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Esteri

Biden valuta l’ok a Kiev sugli attacchi in Russia

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Il presidente Usa Joe Biden “sta prendendo in considerazione” di revocare i limiti all’uso da parte di Kiev delle armi “a corto raggio” statunitensi per attaccare in Russia. A scriverlo è il Washington Post, secondo cui cresce la preoccupazione dell’amministrazione americana per la vulnerabilità ucraine sul campo di battaglia. Sarebbe l’ennesima svolta a favore delle richieste di Volodymyr Zelensky, con Mosca che accusa la Nato di trascinare il mondo verso una guerra totale e ha già allertato le forze nucleari. Nei corridoi della Casa Bianca il dibattito è aperto, mentre di ora in ora crescono gli Alleati che si dicono favorevoli a usare le armi occidentali in Russia, capitanati dalla Francia di Emmanuel Macron.

Resta invece inamovibile il no bipartisan dell’Italia, che esclude l’utilizzo del suo materiale militare per colpire il territorio russo e l’invio di soldati in Ucraina. Il portavoce del dipartimento di Stato Matthew Miller ha ribadito per il momento che “la politica Usa è quella di non incoraggiare né consentire attacchi al di fuori dei confini dell’Ucraina”. Ma la questione è ben più complicata, secondo le ricostruzioni dei media americani: il segretario di Stato Antony Blinken sarebbe infatti favorevole ad una revoca mirata del veto, per consentire di colpire almeno le basi vicino al confine da dove partono i missili russi. Contrari sarebbero invece il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan e, ad ora, il commander in chief in persona.

Le indiscrezioni giungono a poche ore dalla ministeriale Esteri della Nato in programma giovedì a Praga, dove i Paesi più inclini a “fare di più” per Kiev proveranno a convincere i più cauti a “rimuovere le restrizioni” sull’uso delle armi, secondo fonti dell’Alleanza. Sarebbero almeno dieci gli Stati favorevoli: il Regno Unito è stato il primo ad annunciare che l’Ucraina ha il diritto di colpire basi militari su suolo russo con armi britanniche. Il presidente francese Emmanuel Macron, mappa alla mano, ha chiesto di autorizzare l’Ucraina a colpire “in Russia” le postazioni da cui viene attaccata, mentre si prepara ad annunciare l’invio di “istruttori” in Ucraina, quasi certamente alle celebrazioni del D-Day accanto a Zelensky.

arsavia ha già precisato che “non ci sono restrizioni sulle armi polacche fornite all’Ucraina”, e anche Stoccolma – che ha annunciato aiuti militari per 1,16 miliardi di euro all’Ucraina – non è contraria all’uso delle armi svedesi in Russia. Della stessa idea sono Repubblica Ceca, Olanda e i Baltici. Per ultime, anche la Finlandia e il Canada hanno dato luce verde all’uso delle loro armi su suolo russo. La cordata dei favorevoli vede l’endorsement del segretario della Nato Jens Stoltenberg, che a Praga proverà a far sentire le loro ragioni. L’idea non è quella di favorire “un’escalation”, assicura una fonte atlantica.

Ma sarà difficile abbattere il muro dei contrari, tra questi l’Italia, con il ministro degli Esteri Tajani che da giorni ribadisce come il materiale militare italiano in Ucraina non potrà mai essere usato oltre confine. Più duro il vicepremier Matteo Salvini che senza mezzi termini ha attacco le “idee folli” da parte di Macron e anche del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che in realtà non si è espresso a favore dell’uso delle munizioni tedesche in Russia ma non ha nemmeno bocciato l’idea, parlando invece di “accordi confidenziali” sulle armi tra Kiev e Berlino e di necessità di “rispettare il diritto internazionale”. Contro la posizione di Parigi si è espressa anche la segretaria del Pd Elly Schlein, mentre per il leader M5s Giuseppe Conte l’Europa “è già in guerra” e le parole di Macron e Scholz sono “uno schiaffo” alla prudenza richiesta dalla premier Giorgia Meloni.

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Medjugorje, il Vaticano oggi fornirà una valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria

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Il Vaticano sta per fornire la sua attesa valutazione sulle presunte “apparizioni” della Vergine Maria nel villaggio di Medjugorje, situato nel sud della Bosnia. Dopo quasi 15 anni di studi, giovedì il cardinale Víctor Manuel Fernández, a capo dell’ufficio dottrinale del Vaticano, terrà una conferenza stampa sull’argomento, che il Vaticano ha definito “l’esperienza spirituale di Medjugorje”.

Dal 1981, sei bambini e adolescenti affermano di aver avuto visioni della Madonna, visioni che, secondo alcuni di loro, continuano regolarmente. Questo ha reso Medjugorje una meta di pellegrinaggio per milioni di credenti cristiani. Tuttavia, le apparizioni non sono mai state riconosciute ufficialmente dal Vaticano, che ha più volte espresso dubbi sulla loro autenticità.

Papa Francesco ha dichiarato che, pur avendo dubbi sulle visioni attuali, non si può negare l’impatto spirituale di Medjugorje sui pellegrini. Nonostante ciò, il Vaticano ha chiarito che non dichiarerà l’autenticità delle visioni, ma fornirà un orientamento dottrinale che permetta ai fedeli di esprimere la loro devozione senza contraddire la fede.

L’annuncio del Vaticano avrà un impatto significativo su Medjugorje, un luogo che dipende fortemente dal turismo religioso, con il 2024 previsto come un anno record di visite.

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Hezbollah sotto attacco, un colpo strategico senza precedenti del Mossad e delle Israel Defense Forces

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Le esplosioni che hanno recentemente colpito Hezbollah tra Libano e Siria hanno inflitto un durissimo colpo al “Partito di Dio”. Migliaia di feriti, una milizia disorientata e la catena di comando vulnerabile: questo è il quadro che emerge dalle operazioni orchestrate dall’intelligence israeliana, che ha ottenuto un risultato devastante senza ricorrere a un singolo attacco convenzionale. In pochi minuti, il Mossad e i servizi delle Israel Defense Forces (IDF) hanno messo in ginocchio la milizia guidata da Hassan Nasrallah, un risultato che in una guerra tradizionale sarebbe stato possibile solo dopo una lunga e costosa serie di attacchi.

Gli esperti sottolineano come questo attacco abbia reso temporaneamente inabili al combattimento migliaia di miliziani di Hezbollah, con ospedali e basi libanesi sovraffollati di feriti. Le esplosioni non hanno causato un elevato numero di morti, ma i danni fisici riportati dai membri della milizia sono stati gravi: ferite profonde, amputazioni, perdita della vista e dell’udito. Molti di questi combattenti non torneranno operativi prima di alcune settimane o mesi, mentre altri non saranno più in grado di combattere.

Un attacco non letale ma devastante

Le esplosioni, pur non essendo mortali, hanno causato danni significativi alle capacità operative di Hezbollah. Le testimonianze riportano ferite devastanti: mani esplose dopo aver afferrato i cercapersone, mutilazioni, e gravi traumi fisici che segneranno questi miliziani per tutta la vita. Questo non solo riduce il numero di combattenti pronti all’azione, ma li rende facilmente identificabili per le forze di intelligence israeliane, aumentando il rischio per Hezbollah.

La crisi della leadership e l’incubo logistico

Per Nasrallah, questo attacco rappresenta un vero incubo. La difficoltà nel rimpiazzare rapidamente i feriti, mantenendo un livello operativo efficiente, è una delle principali preoccupazioni. A differenza di altre organizzazioni, Hezbollah non può semplicemente reclutare chiunque: ha bisogno di combattenti addestrati, molti dei quali hanno già partecipato alle operazioni in Siria o hanno lanciato missili contro Israele. Inoltre, la base di reclutamento è limitata alla comunità sciita, in particolare ai fedeli di Nasrallah, escludendo il movimento Amal, complicando ulteriormente il processo di rimpiazzo.

Un colpo alla comunicazione: l’offensiva digitale

Uno degli effetti più gravi di questo attacco è la paralisi delle comunicazioni all’interno del movimento. Hezbollah, nel tentativo di evitare cyberattacchi, aveva recentemente abbandonato l’uso dei cellulari in favore dei cercapersone (pager), considerati più sicuri. Tuttavia, questo sistema si è rivelato vulnerabile, e ora l’organizzazione si trova in difficoltà. Senza cercapersone, dovrà tornare a utilizzare vecchi sistemi di comunicazione, come linee telefoniche obsolete, che sono facilmente intercettabili da Israele e da altri avversari.

La sfida per Hezbollah è dunque doppia: da un lato, gestire una crisi umanitaria e militare senza precedenti; dall’altro, trovare nuovi metodi di comunicazione sicuri e immediati. Questo scenario di paralisi inquieta i vertici del movimento, soprattutto in vista di un possibile attacco terrestre da parte di Israele.

Questo attacco non convenzionale ha dimostrato la potenza strategica dell’intelligence israeliana, capace di infliggere un duro colpo a Hezbollah senza entrare direttamente in conflitto armato. Il “Partito di Dio” si trova ora in una posizione estremamente vulnerabile, e la capacità di reagire sarà cruciale per il suo futuro.

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Venezuela, El Pais: saccheggiati 4 miliardi di petrolio

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La compagnia pubblica Petroleos del Venezuela S.A. (PDVSA) sarebbe al centro di uno dei maggiori scandali di corruzione nel Paese. Secondo un’inchiesta pubblicata dal quotidiano spagnolo El País, un gruppo di ex gerarchi chavisti e imprenditori ha saccheggiato circa 4,2 miliardi di dollari (oltre 3,7 miliardi di euro) alla compagnia. Questo colossale furto non ha solo colpito le finanze dell’azienda, ma ha anche avuto un impatto devastante sull’economia venezuelana, sostiene il quotidiano.

Lo schema di corruzione è stato operativo tra il 2007 e il 2012, durante i governi dell’ex presidente Hugo Chávez. I coinvolti, tra cui alti funzionari di PDVSA e imprenditori legati al regime, hanno utilizzato una complessa rete di tangenti e commissioni illegali per dirottare fondi. Aziende, principalmente cinesi, pagavano commissioni fino a un 10% per aggiudicarsi contratti milionari con la compagnia statale Uno dei personaggi chiave in questo intrigo è Diego Salazar, cugino dell’ex ministro di Energia ed ex presidente di PVDSA, Rafael Ramírez. La rete di corruzione non includeva solo funzionari e impresari: tra di loro c’erano regine di bellezza, ambasciatori, attrici e avvocati.

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