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Israele uccide leader di Hezbollah, 215 razzi sul nord

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Sale alle stelle la tensione alla frontiera settentrionale di Israele, dopo che nella notte l’aeronautica dello Stato ebraico ha lanciato un nuovo raid in Libano uccidendo Sami Taleb Abdullah, uno dei più alti comandanti di Hezbollah. In risposta, il partito di Dio ha lanciato una rappresaglia senza precedenti di 215 razzi sul nord di Israele, mentre un funzionario del gruppo sciita, Hashem Safieddine, ha promesso che “l’intensità, la forza, la quantità e la qualità dei nostri attacchi aumenteranno”.

Sviluppi preoccupanti di una guerra che attende ancora una svolta sul piano di tregua degli Usa: Hamas ha risposto all’iniziativa chiedendo una serie di modifiche, ma “solo alcune sono realizzabili, non tutte”, ha sottolineato il segretario di Stato americano Blinken che da Doha ha chiesto di “smettere di mercanteggiare” e arrivare finalmente a un’intesa, sulla quale Washington continua a lavorare. Hamas, tramite l’alto funzionario Osama Hamdan, ha invece negato di aver avanzato nuove idee, parlando di Blinken come “parte del problema, non la soluzione”.

Nel raid notturno sul sud del Libano, rivendicato apertamente da Israele, insieme a Taleb Abdullah sono morti anche altri tre combattenti di Hezbollah. Vanno ad aggiungersi al conteggio di almeno 330 membri del Partito di Dio uccisi dagli attacchi aerei israeliani sul Paese dei cedri dal 7 ottobre mentre da parte israeliana 15 soldati e 10 civili sono morti nel nord di Israele per il fuoco proveniente dal Libano. Ma nonostante il chiaro sbilanciamento sulle perdite, il gruppo islamico sciita non demorde e alza la posta con il lancio di centinaia di razzi e promettendo una rappresaglia più dura. Si rafforzano quindi i timori di un’escalation nell’area che da mesi i Paesi occidentali tentano di scongiurare. In questo senso, un accordo per la tregua a Gaza ridurrebbe “enormemente” le tensioni tra Israele e Libano, ha spiegato Blinken.

“C’era sul tavolo un accordo praticamente identico a quello proposto da Hamas il 6 maggio. Hamas avrebbe potuto rispondere con una sola parola: Sì”, invece “ha aspettato quasi due settimane e poi ha proposto ulteriori cambiamenti, molti dei quali vanno oltre le posizioni che aveva precedentemente preso e accettato”. Secondo il segretario Usa, il divario tra le due parti è in ogni caso colmabile, nonostante nelle scorse ore si siano rincorse sui media indiscrezioni in merito alla bocciatura di Hamas del piano americano. In risposta, i miliziani palestinesi hanno rispedito al mittente le “accuse” della stampa riferendo tramite un membro del loro ufficio politico, Izzat al-Rishq, che la risposta di Hamas “è stata positiva” e “apre un’ampia strada per raggiungere un accordo”. Ma restano alcuni nodi da sciogliere.

Tra questi – secondo due fonti egiziane citate dai media – Hamas vorrebbe garanzie scritte da parte degli Stati Uniti per un cessate il fuoco permanente e il ritiro delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza prima di firmare l’intesa. In ogni caso, Blinken ha chiarito che l’accordo resta sul tavolo e gli Stati Uniti lavoreranno per concluderlo: anche il G7 – stando alla bozza di dichiarazione dei leader rilanciata da Bloomberg – inviterà Hamas ad accettare l’intesa per il cessate il fuoco, mentre chiederà a Israele di allentare l’escalation di una “offensiva militare su vasta scala” a Rafah.

Resta la speranza: “Dovremo vedere nei prossimi giorni. Ma più si va avanti, più le persone soffrono”, ha detto Blinken. Continuano infatti i bombardamenti israeliani sulla Striscia e aumenta la conta dei morti. E insieme alla guerra, crescono le accuse di crimini contro l’umanità: investigatori indipendenti delle Nazioni Unite hanno accusato Israele e diversi gruppi armati palestinesi, compreso Hamas, di aver commesso “crimini di guerra” dallo scoppio del conflitto a Gaza il 7 ottobre.

“È imperativo che tutti coloro che hanno commesso crimini siano chiamati a risponderne”, ha dichiarato Navi Pillay, che presiede la commissione d’inchiesta secondo cui durante l’offensiva israeliana a Gaza sono state commesse atrocità quali “sterminio, persecuzione di genere, omicidio, trasferimento forzato, tortura e trattamenti inumani e crudeli”. Non si è fatta attendere la replica di Israele, che ha bollato il lavoro dell’Onu come il frutto di una “discriminazione sistematica anti-israeliana”.

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Arresto di Sansal incendia i rapporti Francia-Algeria

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Si infiammano i rapporti già tesi tra la Francia e l’Algeria per la sorte di Boualem Sansal, lo scrittore algerino che da qualche mese ha ottenuto anche la nazionalità francese. Da sabato scorso, quando è stato arrestato all’aeroporto di Algeri, non si sa più nulla di lui. Settantacinque anni, da 25 impegnato da scrittore contro il potere di Algeri e i cedimenti all’integralismo islamico, potrebbe – secondo fonti algerine – essere processato per “violazione dell’unità nazionale e dell’integrità nazionale del Paese”. Preoccupati i familiari, gli amici, i sostenitori, mobilitata la stampa e il mondo degli intellettuali francesi, silenzioso il governo di Parigi con l’eccezione di Emmanuel Macron, che ieri sera ha espresso pubblicamente la sua forte preoccupazione.

L’arresto di uno degli intellettuali più critici contro il potere di Algeri ha inasprito i già tesi rapporti tra Francia ed Algeria, che avevano fatto toccare proprio nelle scorse settimane nuovi picchi per la visita di Macorn in Marocco e i toni di grande vicinanza col regno di Mohammed VI. Oggi anche l’editore francese Gallimard, che pubblica le opere di Boualem Sansal fin dall’uscita del suo libro più famoso, ‘Le serment des barbares’ (Il giuramento dei barbari), si è detto “molto preoccupato” e ha chiesto la “liberazione” dello scrittore. “Sgomento” ha espresso per l’arresto di Sansal anche la sua casa editrice italiana, Neri Pozza.

Dopo l’intensificarsi della pressione mediatica sulla sorte dello scrittore, l’Algeria è uscita oggi duramente allo scoperto attraverso la sua agenzia di stampa, accusando Parigi di essere covo di una lobby “anti-algerina” e “filo-sionista”. L’agenzia Aps conferma, nella sua presa di posizione, l’arresto di Sansal e attacca senza mezzi termini Parigi, la “Francia Macronito-sionista che si adombra per l’arresto di Sansal all’aeroporto di Algeri”. “La comica agitazione di una parte della classe politica e intellettuale francese sul caso di Boualem Sansal – scrive l’agenzia di stato – è un’ulteriore prova dell’esistenza di una corrente d’odio contro l’Algeria. Una lobby che non perde occasione per rimettere in discussione la sovranità algerina”. Si cita poi un elenco di personalità “anti-algerine e, fra l’altro, filo-sioniste” che agirebbe a Parigi, e del quale farebbero parte “Éric Zemmour, Mohamed Sifaoui, Marine Le Pen, Xavier Driencourt, Valérie Pécresse, Jack Lang e Nicolas Dupont-Aignan”.

Ad offendersi, secondo l’Aps, è uno stato che “non ha ancora dichiarato al mondo se ha la necessaria sovranità per poter arrestare Benyamin Netanyahu, qualora si trovasse all’aeroporto Charles de Gaulle!”. L’agenzia passa poi all’attacco diretto di Macron e di Sansal stesso: il presidente che “torna abbronzato da un viaggio in Brasile” scrive Aps, parla di “crimini contro l’umanità” in Algeria ricordando la colonizzazione francese “ma prende le difese di un negazionista, che rimette in discussione l’esistenza, l’indipendenza, la storia, la sovranità e le frontiere dell’Algeria!”, riferendosi a Sansal. Nel suo primo e più celebre libro, Sansal racconta la salita al potere degli integralisti che contribuì a far precipitare l’Algeria in una guerra civile negli anni Novanta. I libri di Sansal, editi in Francia, sono venduti liberamente in Algeria, ma l’autore è molto controverso nel suo Paese, in particolare dopo una sua visita in Israele nel 2014.

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Il porno attore italo egiziano Sharif nel carcere di Giza, rischia 3 anni di carcere

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E’ un appello accorato quello che arriva dall’Egitto dalla madre di Elanain Sharif, quarantaquattrenne nato in quel Paese ma cittadino italiano, fermato al suo arrivo in aeroporto al Cairo. “Sono molto preoccupata perché mio figlio sta male. Aiutatemi, lui ha bisogno di me e io di lui. Non so cosa fare” ha detto la donna con un audio diffuso tramite il legale che l’assiste, l’avvocato Alessandro Russo. E proprio per accertate le condizioni in cui è detenuto, le autorità italiane hanno già chiesto a quelle egiziane di poter effettuare una visita in carcere, alla quale dovrebbe partecipare anche la donna, e sono in attesa di una risposta. Sharif è accusato di produzione e diffusione di materiale pornografico.

Si tratta di reato, secondo la normativa egiziana, punibile con una pena da 6 mesi a tre anni. Il capo di imputazione è stato comunicato dal Procuratore egiziano al legale del 44enne e in base al codice penale egiziano, un qualunque cittadino di quel paese che commette un reato, anche fuori dall’Egitto, può essere perseguito. Un principio giuridico analogo a quello previsto dal nostro ordinamento. L’ex attore porno è stato già ascoltato dal procuratore che ha convalidato il fermo per 14 giorni, disponendo che il caso sia nuovamente riesaminato il 26 novembre. Le Autorità egiziane stanno infatti attendendo il risultato della perizia tecnica sul materiale presente online. Dopo il fermo all’aeroporto, il 9 novembre, l’uomo si trova ora nel carcere di Giza. “E’ stato messo in carcere appena siamo arrivati in aeroporto” ha detto ancora la madre di Sharif dall’Egitto.

“Non posso sapere come sta – ha aggiunto – perché non riesco a parlarci e sono molto preoccupata”. Sono in particolare le sue condizioni di salute a preoccuparla perché, ha spiegato, “mio figlio ha subito tre interventi alla schiena, l’ultimo 30 giorni fa a Londra”. Dal giorno in cui è stato bloccato la madre ha incontrato un paio di volte il figlio. “La prima – ha detto il legale – il giorno dopo a quello in cui era stato preso in consegna dalle autorità, in carcere al Cairo e poi dopo cinque o sei giorni trasferito dove è ora e l’ha visto sempre per un paio di minuti”. Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. Vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aveva ricordato ieri il legale – Le procedure di arresto sono state fatte utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. L’avvocato Russo ha poi spiegato che la madre si trova ancora in Egitto “assieme al fratello, che lavora nella polizia egiziana, e spera di avere notizie di un suo rilascio”. Con la donna, e con gli avvocati italiano ed egiziano e le autorità del Cairo, sono in contatto fin dall’inizio della vicenda sia l’ambasciata italiana sia la Farnesina.

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Brasile: la Corte trova la maggioranza, Robinho resta in carcere

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La Corte suprema ha raggiunto la maggioranza dei giudici per rigettare gli appelli e mantenere in carcere l’ex calciatore Robinho. L’atleta è detenuto in Brasile dal 22 marzo e sta scontando una condanna a nove anni per uno stupro di gruppo commesso in Italia nel 2013. Finora sei giudici hanno votato per respingere la richiesta di scarcerazione di Robinho. Si tratta del relatore del caso Luiz Fux, oltre ai giudici Edson Fachin, Luís Roberto Barroso, Cristiano Zanin, Cármen Lúcia e Alexandre de Moraes. Solo Gilmar Mendes ha votato a favore. Il processo si conclude il 26 novembre.

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