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Lo chef Massimo Bottura: con l’intelligenza Artificiale si potrà replicare una ottima pizza napoletana

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Massimo Bottura, celebre chef dell’Osteria Francescana di Modena, ha recentemente fatto un’affermazione audace durante un’intervista con Reid Hoffman, co-fondatore di LinkedIn. Nel podcast “Possible”, Bottura ha sostenuto che la pizza napoletana può essere replicata perfettamente a Modena come nella Repubblica Ceca grazie all’intelligenza artificiale.

Secondo Bottura, l’uso della tecnologia permetterebbe di ottenere una pizza napoletana perfetta in qualsiasi parte del mondo. “C’è un’incredibile azienda chiamata ItalPizza che fa la pizza. Fare la pizza è un esercizio molto complesso. Ma se hai una macchina, con approccio freddo a tutto quel che fai, se sei alla ricerca della perfezione per la qualità del pomodoro, dell’olio extravergine d’oliva, dell’origano, e poi l’impasto alla giusta temperatura, puoi fare una pizza uguale a Modena o nella Repubblica Ceca. La macchina elimina gli errori umani quotidiani e lo chef può concentrarsi su nuove creazioni”.

Bottura teorizza la separazione dell’atto creativo, spettante all’intelligenza umana, da quello realizzativo, affidato all’intelligenza artificiale. Questo approccio, secondo lui, libererebbe gli chef dalla ripetitività, permettendo loro di focalizzarsi sull’innovazione.

Tuttavia, questa visione non tiene conto di un particolare cruciale: il riconoscimento dell’arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano come parte del patrimonio immateriale dell’UNESCO. Non si tratta solo del prodotto finale, la pizza, ma delle pratiche tradizionali tramandate di generazione in generazione. Queste includono la lavorazione dell’impasto, la gestualità della stesura del panetto, la messa a dimora nel forno con l’apposita pala e il sapiente spostamento nel forno stesso.

Privare la pizza napoletana della liturgia che ne accompagna la preparazione significa profanarne la sacralità. L’UNESCO ha riconosciuto come uniche e non replicabili da chiunque queste pratiche artigianali.

L’argomentazione di Bottura potrebbe ritorcersi contro di lui. La cucina, e in particolare l’alta cucina, non può essere paragonata a una catena di montaggio. I clienti che si recano in un ristorante stellato cercano un’esperienza unica e personale. La presenza dello chef in cucina è spesso considerata un valore aggiunto, poiché ogni artigiano del cibo ha una sua manualità, uno stile riconoscibile.

Infine, molte grandi creazioni gastronomiche sono nate da errori. Un esempio emblematico è il soufflé al limone de La Caravella di Amalfi, realizzato senza aggiunta di farina per una disattenzione della chef. Questo piatto, ribattezzato “il sole nel piatto” dal premio Nobel per la letteratura Salvatore Quasimodo, celebra le imperfezioni e la creatività spontanea.

Sia lode dunque alle imperfezioni e alla manualità degli artigiani del cibo. La tecnologia può sicuramente supportare la cucina, ma non potrà mai sostituire l’arte e la tradizione che rendono unica la pizza napoletana.

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Diplomazia a tavola, al Colle gli chef dei presidenti

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La buona tavola è spesso un valido alleato della diplomazia, Lo ha ribadito il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel ricevere al Quirinale una delegazione di chef internazionali appartenenti al “Club des Chefs des Chefs”. “Gli chef dei capi di Stato aiutano nelle relazioni in modo consistente ed effettivo” rendendo “più accoglienti gli incontri tra capi di Stato”, ha detto Mattarella. Il presidente ha quindi parlato dell’interazione culinaria che oggi si registra “tra ogni paese del mondo” creando “un arricchimento e un’apertura di orizzonti. Il mondo – ha aggiunto – è contrassegnato da alcune reti di interconnessioni non solo informatiche ma anche economiche, politiche, sportive. Tra quelle positive vi sono quelle di ambito culturale, tra cui rientra la scienza della cucina”. Ad intervenire durante la cerimonia al Colle è stato Gilles Bragard, fondatore del club des Chefs des Chefs: “quando ho creato questo club – ha sottolineato – volevo rendere omaggio a grandi chef che lavorano dietro le quinte.

Nelle loro mani c’è il benessere e la buona salute dei grandi del mondo” e “hanno anche la responsabilità di promuovere i prodotti nazionali perché la tavola di un capo di Stato è la miglior vetrina della cucina nazionale. Il nostro motto è diventato ‘se la politica divide gli uomini, una buona tavola li può riunire. E lei ha la buona sorte di avere un grande chef e una grande squadra. L’Italia da oggi ha altri 20 ambasciatori nei palazzi presidenziali e reali del mondo”.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontra una delegazione del Club des Chefs des Chefs
(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

I talenti ai fornelli hanno poi regalato una giacca da chef e un libro a Mattarella. La delegazione ha fatto poi tappa all’ospedale Bambino Gesù di Roma per “consegnare dolci tipici di ogni paese ai piccoli pazienti della pediatria”. La compagine gastronomica fondata nel 1977 si riunità quest’anno in Italia per l’Assemblea Annuale. dando ai cuochi-membri l’opportunità di conoscere le eccellenze enogastronomiche della Penisola. Sarè Barilla ad ospitare l’evento a Parma il 2 ottobre. Si tratta, precisa il gruppo parmense, di “un viaggio alla scoperta del Pastificio mentre in Academia Barilla si terrà una conversazione sull’identità gastronomica italiana e della pasta”.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella incontra una delegazione del Club des Chefs des Chefs
(foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Intanto su un’altra altura della Capitale, il Gianicolo, la gastronomia di Italia e Spagna è stata consacrata, al convegno “Nutrire l’incontro”, non solo come disciplina estetica, ma anche come strumento politico, capace di comunicare emozioni e messaggi che riflettono la vita pubblica e privata attraverso il cibo. E Ferran Adrià, al timone di elBullifoundation, ha espresso un autorevole sostegno alla candidatura Unesco della cucina italiana “di alta espressione come non mai”. Parola dello chef fondatore di elBulli, insegna leggendaria per i cultori dell’alta cucina catalana.

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Nasce formaggio di capra per chi soffre di insufficienza renale

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Arriva dall’Ogliastra, precisamente da Lotzorai, il primo formaggio di capra al mondo senza fosfato, un alimento adatto, quindi, anche per le persone affette da insufficienza renale. A produrlo nell’isola è il mini caseificio dei Fratelli Pistis, con in testa Carlo che da poco ha trionfato agli Oscar Green Sardegna nella categoria: “L’Impresa che cresce”. Il formaggio “Frip’ è nato dalla collaborazione con il tecnico caseario, Bastianino Piredda e partito dal progetto del Policlinico di Milano portato avanti da un’idea del dottor Gianluigi Ardissino, pediatra e nefrologo che da 30 anni si occupa di neonati affetti da malattie renali che non potendo rinunciare al latte, assumono l’alimento con l’integrazione aggiuntiva di un integratore alimentare inodore e insapore che non altera il gusto del latte, facendolo accettare dal bambino con facilità, il calcio carbonato.

Il progetto si è così concretizzato in Campania, prima con il latte vaccino e ora anche in Sardegna con il latte di pecora nell’Azienda Riu di Villanova Monteleone e successivamente con il latte di capra al mini caseificio Pistis. Il caprino Frip, è un formaggio arricchito di calcio e a basso contenuto di sodio, sviluppato per essere compatibile con le esigenze dietetiche dei pazienti con insufficienza renale. Il progetto ha dimostrato, tramite studi clinici, una riduzione del fosforo nel sangue di circa il 15%, offrendo così un’alternativa sicura e salutare per chi soffre di questa patologia. Grazie a questo prodotto, tantissimi consumatori amanti del formaggio caprino, ma con problemi ai reni e costretti da una dieta priva di latticini, potranno mangiare questi formaggi.

I Formaggi FRIP non risolvono tutte le problematiche nutrizionali del paziente con insufficienza renale ma hanno il pregio di sostituire la “proibizione” con una proposta alternativa del prodotto. Pistis. “La lavorazione del prodotto è totalmente uguale a quella del classico formaggio, ma con aggiunta di carbonato di calcio che abbatte il fosforo e abbassa i livelli anche del sodio” – osserva Carlo Pistis – Abbiamo riscontrato grande interesse per il nostro prodotto e ci stanno arrivando tante richieste da tutto il Paese e dalla Sardegna anche dopo la vittoria agli Oscar Green”.

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Bufala Dop, da Napoli sos contro cibi artificiali e fake food

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Sarà portato all’attenzione del G7 dell’Agricoltura, in corso a Ortigia, il documento finale della “First International Conference on Buffalo Mozzarella and Milk Products”, svoltasi ieri e oggi a Napoli alla sala congressi dell’Università Federico II. Il documento, condiviso dai rappresentanti delle principali organizzazioni mondiali del settore lattiero-caseario, arrivati al congresso da Europa, Usa, Brasile, India e Nuova Zelanda, richiama la necessità di dire basta ad attacchi indiscriminati e fake news sulle produzioni agroalimentari, anche di eccellenza, rilancia inoltre il “No” ai cibi artificiali o a base cellulare fatti in laboratorio, e invoca un “Sì” invece a una maggiore trasparenza in etichetta a tutela del consumatore, con l’indicazione obbligatoria per riconoscere i prodotti a base vegetale e utilizzare correttamente i termini “latte” e “formaggio”; tema quest’ultimo su cui è necessaria una regolamentazione unificata a livello mondiale, unita all’impegno per comunicare i benefici derivanti dai comparti agroalimentari.

E’ una vera e propria “road map” per il futuro del settore lattiero-caseario quella tracciata dalla due giorni congressuale su iniziativa del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop e dell’università “Federico II” di Napoli”. Duecento partecipanti hanno affollato l’evento, decretando così il successo della prima iniziativa del genere. Nella due giorni si è partiti dall’analisi delle priorità della filiera della mozzarella di bufala campana Dop, e si è giunti a conclusioni che ampliano orizzonte e raggio d’azione del comparto.

“I sistemi agroalimentari e in particolare il settore zootecnico – sottolineano i promotori nel documento finale – sono additati come responsabili di inquinamento e sofferenze per gli animali. Questa critica indistinta guarda ad agricolture profondamente diverse da quella italiana ed europea, dove il contributo alle emissioni è tra i più bassi al mondo e il livello di benessere animale senza dubbio il più elevato”.

Nel mirino anche i cibi artificiali: “Questa distorsione della realtà – proseguono – anziché puntare ad esportare le regole e le buone pratiche europee nel resto del mondo, apre la strada ai promotori dei cibi in laboratorio, che viene presentata come la strada per nutrire il mondo senza inquinare. In realtà la prospettiva dei cibi artificiali e in particolare dei prodotti artificiali di carne cresciuta in vitro non solo ha un impatto ambientale spesso stimato come superiore a quello degli allevamenti, ma anche un riverbero sociale negativo in quanto consegnerebbe la produzione di cibo nelle mani di pochi possessori di risorse e tecnologie.

Inoltre, le preoccupazioni sanitarie rispetto ai rischi che la produzione di cibo artificiale su larga scala presenta (e che fino ad oggi ne hanno impedito l’industrializzazione anche laddove sono arrivate delle approvazioni), rendono i cibi artificiali meno sicuri, non fosse altro perché il genere umano è abituato da millenni a diete derivate da prodotti della natura e della campagna”.

Il documento mette infine l’accento sulla richiesta di maggiore trasparenza verso il consumatore, che si estende oltre la questione dei cibi artificiali e coinvolge tutti i prodotti che tentano di imitare quelli zootecnici, “in particolare, l’uso della denominazione latte per le bevande a base vegetale stride con questo bisogno di chiarezza”, si sottolinea ancora nel documento. Il congresso internazionale è il preludio del “World Buffalo Congress”, il congresso mondiale sulla bufala, che l’Italia tornerà ad ospitare nel 2026 proprio a Napoli. Un’altra testimonianza della valenza internazionale che ha oggi la filiera della mozzarella di bufala campana Dop.

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