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Economia

Campania, Bankitalia: nel 2023 l’economia rallenta

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Nel 2023 l’economia della Campania ha rallentato per l’indebolimento della domanda interna. Secondo le stime della Banca d’Italia, basate sull’indicatore ITER, l’attività economica è cresciuta dello 0,7 per cento (0,9 in Italia), risentendo in particolare della stagnazione dei trimestri centrali dell’anno. È quanto emerge dal rapporto di Bankitalia ‘L’Economia della Campania’, presentato oggi. Il rallentamento dell’attività economica è risultato diffuso tra i comparti dell’economia regionale. Secondo le stime fornite da Prometeia, nei servizi e nelle costruzioni la crescita del valore aggiunto è stata più contenuta rispetto all’anno precedente; nell’industria manifatturiera la dinamica è invece divenuta negativa. I risultati delle indagini sulle imprese segnalano nella manifattura un forte ridimensionamento della quota di aziende con una crescita del fatturato in termini reali rispetto al 2022; il saldo tra queste e quelle che hanno registrato un calo delle vendite è passato da ampiamente positivo a negativo. Nei servizi le imprese che hanno ampliato il fatturato in termini reali hanno ancora prevalso su quelle con una riduzione ma il saldo si è significativamente ridimensionato rispetto al 2022. L’andamento del comparto ha beneficiato dell’espansione dei flussi turistici che, a sua volta, ha favorito la crescita del traffico portuale e aeroportuale di passeggeri. La forte decelerazione dell’edilizia ha risentito delle limitazioni normative per l’accesso al Superbonus introdotte a inizio del 2023. Il settore è stato comunque sostenuto dall’accelerazione degli investimenti in opere pubbliche; vi hanno concorso l’approssimarsi della scadenza del ciclo di programmazione FESR 2014-20 e le spese per l’attuazione degli interventi finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Dalle indagini risulta che la quota di imprese campane dell’industria e dei servizi che hanno aumentato la spesa per investimenti in termini reali si è ridimensionata ma è stata ancora superiore a quella delle imprese che l’hanno ridotta; nell’industria manifatturiera il saldo tra i due gruppi è stato tuttavia negativo. Per il 2024 le aspettative di riduzione della spesa per nuovi impianti e macchinari sono ampiamente prevalenti tra le imprese. Le prospettive sul fatturato restano incerte: la quota di aziende che prevede una crescita delle vendite supera solo moderatamente quella con attese di un calo. L’aumento delle esportazioni campane è proseguito a tassi sostenuti, riconducibile per quasi due terzi al comparto farmaceutico; aumenti di rilievo sono stati registrati anche nell’automotive, le cui vendite estere sono cresciute significativamente sui mercati nordamericani ed europei. Nel corso dell’anno i prestiti alle imprese hanno gradualmente rallentato per poi ridursi moderatamente nei mesi finali; per quelle di minori dimensioni si è intensificata la riduzione iniziata nel 2022.

Alla dinamica negativa avrebbero concorso i rimborsi per i prestiti, anche per la minore convenienza a rinnovare i debiti in scadenza. Le riserve di liquidità in rapporto ai debiti bancari a breve termine sono rimaste su livelli elevati, anche per le imprese di dimensioni minori. Il costo del credito ha continuato a crescere; per le operazioni di investimento i tassi di interesse sono aumentati nel 2023 di oltre 2 punti percentuali. Nel 2023 l’occupazione ha continuato a espandersi, sostenuta sia dall’aumento degli occupati alle dipendenze sia da quello dei lavoratori autonomi. Relativamente ai lavoratori dipendenti, i nuovi contratti, al netto delle cessazioni, hanno riguardato prevalentemente posizioni lavorative a tempo indeterminato, cui hanno contribuito le numerose trasformazioni di contratti già in essere. Il tasso di occupazione è salito e rimane significativamente più elevato per coloro che possiedono un diploma di laurea. La popolazione attiva è aumentata, principalmente per effetto di una tendenza di lungo periodo determinata dall’innalzamento dell’età di pensionamento e dall’aumento della popolazione più anziana; tuttavia, in assenza di altri cambiamenti, il calo demografico comporterà nel 2042 una riduzione della popolazione attiva di circa un quinto.

Il tasso di disoccupazione è rimasto pressoché stabile e si è ulteriormente ridimensionato il ricorso a misure di integrazione salariale. L’aumento dell’occupazione ha sostenuto quello del reddito disponibile, che è ancora diminuito in termini reali ma in misura più contenuta rispetto all’anno precedente per l’indebolimento dell’aumento dei prezzi al consumo, soprattutto nella parte finale del 2023. L’elevata quota di famiglie in stato di povertà assoluta ha contribuito al più ampio ricorso dei nuclei al reddito o alla pensione di cittadinanza; alla fine del 2023, a conclusione della vigenza di tali interventi, poco più di un ventesimo delle famiglie campane risultava beneficiario di queste misure.

I consumi in termini reali si sono ancora ampliati, superando i livelli del 2019. Pur in un contesto di miglioramento del clima di fiducia, la dinamica è stata però più contenuta dell’anno precedente, risentendo della perdita di potere d’acquisto. La crescita del debito delle famiglie si è significativamente attenuata. L’aumento è stato sostenuto soprattutto dal credito al consumo, in particolare dai prestiti finalizzati per l’acquisto di autoveicoli. Il calo delle richieste di nuovi mutui si è in parte riflesso nella riduzione del volume delle compravendite immobiliari residenziali, risentendo anche del più elevato costo dei finanziamenti. Nel 2023 i prestiti al settore privato non finanziario (famiglie e imprese) hanno rallentato. L’andamento dei finanziamenti ha riflesso il calo della domanda di credito di imprese e famiglie, che ha risentito dell’aumento dei tassi d’interesse; le politiche di offerta delle banche sono state improntate a una maggiore prudenza, a causa di una più elevata percezione del rischio. I principali indicatori relativi alla rischiosità dei prestiti si sono mantenuti su livelli storicamente contenuti, pur mostrando un lieve peggioramento per le famiglie e per le imprese delle costruzioni.

È proseguita la decelerazione dei depositi bancari di imprese e famiglie; per queste ultime la dinamica delle giacenze liquide ha riflesso anche la riallocazione del risparmio verso attività più remunerative. È infatti cresciuto sensibilmente il valore dei titoli a custodia detenuti dalle famiglie campane, principalmente quello dei titoli di Stato, trainato sia da un aumento delle quantità di titoli acquisiti sul mercato secondario sia dall’afflusso di risorse verso nuove emissioni caratterizzate da un maggior rendimento rispetto ad attività più liquide. Nel 2023 la spesa degli enti territoriali campani ha continuato a crescere, sostenuta principalmente dall’aumento di quella corrente per acquisti di beni e servizi e di quella per il personale; quest’ultima ha riflesso anche il recente rafforzamento dell’organico del servizio sanitario che tuttavia rimane, in rapporto alla popolazione, più contenuto rispetto alla media delle regioni a statuto ordinario.

Alla dinamica della spesa complessiva ha contributo in misura significativa anche quella in conto capitale, per l’aumento degli investimenti diretti e dei contributi alle imprese. Relativamente alle opere finanziate con risorse del Pnrr, a fine 2023 risultavano aggiudicate gare per lavori di importo pari ai due terzi delle risorse destinate complessivamente alla regione. L’avanzamento degli affidamenti era tuttavia inferiore per i lavori la cui gestione è di competenza delle amministrazioni comunali, cui sono riferibili oltre i quattro quinti del numero di procedure messe a gara. In Campania questi enti possono avvalersi di una dotazione organica e di un grado di digitalizzazione dell’offerta di servizi inferiore alla media nazionale; più contenuto è inoltre il ricorso a procedure di e-procurement.

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Davide Leone investe su Tim, compra 10% risparmio

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Davide Leone & Partners scommette su Tim. La società d’investimento con base a Londra, ha in portafoglio il 10% delle azioni di risparmio del gruppo guidato da Pietro Labriola. Da tempo per Tim si parla del progetto di conversione delle risparmio ma non c’è nulla all’orizzonte. Le risparmio di Tim nella prima seduta della settimana hanno chiuso in rialzo dell’1,4% a 0,279 euro e sono ai massimi da fine febbraio, con un picco di acquisti a metà della scorsa settimana. Dall’11 settembre sono infatti salite dell’11%. Le ordinarie hanno invece chiuso in aumento dell’1,3% a 0,249 euro.

Noto in Italia per il suo investimento in Banco Bpm, fonti vicine a Davide Leone sottolineano che dall’operazione su Tim c’è un buon margine per estrarre valore. Il gruppo di tlc è uno delle poche società quotate a Piazza Affari che ancora conservano le risparmio: questo tipo di titoli non danno diritto di voto ma dividendo. Dopo mesi di lunghe trattative, Tim a luglio ha portato a termine la vendita della sua rete fissa a Kkr, in un’operazione che ha valutato la rete 22 miliardi di euro. Vendendola Tim ha ridotto l’indebitamento snellendosi per competere in uno dei mercati più competitivi al mondo sulla telefonia. Di recente è emerso che il finanziere Davide Leone, con un’operazione datata 23 febbraio, si è riportato sopra la soglia del 5% in Banco Bpm, per quanto sia una partecipazione potenziale, costruita per il 3,251% su opzioni e per 2,223% riferibile ad azioni. In totale, emerge dagli aggiornamenti Consob sulle partecipazioni rilevanti, i diritti di voto sono al 5,474%, attraverso Dl Partners Opportunities Master Fund e Dl Partners A Fund.

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Panetta, governi guidino la transizione energetica

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L’impatto e i costi sociali e finanziari della transizione energetica devono essere condivisi da tutti per poter riscuotere il consenso dell’opinione pubblica e non pesare troppo sulle fasce più deboli, che devono per questo essere aiutate. Nella sala della Banca d’Italia che ospita la conferenza con l’Aie, l’agenzia internazionale per l’energia, il governatore Fabio Panetta e il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti (in videocollegamento) si dicono d’accordo sulla necessità di non arrestare l’inevitabile transizione che invece in alcuni aspetti, come gli investimenti, sembra segnare il passo. Di fronte a un rallentamento del consenso nel passaggio da fossili a rinnovabili a livello mondiale, all’impopolarità di alcune misure, a un clima economico meno brillante e a un mondo più diviso e meno aperto, occorre facilitare gli investimenti privati, gli unici in grado di assicurare quella mole di risorse quantificata dalla stessa Aie a 5000 miliardi l’anno (ora sono 2000). La “transizione ordinata” che coniughi crescita economica e sociale, redditività e rispetto dell’ambiente, come recita il titolo della conferenza, è così il mantra degli interventi dei partecipanti: manager, investitori, analisti, banchieri centrali e Mary Burce Warlick, la vice direttrice esecutiva dell’Aie.

Un rebus non facile da risolvere ma che non può non essere affrontato. Per andare avanti servono varie misure ma, come spiega Panetta, “i governi “dovrebbero aprire la strada”,”promuovendo gli investimenti a basse emissioni, ridurre i carichi amministrativi e normativi” e “evitando politiche di stop and go che creano incertezze e frenano i cruciali investimenti privati”. In questo, una Europa che si muova unita e non con “un patchwork” di azioni nazionali, sarebbe più avvantaggiata di fronte a una Cina che non solo ha un ruolo di vantaggio nelle terre rare ma anche sta investendo fortemente nelle rinnovabili aumentando però nel frattempo il ricorso al fossile. Il rischio è quello di passare da una “dipendenza all’altra” di fronte a consumi globali che non scendono alimentati dalle cripto e l’intelligenza artificiale sottolinea il banchiere centrale. Per Giorgetti quindi occorre usare con cautela “le scarse risporse pubbliche” e non “lasciare nessuno indietro” dedicando attenzione anche ai paesi più deboli come quelli del continente africano. E quindi anche la Warlick indica la strada di una “cooperazione” fra governi, banche centrali e comparto privato anche nel campo della ricerca. L’innovazione tecnologica infatti può estendere la transizione anche in quei settori fino ad ora meno toccati e renderre più sicure le catene di fornitura.

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Inflazione: Istat conferma stime agosto +0,2%, +1,1% su anno

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“Nel mese di agosto, l’inflazione scende a +1,1% da +1,3% del mese precedente, soprattutto a causa dell’ampliarsi della flessione dei prezzi dei Beni energetici su base tendenziale (-6,1% da -4,0% di luglio), nonostante le spinte al rialzo registrate nel settore regolamentato”, osserva l’Istat nel commento. Nel dettaglio, il lieve rallentamento del tasso d’inflazione riflette in primo luogo l’ampliarsi della flessione su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da -6,0% a -8,6%) e dei Beni durevoli (da -1,2% a -1,8%), ma anche la decelerazione dei prezzi dei Servizi relativi all’abitazione (da +2,7% a +2,5%). Un sostegno alla dinamica dell’indice generale si deve, invece, all’accelerazione dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da +11,7% a +14,3%) e, in misura minore, dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,2% a +2,9%) e dei Beni semidurevoli (da +1,1% a +1,3%). Ad agosto, l'”inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, resta stabile a +1,9%, come anche quella al netto dei soli beni energetici, che registra ancora un +1,8%.

Nel loro complesso, i prezzi dei beni accentuano il calo su base tendenziale (da -0,1% a -0,5%), mentre la dinamica dei servizi risulta in lieve accelerazione (da +3,0% a +3,2%). Il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni si accresce, portandosi a +3,7 punti percentuali (dai +3,1 di luglio). L’aumento congiunturale dell’indice generale riflette, per lo piu’, la crescita dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (+3,5%), dei Servizi relativi ai trasporti (+1,9%, dovuto soprattutto a fattori stagionali) e dei Beni alimentari lavorati (+0,6%). Tali effetti sono stati solamente in parte compensati dalla diminuzione dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (-1,0%) e dei Beni alimentari non lavorati (-0,6%). L’inflazione acquisita per il 2024 e’ pari a +1,1% per l’indice generale e a +2,1% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) diminuisce dello 0,2% su base mensile, a causa dei saldi estivi di cui il Nic non tiene conto, e aumenta dell’1,2% su base annua (in decelerazione da +1,6% di luglio); la stima preliminare era +1,3%. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), al netto dei tabacchi, registra una variazione positiva dello 0,1% su base mensile e dello 0,8% su base annua.

Codacons, Istat conferma stangata su vacanze italiani

I dati Istat, pur registrando una inflazione in discesa all’1,1%, confermano la stangata che si e’ abbattuta sulle vacanze degli italiani, denunciata in tempi non sospetti dal Codacons. Lo afferma l’associazione dei consumatori commentando i numeri forniti oggi dall’istituto di statistica. Un tasso di crescita dei prezzi al dettaglio dell’1,1% equivale a un aggravio di spesa pari a +346,5 euro annui per la famiglia “tipo”, +451 euro per un nucleo con due figli, secondo l’analisi del Codacons. Ma i dati Istat certificano come il comparto che registra la piu’ forte crescita di prezzi e tariffe sia stato proprio quello legato alle vacanze estive, con una raffica di fortissimi rincari che si sono abbattuti sul comparto turistico nel mese di agosto.

Dall’analisi del Codacons dei dati Istat, emerge che i pacchetti vacanza hanno registrato un rincaro record del +37,4% su base annua, i listini di villaggi vacanza e campeggi sono cresciuti del 12,9%, gli alberghi del 4%, gli alloggi in altre strutture (b&b, case vacanza, ecc.) del 7,2%, i treni del 6,1%, pullman e bus del 2,2%. Spesa in aumento del +3,4% su anno per mangiare al ristorante. Fortissime tensioni anche per trasporto aereo e marittimo: i prezzi dei biglietti aerei salgono in un solo mese del +14% per i voli nazionali, +19,4% i voli europei, +16,8% i voli internazionali, mentre i traghetti rispetto al mese di luglio subiscono un rincaro record del 33,8%. “I numeri dell’Istat confermano purtroppo tutti i nostri allarmi circa la stangata che ha colpito le vacanze estive degli italiani”, afferma il presidente Carlo Rienzi. “Rincari del tutto ingiustificati dovuti unicamente alla ripresa del turismo nel nostro Paese e alla crescita delle presenze di visitatori stranieri, che hanno portato gli operatori del settore a ritoccare al rialzo i listini”.

Assoutenti, calo dell’inflazione non frena i rincari nel turismo

Anche per il mese di agosto i dati Istat, pur registrando una lieve discesa del tasso generale di inflazione, “certificano i maxi-rincari che si sono abbattuti sul comparto turistico, confermando il recente allarme di Bankitalia secondo cui gli aumenti nel comparto del turismo in Italia sono nettamente superiori all’inflazione media dei servizi e contribuiscono a frenare il calo dei prezzi in atto nel nostro Paese”. Lo afferma Assoutenti, che torna a chiedere provvedimenti urgenti sul fronte dei listini turistici. “Mentre il tasso medio di inflazione si attesta ad agosto all’ 1,1%, prezzi e tariffe dei servizi turistici, ricettivi e di ristorazione, salgono senza sosta registrando aumenti anche a due cifre”, spiega il presidente Gabriele Melluso.

Che poi aggiunge: “Rincari del tutto ingiustificati, considerato che le tariffe energetiche sono tornate alla normalità e che la crescita dell’inflazione media è da mesi sotto controllo. L’andamento dei prezzi nel comparto turistico potrebbe nascondere fenomeni speculativi legati alla ripresa del turismo in Italia, e per questo chiediamo al governo ad attivarsi in fretta convocando il Garante dei prezzi e la Commissione di allerta rapida al fine di fare il punto della situazione sull’andamento delle tariffe nel comparto turistico e studiare urgenti misure di contrasto”, conclude Melluso.

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