Il giorno dopo l’intervento del presidente Joe Biden sulla guerra a Gaza, la palla per una tregua nella Striscia appare nelle mani di Hamas, con gli Usa e i mediatori Egitto e Qatar in pressing perché le parti accettino l’intesa. Pur con un primo giudizio positivo, la fazione ha tuttavia fatto sapere che decisioni ultime spettano alla leadership all’interno di Gaza. Mentre il premier Benyamin Netanyahu – con un’inusuale nota del suo ufficio diffusa durante shabbat – è tornato a ribadire che non ci sarà un cessate il fuoco permanente senza la “distruzione” di Hamas. I leader di Hamas all’estero – ha riferito Haaretz citando fonti interne dell’organizzazione – hanno espresso sostegno alle proposte di Israele illustrate da Biden ma al tempo stesso hanno avvisato che la risposta definitiva sta a Yahya Sinwar, leader politico della fazione nella Striscia, e a Mohammed Deif, capo delle Brigate Qassam, ala militare del movimento.
E non a caso, visto che ai due spetta di attuare i dettagli dell’accordo in tre fasi che prevedono, tra l’altro, prima sei settimane di stop dei combattimenti e il rilascio dei circa 120 ostaggi israeliani da quasi 8 mesi a Gaza. Va poi considerato che per un eventuale accordo occorre anche il consenso della Jihad islamica – corresponsabile dell’attacco del 7 ottobre e che detiene una parte degli ostaggi – che invece sembra guardi “con sospetto” alla roadmap. “Le condizioni di Israele per porre fine alla guerra – ha puntualizzato Netanyahu – non sono cambiate: la distruzione delle capacità militari e di governo di Hamas, la liberazione di tutti gli ostaggi e la garanzia che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele”. Un messaggio secondo i media e analisti ribadito per la parte destra della sua maggioranza di governo – come Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich – del tutto contraria a un accordo e alla fine anche parziale della guerra. Per questo il premier ha sottolineato che “secondo la proposta Israele continuerà a insistere sul fatto che queste condizioni siano soddisfatte prima che venga messo in atto un cessate il fuoco permanente”. Altrimenti – ha insistito – sarebbe “un non-inizio”. Fatto sta che il quadro di insieme sembra si sia rimesso in movimento, riaccendendo una situazione che fino ad ora è stata di totale stallo nei negoziati. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken sta stendendo la sua tela diplomatica nei confronti dei Paesi arabi. In colloqui con i massimi diplomatici di Giordania, Arabia Saudita e Turchia, Blinken ha sottolineato che Hamas “dovrebbe accettare l’accordo senza indugio”.
Anche Egitto e Qatar, principali mediatori, si stanno muovendo per riannodare il filo dei colloqui dopo l’annuncio della roadmap. Fonti egiziane hanno riferito alla tv Al-Qahera News di “intensi sforzi per una ripresa dei negoziati” per una tregua nella Striscia “alla luce della recente proposta americana”, mentre il primo ministro qatarino, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, ha detto a Blinken che i mediatori sperano che tutte le parti accettino positivamente i principi della proposta sul cessate il fuoco. In serata, dopo il giro di telefonate di Blinken, i tre Paesi hanno rafforzato – in una dichiarazione congiunta – il loro invito ad Hamas e Israele a raggiungere l’intesa. Domenica al Cairo è inoltre dato per certo un incontro tripartito Egitto-Usa-Israele per sbloccare l’impasse al valico di Rafah, snodo principale per l’ingresso degli aiuti all’enclave palestinese. Un tema spinoso, visto che a Rafah continua la pressione militare dell’Idf nei confronti dei Battaglioni di Hamas e la messa in sicurezza da parte di Israele del ‘Corridoio Filadelfia’, la striscia di terra lungo il confine con l’Egitto. La roadmap rappresenta intanto una speranza anche per il Forum delle famiglie degli ostaggi israeliani che incalzano il governo di Netanyahu ad accettare l’intesa. Il gruppo ha fatto sapere che raggiungerà nelle prossime ore “ogni membro del gabinetto, del governo e della Knesset” per chiedere che “venga approvato l’accordo” con Hamas. “Il Forum – è scritto nell’appello – chiede il ritorno di tutti gli ostaggi sia per la riabilitazione sia per la sepoltura”.