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Von der Leyen guarda a Meloni: con lei lavoro bene

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L’apertura a Giorgia Meloni è un fatto. La chiusura a Marine Le Pen una certezza finora granitica. Il dialogo con l’intero gruppo dei Conservatori e Riformisti, del quale Fdi è parte, un rebus molto complicato. Ursula von der Leyen, in occasione del dibattito tra gli Spitzenkandidaten all’Eurocamera, ha cominciato a dare qualche indizio in più sulla maggioranza che ha in mente per una sua possibile conferma. Una maggioranza in cui la premier italiana potrebbe avere il suo posto.

“Lavoro bene con lei, è un’europeista”, ha sottolineato la presidente della Commissione uscente rimarcando come Meloni sia stata “chiara anche sulla posizione contro Putin”. Filo-Ue e filo-Ucraina: due dei tre elementi richiesti dal Ppe per entrare in maggioranza sono pienamente rispettati da Fdi, secondo von der Leyen. Ma la candidata è rimasta ben più vaga sulla terza condizione, il rispetto dello Stato di diritto. Sulla comunità Lgbtiq+ “abbiamo un approccio completamente diverso”, sono state le sue parole. Il dibattito nell’emiciclo dell’Eurocamera, a Bruxelles, è stato probabilmente anche l’ultimo tra gli Spitzenkandidaten prima del voto.

Oltre a von der Leyen sul palco sono saliti Nicolas Schmit, candidato dei Socialisti, Terry Reintke, nome di punta dei Verdi e Sandro Gozi, nel Team Europe dei liberali. Il gruppo Ecr, che ha deciso di non avere un suo Spitzenkandidat non ha inviato un suo rappresentante. Assente anche l’estrema destra del gruppo Id, presente ai due precedenti dibattiti pubblici con il danese Anders Visisten. Ma la destra è stato comunque il convitato di pietra del dibattito, trasmesso in eurovisione. E dell’Italia si è parlato eccome.

L’apertura di von der Leyen a Meloni ha fatto andare su tutte le furie sia i Socialisti che i liberali. “Più lei apre a Meloni e a Fratelli d’Italia, più noi diciamo no. Se vuole aprire a questi, rinuncia a noi”, ha avvertito Gozi. L’attacco di Schmit al governo è stato frontale. “Vediamo cosa fa la destra in Italia dove i diritti delle donne e dei media” sono “sotto attacco”, ha sottolineato il lussemburghese, innescando la veemente replica dei meloniani. “Elly Schlein si dissoci immediatamente da queste parole inaudite”, ha tuonato Carlo Fidanza.

Eppure, al di là dei piccati botta e risposta, per von der Leyen il problema si pone. La stessa segretaria del Pd, in un’intervista a La Stampa, ha ricordato che “a Berlino insieme a Scholz e a tutte le altre forze del Pse abbiamo detto che mai saremo in coalizione con le forze nazionaliste”. Il tema è proprio questo: qual’è il confine che il Ppe e von der Leyen pongono nella scelta dei loro alleati. Il leader dei Popolari, Manfred Weber, ha chiarito che il punto di partenza sarà la cooperazione con Socialisti e Renew. Ma ci sono due elementi da considerare: la maggioranza Ursula avrà molto probabilmente meno seggi; i rapporti tra Ppe e S&d sono ai minimi. A ciò va aggiunto che i liberali stanno vivendo giorni di tempesta, dopo l’accordo della loro componente olandese con l’estrema destra di Geert Wilders.

A Meloni Weber guarda da tempo. E anche il leader dei Popolari spagnoli, Alberto Núñez Feijóo, ha sottolineato come Fdi non sia “omologabile ad altri partiti estremisti”. Ma l’apertura non è a tutto il gruppo Ecr. Non lo è ai polacchi di Pis, ad esempio. E non lo sarà mai a Viktor Orban, se Fidesz fosse accolto dai Conservatori. In questo quadro lo strappo di Marine Le Pen, che ha innescato l’espulsione di AfD dal gruppo Id, ha ancor di più mosso le acque. La leader del Rassemblement National ha da tempo smussato i toni, rendendo i suoi discorsi più istituzionali. Von der Leyen, tuttavia, ha chiarito di non aver cambiato idea. “Le Pen e AfD vogliono distruggere l’Ue, hanno nomi diversi ma sono amici di Putin”. Antonio Tajani, che con FI è parte integrante del Ppe, lo va ripetendo da giorni. “Sorprende che Tajani ignori il nostro programma, è un errore affermare che vogliamo uscire dalla Nato”, ha sbottato Le Pen. “E’ un bene che Id abbia espulso AfD ma il problema resta Le Pen”, ha replicato il ministro degli Esteri italiano.

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Università e ospedali plurisecolari su francobolli Italia

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Tre universita’ e cinque ospedali ”storici” italiani compariranno sui francobolli italiani. L’emissione dedicata alle università e’ stata emessa oggi e riguarda le universita’ di Napoli, Trieste e Firenze. La serie dedicata agli ospedali comparira’ invece il 24 novembre prossimo e riguardera’ ospedali di Roma, Milano, Napoli, Venezia e Firenze. Le vignette dei francobolli (tutti validi per la posta ordinaria) mostrano per le universita’:

  • -una prospettiva della facciata principale dell’Università degli Studi di Napoli” Federico II” istituita il 5 giugno 1224 dall’Imperatore del Sacro romano Impero;
  • -su uno sfondo che riprende i colori istituzionali del centenario dell’Università degli Studi di Trieste, una rivisitazione del logo dell’anniversario che raffigura, un’illustrazione al tratto, l’edificio centrale dell’Ateneo;
  • -l’ingresso del Rettorato dell’Università degli Studi di Firenze che, nel 2024, celebra i 100 anni dalla sua fondazione; Per gli ospedali le vignette mostrano;
  • -ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze: il Loggiato di ingresso, progettato da Bernardo Buontalenti nel 1574, in cui è visibile l’affresco “Annunciazione” del XVII secolo attribuito al Pomarancio; -ospedale civile Santi Giovanni e Paolo di Venezia;
  • – il Portego delle Colonne della Scuola Grande di San Marco a Venezia (1485-1495);
  • -Ca’ granda ospedale maggiore policlinico di Milano: la Sala del Capitolo d’estate, edificata nel 1637 su progetto di Francesco Richini, che ospita l’archivio storico;
  • -ospedale di Santo Spirito in Sassia di Roma: le Corsie Sistine risalenti al XV secolo; -ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili di Napoli: la Farmacia storica degli Incurabili con i vasi in maiolica del 1747-1751.

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Giustizia, stretta sulle toghe politicizzate e sui reati informatici: il decreto del governo in arrivo

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La riforma della giustizia torna al centro del dibattito con il nuovo decreto che il governo si appresta a varare lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Tra le novità principali, spiccano due misure destinate a far discutere: l’introduzione di sanzioni per i magistrati che non rispettano il dovere di astensione in casi di conflitto di interesse e una stretta sui reati informatici e sul dossieraggio illegale.

Sanzioni per le toghe politicizzate

Il decreto introduce una nuova norma che obbliga i magistrati a astenersi dal giudicare su questioni rispetto alle quali si sono già espressi pubblicamente attraverso editoriali, convegni o social network. In caso di violazione, il Consiglio Superiore della Magistratura potrà adottare sanzioni che vanno dall’ammonimento alla censura, fino alla sospensione.

Secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, questa norma intende tutelare il principio di imparzialità della magistratura, un obiettivo che la maggioranza considera fondamentale per garantire l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

La misura ha già suscitato polemiche tra le toghe e riacceso il dibattito sulla presunta politicizzazione della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) ha espresso preoccupazione per quella che definisce un’“invasione di campo” da parte del governo.

La questione delle migrazioni e il caso Silvia Albano

La norma sulle toghe politicizzate sembra trarre origine da recenti tensioni tra il governo e alcune sezioni della magistratura, in particolare sui temi legati all’immigrazione. Emblematico il caso della giudice Silvia Albano, che aveva criticato l’accordo tra Italia e Albania sui migranti, trovandosi poi a giudicare direttamente su questa materia.

Albano, presidente di Magistratura Democratica, è stata bersaglio di critiche da parte della maggioranza per la sua posizione pubblica contro il “decreto Paesi sicuri”. La sua decisione di non convalidare il trattenimento di 12 migranti nel centro italiano in Albania ha sollevato ulteriori tensioni.

Stretta sui reati informatici e dossieraggi

Il decreto affronta anche il problema dei reati informatici, introducendo nuove misure per contrastare l’accesso abusivo ai database pubblici. Tra le novità principali:

  • Arresto in flagranza per chi viola sistemi informatici di interesse pubblico, militare o legati alla sicurezza nazionale.
  • Trasferimento delle indagini sui reati di estorsione tramite mezzi informatici alla procura Antimafia, guidata da Giovanni Melillo.

Queste misure arrivano in risposta a recenti scandali legati al dossieraggio illegale, come l’indagine della DDA di Milano sulla “centrale degli spioni” che trafugava dati sensibili da banche dati governative, coinvolgendo figure politiche di primo piano come la premier Giorgia Meloni.

Un antipasto per la riforma delle carriere

Questo decreto rappresenta solo l’inizio di un più ampio progetto di riforma delle carriere di giudici e pm che il governo sta portando avanti in Parlamento. La maggioranza intende ridefinire i rapporti tra i poteri dello Stato, nonostante le inevitabili polemiche con la magistratura.

Secondo il ministro Nordio, l’obiettivo è garantire un sistema giudiziario più equo e trasparente, ma l’ANM e altre voci critiche temono che queste misure possano indebolire l’autonomia delle toghe.

Un Natale caldissimo per la giustizia italiana

Le nuove norme, che toccano temi delicati come la gestione dell’immigrazione, i reati informatici e l’imparzialità dei magistrati, promettono di accendere il dibattito politico e giudiziario. Il governo va avanti, ma il confronto con le toghe e le associazioni di categoria si preannuncia acceso.

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Bocchino: dall’Italia verso un’internazionale conservatrice

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La vittoria elettorale della destra “avviene perché la sinistra prima è stata considerata inaffidabile per paura del comunismo, oggi è considerata inaffidabile perché si prende a cuore temi come l’immigrazione irregolare, che gli italiani non vogliono, o i diritti delle comunità LGBTQI+, che certo devono essere garantiti ma che riguardano comunque una minoranza dell’1,6% della popolazione, e perchè ha abbracciato la globalizzazione selvaggia, che è una cosa che fa paura agli italiani”.

Lo ha detto Italo Bocchino (foto imagoeconomica in evidenza) a margine della presentazione del suo libro “Perchè l’Italia è di destra” a Napoli, a cui hanno assistito anche il capo della procura partenopea Nicola Gratteri e l’ex ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, mentre sul palco sono intervenuti il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.

“Giorgia Meloni – ha proseguito Bocchino – ha fatto da apripista in Italia, dando vita a una destra che ha stupito, perché tutti si aspettavano una destra neofascista mentre si sono trovati una destra che rappresenta un conservatorismo nazionalpopolare.

E così si resta stupiti anche dal risultato degli Stati Uniti, che un po’ ricalca quel modello, e di quello che accade in alcuni paesi europei e in Sudamerica. Quindi c’è l’ipotesi che nasca nel prossimo decennio un’internazionale conservatrice e che abbia un grandissimo peso nella politica mondiale: in questo contesto, tra i leader sicuramente ci sarà Giorgia Meloni. Immaginiamo il prossimo G7, guardate la foto del prossimo G7: ci sono Scholz e Macron zoppicanti, lo spagnolo che ha problemi in casa, il giapponese che ha problemi in casa, il canadese che ha problemi in casa e due in splendida salute che sono Giorgia Meloni e Trump. Questo è il mondo oggi”.

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