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Economia

Contratto esercenti, 200 euro e misure anti-molestie

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Aumento salariale a regime da 200 euro, con la prima tranche che sarà corrisposta a giugno e per la prima volta nuove norme e interventi sulle politiche di genere con misure di contrasto alle molestie sui luoghi di lavoro. Sono questi alcuni dei principali capisaldi contenuti nel rinnovo del contratto nazionale Pubblici Esercizi Ristorazione Collettiva, Commerciale, e Turismo siglato oggi dai sindacati di categoria con le associazioni datoriali Fipe Confcommercio, Legacoop Produzione e Servizi, Confcooperative Lavoro e Servizi, Agci Servizi. Dopo che il vecchio era scaduto a il 31 dicembre 2021, il nuovo contratto contiene “aumenti salariali e interventi normativi che danno una risposta positiva alle esigenze degli addetti del settore”, hanno commentato Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs.

Soddisfatta anche Fipe-Confcommercio: “Il rinnovo di questo Ccnl, che rappresenta il terzo contratto di lavoro più applicato nel nostro Paese dopo quello del terziario e del settore metalmeccanico, rappresenta un risultato importante in vista dell’ormai imminente avvio della stagione estiva”, ha commentato. L’intesa, con vigenza l’1 giugno 2024 fino al 31 dicembre 2027, si legge in una nota congiunta delle tre sigle sindacali del settore, definisce un aumento contrattuale a regime di 200 euro al quarto livello, da riparametrare per gli altri. La prima tranche di aumento salariale di 50 euro sarà corrisposta con la retribuzione del mese di giugno 2024; seguiranno altre 4 tranche di 40, 40, 30 e 40 euro. Previsto l’aumento di 3 euro del contributo per l’assistenza sanitaria integrativa Fondo EST a carico delle aziende a partire dall’1 gennaio 2027. Sulla classificazione del personale è stato rivisto l’impianto esistente, aggiornando le figure professionali rispetto all’evoluzione dei vari comparti.

In relazione alla richiesta sindacale di specificare, per le addette mense, il passaggio dal 6° livello al 6° super, dopo lungo confronto, le parti hanno confermato l’automatismo del passaggio, rivedendone le tempistiche. Significativi gli interventi sulle politiche di genere; inserite per la prima volta nell’articolato normativo le misure di contrasto alle molestie e violenze nei luoghi di lavoro, prevedendo percorsi di formazione e informazione, tra i quali un’ora di assemblea retribuita dedicata e aggiuntiva. Previsti, poi, ulteriori 90 giorni di Congedo retribuito al 100% per le donne vittime di violenza di genere, in aggiunta ai novanta previsti dalla Legge, definita la possibilità di essere trasferiti in altre sedi di lavoro e di essere escluse da turni disagiati. Rivisitati, aggiornandoli alle norme di legge, gli articolati riferiti ai congedi di maternità e paternità obbligatori e facoltativi, migliorando l’articolato esistente, anche in riferimento alle pari opportunità e alla parità di genere.

Per le lavoratrici e i lavoratori part time è stato confermato un esame congiunto volto al consolidamento del lavoro supplementare svolto in maniera continuativa. Soddisfazione in casa sindacale per la sottoscrizione dell’intesa. “Un risultato rilevante ottenuto dopo un negoziato articolato e complesso, sostenuto anche con la mobilitazione» dichiarano Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, sottolineando «l’importanza di aver rinnovato il Contratto nazionale, definendo significativi aumenti salariali e positive modifiche normative, respingendo richieste di scambio diritti/salario. Una conquista importante per le lavoratrici e i lavoratori che riafferma la centralità e unicità del Contratto nazionale”.

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Economia

Tim tratta in esclusiva col Mef su Sparkle

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La vendita di Sparkle non solo porta nelle casse di Tim altri 700 milioni di euro ma risolverebbe una ‘anomalia’ nella struttura del gruppo che ormai si è dato un’impronta da ‘società di servizi’. Non è da escludere poi che la società dei cavi internazionali possa confluire nella rete unica a cui punta il Mef che, se realizzata entro il 2026, sbloccherebbe quei 2,5 miliardi di ‘earn out’ legati alla cessione di Netco a Kkr. La Borsa, dove il titolo ha fatto un altro piccolo passo avanti (+2% a 0,26 euro) e gli analisti leggono l’operazione come positiva e si aspettano che Tim accetti la proposta del Mef e, con una quota di minoranza, del fondo spagnolo Asterion, attraverso la controllata Retelit.

E Tim non perde tempo. Il cda, dopo meno di 24 ore, si riunisce, esamina la proposta e dà mandato all’amministratore delegato, Pietro Labriola, di avviare interlocuzioni con gli offerenti, in via esclusiva, finalizzate ad approfondire i profili economici e finanziari dell’operazione e a ottenere la presentazione – entro il 30 novembre – di un’offerta vincolante secondo i migliori termini e condizioni.

L’offerta che c’è ora in campo, rispetto alla precedente di 625 milioni di euro più 125 milioni di euro di earn-out, è qualitativamente migliorativa perché i 700 milioni offerti dal Mef e da Asterion sarebbero ‘tutti subito’. “Gli 0,7 miliardi di euro di liquidità in entrata si aggiungerebbero agli 0,24 miliardi proventi dalla vendita di Inwit – ricordano gli analisti di Mediobanca – con un ulteriore taglio di 1 miliardo di euro alla posizione debitoria di Tim, portando il rapporto di leva finanziaria (ebitda/debito) ben al di sotto di 2 volte”.

Equita e Intermonte hanno invece colto le recenti dichiarazioni del direttore generale del Mef Marcello Sala a un convegno che ha espressamente indicato l’obiettivo del governo di avere “un’unica società nel Paese per la fibra ottica”. “Riteniamo che il governo italiano sia estremamente interessato a evitare un default di Open Fiber anche per il rischio di perdere 1,8 miliardi di euro di fondi Pnrr se il progetto Italia a 1Giga non sarà completato entro giugno 2026” scrivono gli analisti.

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Economia

Zuckerberg batte Bezos, è il secondo più ricco al mondo

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Mark Zuckerberg supera Jeff Bezos e diventa il secondo uomo più ricco al mondo alle spalle di Elon Musk. Zuckerberg vale 210,7 miliardi di dollari contro i 209,2 di Bezos. Musk ha una fortuna di 262,8 miliardi. E’ quanto emerge dal Bloomberg Billionaires Index.

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Economia

Salvo l’uso di ‘bistecca’ e ‘salsiccia’ per prodotti veg

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In Francia e in Unione Europea l’uso di nomi tipicamente associati alla carne per i prodotti a base vegetale è salvo: i cibi a base di proteine vegetali potranno continuare a chiamarsi ‘salsicce’, ‘bistecche’ o ‘hamburger’ e nessuno Stato membro può impedirlo. Lo ha messo nero su bianco la Corte di Giustizia dell’Ue accogliendo, in forma di sentenza, l’istanza di quattro organizzazioni francesi attive nel settore dei prodotti vegetali e vegani (l’Association Protéines France, l’Union vegetarienne européenne, l’Association végétérienne de France e la società Beyond Meat Inc.) che hanno contestato al governo di Parigi un decreto che vietava l’uso di termini come ‘bistecca’ o ‘salsiccia’ per indicare prodotti a base vegetale.

Un decreto pensato, secondo Parigi, per tutelare la trasparenza delle informazioni sui cibi, ma finito prima sul tavolo del Consiglio di Stato francese, e poi direttamente alla Corte di Lussemburgo. Per i giudici comunitari le norme sull’etichettatura alimentare tutelano già “sufficientemente i consumatori”, anche in questi casi. Dunque, uno Stato membro “non può impedire con un divieto generale ed astratto” ai produttori di alimenti a base di proteine vegetali di adempiere all’obbligo di indicare la denominazione di questi alimenti con “denominazioni usuali” o “descrittive”. A meno che il Paese non abbia adottato una “denominazione legale” per indicarli e purché le modalità di vendita o di promozione di quel prodotto non siano fuorvianti per i consumatori, inducendoli all’errore.

La Corte dell’Ue parla alla Francia, ma in realtà parla a tutta Europa, dove l’uso di termini associati a cibi contenenti proteine animali a quelli vegetali è sempre più dibattuto, soprattutto per via della diffusione di questi ultimi sul mercato europeo. Le prime divisioni a Bruxelles sono emerse nel 2020, quando nel quadro dei negoziati sulla Politica agricola comune (Pac) al Parlamento europeo di Strasburgo ci fu il tentativo di inserire nella revisione delle norme una serie di emendamenti per eliminare l’uso delle denominazioni di carne per i prodotti a base vegetale. Ma il blitz fallì e il blocco di emendamenti al regolamento sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli fu respinto. Il dibattito è rimasto aperto ed è, tra l’altro, particolarmente sentito in Italia. La sentenza, ad esempio, potrebbe non piacere a Lega e FdI, che del divieto di etichettatura tradizionale per i prodotti veg ne hanno fatto da tempo una bandiera.

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