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Pogacar onnipotente a Livigno, uno dei giorni più belli

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Un uomo solo al comando. La sua maglia non è biancoceleste ma di un un rosa che riflette i raggi del sole sulla neve a bordo strada; la tappa non è la mitica Cuneo-Pinerolo ma un durissimo arrivo sulle rampe di Livigno; il suo nome non è Fausto Coppi ma Tadej Pogacar. A distanza di 75 anni, la sensazione di onnipotenza è la medesima. Scatta sul Foscagno a 15 km dall’arrivo e fa letteralmente il vuoto: il gruppo è inerme, non prova nemmeno rispondere al suo attacco e sale regolare per evitare una punizione ancora più severa. Quella del fuoriclasse sloveno è una ritmata marcia solitaria che ha il sapore delle principali imprese in Maglia Rosa dei tempi recenti: Nibali nella tormenta della Tre Cime di Lavaredo nel 2013 e Egan Bernal a Cortina nel 2021. Vincere è bello, stravincere è meglio.

Nei primi due chilometri in solitaria Pogacar dimezza gli oltre 3′ di svantaggio dalla coppia formata da Steinhauser e dal vincitore del Giro 2014 Nairo Quintana e stacca il plotone degli uomini di classifica di oltre un minuto. E piano piano riprende tutti: prima la decina dei fuggitivi della prima ora, sverniciandoli al doppio della velocità; poi il tedesco; infine, il colombiano, a due chilometri dall’arrivo. Proprio quando la strada si trasforma in un inferno con punte al 19% sulla pista da sci del Mottolino. Pogacar fa un altro sport, è un marziano sceso sulla Terra.

Vince in surplace su un ex bambino prodigio come Quintana (29”), saluta agilmente un giovane di bellissime speranze come Steinhauser (2’32’) e umilia chi pensava di poterlo contrastare: Martinez e Thomas arrivano a 2’50”, O’Connor a 2’58”. Gli altri naufragano: Zana a 3’35, la Maglia Bianca Tiberi a 3’59” (ora Arensman è a soli 19”), Fortunato a 5’24”. “Questo è senza dubbio uno dei giorni più belli della mia carriera – dice dopo l’arrivo -. Avevamo l’idea di vincere questa tappa fin da dicembre, siamo stati perfetti come squadra. Sono davvero molto contento di aver avere vinto la tappa regina a Livigno che è uno dei miei posti preferiti in Italia”.

Il rapporto tra Pogacar e Livigno è consolidato da anni: lo sloveno è solito allenarsi in altura tra queste salite, oltre che divertirsi sulle piste da sci. “Abbiamo attaccato proprio come l’avevamo studiata – la sua rivelazione -. E pensare che ad inizio giornata non mi sembrava davvero di stare bene, pensavo non fosse la mia giornata migliore”. Nell’ultima settimana Pocagar può andare a caccia di altri record, dopo 4 vittorie già messe in tasca (Oropa, Prati di Tivo, la cronometro di Perugia e, appunto, Livigno): era dal 1954 che la Maglia Rosa non aveva un vantaggio così cospicuo sul secondo dopo 15 tappe (Carlo Clerici con 14’18” su Gerrit Voorting). Un divario, per quanto visto, destinato solo a dilatarsi. Lunedì di riposo, martedì altro arrivo in salita, a Santa Cristina di Val Gardena.

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Conte: avrei messo firma per essere a 16 punti

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“A inizio campionato avrei messo la firma per 16 punti dopo 7 giornate. Essere primi alla sosta fa piacere, soprattutto per la mia famiglia che mi sta accanto. I tifosi non devono lasciarsi condizionare da un risultato. Dobbiamo capire i nostri obiettivi, il nostro percorso. Apriamoci comunque a quest’entusiasmo, non vogliamo chiuderci a riccio”. Antonio Conte è soddisfatto della sua squadra e della conferma in vetta alla classifica grazie alla vittoria con il Como.

“Mi è molto piaciuta la partenza -osserva – anche perché abbiamo trovato subito un gol che deriva da una situazione studiata in allenamento. poi abbiamo cercato di rimanere in gestione ma il ritmo, nonostante che ci alleniamo tanto per essere sempre intensi, è un po’ calato”. “Nel primo tempo – spiega Conte – abbiamo concesso tre conclusioni pericolose da fuori aria e così è venuto anche il gol. Nell’intervallo abbiamo cambiato qualcosa a livello tattico anche perché loro creavano una eccessiva superiorità a centrocampo. Siamo riusciti ad essere più aggressivi nei più compatti e a gestire la palla in maniera migliore. Abbiamo vinto meritatamente contro una squadra molto ben attrezzata, quella che in Serie A sta meglio di tutti”.

“Mi è piaciuto molto il secondo tempo dei miei ragazzi – aggiunge il tecnico del Napoli – sia per personalità che per il carattere dimostrato. Anche a livello tattico siamo stati abbastanza bravi. Nella ripresa siamo riusciti ad essere più incisivi negli scontri e nei duelli. Nell’intervallo avevo fatto notare ai miei che su 22 duelli ne avevamo vinti soltanto otto. Poi la situazione è cambiata e questo mi fa molto piacere perché significa che nelle difficoltà siamo in grado di modificare la situazione”. “Credo dunque – conclude – che da questa partita siano arrivate risposte importanti”.

Cesc Fabregas è deluso per il risultato ma non per il gioco espresso dalla sua squadra. “Abbiamo giocato bene nei primi 60 minuti – dice – non solo nel primo tempo, ma poi il Napoli è cresciuto. A noi manca un po’ di cattiveria. Siamo ancora giovani e dobbiamo essere più furbi anche se in generale siamo sulla strada giusta”. “Ora – aggiunge il tecnico del Como – è importante non mollare, d’altronde siamo solo all’inizio. Se perdi 3-1 e si cambia non ha senso. Faremo il possibile per battere il Parma”.

“Ho visto un buon Napoli dopo 60 minuti – dice ancora Fabregas – e un grande Napoli dopo il terzo gol. Dobbiamo essere più bravi e più forti in tutte le fasi del gioco e non commettere errori banali. E’ successo col Bologna, anche a Verona. Dobbiamo essere tranquilli di testa”. Fabregas infine si sofferma sulla prestazione di alcuni protagonisti della gara. “Nico Paz – conclude – l’ho visto pronto fisicamente. Il mio progetto era di farlo crescere in due o tre mesi, ma ho visto subito le sue qualità. Neres è fortissimo. Lobotka mi fa impazzire, se me lo dessero giocherei volentieri con undici Lobotka”.

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Pogba: incubo finito, non vedo l’ora di tornare

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La storia di Paul Pogba sembra avere il lieto fine. Il Tribunale arbitrale dello sport (Tas) di Losanna ha ridotto in appello da quattro anni a diciotto mesi la squalifica per doping inflitta al francese della Juventus, che potrebbe potrà tornare ad allenarsi a gennaio 2025 e alle competizioni a marzo. Un portavoce del Tas ha confermato all’Afp l’indiscrezione-bomba, che era stata lanciata dal sito del quotidiano britannico Daily Mail.

Le voci che arrivavano da Oltremanica sui social sono diventate virali nel giro di pochissimo anche se dalla Continassa non si sono voluti sbilanciare, in attesa di notizie ufficiali. Eppure, l’aggiornamento sui social del ‘Polpo’ sembrava essere già una chiara conferma di quel che accadrà: in serata, infatti, il francese ha pubblicato un post muto con il simbolo di una clessidra e un primo piano dei suoi piedi e caviglie con scarpe da calcio e calzettoni con bandiera francese, la sigla PP (Paul Pogba) e il numero 6. Da lì a poco, tanti suoi amici e compagni hanno piazzato like e commenti, da Vlahovic a McKennie, fino a Dybala che ha ricondiviso il suo messaggio e Mbappé che ha scritto “Oh Signore”.

Così sembra davvero che Pogba stia tornando ad un anno di distanza dall’inizio dell’incubo. L’ultima apparizione fu il 3 settembre del 2023 sul campo di Empoli, dove la Juve guidata da Allegri trionfò per 2-0. Poi il francese è finito nel tunnel del doping, con l’accusa peggiore che ci possa essere per uno sportivo, il doping, dopo un controllo nel post-partita della gara di Udine del 20 agosto dell’anno scorso. Poi dalla sospensione si è arrivati alla maxi-squalifica di quattro anni per aver assunto, durante le vacanze a Miami, un integratore che conteneva una sostanza vietata.

Pogba si è sempre professato innocente ma la sua battaglia legale sembrava ormai persa e la sua carriera era appesa a un filo. Ora, a 397 giorni di distanza dall’ultima apparizione in campo, ecco la svolta: “Posso confermare la decisione: sono 18 mesi di sospensione con effetto dall’11 settembre 2023. Potrà tornare alle competizioni il prossimo marzo”, le parole del portavoce del Tribunale arbitrale. ‘PogBack’ era il suo motto quando doveva rientrare da un infortunio. E adesso il ‘Polpo’, che a marzo compirà 32 anni, è pronto per sfoggiarlo anche dopo la più brutta vicenda della sua carriera.

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Al Verona il derby col Venezia, decide autogol Joronen

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Una papera di Joronen regala al Verona la vittoria nel derby con il Venezia. Una gara giocata a ritmi altissimi nel primo tempo, decisamente meno bella nella ripresa. Verona che è bravo a reagire subito all’immediato svantaggio, undici lagunare che ancora una volta, era accaduto anche a Roma, subisce una rimonta letale. Venezia che scende in campo in formazione annunciata, con Doumbia alla prima da titolare a centrocampo, Verona che cambia modulo ed interpreti perchè si passa al 4-4-2, viste le lacune difensive, con Magnani e il debuttante Ghilardi centrali, il croato Bradaric a sinistra e in attacco coppia “pesante” con Tengstedt e Mosquera. All’alba del match sono gli ospiti a mettere la freccia.

Angolo ben calciato da Nicolussi Caviglia, dormita della retroguardia gialloblù, in primis di Montipò e palla che rimbalza dentro l’area piccola trovando il colpo di testa di Oristanio sul secondo palo. E’ la miccia che accende immediatamente la partita. I ritmi si alzano subito, l’intensità delle giocate è rilevante. Verona che arriva in breve al pareggio. Prima Lazovic di testa su assist di Bradaric cestina un gran cross, poi giocata palla a terra dell’Hellas, Mosquera la alza sopra la linea difensiva del Venezia e Tengstedt trova una grande coordinazione e al volo supera Joronen.

Non si placa la gara nonostante il pareggio conquistato con rapidità. Tengstedt ha nell’azione successiva al gol la palla del sorpasso, la difesa del Venezia di salva con affanno, Bradaric scalda i guantoni a Joronen ma dall’altra parte è Haps che cestina, incredibilmente, una ghiotta opportunità tutto solo davanti a Montipò. Ma l’Hellas è assente in difesa perchè ancora una volta il Venezia si divora un’altra occasione pazzesca. Traversone dalla destra, Ghilardi contiene di testa Pohjanpalo, pallone che resta dentro l’area degli scaligeri ma il drop di Doumbia finisce in curva. Le due palle gol fanno alzare il baricentro del gioco del Venezia che dopo un nomento di appannamento torna a prendere campo, lasciando al Verona il gioco di rimessa. Primo tempo, tuttavia, piacevole, condito anche da tanti errori ma giocato a ritmi davvero elevati.

In avvio di ripresa è ancora il Venezia a solleticare la difesa del Verona con Montipò che respinge a mani aperte il destro dal limite di Busio. Ancora una volta la risposta dell’Hellas arriva da un colpo di testa di Magnani su angolo di Lazovic, ospiti che si salvano non senza correre pericoli. Match che scende di tono, le squadre respirano un pochino, i tecnici provano a far girare a proprio vantaggio la contesa con le scelte della panchina, Di Francesco mette dentro più qualità con Zampano e, soprattutto, Ellertsson, Zanetti risponde alleggerendo l’attacco con Kastanos che a va rilevare Mosquera. E’ il cambio decisivo perchè il cipriota ci mette lo zampino nella rete del vantaggio. Angolo di Lazovic molto profondo sul secondo palo dove spunta Kastanos che la rimette verso la porta del Venezia ma è Joronen a smanacciare palla e farla carambolare nella propria porta.

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