Aveva pensato di “rapirla, per stare con lei, e dopo qualche tempo toglierle la vita”, ma ha anche aggiunto che “nella mia testa quel pensiero, fino all’ultimo, non era definitivo”. Davanti ai giudici dell’Assise, ieri, Filippo Turetta ha ondeggiato continuamente fra queste due figure: quella dell’assassino che aveva premeditato ogni cosa – ciò che gli contesta la Procura – e quella di chi vuole “ammettere tutte le colpe”, ma nello stesso tempo non voleva “che quello fosse l’epilogo”. Sarà la Corte d’Assise a decidere se questo sia stato solo un estremo tentativo di allontanare da sè la premeditazione. E quella di ieri potrebbe essere stata l’unica volta di Turetta in aula.
La sentenza è attesa il 3 dicembre. Certo, il memoriale di 80 pagine scritto durante i lunghi mesi del carcere non pare aver derubricato l’immagine del killer impietoso che ha massacrato l’ex fidanzata con 75 coltellate. Di fronte alle incongruenze contestate dal pm, Andrea Petroni, su quanto aveva verbalizzato nell’interrogatorio del 25 novembre, e quanto scritto nel memoriale, Filippo ha ammesso di aver “detto una serie di bugie”. Negli 80 fogli scritti quasi tutti in corsivo ha provato a spiegarne il perchè: temeva che i suoi genitori non avrebbero più voluto vederlo dopo l’arresto in Germania e quello che era emerso sull’omicidio. Ma loro, Nicola ed Elisabetta, il 3 dicembre erano andati a trovarlo in carcere a Verona. “Erano ovviamente scossi e scioccati emotivamente – scrive – Non riuscivano ad accettare la cosa, e questo senza che pensassero che potesse esserci una sorta di premeditazione”.
Temeva insomma, che scoprire anche la premeditazione li avrebbe allontanati per sempre da lui. In ogni caso, per l’accusa, sarebbe bastata la “lista delle cose da fare – lo scotch, il badile, i sacchi neri, le manette – a togliere ogni dubbio su quali erano le intenzioni di Filippo. Una lista – cancellata e ritrovata nel suo telefonino – compilata il 7 novembre 2023, quattro giorni prima dell’assassinio di Giulia. “Era una lista per sfogarmi, mi tranquillizzava” ha risposto ieri in aula, sostenendo che non era un piano da attuare in un momento preciso. Turetta potrebbe non ripresentarsi più in aula. Il suo esame si è concluso ieri; l’udienza già programma per il proseguo dell’ interrogatorio, lunedì 28 ottobre, è stata annullata. “In astratto, dal punto di vista processuale, non è più necessario” ha spiegato il suo difensore, il prof Giovanni Caruso. Per la sentenza, si vedrà. Caruso ha detto di prevedere “una commisurazione della pena della giusta severità”, anche se, ha osservato, “che i processi per reati come i femminicidi vengano definiti con l’ergastolo è abbastanza frequente.
E’ una possibilità”. Il faccia a faccia con i giudici, ieri, era una condotta che il legale aveva stabilito con Turetta, una condizione per garantire il proseguimento della sua difesa. Così come l’idea del memoriale. Ieri, ha aggiunto Caruso, “è’ stato un adempimento molto duro, sofferto per tutti Ma era un passaggio doveroso, che andava fatto e su cui ho insistito”. Diversa, naturalmente, la valutazione degli avvocati delle parti civili. L’avvocato Stefano Tigani, che rappresenta Gino Cecchettin, ha detto che “l’udienza di ieri ha certificato in tutto le imputazioni e le aggravanti. L’imputato ha peraltro mentito sin dall’inizio, e persino il memoriale, che nelle sue intenzioni dichiarate doveva essere un atto di trasparenza, è imbarazzante così come lo è stato il suo esame”. “Turetta – ha concluso – non merita alcuna attenuante, non ci sono i presupposti. Non c’è pentimento, non c’è presa di distanza dall’ illecito. Non c’è rispetto per la vittima e la famiglia. Nulla di nulla”.