipendente dall’età, ovvero ha maturato 42 anni e 10 mesi di contributi. Una possibilità che però ha bisogno di risorse.

Sempre sul fronte previdenziale si studia l’adozione di un nuovo semestre di silenzio assenso per il conferimento del Tfr alla previdenza integrativa. Ciò varrà non solo per i nuovi assunti , ma anche per coloro che sono già occupati che qualora non avessero già conferito il Tfr maturando ai fondi e non volessero farlo dovranno dirlo esplicitamente. Si lavora inoltre sulla possibilità per i lavoratori pubblici che hanno compiuto 65 anni e hanno 42 anni e 10 mesi di contributi di restare in servizio su base volontaria.

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