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Ambiente

Caldo e inquinamento minacciano gli allevamenti di ostriche

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L’inquinamento e il cambiamento climatico stanno mettendo a dura prova gli allevamenti di ostriche in tutto il mondo. Questi prelibati molluschi bivalvi sono infatti una cartina tornasole della qualità delle acque nelle foci e negli habitat marini e anche minime variazioni di temperatura e salinità possono essere mortali per le ostriche sia selvagge che allevate. In Europa, la Francia è il primo produttore (70%), seguita da Irlanda (20%) e Italia (10%). Lungo la nostra costa adriatica, stando all’ultima mappatura Ispra, è stato avviato l’allevamento di un milione di larve di ostriche in vista della ricostruzione dei banchi di ostrica piatta europea (Ostrea edulis, una specie autoctona dell’Adriatico), in cinque regioni italiane: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Abruzzo.

A livello globale, si stima che l’85% dei banchi naturali di ostriche sia andato perduto. Il modello produttivo irlandese sembra tuttavia vincente. grazie alle maree e alla qualità delle acque dolci che affluiscono in mare, salvaguardate dal basso impatto antropico e dal minimo utilizzo della chimica negli allevamenti bovini e ovini. Il valore totale delle esportazioni di molluschi irlandesi in Italia nel 2023 è di 60 milioni di euro, pari a 4.238 tonnellate e nel 2023 sono cresciute del 23% in valore, nonostante un calo del 4% in volume, secondo dati di Bord Bia.

“Le nostre varietà di ostriche – spiega Kian Louet-Feisser, seconda generazione di un piccolo stabilimento, Carlingford Oyster Ltd, che produce circa 200 tonnellate l’anno di Irish Rock Oyster – sono tipicamente concave, furono introdotte dai Portoghesi nel 1700. Rispetto ai colleghi francesi lavoriamo in un mare più aperto, dove le maree sono un alleato importante e naturale per accompagnare la crescita delle ostriche che dura circa tre anni dall’inseminazione. Sono circa 6 milioni i semi, principalmente prodotti in Francia, che mettiamo a coltura ogni anno in una sorta di sacchi metallici traforati e legati l’uno all’altro in fila.

Qui l’acqua è molto fredda, per questo ci mettono tre anni per crescere, mentre in Italia la maturazione necessita circa un anno e mezzo. Più o meno metà tempo, ma noi non dobbiamo creare le maree artificialmente e l’acqua ha temperature ottimali e tutto questo è un bel risparmio di costi”. Louet-Feisser osserva inoltre: “il nostro è un lavoro 100% naturale e artigianale: come per lo Champagne, dobbiamo fare manualmente la rotazione dei contenitori e poi verificare l’assenza di parassiti.

Al gusto il sapore cambia di costa in costa, il nostro è più salino e iodato, e la forma concava permette un buon sviluppo della componente grassa utile a permettere persino cotture alla brace o in affumicatore”. Tra i 18 dipendenti della Carlingford c’è l’italiano Davide Orlandi: “avevo un ristorante nel basso Lazio, sono originario della Valle del Comino (Frosinone) – racconta – e Carlingford era tra i fornitori. Poi, dopo una esperienza negli Usa, venendo qui, due anni fa, sono rimasto affascinato dalla lavorazione e il paesaggio mi ricorda quello dei vigneti, con i filari tra terra e mare.ò

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In 10 anni 146 disastri meteo, agricoltura in ginocchio

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In Italia negli ultimi dieci anni, in particolare dal 2015 al 20 settembre 2024, sono stati registrati 146 eventi meteo estremi che hanno causato danni all’agricoltura, pari al 7,4% del totale degli eventi avvenuti nello stesso periodo in Italia. Lo evidenzia il report Città Clima – speciale Agricoltura di Legambiente realizzato in collaborazione con il Gruppo Unipol – indicando che “preoccupa in particolare l’accelerata degli ultimi due anni 2023-2024, con 79 eventi meteo estremi con danni al settore, che è oltre la metà del totale registrato negli ultimi 10 anni. Sei le regioni più colpite: Piemonte con 20 eventi, seguito da Emilia-Romagna (19), Puglia (17), Sicilia e Veneto (ciascuna con 14), Sardegna (11) con danni alle produzioni di frutta, ortaggi, mais, barbabietole, frutteti e vigneti che sono stati sradicati.

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Ambiente

Trovato un ecosistema preistorico fossile in Valtellina

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Orme di anfibi e rettili, ma anche piante, semi, impronte di pelle e persino gocce di pioggia: è un vero e proprio ecosistema fossilizzato su lastre di arenaria, quello scoperto nel Parco delle Orobie Valtellinesi in provincia di Sondrio. Riportato alla luce dallo scioglimento di neve e ghiaccio causato dal cambiamento climatico, conserva tracce di vita risalenti a 280 milioni di anni fa. I primi reperti, recuperati pochi giorni fa a 3.000 metri di quota con una spettacolare operazione supportata da un elicottero, sono stati mostrati per la prima volta al Museo di Storia Naturale di Milano.

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Copernicus: 2024 l’anno più caldo, sforerà limite 1,5 gradi

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Il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato, e la temperatura media globale sarà più di 1,5 gradi sopra i livelli pre-industriali, probabilmente più di 1,55 gradi. Lo scrive in un comunicato il servizio meteo della Ue, Copernicus.

“L’anomalia media della temperatura globale per i primi 10 mesi del 2024, da gennaio ad ottobre – scrive Copernicus -, è stata di 0,71 gradi superiore rispetto alla media 1991-2020: è la più alta mai registrata per questo periodo, e di 0,16 gradi più alta dello stesso periodo del 2023”.

Secondo il servizio meteo della Ue, “è ora virtualmente certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato. L’anomalia della temperatura media per il resto del 2024 dovrebbe crollare quasi a zero perché il 2024 non risulti l’anno più caldo”. Inoltre, prosegue Copernicus, “dato che il 2023 è stato 1,48 gradi sopra il livello pre-industriale, è virtualmente certo che la temperatura globale annuale per il 2024 sarà di più di 1,5 gradi sopra il livello pre-industriale, ed è probabile che sarà superiore di più di 1,55 gradi”.

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