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M5s in ebollizione, atteso faccia a faccia Conte-Grillo

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Cambiare alla base le regole d’ingaggio del Movimento. Dal limite del doppio mandato alla selezione della classe dirigente, passando per la scelta dei candidati e dei temi su cui puntare nelle contese elettorali. Questo il pressing portato dai parlamentari pentastellati al presidente Giuseppe Conte nel secondo round dell’assemblea congiunta dei gruppi 5s di Camera e Senato. Il leader ascolta e appunta le riflessioni di deputati e senatori, preparando la sua replica. Mentre sui social ribadisce la linea già tracciata nel primo round dell’assemblea: “comune e ampia riflessione all’interno” e nessun attaccamento alla poltrona. Sguardo alle battaglie da rilanciare e all’assemblea costituente annunciata per l’autunno.

Ma l’estate sarà lunga e infuocata. A cominciare dal faccia a faccia con il fondatore del Movimento Beppe Grillo, atteso a Roma domani per il primo confronto con il presidente dopo la debacle elettorale. In vista dell’assemblea serale, e forse anche del vis-à-vis con Grillo, Conte raduna lo stato maggiore del Movimento nel pomeriggio: vicepresidenti, capigruppo e vicecapigruppo preparano la linea per arginare i malumori che attraversano i pentastellati all’indomani del voto. “Noi siamo gente seria e motivata, che sta in politica per perseguire battaglie”, rassicura Conte in un video sui social.

“Siamo ambiziosi, – aggiunge – vogliamo cambiare il Paese. Non ci rassegneremo mai a una mera gestione del potere per accontentare tornaconti personali”. Poltrone e tornaconti personali suonano come riferimenti velati a quel suo “essere pronto a farsi da parte” messo sul piatto nel primo discorso ai parlamentari. Ma deputati e senatori non sembrano intenzionati a porre in discussione il leader. Si rincorrono voci su un possibile avvicendamento al vertice con la vicepresidente Chiara Appendino, ma esponenti di spicco del partito rinunciano a soffiare sul fuoco. Lo stesso Conte parla di “ricostruzioni fantasiose fatte sul M5s”. Quando si ipotizza un ‘affiancamento’ Conte-Appendino, qualcuno in Transatlantico fa notare che l’affiancamento c’è già: “Chiara è vicepresidente, il mandato di Conte scade nel 2025, stop”.

Da qui al prossimo anno c’è l’assemblea “ricostituente”, come ha iniziato a chiamarla qualcuno, ma non è chiaro se questa sorta di congresso possa affrontare anche il nodo leadership. Le preoccupazioni e i timori dei parlamentari 5s cominciano proprio da qui. Dal non avere esperienze congressuali. Tanti gli interrogativi sui tempi di gestione e sulle modalità di un’inedita costituente, che non verranno certo risolti nel giro di qualche ora. Ma non c’è solo questo.

Diverse le lamentele sulle ‘parlamentarie’. Alcuni sostengono che per le Europee siano arrivate troppo tardi, non permettendo a “perfetti sconosciuti” di fare una campagna elettorale efficace. Altri pensano che le candidature scelte così siano il vero “handicap” del Movimento e propongono di affiancare alle parlamentarie un 50% di “candidati di partito”. La selezione della classe dirigente, tema ormai largamente sentito anche ai vertici del Movimento, passa anche attraverso la messa in discussione del tetto dei due mandati. Che alcuni parlamentari sottolineano. E che probabilmente sarà affrontata nel faccia a faccia tra Conte e il garante Grillo. Il fondatore, si sa, ha più volte espresso la sua contrarietà ad abolire la regola. Chissà che non sia arrivato il momento di cambiare idea.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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La versione di Conte: o il M5s resta progressista o avrà un altro leader

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“Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi”. Così a Repubblica il leader del M5s Giuseppe Conte (foto Imagoeconomica in evidenza).

“Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership – aggiunge – mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.

Sull’alleanza col Pd “la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico”. “Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Anche i quesiti sul garante (Grillo, ndr) sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità”.

Sui risultati elettorali “in un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo”.

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Alessandro Piana: “Perdono, ma non dimentico” – La fine di un incubo giudiziario

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Alessandro Piana (nella foto in evidenza), esponente della Lega e vicepresidente della Regione Liguria, tira un sospiro di sollievo dopo la conclusione di un’inchiesta giudiziaria che per oltre un anno lo ha visto al centro di pesanti sospetti. Accusato ingiustamente di coinvolgimento in un presunto giro di squillo e party con stupefacenti, Piana è stato ufficialmente escluso dall’elenco dei rinviati a giudizio, mettendo fine a un incubo personale e politico.


Un’accusa infondata che ha segnato una campagna elettorale

Alessandro Piana racconta di aver vissuto un periodo estremamente difficile, aggravato dalla tempistica dell’inchiesta, che ha coinciso con la campagna elettorale.

«L’indagine era chiusa da tempo, ma si è voluto attendere per renderne noto l’esito. Mi sarei aspettato maggiore attenzione, considerato il mio ruolo pubblico. Per mesi sono stato bersaglio di accuse infondate, che sui social si sono trasformate in attacchi personali».

Nonostante il clamore mediatico, Piana ha affrontato con determinazione la situazione, ricevendo il sostegno del partito e del leader regionale della Lega, Edoardo Rixi.


Le accuse e il chiarimento

Piana spiega di essere venuto a conoscenza del suo presunto coinvolgimento attraverso i media, vivendo quello che definisce un “incubo”:

«Ero al lavoro quando ho saputo del mio presunto coinvolgimento. Credevo fosse uno scherzo, invece era terribilmente vero».

L’esponente leghista si è immediatamente messo a disposizione della magistratura, fornendo tutte le prove necessarie per dimostrare la sua estraneità ai fatti:

«Non ero presente dove si sosteneva che fossi. Ero a casa mia, a 150 chilometri di distanza, con testimoni pronti a confermarlo. Non ho mai frequentato certi ambienti, nemmeno da giovane».

Secondo Piana, il suo nome sarebbe stato tirato in ballo per millanteria durante un’intercettazione telefonica che citava genericamente un “vicepresidente della Regione”.


Una vicenda che lascia il segno

Nonostante la sua assoluzione dai sospetti, Piana non nasconde l’amarezza per i danni subiti:

«Ho pagato un prezzo molto salato, gratuito e ingiusto. Per mesi sono stato additato come vizioso. Perdono chi ha sbagliato, ma non dimentico».

Il vicepresidente auspica che casi simili siano gestiti con maggiore rapidità in futuro, per evitare che accuse infondate possano danneggiare ingiustamente la reputazione di figure pubbliche.


Conclusione

La vicenda di Alessandro Piana solleva interrogativi sul delicato equilibrio tra diritto di cronaca e tutela dell’immagine pubblica, in particolare quando si tratta di accuse che si rivelano infondate. Oggi, il vicepresidente della Regione Liguria guarda avanti con serenità, forte del sostegno ricevuto e con la determinazione di proseguire il suo impegno politico senza lasciarsi scoraggiare dagli eventi passati.

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