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Cronache

Protestano gli studenti, salta il dibattito con Molinari

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Ancora proteste pro Palestina all’Università. Questa volta a fare le spese delle contestazioni il direttore de La Repubblica Maurizio Molinari che alla Federico II di Napoli doveva tenere un convegno poi annullato per le tensioni tra studenti e forze dell’ordine. “Fuori i sionisti dall’Università”, lo slogan degli studenti anche se l’incontro era sul Mediterraneo. Salta così il convegno ma divampano le polemiche. E torna l’allarme per un possibile sentimento antisemita e per l’intolleranza anche nei luoghi preposti al dibattito e al confronto come gli atenei. Lo dice chiaramente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella dopo avere chiamato Molinari. “Quel che è da bandire dalle Università è l’intolleranza, perché con l’Università è incompatibile chi pretende di imporre le proprie idee impedendo che possa manifestarle chi la pensa diversamente”, dice il capo dello Stato.

Anche la ministra Anna Maria Bernini invia un messaggio di solidarietà al direttore de La Repubblica e sollecita alla presidente dei rettori italiani, Giovanna Iannantuoni “una riunione straordinaria per affrontare quella che viene definita un’emergenza intolleranza non più accettabile e saranno discussi gli strumenti migliori per fare fronte a questa situazione”. Interviene anche Molinari che persegue la via del dialogo perchè “la migliore risposta ad ogni forma di intolleranza è il rispetto per il prossimo”, scrive sul sito di Repubblica. E si dice disponibile ad incontrare gli studenti che lo hanno contestato “per ascoltare le loro opinioni sulla guerra in Medio Oriente”. Invito, dice, per ora respinto. Un invito al confronto arriva anche dal rettore della Federico II, Matteo Lorito perchè “c’è il diritto a manifestare ma il dialogo è necessario”. Netta, però, da parte del rettore, la condanna di quanto accaduto: “Un’azione inqualificabile, di intolleranza”. L’ultimo di una serie di episodi che testimoniano di un clima teso negli atenei, dopo che la scorsa settimana il giornalista David Parenzo era stato duramente contestato durante un dibattito alla Sapienza, avviene alla facoltà di Ingegneria, Scuola Politecnica e delle Scienze di Base della Federico II: un gruppo di una quarantina di studenti ha protestato contro “i rapporti con Israele degli atenei italiani” in occasione del convegno con Molinari e il rettore Lorito.

Urla, spinte e dopo qualche contatto con alcuni agenti in borghese, i manifestanti sono riusciti ad entrare, andando verso l’aula per contestare il dibattito. Tensione sufficiente per annullare il convegno. “Volevamo dire al direttore Molinari – si legge in una nota degli studenti – che in Palestina sono 30.000 i morti ammazzati da Israele. Il direttore de La Repubblica e il rettore Lorito come possono parlare di Mediterraneo mentre si consuma nel cuore dello stesso, un genocidio? Noi chiediamo la rescissione di qualsiasi rapporto tra i nostri atenei ed Israele”. La solidarietà a Molinari è trasversale: arriva da esponenti del Pd, con la segretaria Schlein che lo chiama, passando per Iv (“Impedire al direttore di Repubblica Molinari di parlare in università è tecnicamente parlando un gesto fascista”, ha detto Matteo Renzi), fino al leader di Azione Carlo Calenda (“Chi ha impedito al direttore di Repubblica di prendere la parola in una Università non ha nulla a che fare con la democrazia”) e poi M5s, Forza Italia, Avs con Angelo Bonelli. Il presidente del Senato Ignazio La Russa definisce “inaccettabile impedire la libertà di espressione”. Arriva la condanna del presidente della Camera Fontana perchè è “ancora più grave che sia accaduto in una università, luogo di confronto e di scambio di idee e di opinioni”. Le Comunità ebraiche chiosano: “Se prevale l’antisemitismo è una sconfitta per tutti”. E David Parenzo, la scorsa settimana contestato alla Sapienza con parole come “fascista e razzista”, commenta su X: “A Molinari hanno impedito di parlare all’Universita’ perché ebreo e perché accusato di essere Sionista! Come se essere “sionista” fosse una colpa. Pazzesco”.

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Non solo sciolti per mafia, ipotesi tutor per i Comuni

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Un delicato equilibrio tra il rispetto del voto dei cittadini e la gravità dell’infiltrazione criminale. Questo il tema che oggi il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha portato all’attenzione dell’Anci, lanciando la proposta di rimodulare l’articolo del testo unico sugli enti locali sullo scioglimento delle amministrazioni ‘sospette’. L’idea del titolare del Viminale è quella di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”, come ha spiegato lui stesso all’assemblea dei sindaci riunita a Torino. Ma non solo, Piantedosi ha anche confermato l’intenzione del governo di voler ripristinare le Province, con l’elezione diretta e la rimodulazione delle competenze. “La cosiddetta abolizione si è rivelata fallimentare – ha detto – pensiamo ad un un passo indietro”. Il focus dell’intervista che oggi ha visto protagonista il ministro dell’Interno è stato quello della riforma del Tuel, un testo che – ha detto lo stesso Piantedosi – “ha ormai un quarto di secolo di vita”.

“Credo – ha ribadito – che ci sia un unanime convincimento che la riforma sia indispensabile e necessaria”. Tra le “questioni da limare” ci sarebbe proprio quella delle province, un tema che già dal suo insediamento anche il ministro per l’Autonomia, Roberto Calderoli, aveva fortemente rilanciato. “Noi – le parole di Piantedosi – cercheremo di condividere questa ipotesi di riforma con tutte le parti politiche, compresa l’attuale opposizione”. La revisione del testo, inoltre, potrebbe prevedere anche novità sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose, previsto dall’articolo 143. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.

“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”. Prima di lasciare il palco, il ministro è tornato a ribadire la volontà del governo di spingere sulla videosorveglianza nella città. “Vorremmo creare un paniere di risorse economiche per implementare e aggiornare i sistemi – ha concluso -. Non è che ci piace il Grande Fratello, ma i dati ci dicono che più del 50% dei reati che viene scoperto si avvale di strumenti di indagine legati alla videosorveglianza. Andiamo incontro all’intelligenza artificiale, è illusorio pensare che la privacy possa frenare le enormi potenzialità che questi sistemi danno. Credo che la soluzione sia nell’avere fiducia nelle istituzioni”.

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Porno attore italo-egiziano arrestato in Egitto, la preoccuoazione della mamma in Italia

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Del figlio non sa più nulla dal 10 novembre scorso, dal giorno dopo un arresto al Cairo dai contorni tutti da chiarire. E’ la vicenda che riguarda Elanain Sharif, 44enne nato in Egitto ma cittadino italiano, di cui la madre dice di avere perso le tracce dopo che è stato fermato dalle autorità egiziane al suo arrivo dall’Italia. Un caso seguito con la “massima attenzione” dalla Farnesina dopo la denuncia della donna che era col figlio al momento del fermo. L’uomo si troverebbe, comunque, in una struttura nota anche alle autorità italiane. La madre avrebbe appurato che si trova nel carcere di Alessandria d’Egitto.

Sharif e la madre erano atterrati al Cairo provenienti dall’Umbria. L’uomo vive, infatti, da alcuni anni a Terni mentre la madre è residente a Foligno ed è sposata con un italiano. “E’ una vicenda che inevitabilmente ci riporta ai casi di Regeni e Zaky – afferma l’avvocato Alessandro Russo, legale della famiglia -. Sono andati al Cairo dove hanno un appartamento, erano lì per commissioni come avevano fatto tante altre volte ma appena arrivato è stato bloccato e gli hanno sequestrato il passaporto italiano”. Su punto a quanto si apprende, essendo anche cittadino italiano, Sharif aveva scelto di rientrare in Egitto col passaporto egiziano, e anche per questo è stata più lenta la procedura per una visita consolare. Sui motivi dell’arresto gli elementi sono al momento pochi. “Ciò che ha portato all’arresto non è chiaro, si tratterebbe di qualcosa legato a contenuti su Facebook ma non abbiamo capo di imputazione”, dice l’avvocato. Sharif lavora nell’industria del porno (è noto come Sheri Taliani) e questo potrebbe essere il motivo dell’arresto e in particolare l’avere diffuso immagini vietate dalle leggi egiziane.

“In aeroporto è stato tenuto a lungo negli uffici della polizia e poi la madre lo ha visto uscire con le manette ai polsi – aggiunge – Le procedure di arresto sono state effettuate utilizzando solo il passaporto egiziano, quello dell’Italia gli è stato restituito alcuni giorni dopo”. Sharif è stato, quindi, trasferito nel carcere della Capitale. “E’ stato lì per alcuni giorni, in condizioni inumane: senza potere dormire, poteva stendersi solo per mezzora, per sedersi su una sedia, anche per pochi minuti, doveva pagare. La madre l’ha visto per pochi istanti, il 10 novembre poi più nulla”, aggiunge il legale.

Russo ha immediatamente allertato la Farnesina e l’ambasciata italiana. La sede diplomatica al Cairo, in stretto coordinamento con il Ministero degli Esteri, sta seguendo “con la massima attenzione il caso” e l’ambasciata sta avendo costanti contatti con la madre dell’uomo. La donna, non senza difficoltà, è riuscita ad appurare che Sharif è stato trasferito nel carcere di Alessandria d’Egitto. “Lei ora è lì, assieme al fratello che lavora nella polizia egiziana e spera di avere notizie di un suo rilascio ma è preoccupatissima”, aggiunge Russo.

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Imprenditore campano arrestato in Gallura per frode fiscale

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Avrebbe occultato beni mobili e somme di denaro per oltre 450mila euro e trasferito la sua attività commerciale da Cava De’ Tirreni a Santa Teresa di Gallura per sottrarre i suoi averi al recupero forzoso: un affermato imprenditore campano di 60 anni, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e reati tributari. Firmato anche un decreto di sequestro preventivo dei beni finalizzato alla confisca. Le indagini che hanno portato all’applicazione della misura cautelare nei confronti dell’industriale, molto conosciuto nella provincia di Salerno, sono partite dalla Procura di Tempio Pausania e affidate alla tenenza della Guardia di Finanza di Palau e altri reparti. E’ stato così possibile ricostruire la vicenda fiscale dell’imprenditore attivo nel settore del commercio di abiti da cerimonia. A Santa Teresa di Gallura, attraverso il figlio, gestiva un bar ristorante, dichiarato poi fallito nel luglio del 2021.

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