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Cronache

Inchiesta Liguria, bocciata istanza: Toti resta ai domiciliari perché c’è rischio inquinamento prove

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Resterà agli arresti domiciliari il presidente della Regione Liguria – sospeso – Giovanni Toti, su decisione del gip di Genova Paola Faggioni che oggi ha respinto l’istanza per ottenere la revoca o almeno l’attenuazione della misura cautelare ancora in vigore dallo scorso 7 maggio, nell’ambito dell’inchiesta sulla corruzione in Liguria. Il suo legale Stefano Savi impugnerà il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, come già accaduto nel caso di Paolo Emilio Signorini, l’ex numero uno del porto di Genova, che invece si è visto respingere la richiesta di scarcerazione e si trova ancora recluso da un mese e una settimana nel carcere di Marassi a Genova per effetto della stessa indagine.

La decisione del gip era attesa, preceduta in questi giorni dal parere espresso dalla procura di Genova e già di segno negativo rispetto all’ipotesi di un’eventuale scarcerazione del presidente Toti.Oggi la decisione che, nelle parole del giudice, ricalca le motivazioni già espresse nell’ordinanza principale che aveva portato agli arresti del 7 maggio e che non sono ancora venute meno, non essendo cessate le esigenze di indagine con gli accertamenti che invece proseguono e proseguiranno anche nelle prossime settimane, fino ad aver terminato l’audizione di tutti i testimoni e persone informate sui fatti.Rischio reiterazione e inquinamento del quadro probatorio, le motivazioni principali che hanno portato al diniego dell’accoglimento, tenuto conto che in questo senso, come riporta il giudice, dalle indagini emergono “modalità delle condotte criminose dalle quali traspare in modo evidente la sistematicità del meccanismo corruttivo, reiterato in un notevole arco temporale”.

“Non sono emersi – scrive il gip – elementi sopravvenuti idonei a modificare, anche all’esito dell’interrogatorio reso dall’indagato davanti al pm, il grave quadro indiziario a carico del predetto in relazione ai reati per cui si procede, così come valutato nelle ordinanza applicativa della misura cautelare, che si richiama integralmente in questa sede”.Si sottolinea inoltre nel documento un pericolo “concreto e attuale di reiterazione di analoghe condotte” e un ulteriore rischio, di “inquinamento probatorio, tenuto conto della particolare fase del procedimento in cui le indagini sono in pieno svolgimento e in particolare sono in corso le audizioni di funzionari e dirigenti della Regione Liguria a conoscenza dei fatti per cui si procede, i quali ben potrebbero subire dall’indagato condizionamenti o pressioni per rendere una conveniente ricostruzione degli elementi”. Un rischio che stando al giudice potrebbe aumentare nel momento in cui l’indagato, cioè Toti, riprendesse l’esercizio delle funzioni svolte.

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Femminicidio a Cagliari, il marito ha confessato

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Ha confessato: dopo oltre sei mesi in cui si è sempre dichiarato innocente ha ammesso le proprie responsabilità Igor Sollai, il 43enne attualmente in carcere con le accuse di omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere per aver ucciso e nascosto il corpo della moglie, Francesca Deidda, di 42 anni, sparita da San Sperate, un paese a una ventina di chilometri da Cagliari, il 10 maggio scorso e i cui resti sono stati trovati il 18 luglio in un borsone nelle campagne tra Sinnai e San Vito, vicino alla vecchia statale 125.

Sollai, difeso dagli avvocati Carlo Demurtas e Laura Pirarba, è stato sentito in carcere a Uta dal pm Marco Cocco. Un interrogatorio durato quattro ore durante il quale il 43enne ha confessato il delitto descrivendo come ha ucciso la moglie e come poi si è liberato del cadavere. Non avrebbe invece parlato del movente. Nessun commento da parte dei legali della difesa. Non è escluso che l’interrogatorio riprenda la prossima settimana.

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‘Ndrangheta: patto politico-mafioso, assolti i boss

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Mafia e politica, assolti i boss. La Corte di Appello di Catanzaro ha ribaltato totalmente la sentenza di primo grado riformando la sentenza di primo grado del processo “Sistema Rende”. I giudici di secondo grado hanno assolto i boss e gli appartenenti alle cosche di Cosenza e Rende finiti nell’inchiesta su mafia e politica che coinvolse amministratori ed esponenti dei principali clan cosentini. Assoluzione perche’ il fatto non sussiste per Adolfo D’Ambrosio e Michele Di Puppo (che in primo grado erano stati condannati rispettivamente a quattro anni e 8 mesi di reclusione), l’ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e per Marco Paolo Lento (condannati in primo grado entrambi a 2 anni di carcere). Confermate poi le assoluzioni di Francesco Patitucci e Umberto Di Puppo, condannato in passato per aver favorito la latitanza del boss defunto Ettore Lanzino. Secondo l’inchiesta “Sistema Rende”, alcuni politici e amministratori rendesi (tra i quali gli ex sindaci Sandro Principe e Umberto Bernaudo) avrebbero stipulato un patto politico-mafioso grazie al quale avrebbero ottenuto sostegno elettorale in cambio di favori come le assunzioni in alcune cooperative del Comune. Ora la parola spetta alla Cassazione.

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Attacco hacker ad archivi InpsServizi, alcuni server bloccati

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“InpsServizi S.P.A. (Società in House di INPS) ha recentemente subito un attacco informatico di tipo ransomware che ha portato al blocco di alcuni server, rendendo temporaneamente indisponibili alcuni applicativi gestionali e i dati forniti a propri clienti”. E’ quanto si legge in una nota dell’Inps nella quale si precisa che “l’accaduto è stato denunciato prontamente a tutte le autorità competenti”. “Attualmente, sono in corso indagini approfondite. È importante rassicurare i cittadini che il Contact Center, principale servizio di assistenza, non è stato colpito dall’attacco e rimane operativo”. “Le azioni in corso sono concentrate sul ripristino delle infrastrutture compromesse in modo tempestivo e sicuro”.

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