Cala il numero dei lavoratori regolari nel settore domestico, come badanti e colf, e quindi del numero di contribuenti all’Inps del comparto. E’ finito l’effetto pandemia, che aveva portato ad un’emersione di lavoro nel settore, per consentire la mobilità di questi lavoratori di quella che l’Inps definisce “una spontanea regolarizzazione dei rapporti di lavoro”. E numeri ufficiali sono tornati a scendere. Nel 2023 sono stati 833.874, con una flessione rispetto al 2022 del 7,6% (-68.327 lavoratori), analogo a quello registrato nel 2022 rispetto ai dati 2021 (-7,3%). Il dato emerge dal report dell’Osservatorio Inps sul lavoro domestico, realizzato con Nc, (Associazione nazionale datori di lavoro domestico).
L’anno scorso il numero di badanti, rispetto all’anno precedente, segna un calo del 4,4%. La tipologia di lavoro “Colf” nel 2023 interessa il 50,4% del totale dei lavoratori, contro il 49,6% della tipologia “Badante”, mentre dieci anni fa la quota delle colf era “maggioritaria”, con il 59,2% dei lavoratori, evidenzia il report. E proprio le badanti “nel 2023 rappresentano il 50% dei lavoratori domestici che ha versato contributi nelle casse dell’Inps”, ha detto il presidente dell’Istituto, Gabriele Fava, commentando i dati del rapporto. Una domanda, quella di badanti, “che cresce con l’aumento dell’indice di invecchiamento della popolazione, che totalizza +5,5 punti rispetto al 2022”, ha spiegato Fava, sottolineando che “la presenza di forza lavoro italiana nel lavoro domestico, sta continuando a crescere, passando dal 23 al 31% del totale in dieci anni”.
Resta però sempre la grande piaga del sommerso. “In questo settore c’è molto lavoro nero, stimato intorno al 50 – 60% del totale”, ha avvertito il presidente nazionale di Nc, Alfredo Savia. “Questo è un grande problema che va risolto attraverso dei provvedimenti strutturali, altrimenti quei dati sulla grande occupazione in questo settore dati dal governo si rivelerebbero in controtendenza”, ha sottolineato Savia, spiegando che “è necessario sviluppare programmi specifici e garantire aiuti fiscali che facciano emergere il lavoro non dichiarato”. Guardando agli altri dati del rapporto, è confermato che il lavoro domestico coinvolge prevalentemente persone straniere (68,9%), con l’Europa dell’Est che continua ad essere la zona geografica da cui proviene “la maggior parte” di essi: 297.373 operatori (35,7%).
Al secondo posto i cittadini italiani, in totale 259.689, pari al 31,1% del totale. “Dieci anni fa la quota di lavoratori dell’Est europeo era pari a 45,4% contro il 23,4% dei lavoratori italiani”, sottolinea il rapporto. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, il Nord Ovest è l’area geografica che con il 30,7% registra il maggior numero di lavoratori domestici, seguita dal Centro (27,6%,), Nord Est (19,9%), Sud (12,2%) e Isole (9,6%). La Lombardia è la regione col più alto numero di colf e badanti con 162.227 operatori, pari al 19,5% del totale, quindi Lazio (14,1%), Toscana (8,8%) ed Emilia Romagna (8,6%). Infine sul fronte retributivo, emerge che le donne “hanno in media una retribuzione più alta rispetto ai colleghi uomini”. Nella fascia di retribuzione annua inferiore ai 5.000 euro l’anno “si colloca il 41,6% dei domestici maschi, contro il 37,7% delle femmine”.